Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 4206 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 4206 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/04/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG NOME COGNOME
Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilità del ricorso
Depositata in Cancelleria
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza del 12 aprile 2023 la Corte di appello di Milano ha confermato la condanna alla pena di 1 anno e 6 mesi di reclusione inflitta dal Tribunale di Milano il 31 gennaio 2022 a NOME COGNOME, ritenuta la continuazione e concessa la circostanza attenuante ex art. 13-bis d.lgs. n. 74 del 2000, per i reati di cui ai capi:
A), ex art. 3 d.lgs. n. 74 del 2000 – originariamente contestato in concorso con COGNOME, assolto dal Tribunale di Milano perché il fatto non costituisce reato – per avere, quale amministratrice di fatto della RAGIONE_SOCIALE, con sede legale in Lussemburgo, dopo averlo avuto in godimento, acquistato, il 13 gennaio 2012, dalla RAGIONE_SOCIALE l’immobile di pregio in Milano, INDIRIZZO, per un corrispettivo di C 25.500.168,00, oltre I.V.A. pari ad C 5.252.834,00, assolvendo in modo indebito l’IVA tramite il meccanismo del reverse charge e l’esenzione fiscale di cui all’art. 10 d.P.R. n. 633 del 1972 poiché la RAGIONE_SOCIALE era priva di autonomia e società interposta al solo fine di celare il reale acquirente dell’immobile, ossia NOME COGNOME, quale persona fisica soggetta ad IVA nei modi ordinari; con tale condotta NOME ha compiuto operazioni soggettivamente simulate e, comunque, si è avvalsa di mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento fiscale e ad indurre in errore l’amministrazione finanziaria in ordine al reale acquirente dell’immobile, ed ha indica nella dichiarazione NUMERO_DOCUMENTO, per l’anno 2012, elementi fittizi, corrispondenti all’indebita detrazione IVA per C 5.252.834,00 (in Milano, il 26 settembre 2013);
B) ex artt. 81, comma 2, cod. pen. e 4 d.lgs. n. 74 del 2000, perché, al fine di evadere le imposte sui redditi, per i periodi di imposta 2013 e 2014, indicava nelle dichiarazioni fiscali elementi attivi per ammontare inferiore a quello effettivo con conseguente imposta evasa per C 459.259,00 per il 2013 ed C 166.791,00 per il 2014 (in Milano fino al 29 settembre 2015).
Il Tribunale ha dichiarato estinto per prescrizione il reato ex art. 483 cod. pen. di cui al capo C).
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputata, limitatamente alla condanna intervenuta per il capo A). Non risultano proposti motivi relativi al reato sub B).
2.1. Dopo i riferimenti alla genesi RAGIONE_SOCIALE indagini ed ai fatti emersi, con il pri motivo si deduce, ex art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 3 d.lgs. n. 74 del 2000 e 1414, comma 2, cod. civ.
Il Tribunale di Milano avrebbe considerato integrato l’elemento oggettivo del reato per la simulazione soggettiva dell’atto di riscatto anticipato del leasing da parte della RAGIONE_SOCIALE, schermo della reale acquirente NOME COGNOME NOME.
La Corte di appello avrebbe confermato la sentenza di primo grado senza motivare sul punto e ritenendo infondati i motivi di appello «relativi a doglianze diverse da quanto qui specificatamente in discussione» (pag. 5 del ricorso).
La qualificazione giuridica dell’atto di riscatto quale negozio soggettivamente simulato sarebbe errata, giacché, diversamente da quanto richiesto dall’art. 1414, comma 2, cod. pen., nel caso in esame le parti contraenti – RAGIONE_SOCIALE, poi RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE – avrebbero proprio inteso e voluto stipulare il contratto di riscatto.
Il fatto contestato consisterebbe nel mancato utilizzo da parte della RAGIONE_SOCIALE dell’immobile quale bene strumentale, con conseguente soggezione all’ordinario regime IVA e indebito ricorso al meccanismo del reverse charge. Tale fatto dovrebbe qualificarsi quale dichiarazione infedele ex art. 4 d.lgs. n. 74 del 2000.
2.2. Con il secondo motivo si deducono, ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., i vizi di violazione di legge e della motivazione; la Corte territori avrebbe confermato senza alcuna motivazione la sentenza di primo grado sulla sussistenza del dolo specifico, in ragione della consapevolezza della ricorrente della fraudolenza della dichiarazione e dell’intento di non utilizzare l’immobile per attività di impresa. La motivazione sul punto sarebbe illogica e in contrasto con le dichiarazioni dei consulenti fiscali della ricorrente all’epoca dei fatti, i testi COGNOME e COGNOME, dalle quali risulterebbe che: il meccanismo del reverse charge era il regime naturale per la cessione di beni strumentali; sussisterebbe la volontà, attuata concretamente, dell’imputata di organizzare eventi nell’immobile; i professionisti avrebbero avvertito la ricorrente della possibile applicazione della disciplina sulle società di comodo solo successivamente alla presentazione della dichiarazione.
Non d~ sussisterebbero la volontà e la consapevolezza della ricorrente di predisporre in modo fraudolento un atto funzionale all’evasione dell’IVA.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo è inammissibile ex art. 606, comma 3, e 609 cod. proc. pen. trattandosi di questione non dedotta in appello.
1.1. Secondo il costante orientamento della giurisprudenza, la lettura coordinata degli artt. 609 e 606, comma 3, cod. proc. pen. impedisce la proponibilità in cassazione di qualsiasi questione non prospettata in appello, quale rimedio contro il rischio concreto di un annullamento, in sede di cassazione, del
provvedimento impugnato, in relazione ad un punto intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello: in questo caso, infatti è facilmente diagnosticabile in anticipo un inevitabile difetto di motivazione della relativ sentenza con riguardo al punto dedotto con il ricorso, proprio perché mai investito della verifica giurisdizionale (in tal senso cfr. Sez. U. n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794, in motivazione).
Si è affermato che è inammissibile, ai sensi dell’art. 606, comma 3, ultima parte, cod. proc. pen., il ricorso per cassazione che deduca una questione che non ha costituito oggetto dei motivi di appello, tale dovendosi intendere anche la generica prospettazione nei motivi di gravame di una censura solo successivamente illustrata in termini specifici con la proposizione del ricorso in cassazione (Sez. 2, n. 34044 del 20/11/2020, Tocco, Rv. 280306-01).
1.2. Con l’appello l’imputata non ha dedotto la violazione degli artt. 3 d.lgs. n. 74 del 2000 e 1414, comma 2, cod. civ., né che il fatto dovesse essere riqualificato nei termini di cui all’art. 4 d.lgs. n. 74 del 2000 né, tantomeno, h specificamente contestato il carattere soggettivamente simulato dell’operazione contrattuale ritenuto dal Giudice di primo grado.
Sull’elemento oggettivo del reato, invero, con l’appello si dedusse esclusivamente l’assenza, nell’asse ereditario del defunto NOME COGNOME, marito di NOME COGNOME, dell’immobile in Milano, INDIRIZZO (pag. 11 dell’appello), e si affermò che l’«effettivo responsabile dell’operazione fiscale» sarebbe lo RAGIONE_SOCIALE, nelle persone dei professionisti COGNOME e COGNOME (pag. 12): di conseguenza, la ricorrente non sarebbe stata consapevole dell’applicazione del reverse charge e non vi avrebbe acconsentito (pag. 13).
Tale ricostruzione del contenuto del motivo di appello è coerente con il riepilogo riportato dalla Corte territoriale a pag. 10 della sentenza impugnata; tale punto della motivazione non è stato contestato dalla ricorrente (cfr. Sez. 2, n. 31650 del 03/04/2017, COGNOME, Rv. 270627-01) che, anzi, ha ammesso che i motivi di appello ritenuti infondati dalla Corte territoriale erano «relativ doglianze diverse da quanto qui specificatamente in discussione» (pag. 5 ricorso).
Il motivo è, pertanto, del tutto inammissibile.
1.3. Ad ogni modo, si rileva che non sussiste la dedotta violazione di legge, avendo sia il Tribunale sia la Corte territoriale qualificato l’operazione fiscale qual «soggettivamente simulata» perché i giudici di merito hanno ritenuto che la RAGIONE_SOCIALE è una società-schermo della ricorrente di cui l’imputata – la circostanza non è stata contestata – è amministratrice di fatto. Tale società di diritto lussemburghese – interamente posseduta da una società panamense, a sua volta ricompresa nel patrimonio della RAGIONE_SOCIALE, fondazione di diritto del Liechtenstein, nella titolarità esclusiva della ricorrente – è stata ritenuta u
società priva di autonomia effettiva, inoperante e costituita per essere utilizzata in un meccanismo fraudolento al fine di evadere VIVA (cfr. Sez. 3, n. 42147 del 15/07/2019, Reale, Rv. 277984-01).
In tal senso, l’operazione fiscale è stata ritenuta correttamente simulata dal punto di vista soggettivo, essendo la RAGIONE_SOCIALE un mero schermo, il cui scopo era celare la reale identità dell’acquirente dell’immobile, ossia la ricorrente.
1.4. Corretta è la dichiarazione di responsabilità penale della ricorrente perché, in tema di reati tributari, la prova della posizione di amministratore di fatto di una società schermo, priva di reale autonomia e costituita per essere utilizzata in un meccanismo fiscalmente fraudolento volto a evadere le imposte, si traduce in quella del ruolo di ideatore e organizzatore del suddetto sistema fraudolento, atteso che non è ipotizzabile l’accertamento di elementi sintomatici dell’inserimento organico in un ente solo formalmente operante (Sez. 3, n. 20052 del 14/04/2022, Palmieri, Rv. 283202-01).
2. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
In sostanza, si deduce il travisamento, da parte della Corte di appello, RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni dei testi COGNOME e COGNOME.
2.1. Il travisamento della prova, ex art. 606, lett. e), cod. proc. pen., può essere invocato quale vizio della motivazione, sotto i profili della contraddittorietà o illogicità manifesta, solo quando il giudice di merito abbia fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste o sul risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale – quanto alla prova dichiarativa, ad es. il vizio sussiste se il teste ha detto rosso ed il giudice ha scritto bianco – o quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia.
In più, il vizio sussiste solo se l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa dell’elemento frainteso o ignorato, fermi restando il limite del devolutum in caso di cosiddetta «doppia conforme» e l’intangibilità della valutazione nel merito del risultato probatorio.
È, invece, inammissibile il motivo di ricorso con cui si contesti l’adeguatezza della valutazione probatoria del giudice di merito per ottenerne una diversa: si tratta di una censura non riconducibile alle tipologie di vizi della motivazione tassativamente indicate dalla legge.
2.2. Il travisamento della prova per omissione è insussistente perché risulta dalle sentenze che le dichiarazioni dei testi sono state esaminate sia dal Tribunale (pagg. 7 e 8 sentenza di primo grado), sia dalla Corte territoriale (pag. 16 pronuncia di appello), giungendo ad identiche conclusioni. In più, la ricorrente non ha dimostrato che le dichiarazioni dei testi siano state riportate erroneamente dai
giudici di merito, mentre si propone solo una lettura alternativa RAGIONE_SOCIALE loro dichiarazioni.
2.2. La motivazione della sentenza impugnata sulla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato è esente dai vizi di illogicità (per giunta neppure manifesta) e contraddittorietà denunciati con il ricorso. La Corte territoriale ha ritenuto che l RAGIONE_SOCIALE abbia agito su mandato della ricorrente e non autonomamente; che la ricorrente fosse amministratrice di fatto della RAGIONE_SOCIALE e, come tale, responsabile dell’operazione fiscale; che i professionisti COGNOME e COGNOME avessero, sin dall’inizio, specificato, anche per iscritto, e avvertito la ricorrent della necessità di utilizzare l’immobile quale bene strumentale della RAGIONE_SOCIALE, coerentemente con l’opzione IVA prescelta.
Ciò è logicamente sufficiente a far ritenere sussistente l’elemento soggettivo del reato, dovendosi ribadire – oltre a quanto prima indicato al par. 1.3. in punto di rilevanza della dimostrata qualifica soggettiva di amministratrice di fatto della ricorrente – il principio di diritto, applicabile al caso in esame, per cui, in tema reati tributari, l’affidamento ad un professionista dell’incarico di predisporre presentare la dichiarazione annuale dei redditi non esonera il soggetto obbligato dalla responsabilità penale per il delitto di omessa dichiarazione in quanto la norma tributaria considera come personale e indelegabile il relativo dovere, essendo unicamente delegabile la predisposizione e l’inoltro telematico dell’atto (Sez. 3, n. 9417 del 14/01/2020, Quattri, Rv. 278421-01).
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. si condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del procedimento e della somma di euro 3.000,00, determinata in via equitativa, in favore della RAGIONE_SOCIALE, considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così deciso il 28/11/2023.