Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16236 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16236 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/06/2025
ATTO DI RECUPERO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25902/2021 proposto da NOME COGNOMEC.F. CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale allegata al ricorso, da ll’Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale indicato in ricorso;
-ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma è domiciliata alla INDIRIZZO
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL L’EMILIA -ROMAGNA n. 317, depositata in data 4/3/2021; Udita la relazione della causa svolta dal consigliere dott. NOME COGNOME nella camera di consiglio del 21 marzo 2025;
Fatti di causa
La società RAGIONE_SOCIALE , nel periodo tra l’1/10/2000 e il 31/12/2006, assunse oltre quattromila lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, successivamente riqualificati dalla Direzione Provinciale del Lavoro di Modena come lavoratori a tempo intederminato.
In data 29/7/2006, la società RAGIONE_SOCIALE acquistò i crediti d’imposta maturati dalla RAGIONE_SOCIALE insieme con gli assets indicati nella scrittura privata in pari data.
Tali crediti furono esposti dalla società acquirente nei modelli Consolidato Nazionale e Mondiale 2012 e 2013 e poi furono ceduti alla società RAGIONE_SOCIALE che li utilizzò in compensazione.
Successivamente, con atto di recupero, l’Agenzia delle Entrate intimò a NOME COGNOME (d’ora in poi, anche ‘il contribuente’ ) il pagamento di oltre duecentottantamila euro in virtù dell’asserita indebita compensazione del detto credito d’imposta, maturato ai sensi dell’art. 7 della legge n. 388/2000.
L’atto di recupero è stato notificato al contribuente in quanto ritenuto legale rappresentante di fatto della RAGIONE_SOCIALE il cui amministratore di diritto era il Sig. NOME COGNOME
La C.T.P. di Modena, nel contraddittorio con l’ufficio, respinse il ricorso di primo grado, con sentenza confermata dalla C.T.R. territoriale.
Avverso la sentenza d’appello, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
Resiste l’Agenzia delle Entrate con controricorso.
Ragioni della decisione
1.Con il primo motivo di ricorso, rubricato ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 145 c.p.c. e degli artt. 42, 60 e 62 del d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c. Illegittimità della notifica a COGNOME quale legale rappresentante di fatto di RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE , il contribuente si duole che l’atto di recupero impugnato in primo grado era stato notificato a lui in qualità di legale rappresentante di fatto della RAGIONE_SOCIALE nonostante che questa fosse amministrata dal sig. NOME COGNOME e, successivamente, dalla sig.ra COGNOME
La rappresentanza delle società di capitali, a fini tributari, prosegue il contribuente, è attribuita all’amministratore di fatto (art. 62 del d.P.R. n. 600 del 1973) solo quando non sia determinabile l’amministratore legalmente nominato.
Con il secondo motivo di ricorso, il contribuente denuncia la violazione dell’art. 7 della legge n. 388 del 2000 in tema di credito d’imposta quale incentivo per l’incremento dell’occupazione.
2.1. Il contribuente non era legittimato alla proposizione del ricorso di primo grado.
Contrariamente a quanto rappresentato nel controricorso dell’Agenzia delle Entrate, è la stessa sentenza impugnata che afferma che l’atto di recupero era stato notificato all’odierno contribuente quale ‘dominus’ della RAGIONE_SOCIALE.l.
La stessa sentenza impugnata, inoltre, afferma che l’indebita utilizzazione in compensazione del credito era stata fatta dalla RAGIONE_SOCIALE
Risulta, dunque, smentito dalla sentenza della C.T.R. che l’atto di recupero sia stato notificato allo Sciava quale imprenditore individuale.
Sempre contrariamente a quanto afferma l’Agenzia delle Entrate in controricorso, il ricorso del contribuente si articola in due motivi di ricorso (non in un solo motivo).
Ciò chiarito, deve rilevarsi che questa Corte, con orientamento ormai consolidato, ha statuito che in tema di contenzioso tributario in materia societaria, l’amministratore di fatto non è legittimato ad impugnare l’avviso di accertamento rivolto alla società, poiché la rappresentanza
legale della stessa spetta esclusivamente agli amministratori nominati a norma di legge, risultanti da documentazioni pubbliche, quali il registro delle imprese, e tenuto conto che, ai sensi dell’art. 62 del d.P.R. n. 600 del 1973, la rappresentanza dei soggetti diversi dalle persone fisiche è attribuita, ai fini tributari, a coloro che ne hanno l’amministrazione di fatto solo ove non sia determinabile l’amministratore di diritto secondo la legge civile (Cass., Sez. T-, Sentenza n. 26702 del 12/09/2022, Rv. 665856 -01; Cass., Sez. T-, Sentenza n. 36034 del 22/11/2021, Rv. 663053 -01; Cass., Sez. T-, Ordinanza n. 29474 del 21/10/2021, Rv. 662622 – 01).
Essendo stato accertato dalla C.T.R. che la ripresa fiscale era stata effettuata nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE la legittimazione in capo all’odierno contribuente all’impugnazione dell’atto di recupero non potrebbe radicarsi nemmeno considerando una sua responsabilità per il pagamento delle sanzioni amministrative tributarie irrogate nell’atto di recupero.
Non risulta, infatti, né è stato dedotto dall’Agenzia delle Entrate in controricorso, che le sanzioni siano state irrogate nei confronti dello Sciava quale persona fisica concorrente nell’illecito commesso dalla società RAGIONE_SOCIALE
Ne consegue che, non essendo stato direttamente attinto dal provvedimento di irrogazione delle sanzioni, lo COGNOME, quale ritenuto ‘amministratore di fatto’ della RAGIONE_SOCIALE, non risponde delle stesse (art. 7 del d.l. n. 269/2003, conv. in l. n. 326 del 2003).
La sentenza impugnata è cassata senza rinvio.
Le spese dei giudizi di merito possono essere compensate, mentre quelle del giudizio di cassazione sono a carico del contribuente.
P.Q.M.
Cassa senza rinvio la sentenza impugnata.
Compensa le spese dei giudizi di merito.
Condanna NOME COGNOME al pagamento, in favore dell’Agenzia delle Entrate, delle spese del presente giudizio, che si liquidano in euro cinquemilaquattrocento per compenso, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 21 marzo 2025.