Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21595 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 21595 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 27/07/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 16646/2021 R.G. proposto da:
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la SENTENZA di COMM.TRIB.REG. MILANO n. 2861/14/20 depositata il 03/12/2020.
Udita la relazione svolta nella PUBBLICA UDIENZA del 15/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Udita la requisitoria del P.G., in persona del sostituto procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Sentiti l’avv. NOME COGNOME per la ricorrente e l’avv. NOME COGNOME per la controricorrente
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 2861/14/20 del 03/12/2020, la Commissione tributaria regionale della Lombardia (di seguito CTR) rigettava l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza n. 8693/18/15 della Commissione tributaria provinciale di Milano (di seguito CTP), che aveva respinto il ricorso proposto dal contribuente nei confronti di alcuni avvisi di accertamento per IRES, IRAP e IVA relativi agli anni d’imposta 2009 -2012.
1.1. Come emerge dalla sentenza impugnata, gli avvisi di accertamento erano stati emessi in ragione del ruolo di amministratore di fatto di RAGIONE_SOCIALE svolto da NOME COGNOME, cui sarebbero stati, pertanto, imputabili l’attività della società e le conseguenze fiscali relative all’emissione di fatture oggettivamente inesistenti.
1.2. La CTR rigettava l’appello di NOME COGNOME evidenziando che: a) il contraddittorio era stato garantito nella fase precontenziosa, avendo il contribuente depositato memoria di cui l’Ufficio aveva tenuto conto in sede di emissione degli avvisi di accertamento; b) l’Ufficio aveva fornito una prova sufficiente per ritenere che il contribuente fosse amministratore di fatto di RAGIONE_SOCIALE, prova non scalfita dagli elementi dedotti dal contribuente, ivi compresi quelli ricavabili dall’istruttoria dibattimentale penale.
NOME COGNOME impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a due motivi e depositava memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
AE resisteva in giudizio con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, NOME COGNOME deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.,
violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per avere la CTR reso motivazione apparente con riguardo all’espletamento del contraddittorio endoprocedimentale.
1.1. Il motivo è infondato.
1.2. Secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte, si è in presenza di una motivazione apparente allorché la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice. Sostanzialmente omogenea alla motivazione apparente è poi quella perplessa e incomprensibile: in entrambi i casi, invero -e purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali -l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo e, in quanto tale, comporta la nullità della sentenza impugnata per cassazione (Cass. S.U. n. 22232 del 03/11/2016; Cass. S.U. n. 16599 del 05/08/2016).
1.2.1. Determina, infine, una violazione di legge costituzionalmente rilevante anche la motivazione contraddittoria, nella misura in cui esprima un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, mentre deve escludersi la possibilità di sindacare in sede di legittimità la semplice motivazione insufficiente (Cass. S.U. n. 8053 del 07/04/2014).
1.3. Nel caso di specie, la CTR non è incorsa nella violazione censurata, atteso che ha chiarito -con motivazione sicuramente sintetica, ma logica ed idonea a far comprendere le ragioni della decisione -che il contribuente ha potuto esprimere le sue deduzioni in sede di contraddittorio endoprocedimentale,
depositando memoria di cui l’Amministrazione finanziaria ha dimostrato di avere tenuto conto.
1.4. Tale motivazione è sufficiente a dare una risposta compiuta in diritto al primo motivo di appello, per come sommariamente riportato in ricorso, esplicitando con chiarezza la ratio decidendi ; né risulta che sia stata mai sostenuta la necessità di un’audizione personale del contribuente in sede di processo verbale di constatazione.
Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ. e degli artt. 2639 e 2697 cod. civ., per avere la CTR ritenuto accertata la qualità di amministratore di fatto di NOME COGNOME sulla base di elementi inconsistenti ed alieni rispetto a quanto previsto dall’art. 2639 cod. civ. e dalla giurisprudenza della S.C., rifiutando immotivatamente di concedere un rinvio in attesa della decisione della Corte d’appello che, tre giorni dopo l’udienza di discussione, ha assolto il contribuente per non aver commesso il fatto, escludendo la sua qualifica di amministratore di fatto di RAGIONE_SOCIALE
2.1. Con la memoria ex art. 378 cod. proc. civ., inoltre, il ricorrente invoca l’applicabilità dell’art. 21 bis del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, producendo, altresì, in data 02/01/2025, sentenza penale della Corte d’appello di Milano con l’attestazione del passaggio in giudicato della stessa.
2.2. Il motivo va complessivamente disatteso.
2.3. Va preliminarmente evidenziato che l’art. 21 bis del d.lgs. n. 74 del 2000, introdotto dall’art. 1, comma 1, lett. m), d.lgs. 14 giugno 2024, n. 87 e rubricato ‘Efficacia delle sentenze penali nel processo tributario e nel processo di Cassazione’, così dispone:
«1. La sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, pronunciata in seguito a
dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ha, in questo, efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi.
La sentenza penale irrevocabile di cui al comma 1 può essere depositata anche nel giudizio di Cassazione fino a quindici giorni prima dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio.
Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano, limitatamente alle ipotesi di sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste, anche nei confronti della persona fisica nell’interesse della quale ha agito il dipendente, il rappresentante legale o negoziale, ovvero nei confronti dell’ente e società, con o senza personalità giuridica, nell’interesse dei quali ha agito il rappresentante o l’amministratore anche di fatto, nonché nei confronti dei loro soci o associati».
2.4. Ritiene il Collegio che per la completa esegesi della predetta disposizione -già oggetto di alcune prime considerazioni da parte di questa Corte (v. Cass. n. 21584 del 31/07/2024; Cass. n. 23570 del 03/09/2024; Cass. n. 23609 del 03/09/2024; Cass. n. 16584 dell’11/10/2024; Cass. n. 30814 del 02/12/2024; Cass. n. 30900 del 03/12/2024; Cass. n. 1021 del 16/01/2025), che ne hanno valutato l’immediata operatività con riguardo a decisioni penali preesistenti alla novella e individuato alcuni limiti alla sua applicazione -si può integralmente rimandare a Cass. n. 3800 del 14/02/2025, per la quale « L’art. 21-bis del d.lgs. n. 74 del 2000, introdotto con l’art. 1 del d.lgs. n. 87 del 2024, poi recepito nell’art. 119 T.U. della giustizia tributaria – in base al quale la sentenza penale dibattimentale irrevocabile di assoluzione con le formule “perché il fatto non sussiste” o “per non aver commesso il fatto” ha, nel processo tributario, efficacia di giudicato quanto ai “fatti materiali oggetto di valutazione” -si riferisce, in base a un’interpretazione letterale, sistematica, costituzionalmente orientata e in conformità ai principi unionali, esclusivamente alle
sanzioni tributarie e non all’accertamento dell’imposta, rispetto al quale la sentenza penale assolutoria ha rilievo come elemento di prova, oggetto di autonoma valutazione da parte del giudice tributario unitamente agli altri elementi probatori introdotti nel giudizio ».
2.4.1. La nuova disposizione, si riferisce, dunque, alle sole sanzioni ed è dettata unicamente per le sentenze di assoluzione perché ‘il fatto non sussiste’ o ‘l’imputato non lo ha commesso’ emesse a ‘seguito di dibattimento’. La stessa è di immediata applicazione a tutte le controversie pendenti innanzi al giudice tributario e alla Corte di cassazione e rileva non solo per le violazioni realizzate dopo l’1 settembre 2024 ma anche per quelle precedenti all’entrata in vigore della norma.
2.4.2. Va, comunque, segnalato che l’art. 21 bis , comma 2, del d.lgs. n. 74 del 2000 stabilisce che « La sentenza penale irrevocabile di cui al comma 1 può essere depositata anche nel giudizio di Cassazione fino a quindici giorni prima dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio. »
2.4.3. La norma, nell’imporre il termine per il deposito di quindici giorni prima dell’udienza e/o adunanza, non ne stabilisce espressamente la perentorietà. Peraltro, neppure gli artt. 372, 378 e 380 bis .1 cod. proc. civ. qualificano il termine ivi previsto per il deposito della memoria come perentorio, ancorché ciò non sia discusso. I termini del giudizio di cassazione sono preordinati all’esigenza di garantire il contraddittorio e consentire al Collegio di prendere preventiva e adeguata conoscenza della documentazione prodotta, sicché hanno necessariamente natura perentoria (v. Cass. n. 29933 del 27/10/2023 con riguardo al termine ex art. 372 cod. proc. civ.; Cass. n. 30592 del 27/11/2018 con riguardo alla memoria ex art. 378 cod. proc. civ.).
2.4.4. Occorre, comunque, evidenziare che, alla luce del complessivo assetto normativo sopra delineato, l’eventuale
preclusione che si sia verificata nel giudizio di cognizione non impedisce alla parte di far valere in un momento successivo -innanzi alla stessa Amministrazione finanziaria o in sede riscossiva ai sensi dell’art. 20 del d.lgs. n. 74 del 2000 gli effetti derivanti dal giudicato penale ai fini della caducazione della sanzione che nel giudizio sia stata irrogata.
2.4.5. Ciò vale, a maggior ragione, nel caso in cui il giudizio penale sia pendente e la parte auspichi o ritenga che le statuizioni in sede penale si consolideranno in senso a lei favorevole, sicché non sussistono valide ragioni per disporre il rinvio dell’udienza, che, oltre tutto, si porrebbe in contrasto con le esigenze di economia processuale e di celere definizione dei giudizi.
2.4.6. L’art. 21 bis del d.lgs. n. 74 del 2000 non trova, dunque, applicazione alla fattispecie, atteso che il ricorrente ha tardivamente depositato la sentenza irrevocabile di assoluzione in data 02/01/2025, dovendo invece la stessa essere depositata, trattandosi di un termine processuale da calcolare a ritroso (da ultimo, Cass. n. 8496 del 24/03/2023), entro e non oltre martedì 31/12/2025.
2.4.7. Va, dunque, enunciato il seguente principio di diritto: « Il termine di quindici giorni prima dell’udienza e/o dell’adunanza, stabilito dall’art. 21 bis , comma 2, del d.lgs. n. 74 del 2000 per il deposito nel giudizio di legittimità della sentenza penale irrevocabile di assoluzione perché ‘il fatto non sussiste’ o ‘l’imputato non lo ha commesso’ è perentorio e da calcolarsi a ritroso ».
2.5. Per il resto, il motivo è infondato nella parte in cui si assume che la CTR avrebbe dovuto necessariamente disporre il rinvio dell’udienza già fissata in attesa dell’emissione della sentenza penale della Corte d’appello di Milano (sentenza che avrebbe poi assolto, di lì a pochi giorni, il sig. COGNOME).
2.5.1. La CTR non era tenuta a concedere un (ulteriore) rinvio al contribuente in attesa del deposito di detta sentenza; e ciò sia per quanto in precedenza evidenziato (l’eventuale sentenza favorevole potrà essere opposta in sede riscossiva con riferimento alla sanzione), sia, soprattutto, perché deve escludersi qualsiasi pregiudizialità del giudizio penale rispetto al giudizio tributario.
2.5.2. Invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte, nel giudizio tributario la sentenza penale irrevocabile, ancorché emessa con la formula ‘il fatto non sussiste’, non è idonea, in forza del disposto di cui all’art. 654 cod. proc. pen., ad esplicare alcun effetto vincolante nell’alveo del processo tributario, assumendo per il principio della circolazione dei mezzi di prova -un rilievo solo quale elemento di prova. Deve, infatti, escludersi la sussistenza di alcuna automatica autorità di cosa giudicata, attesa l’autonomia dei due giudizi, la diversità dei mezzi di prova acquisibili e dei criteri di valutazione (Cass. n. 27814 del 04/12/2020); pertanto, il giudice tributario, nell’esercizio dei propri poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti (art. 116 cod. proc. civ.), deve procedere ad un apprezzamento del contenuto della decisione resa in sede penale, ponendola a confronto con gli altri elementi di prova acquisiti al giudizio (Cass. n. 28174 del 24/11/2017; si vedano, altresì Cass. n. 10578 del 22/05/2015).
2.5.3. In particolare, in tema di operazioni inesistenti incluse in una frode carosello si è chiarito che il giudice tributario, nel verificare se il contribuente sia consapevole del coinvolgimento in una operazione finalizzata all’evasione di imposta, non può riferirsi alle sole risultanze del processo penale, ancorché riguardanti i medesimi fatti, ma deve, nell’esercizio dei suoi poteri, valutare tali circostanze sulla base del complessivo materiale probatorio acquisito nel giudizio tributario, non potendo attribuirsi alla sentenza penale irrevocabile su reati tributari alcuna automatica
autorità di cosa giudicata, attesa l’autonomia dei due giudizi e la diversità dei mezzi di prova acquisibili e dei criteri di valutazione (Cass. n. 27814 del 2020, cit.; Cass. n. 6532 del 09/03/2020).
2.5.4. Inoltre, anche la sentenza penale irrevocabile di assoluzione dal reato tributario, emessa con la formula “perché il fatto non sussiste”, non assume efficacia di giudicato nel processo tributario, anche quando i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali l’Amministrazione finanziaria ha promosso l’accertamento nei confronti del contribuente, ma può essere presa in considerazione come possibile fonte di prova dal giudice tributario, il quale, nell’esercizio dei propri poteri di valutazione, deve verificarne la rilevanza nell’ambito specifico in cui detta decisione è destinata ad operare (Cass. n. 6918 del 20/03/2013; Cass. n. 2938 del 13/02/2015; Cass. n. 10578 del 2015, cit.; Cass. n. 17258 del 27/06/2019; Cass. n. 4645 del 21/02/2020).
2.5.5. Il motivo è, invece, inammissibile nella parte in cui si intende mettere in discussione, con la proposizione di un vizio di violazione di legge, l’accertamento in fatto compiuto dal giudice di appello con riferimento alla qualità di amministratore di fatto di RAGIONE_SOCIALE del sig. COGNOME
2.5.6. In altri termini, il ricorrente, pur deducendo apparentemente, una violazione di norme di legge, mira, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. n. 3340 del 05/02/2019; Cass. n. 640 del 14/01/2019; Cass. n. 24155 del 13/10/2017; Cass. n. 8758 del 04/07/2017; Cass. n. 8315 del 05/04/2013).
In conclusione, il ricorso va rigettato e il ricorrente va condannato al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente procedimento, liquidate come in dispositivo avuto conto di un valore dichiarato della lite di euro 674.727,00.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente procedimento, che si liquidano in euro 14.000,00, oltre alle spese di prenotazione a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 15/01/2025.