Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5054 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5054 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 26/02/2025
Irap-legge reg. Toscana n. 64 del 2006-promotore finanziario- aliquota
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22510/2017 R.G. proposto da: NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
AGENZIA RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dal l’Avvocatura generale dello Stato,
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. TOSCANA, n. 527/2017 depositata il 27/02/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21 gennaio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
L’Agenzia delle Entrate notificava a NOME COGNOME, esercente la professione di promotore finanziario, avviso di accertamento con il qu ale, per l’anno di imposta 20 07, accertava una maggiore Irap rispetto a quella dichiarata, determinata applicando un’aliquota più alta , oltre agli interessi e alle sanzioni. Riteneva, infatti, che l’aliquota corretta , in ragione dell’attività svolta, non fosse quella del 4,25 per cento, bensì quella del 4,40 per cento prevista per «attività ausiliarie de ll’intermediazione finanziaria e delle assicurazioni» di cui al codice Ateco 67, alla quale doveva ricondursi anche l’attività del promotore finanziario; che a detta aliquota, poi, bisognasse, altresì, aggiungere la maggiorazione dello 0,85 per cento prevista dall’art. 5 Legge reg. Toscana 22 dicembre 2006, n. 64 allegato A.
Avverso l’atto impositivo ricorreva il contribuente sostenendo che l’aliquota fosse stata correttamente individuata nella misura del 4,25 per cento in quanto la maggiorazione dell0 0,85 per cento prevista dalla Regione Toscana si riferiva solo alle attività per le quali era prevista l’aliquota base del 4,40 per cento , tra le quali non poteva farsi rientrare quella di promotore finanziario soggetta, invece, all’aliquota del 4,25 per cento.
La C.t.p accoglieva integralmente il ricorso con sentenza riformata in appello.
La C.t.r. affermava che il promotore finanziario rientrava nella categoria degli «intermediari diversi dalle banche» di cui all’art. 6 d.lgs. n. 446 del 1997 sia nelle « attività ausiliarie dell’intermediazione finanziaria e delle assicurazioni» di cui all’allegato A) della legge reg. Toscana n. 64 del 2006; che, pertanto, l’aliquota applicabile era quella del 4,40 per cento, incrementata dello 0,85 per cento.
Avverso detta sentenza ricorre il contribuente, che ha pure depositato memoria, e l’Agenzia delle entrate si difende a mezzo controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo il contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione de ll’ artt. 5 legge reg. Toscana 22 dicembre 2006 n. 64, e dell ‘all. A.
Censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto che la maggiorazione dello 0,85 per cento è applicabile a tutte le attività comprese nel codice 67 Ateco 2002 (relativo all’attività ausiliaria di intermediazione finanziaria) genericamente richiamata dalla legge regionale, e non solo per le attività gravate dall’aliquota Irap del 4,4 0 per cento.
Con il secondo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2 legge reg. Toscana n. 43 del 2002 e degli artt. 6 e 7 d.lgs. n. 446 15 dicembre 1997, n. 446, per aver illegittimamente ritenuto che al promotore finanziario si applichi l’aliquota maggiorata al 4,40 per cento anziché quella ordinaria del 4,25 per cento.
Con il terzo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 10 legge 27 luglio 2000, n. 212.
Cesura la sentenza impugnata per non aver escluso le sanzioni, nonostante l’obiettiva incertezza sulla portata e sull’applicazione della norma tributaria.
I primi due motivi, da trattarsi congiuntamente in quanto connessi, sono fondati, restando assorbito il terzo.
4.1. Deve rilevarsi di ufficio che la questione oggetto di giudizio è coperta dal giud icato formatosi a seguito dell’ ordinanza di questa Corte
n. 23619 del 2022 -per altro richiamata in memoria -resa tra le medesime parti con riferimento all’Irap dovuta per l’anno 2011.
4.2. Nel precedente citato -conforme ad orientamento consolidato di questa Corte (cfr. Cass. 29/03/2022, n. 10053, Cass. 20/10/2022, nn.31068 e 31073) – si è già accertato che al contribuente deve applicarsi l’aliquota del 4,25 per cento. Si è affermato, in particolare, quanto segue: «l’art. 2 significativamente rubricato ‘Aumento dell’aliquota sull’imposta regionale sulle attività produttive per banche, altri enti e società finanziarie e imprese di assicurazione’, senza alcuna menzione dunque dei promotori finanziari – della legge della Regione Toscana n. 43 del 20 dicembre 2002 stabilisce che ‘ a decorrere dal 10 gennaio 2003, per i soggetti di cui agli articoli 6 e 7 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’IRPEF e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali) e successive modifiche, l’imposta regionale sulle attività produttive è determinata applicando al valore della produzione netta l’aliquota del 4,40 per cento ‘ . Parimenti, gli artt. 6 e 7 del d.lgs. n. 446 del 1997 non menzionano i promotori finanziari. La Regione Toscana, quindi, con la legge regionale n. 43 del 2002, esercitando la facoltà di maggiorazione dell’aliquota Irap prevista dall’art. 16, co. 3, d.lgs. n. 446/1997, ha innalzato la detta aliquota dal 4,25% al 4,40% solo per determinate categorie di soggetti passivi. Riferendosi i detti artt. 6 e 7 alle banche, agli altri enti e società finanziari ed alle imprese di assicurazione, ai soggetti esercenti attività di promotore finanziario si applicava l’aliquota ordinaria Irap del 4,25% (anziché quella maggiorata del 4,40%), come da previsione generale contenuta nell’art. 16, co. 1, del d.lgs. n. 446/1997. Pertanto, la Regione Toscana, allorquando con legge n. 64/2006 ha previsto, all’art. 5, che, a decorrere dall’1.1.2007,
le aliquote Irap fossero soggette alle variazioni di incremento previste nell’allegato A, non poteva non tener presente le differenti aliquote in quel momento applicate a seconda della categoria di attività presa in considerazione. Da ciò consegue che, in assenza di una espressa previsione nel senso di un aumento generalizzato delle dette aliquote, il richiamo, operato nella nota (1) a corredo dell’allegato A, all’aliquota del 4,40% vigente fino al 31.12.2006 non poteva riferirsi ai promotori finanziari i q uali, come detto, erano allora sottoposti all’al iquota Irap ordinaria del 4,25%».
4.3. A tal proposito deve rilevarsi che la sentenza con la quale si accertano il contenuto e l’entità degli obblighi del contribuente per un determinato anno d’imposta fa stato, nei giudizi relativi ad imposte dello stesso tipo dovute per gli anni successivi, ove pendenti tra le stesse parti, per quanto attiene a quegli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi di imposta, assumano carattere tendenzialmente permanente (Cass. Sez. U 16/06/2006, Cass. 07/12/2021, n. 38950). In particolare, le Sezioni Unite hanno rilevato che, se è vero che l’autonomia dei periodi d’imposta comporta l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori del periodo considerato, è altrettanto vero che una siffatta indifferenza trova ragionevole giustificazione solo in relazione a quei fatti che non abbiano caratteristica di durata e che comunque siano variabili da periodo a periodo; diversamente accade per gli elementi costitutivi della fattispecie a carattere (tendenzialmente) permanente, in quanto entrano a comporre la fattispecie medesima per una pluralità di periodi di imposta. Tra questi ultimi, le Sezioni Unite hanno espressamente individuato le qualificazioni giuridiche (che individuano vere e proprie situazioni di fatto) assunte dal legislatore quali elementi preliminari per
l’applicazione di una specifica disciplina tributaria e per la determinazione in concreto dell’obbligazione per una pluralità di periodi d’imposta (a valere, cioè, fino a quando quella qualificazione non sia venuta meno fattualmente o normativamente). Le qualificazioni giuridiche, infatti, per la loro strutturale propedeuticità o strumentalità al riconoscimento di un determinato diritto, sono naturalmente correlati ad un interesse protetto che ha il carattere della durevolezza. Tali elementi possono essere oggetto di accertamento e l’eventuale giudicato formatosi in un giudizio relativo ad un periodo di imposta può (e deve) avere efficacia preclusiva nel giudizio relativo al medesimo tributo per altro periodo d’imposta. Altrimenti si verrebbe a porre in discussione lo stesso principio di effettività della tutela, alla cui asseverazione risponde la c.d. efficacia regolamentare del giudicato (e del giudicato tributario, in particolare) e, quindi, all’efficacia regolamentare del giudicato che su di essi si sia formato (Cass. Sez. U. n. 13916 del 206 cit).
4.4. Tale è la condizione verificatasi nella fattispecie in esame in cui, – incontestato che il contribuente ha esercitato la medesima attività di promotore finanziario per tutti gli anni in rilievo – si è già accertato, con efficacia di giudicato, a quale aliquota Irap il medesimo dovesse essere soggetto in ragione della qualificazione giuridica dell’attività ; dunque, vi è identità delle questioni e dei presupposti di fatto alla base delle riprese, anche se relative a diverse annualità.
Ne consegue, in accoglimento del primo e del secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo, la cassazione della sentenza impugnata; non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 cod. proc. civ. accogliendo l’originario ricorso del contribuente.
6 Le spese delle fasi di merito restano compensate in ragione del fatto sopravvenuto rappresentato dal giudicato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte accoglie, il primo ed il secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso del contribuente.
Condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento in favore del ricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 200,00 per esborsi, euro 1.600,00 per compensi, oltre al rimborso forfetario per spese generali nella misura del 15 per cento, i.v.a. e c.p.a. come per legge.
Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2025.