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Aliquota ICI maggiorata: quando si applica?

Una società immobiliare ha contestato l’applicazione di un’aliquota ICI maggiorata su immobili non locati. La Corte di Cassazione ha stabilito che tale maggiorazione è legittima anche per le società, in quanto mira a contrastare pratiche speculative e a incentivare l’immissione degli immobili sul mercato delle locazioni. L’ordinanza chiarisce anche i criteri di ammissibilità dell’appello nel processo tributario, favorendo un’interpretazione meno restrittiva del requisito di specificità dei motivi.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Aliquota ICI Maggiorata per Immobili Sfitti: Legittima Anche per le Società Immobiliari

L’applicazione di un’aliquota ICI maggiorata sugli immobili non locati è un tema che da sempre genera dibattito. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali, stabilendo che tale misura può essere legittimamente applicata anche alle società immobiliari. La decisione non solo affronta il merito della questione fiscale, ma offre anche importanti spunti sul processo tributario, in particolare sul requisito di specificità dei motivi d’appello.

I Fatti di Causa

Una società immobiliare si opponeva a un avviso di accertamento ICI relativo a diversi immobili di sua proprietà rimasti sfitti. Il Comune aveva applicato un’aliquota del 9 per mille, notevolmente superiore a quella ordinaria del 4 per mille, basandosi su una delibera comunale che penalizzava la mancata locazione degli immobili.
La società contestava la legittimità di tale maggiorazione, sostenendo che, in quanto operatore commerciale con oggetto sociale la locazione, la non locazione di un immobile non potesse essere assimilata a una scelta speculativa. La Commissione Tributaria Regionale aveva parzialmente accolto le ragioni della società, ritenendo inapplicabile l’aliquota più alta, ma aveva dichiarato inammissibili gli altri motivi di appello per genericità.

La questione dell’Aliquota ICI maggiorata e i motivi di ricorso

La controversia è giunta dinanzi alla Corte di Cassazione con un doppio ricorso.
1. La società (ricorrente principale): lamentava l’errata dichiarazione di inammissibilità dei suoi motivi d’appello. Sosteneva che la Commissione Tributaria Regionale avesse interpretato in modo eccessivamente restrittivo il requisito della specificità, ignorando la chiara volontà di contestare la sentenza di primo grado.
2. Il Comune (ricorrente incidentale): contestava la decisione di disapplicare l’aliquota ICI maggiorata. Secondo l’ente locale, la norma comunale mirava a penalizzare la mancata immissione di immobili sul mercato delle locazioni, a prescindere dalla natura del proprietario (persona fisica o società). L’obiettivo era contrastare condotte speculative che sottraggono alloggi al mercato, rendendo irrilevante che il proprietario fosse una società immobiliare.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto entrambi i ricorsi, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Commissione Tributaria Regionale per un nuovo esame.

Sul piano processuale, la Corte ha ribadito che il requisito della specificità dei motivi d’appello, previsto dall’art. 53 del D.Lgs. 546/1992, deve essere interpretato in modo non eccessivamente formalistico. È sufficiente che dall’atto di appello emerga in modo chiaro la volontà di contestare la decisione di primo grado e le ragioni di tale contestazione. Non è necessaria una critica puntuale e argomentata di ogni passaggio della sentenza, essendo l’appello un mezzo di impugnazione con pieno effetto devolutivo, finalizzato a un riesame completo del merito della causa.

Sul piano sostanziale, la Corte ha dato ragione al Comune. Ha affermato che la norma che prevede l’aliquota ICI maggiorata per gli immobili non locati per almeno due anni ha una chiara ratio antielusiva e ant speculative. Il suo scopo è incentivare la locazione, soprattutto a canoni calmierati, e penalizzare chi sottrae immobili al mercato. Questa finalità, secondo la Corte, prescinde totalmente dalla natura giuridica del proprietario. Pertanto, la maggiorazione si applica indistintamente a persone fisiche e a società immobiliari, poiché anche queste ultime, mantenendo sfitti gli immobili, contribuiscono a ridurre l’offerta abitativa.

Le Conclusioni

L’ordinanza ha due importanti implicazioni. La prima, di carattere processuale, è un monito per i giudici tributari a non adottare interpretazioni eccessivamente rigorose che limitino l’accesso alla giustizia. La volontà di impugnare, se chiaramente espressa, deve essere sufficiente per un riesame nel merito. La seconda, di natura sostanziale, è un punto fermo sulla legittimità delle aliquote maggiorate per gli immobili sfitti. I Comuni possono legittimamente utilizzare la leva fiscale per orientare il mercato immobiliare e contrastare la speculazione, e tale strumento si applica a tutti i proprietari, senza distinzione alcuna.

È legittima l’applicazione di un’aliquota ICI maggiorata per gli immobili sfitti di proprietà di una società immobiliare?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che la maggiorazione dell’aliquota è legittima. La sua finalità è contrastare la sottrazione di immobili al mercato delle locazioni, e tale scopo si applica indipendentemente dal fatto che il proprietario sia una persona fisica o una società.

Qual è lo scopo dell’aliquota ICI maggiorata per gli immobili non locati?
Lo scopo è favorire l’immissione degli immobili sul mercato delle locazioni, evitando condotte speculative o valutazioni opportunistiche che riducono l’offerta abitativa. La misura è destinata a colpire indistintamente gli “immobili non locati per i quali non risultino essere stati registrati contratti di locazione da almeno due anni”.

Come deve essere interpretato il requisito della “specificità dei motivi” in un appello tributario?
Il requisito deve essere interpretato in modo restrittivo e non eccessivamente formalistico. L’appello deve essere considerato ammissibile ogni qual volta nell’atto sia espressa chiaramente la volontà di contestare la decisione di primo grado, garantendo l’effettività del riesame nel merito, dato il carattere pienamente devolutivo dell’appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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