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Aliquota agevolata enti ecclesiastici: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza che aveva parzialmente negato a un ente ecclesiastico l’applicazione dell’aliquota agevolata IRES sui redditi immobiliari. Il caso riguardava un avviso di accertamento con cui l’Amministrazione Finanziaria contestava il beneficio fiscale per cinque immobili. La Corte ha stabilito che i giudici di merito hanno errato nel confermare la decisione di primo grado con una motivazione apparente, senza analizzare nel dettaglio i singoli motivi di appello e senza verificare, per ogni immobile, la sussistenza dei requisiti oggettivi richiesti per l’agevolazione. È stato chiarito che non basta la natura ecclesiastica dell’ente (requisito soggettivo), ma occorre dimostrare che l’attività svolta non sia commerciale o, se lo è, sia strumentale e non prevalente rispetto ai fini istituzionali. La causa è stata rinviata per un nuovo esame.

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Pubblicato il 24 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Aliquota Agevolata Enti Ecclesiastici: Non Basta la Natura Religiosa

L’applicazione dell’aliquota agevolata per enti ecclesiastici è un tema di grande interesse nel diritto tributario, poiché tocca il delicato equilibrio tra fiscalità e sostegno alle attività di rilevanza sociale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sui requisiti necessari per beneficiare della riduzione dell’IRES, sottolineando che la sola natura ecclesiastica di un ente non è sufficiente. È indispensabile una verifica concreta dell’attività svolta.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da un avviso di accertamento notificato dall’Amministrazione Finanziaria a una Diocesi. L’Ufficio contestava l’applicazione dell’aliquota IRES agevolata, prevista dall’art. 6 del d.P.R. n. 601/1973, sui redditi derivanti da cinque immobili di proprietà dell’ente. Secondo l’Amministrazione, mancavano i presupposti per il beneficio fiscale.

Gli immobili in questione includevano:
* Due unità utilizzate da un altro ente ecclesiastico.
* Un immobile utilizzato dal ramo Onlus della Diocesi.
* Due frazioni di immobili locate a enti pubblici.

La Diocesi ha impugnato l’atto impositivo, dando il via a un contenzioso tributario.

Le Decisioni dei Giudici di Merito

In primo grado, la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) accoglieva solo parzialmente il ricorso. Riconosceva il diritto all’aliquota agevolata unicamente per l’immobile utilizzato dal ramo Onlus, confermando invece il recupero d’imposta per gli altri quattro.

Entrambe le parti hanno presentato appello. La Commissione Tributaria Regionale (CTR) ha confermato integralmente la sentenza di primo grado. Contro questa decisione, la Diocesi ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando, tra le altre cose, l’omessa pronuncia su specifici motivi di appello e l’errata applicazione della normativa fiscale. Anche l’Amministrazione Finanziaria ha proposto un ricorso incidentale, criticando la sentenza per motivazione apparente e violazione di legge.

Le Condizioni per l’Aliquota Agevolata Enti Ecclesiastici

La Corte di Cassazione, prima di decidere sul caso specifico, ha riepilogato i principi consolidati per il riconoscimento dell’agevolazione. Il beneficio fiscale non si basa solo su un requisito soggettivo (la natura dell’ente), ma richiede anche la sussistenza di un requisito oggettivo (la natura dell’attività).

In sintesi, per ottenere la riduzione dell’imposta, un ente deve dimostrare che:
1. L’attività svolta in concreto non abbia carattere commerciale in via esclusiva o principale.
2. Qualora svolga anche un’attività commerciale non prevalente, questa sia in un rapporto di strumentalità diretta e immediata con i fini istituzionali dell’ente (beneficenza, istruzione, religione o culto).

Per i redditi da locazione immobiliare, l’agevolazione è ammissibile solo se l’attività si configura come “mero godimento” del patrimonio, finalizzato a reperire fondi per le finalità istituzionali, e non come un’attività d’impresa organizzata con logiche di mercato.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte Suprema ha accolto il ricorso dell’ente ecclesiastico (limitatamente al terzo motivo) e integralmente quello dell’Amministrazione Finanziaria, cassando la sentenza della CTR.

Il punto cruciale della decisione risiede nella motivazione apparente della sentenza d’appello. I giudici della CTR si erano limitati a un’adesione acritica alla decisione di primo grado, senza esaminare e confutare le specifiche censure mosse dalle parti. Questo modo di motivare, definito “per relationem”, viola la legge perché non permette di comprendere l’iter logico-giuridico seguito dal giudice per arrivare alla sua decisione (il cosiddetto thema decidendum).

La Cassazione ha stabilito che la CTR avrebbe dovuto:
* Analizzare autonomamente ogni motivo di appello.
* Verificare, per ciascuno dei cinque immobili, se i requisiti oggettivi per l’aliquota agevolata enti ecclesiastici fossero stati provati, nel rispetto dell’onere probatorio che grava sul contribuente.

Invece, la sentenza impugnata non ha fornito alcuna spiegazione sul perché per alcuni immobili l’agevolazione fosse stata esclusa e per altri concessa, rendendo la sua motivazione nulla.

Le Conclusioni

L’ordinanza rappresenta un importante monito per i giudici di merito sull’obbligo di fornire una motivazione completa ed esaustiva. Per i contribuenti, e in particolare per gli enti ecclesiastici, la decisione ribadisce un principio fondamentale: per beneficiare di un’agevolazione fiscale non è sufficiente rientrare in una determinata categoria soggettiva. È necessario dimostrare concretamente, e per ogni singola attività produttiva di reddito, che le condizioni oggettive previste dalla norma siano rispettate. La Corte ha quindi rinviato la causa a un’altra sezione della CTR del Piemonte, che dovrà riesaminare il caso attenendosi ai principi enunciati e fornendo una motivazione congrua.

Quando un ente ecclesiastico ha diritto all’aliquota IRES agevolata?
L’ente ha diritto all’aliquota agevolata quando soddisfa sia un requisito soggettivo (essere un ente con fine di religione, culto, beneficenza o istruzione) sia un requisito oggettivo. Quest’ultimo richiede che l’attività concreta che produce il reddito non sia di natura commerciale o, se lo è, sia non prevalente e direttamente strumentale ai fini istituzionali.

La locazione di immobili da parte di un ente ecclesiastico è sempre un’attività non commerciale?
No. Secondo la Corte, la locazione dà diritto all’agevolazione solo se si tratta di “mero godimento” del patrimonio, finalizzato a raccogliere fondi per gli scopi istituzionali. Se l’attività è organizzata in forma di impresa, con mezzi e logiche concorrenziali (es. marketing, contratti a breve termine ripetuti, gestione attiva del patrimonio), allora è considerata commerciale e soggetta a tassazione ordinaria.

Cosa succede se un giudice d’appello conferma la sentenza di primo grado senza spiegare le sue ragioni?
La sentenza d’appello è considerata nulla per “motivazione apparente” o “per relationem”. Il giudice d’appello ha l’obbligo di esaminare specificamente i motivi di impugnazione e di esporre il proprio percorso logico-giuridico. Una semplice adesione alla decisione precedente, senza un’analisi autonoma, non è sufficiente e comporta la cassazione della sentenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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