Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12819 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 12819 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CORTESI NOME
Data pubblicazione: 13/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 15653/2023, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale è domiciliata a ROMA, in INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso, per delega unita al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME domiciliato presso il suo indirizzo di posta elettronica certificata
-controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 4035/2023 della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Sicilia, depositata il 19 maggio 2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14 aprile 2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
La Commissione tributaria regionale della Sicilia-sezione staccata di Catania accolse parzialmente l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza con la quale la Commissione tributaria provinciale di Catania aveva respinto il suo ricorso avverso il silenziorifiuto dell’Amministrazione sull’is tanza di rimborso delle imposte versate , formulata dal contribuente ai sensi dell’ art. 9, comma 17, della l.n. 289/2002.
Tale disposizione consentiva ai residenti nei Comuni interessati dal sisma che aveva colpito la Sicilia nel 1990 di avvalersi di una riduzione del 90% delle imposte dirette per il triennio 1990-1992.
L’Agenzia delle entrate impugnò tale decisione innanzi a questa Corte, la quale, con ordinanza n. 4565/2020, accolse il ricorso cassando la sentenza con rinvio, sul rilievo del fatto che i giudici regionali avevano errato nella ricognizione dei presupposti per l’ottenimento del beneficio da parte del COGNOME .
In tal senso, osservarono che tra i fatti costitutivi del diritto al rimborso oggetto di istanza era compresa anche la qualità di non imprenditore del richiedente, e quest’ultimo anziché l’Ufficio, come ritenuto dalla C.T.R. -era tenuto a dimostrarla.
All’esito del giudizio di rinvio, la Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia ha confermato la statuizione favorevole al COGNOME.
Ha osservato, in proposito, che -in considerazione dell’incompatibilità col mercato interno delle misure di aiuto di Stato,
l’art. 9, comma 17, della l. n. 289/2002, secondo l’interpretazione offerta dalla Commissione UE con la decisione del 14 agosto 2015, C2015/5549 -non spetta a chi svolge attività di impresa, nell’accezione eurounitaria di entità che, indipendentemente dal suo status giuridico e dalle modalità di finanziamento, esercita attività economica consistente nell’offrire sul mercato beni e servizi, salvo che si tratti di benefici individuali conformi al regolamento cd. de minimis applicabile.
Ciò posto, ha rilevato che, mediante autocertificazione, il COGNOME aveva dimostrato che la fattispecie rientrava nei limiti suddetti, poiché egli aveva dichiarato di non avere beneficiato di contributi pubblici concessi in regime de minimis e di non aver superato il relativo ammontare, pari ad € 200.000,00, né nel triennio 1990 -1992, né in anni precedenti o successivi.
Avverso detta statuizione l’Amministrazione ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Ha resistito l’intimato con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale sulla base di quattro motivi, illustrati da successiva memoria.
Considerato che:
Il primo motivo del ricorso principale è rubricato «violazione e falsa applicazione dell’articolo 9, comma 17, della legge 27 dicembre 2002, n.289; dell’articolo 1, comma 665 della legge 23 dicembre 2014 n.190 e successive modifiche e integrazioni; degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea; dei principi stabiliti dalla Commissione Europea con Decisione (UE) 2016/195, notificata con il n. C (2015) 5549 final in combinato disposto con il Regolamento Europeo (UE) 18 dicembre 2013, n. 1407, in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 3, del Codice di procedura civile».
L’Amministrazione, condividendo le argomentazioni del giudice del rinvio, osserva tuttavia che lo stesso contribuente ha quantificato l’importo oggetto di rimborso in € 249.159,00, somma superiore al limite indicato dagli stessi giudici regionali e idonea a giustificare il diniego per l’intero, non potendo a tal fine tenersi conto del fatto che detto importo, in virtù del regime normativo concernente l’esecuzione del rimborso, era destinato ad essere dimidiato.
Lamenta, inoltre, che i giudici d’appello avrebbero omesso di esaminare il contenuto dell’autocertificazione prodotta, nella quale era riportata una dichiarazione concernente il solo triennio d’imposta rilevante sub specie, non rilevante ai fini richiesti dalla decisione della Commissione UE.
Osserva, infine, che la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà non era comunque idonea al fine certificativo indicato.
Con il secondo motivo, denunziando «violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 445/2000, dell’art. 115 c.p.c., dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c.», la ricorrente ribadisce tale ultimo argomento, che invoca a censura della sentenza impugnata anche sotto la diversa prospettiva delineata.
Il primo motivo del ricorso incidentale, formulato in via condizionata all’accoglimento del ricorso principale, denunzia omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Secondo il contribuente, i giudici d’appello avrebbero omesso di considerare il fatto che egli avesse cessato di svolgere attività di lavoro autonomo fin dall’anno 2012, rilevante ai fini dell’applicazione della disciplina agevolatrice; l’art. 1, comma 665 , della l. n. 290/2014 dispone infatti che le agevolazioni siano sospese a carico «di chi svolge attività d’impresa», non di chi la svolgeva durante il periodo d’imposta interessato dall’agevolazione.
Con il secondo motivo del ricorso incidentale , anch’esso condizionato, deducendo nullità della sentenza sotto plurimi profili, il contribuente assume, in base ad articolate considerazioni, che nell’arco temporale di riferimento compreso fra il 2008 e il 2011 -«vigeva il c.d. ‘temporary framework’ in base al quale la soglia de minimis -in considerazione del grave periodo di crisi economica -è stata fissata a 500.000 euro»; tale circostanza, quantunque non contestata dall’Amministrazione e dunque da i ntendersi provata ex art. 115 cod. proc. civ., non era stata tuttavia esaminata dai giudici del rinvio, sul rilievo del fatto che l’importo percetto , contrariamente a quanto affermato dall’Ufficio, era inferiore alla soglia di € 200.000,00.
Il terzo motivo del ricorso incidentale, pure condizionato, è rubricato «Omesso esame dell’estratto del registro degli aiuti di stato prodotto dal contribuente in allegato 4 al ricorso per riassunzione e mancato accoglimento della domanda istruttoria avanzata in seno al medesimo atto di riassunzione ai fini dell’ordine di prod uzione documentale a carico dell’amministrazione pubblica: violazione degli artt.115 e 210 cpc (applicabili al processo tributario ex art.1 del d.lgs. 546/92.); conseguente impugnazione ai sensi dell’art. 360 comma 1 n.3 e 4 c.p.c.».
La doglianza è volta a contestare le argomentazioni dell’Ufficio inerenti alla validità probatoria dell’autocertificazione; il contribuente, inoltre, si duole del fatto che i giudici del rinvio non abbiano esaminato il più pregnante documento da lui prodot to, consistente nell’estratto del Registro Nazionale degli aiuti di Stato istituito con l. n. 115/2015, con ciò integrando un error in procedendo sotto i diversi profili evidenziati.
Infine, con l’ultimo motivo di ricorso incidentale, proposto in via autonoma, il contribuente si duole dell’avvenuto riconoscimento, da
parte dei giudici del rinvio, degli interessi sulla somma liquidata dalla data del rimborso anziché da quella del versamento, che assume conforme al disposto di cui all’art. 44 del d.P.R. n. 602/1973.
Il primo motivo del ricorso principale è fondato.
7.1. Com’è noto, la decisione n. C (2015) 5549 final del 14/08/2015 della Commissione UE ha stabilito, all’art. 1, che alcune misure di aiuto di Stato, fra le quali quella prevista dall’art. art. 9, comma 17, della l. n. 289/2002 e ss.mm., sono incompatibili con il mercato interno, con salvezza delle ipotesi di «aiuto individuale» che «al momento della sua concessione, soddisfa le condizioni previste dal regolamento, (CE) n. 1407/2013 o dal regolamento (CE) n. 717/2014», ovvero dai regolamenti che prevedono gli aiuti cd. de minimis (art. 2 decisione cit.), o che, «al momento della sua concessione, soddisfa le condizioni previste dal regolamento adottato in applicazione dell’articolo 1 del regolamento (CE) n. 994/98» ma «fino a concorrenza dell ‘ intensit à massima prevista per questo tipo di aiuti» (art. 2 decisione cit.).
È altrettanto noto che, in questo senso, spetta al giudice di merito valutare se, nella singola fattispecie, ricorra l’ipotesi di un aiuto individuale che, al momento della sua concessione, soddisfi le condizioni previste dai regolamenti UE che prevedono gli aiuti cd. de minimis .
Gli aiuti individuali, pertanto, giustificano una deroga al divieto degli aiuti di Stato solo ove si mantengano sotto la soglia stabilita; ne deriva che, in caso di superamento, il divieto, che involge l’intera somma, riacquista pieno vigore (Cass. n. 30651/2023 e numerose altre).
7.2. Ancora, il periodo di tre anni, rispetto ai quali verificare che il contribuente non abbia superato, con l’importo complessivo degli aiuti
ottenuti, la soglia dei regolamenti de minimis , decorre dal momento dell’ottenimento del primo aiuto; pertanto, si deve considerare il triennio 2001-2003 (per effetto dell’entrata in vigore della legge n. 289 del 2002, che riconosce il beneficio per cui è causa), in linea con quanto chiarito nei regolamenti per cui gli aiuti de minimis sono considerati concessi nel momento in cui all’impresa è accordato, a norma del regime giuridico nazionale applicabile, il diritto di riceverli, indipendentemente dalla data di erogazione.
In questo senso, e q uanto all’individuazione del regolamento applicabile, va rammentato che l’importo stabilito per definire il regime de minimis serve a tracciare la linea di confine tra gli aiuti di stato che sono incompatibili con l’art. 87 (ora 107) par. 1 del T.F.U.E, e quelli che invece sono tollerati.
7.3. Ciò posto, alla fattispecie in esame va applicato ratione temporis il reg. CE n. 69 del 2001, vigente all’epoca del riconoscimento del beneficio (anno 2002), restando irrilevante il momento della effettiva fruizione.
Resta, viceversa, esclusa l’applicazione del successivo reg. 1998 del 2006, come desumibile dal tenore letterale di quest’ultimo.
Infatti, e come questa Corte ha recentemente sottolineato (v. Cass. n. 289/2025), il 18° «considerando» del reg. CE n. 1998 del 2006 stabilisce espressamente che il precedente regolamento n. 69 del 2001 «termina il 31 dicembre 2006»; che le disposizioni del nuovo sono applicabili a decorrere dal 1 gennaio 2007; che solo per il settore dei trasporti, escluso dal precedente regolamento ed al settore della trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli, stante la esiguità dell’importo de minimis app licabile è possibile l’applicazione retroattiva; che il nuovo regolamento non dovrebbe incidere sugli aiuti individuali concessi conformemente al precedente.
Conformemente, l’art. 5, che detta le norme transitorie, ribadisce che il regolamento si applica agli aiuti concessi anteriormente alla sua entrata in vigore solo per le imprese attive nel settore dei trasporti e alle imprese attive nella trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli.
Il 10° «considerando» precisa che: «Conformemente ai principi alla base degli aiuti che rientrano nel campo di applicazione dell’articolo 87, paragrafo 1 del trattato, gli aiuti de minimis dovrebbero essere considerati concessi nel momento in cui all’impresa è accordato, a norma del regime giuridico nazionale applicabile, il diritto giuridico di ricevere gli aiuti».
Infine, tale ricostruzione è conforme anche al 9° «considerando» il quale precisa che il periodo di riferimento di tre anni dovrebbe essere valutato su una base mobile, nel senso che, in caso di nuova concessione di un aiuto de minimis , deve essere ricalcolato l’importo complessivo degli aiuti concessi nell’esercizio finanziario in questione nonché nei due esercizi finanziari precedenti.
7.4. La menzionata decisione, peraltro, ha precisato che gli Stati membri, quando adottano misure attraverso le quali attuano il diritto dell’Unione, sono tenuti a rispettare i principi generali di tale diritto, fra i quali quelli di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento, ostativi a che un regolamento venga applicato retroattivamente.
Mette conto, pertanto, ribadire il principio di diritto affermato dalla pronunzia in questione: «In tema di aiuti di Stato c.d. de minimis, nel rispetto dell’art. 107 (già art. 87) T.F.U.E., la sussistenza delle condizioni per usufruirne va valutata avendo riguardo alle soglie fissate dal regolamento CE vigente all’epoca della concessione del beneficio che coincide con il momento in cui l’aiut o è accordato, a norma del
regime giuridico nazionale applicabile, indipendentemente dalla data di erogazione».
A tale principio non si è attenuta la sentenza impugnata, che ha preso a riferimento la soglia degli aiuti de minimis di cui al richiamato regolamento del 2006.
Il motivo merita dunque accoglimento, poiché la soglia prevista dal regolamento applicabile era pari ad € 100.000,00 ed è stata perciò superata dall’importo riconosciuto al COGNOME, pari ad € 156.743,44 .
In tale statuizione restano assorbiti l’esame del secondo motivo del ricorso principale, nonché del secondo, terzo e quarto motivo del ricorso incidentale.
Residua, pertanto, lo scrutinio del primo motivo del ricorso incidentale, che non è fondato.
8.1. Poste, infatti, le considerazioni più sopra svolte in punto al momento temporale di riferimento per la verifica dei requisiti -che coincide con l’acquisizione del beneficio da parte del contribuente è allo stesso momento che occorre aver riguardo nella verifica circa lo svolgimento o meno, da parte di quest’ultimo, di attività d’impresa.
Non vi è, pertanto, motivo di ritenere (come fa il controricorrente con richiamo a un criterio ermeneutico rigorosamente letterale) che la successiva cessazione di tale attività consenta l’ottenimento del beneficio che non poteva essere concesso al momento del suo riconoscimento normativo.
In conclusione, va accolto il primo motivo del ricorso principale, con assorbimento del restante e del secondo, terzo e quarto motivo del ricorso incidentale. Il primo motivo del ricorso incidentale va invece disatteso.
La sentenza impugnata è cassata e, non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, la causa va decisa nel merito con il rigetto della domanda di rimborso originariamente formulata dal contribuente.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. Possono essere interamente compensate le spese dei gradi di merito e del giudizio di rinvio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale in relazione al primo motivo, disatteso il restante; rigetta il primo motivo del ricorso incidentale, assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria domanda di rimborso del contribuente.
Condanna il controricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in € 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.
Compensa le spese dei gradi di merito e del giudizio di rinvio.
Così deciso in Roma, il 14 aprile 2025.