Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12823 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 12823 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CORTESI NOME
Data pubblicazione: 13/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 3413/2023, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato e domiciliata presso i suoi uffici in ROMA, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
COGNOME e OR di RAGIONE_SOCIALE
-intimati –
avverso la sentenza n. 5864/17/2022 della Commissione tributaria regionale della Sicilia, depositata il 27 giugno 2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14 aprile 2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
L’Amministrazione finanziaria notificò a OR di COGNOME RAGIONE_SOCIALE (d’innanzi ‘OR’) una cartella di pagamento emessa ai fini Irap e Iva, per l’anno d’imposta 2005, a seguito della liquidazione automatizzata della dichiarazione modello Unico 2006, ai sensi d ell’art. 36bis del d.P.R. n. 600/1973 e dell’art . 54bis del d.P.R. n. 633/1972.
Analoga cartella, ai fini Irpef, venne notificata a NOME COGNOME quale socia accomandataria.
Le contribuenti risiedevano in uno dei Comuni della Provincia di Catania interessati da eventi sismici e vulcanici fra il 2001 e il 2002, in seguito ai quali, mediante interventi normativi succedutisi nel tempo, era stato dapprima sospeso il termine di adempimento degli obblighi tributari, quindi consentito agli interessati di regolarizzare gli adempimenti rimasti sospesi con adesione a d un’apposita procedura di definizione agevolata, che prevedeva il versamento del 50% di quanto dovuto.
Esse, pertanto, avevano definito in tal modo le loro posizioni per il periodo d’imposta 2001 -2005; nondimeno, l’Ufficio aveva iscritto al ruolo le intere somme di loro debenza, in attesa di verificare la regolare presentazione delle istanze di definizione e il puntuale pagamento di quanto dovuto.
Le cartelle furono impugnate con atti distinti innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Catania, che respinse i ricorsi.
La società contribuente e la socia appellarono le sentenze innanzi alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, la quale, riunite le impugnazioni, le accolse.
I giudici regionali rilevarono che la dichiarazione dello stato di emergenza nel territorio della provincia di Catania (per i Comuni interessati dagli eventi calamitosi) aveva comportato, in forza di successive proroghe, la sospensione degli adempimenti tributari dei residenti fino al 31 dicembre 2008 e che tale sospensione operava in relazione a tutti i termini in corso che venivano a scadenza nel periodo indicato ; le contribuenti, pertanto, avevano diritto all’agevolazione.
Quanto a quest’ultima, poi, osservarono che la norma che l’aveva stabilita -vale a dire l’art . 1, comma 1011, della l. n. 296/2006 -era compatibile con il diritto dell’Unione Europea, costituendo una fattispecie ascrivibile ad «aiuti di Stato non più recuperabili».
La sentenza d’appello è stata impugnata dall’Amministrazione con ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.
Le contribuenti non hanno svolto difese.
Considerato che:
L’unico motivo di ricorso è rubricato «v iolazione e falsa applicazione dell’articolo 1, comma 1011, della legge 27 dicembre 2006, n. 296; degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea; dei principi stabiliti dalla Commissione Europea con Decisione (UE) 2016/195, notificata con il n. C (2015) 5549 final e dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea con l’ordinanza del 15 luglio 2015, causa C82/14, in relazione all’articolo 360, primo comma, n.3, del codice di procedura civile».
L’Agenzia delle entrate critica la sentenza impugnata in punto alla ritenuta compatibilità dell’agevolazione con il diritto UE, osservando che essa si riferisce a redditi di impresa, in quanto percepiti da una società, ovvero da persona fisica titolare di reddito di partecipazione; sostiene, pertanto, che le beneficiarie avrebbero dovuto dimostrare
che l’importo chiesto in recupero fosse inferiore alla soglia stabilita dai regolamenti cd. de minimis concernenti gli aiuti individuali.
La censura è fondata.
2.1. In relazione ad analoga forma di agevolazione, stabilita dal legislatore in relazione ai residenti nei Comuni interessati dal sisma siciliano negli anni 1989 e 1990 questa Corte ha affermato che il rimborso d’imposta , a seguito dell’intervento della commissione Ue con la decisione del 14 agosto 2015, C (2015) 5549, non è applicabile ai soggetti che esplicano attività di ‘ impresa comunitaria ‘ , rispetto alla quale rileva esclusivamente lo svolgimento di attività economica volta a fornire beni o servizi, essendo invece irrilevante l’elemento soggettivo, sia sotto il profilo della qualifica dell’attività (di impresa o professionale, di lavoro autonomo e di esercente attività c.d. protette), sia sotto il profilo della struttura propria del soggetto, sia esso persona fisica o ente collettivo, soggetto di diritto privato o pubblico (in questo senso, fra le altre, Cass. n. 26285/2023; Cass. n. 29905/2017).
Si è poi precisato che «in tema di aiuti di stato, la nozione eurounitaria di impresa include -come confermato dalla normativa europea in tema di individuazione del soggetto passivo dell’Iva nonché da quella sugli appalti pubblici -qualsiasi entità che eserciti un’attività economica consistente nell’offrire beni o servizi su un determinato mercato, a prescindere dallo status giuridico e dalle modalità di finanziamento della stessa» (così Cass. n. 10450/2018).
2.2. Nel caso di specie, costituisce circostanza pacifica il fatto che la società contribuente svolgesse attività economica, i cui proventi costituivano la fonte di reddito della socia accomandataria.
Era pertanto necessario che il giudice di merito verificasse -secondo la regola probatoria che fa carico all’interessato di dimostrare la sussistenza dei requisiti per l’agevolazione l’ammissibilità del
beneficio individuale in base al regolamento de minimis richiamato dalla citata decisione ai par. 2 e 3, «tenendo conto, in specie, che la regola de minimis , stabilendo una soglia di aiuto al di sotto della quale l’art. 92, n. 1, TFUE, può considerarsi inapplicabile, costituisce un’eccezione alla generale disciplina relativa agli aiuti di Stato, per modo che, quando la soglia dell’irrilevanza dovesse essere superata, il beneficio dovrà essere negato nella sua interezza» (cfr. Cass. n. 22377/2017).
In difetto, il giudice di merito avrebbe dovuto valutare la sussistenza delle condizioni che, secondo la ridetta decisione della Commissione UE, fanno ritenere comunque compatibile gli aiuti in esame con il mercato interno, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 2, lettera b), del TFUE, ovvero che si tratti di «aiuti destinati a compensare i danni causati da una calamità naturale» (p. 150, lett. b), sempre che sussista «un nesso chiaro e diretto tra i danni subiti dalla singola impresa in seguito alle calamità naturali in oggetto e l’aiuto di Stato conce sso a norma delle misure in esame» (p. 136), il che presuppone necessariamente (ma non unicamente) che il beneficiario abbia sede operativa nell’area colpita dalla calamità naturale al momento dell’evento, e che sia evitata una overcompensation rispetto ai danni subiti dall ‘ impresa, scorporando dal danno accertato l’importo compensato da altre fonti (assicurative o altre misure di aiuto: p. 148 della decisione della Commissione).
Inoltre, e nuovamente con riguardo al principio de minimis , occorreva accertare che l’importo chiesto in recupero ed oggetto del singolo procedimento fosse inferiore alla soglia fissata dal diritto dell’UE con riferimento all’ammontare massimo totale dell’aiuto rientrante nella categoria su un periodo di tre anni, a decorrere dal momento del primo (Cass. n. 14465/2017).
2.3. I giudici d’appello hanno trascurato ogni verifica in tal senso, sul presupposto, affermato in sentenza, che la stessa Commissione UE, nel frangente indicato, avrebbe affermato che gli aiuti di Stato non sono recuperabili una volta che siano trascorsi più di dieci anni dalla data della sua decisione.
Si tratta, tuttavia, di una lettura errata della decisione in questione. Questa, infatti, ha affermato che l’Italia non ha l’obbligo di recuperare gli aiuti fondati su discipline contra legem concessi per le calamità naturali risalenti ad oltre dieci anni prima della data della decisione; il che non si è verificato nel caso di specie, poiché quest’ultima reca la data del 14 agosto 2015, l’agevolazione trova il suo referente normativo nell’art. 1, comma 1011, della l. n. 296/2006 e la domanda di definizione agevolata è stata presentata solo il 28 giugno 2007.
In conclusione, il ricorso va accolto.
La sentenza impugnata è cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, per il riesame della questione alla luce dell’indicato principio di diritto e la liquidazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia.
Così deciso in Roma, il 14 aprile 2025.