Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25273 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25273 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME FILIPPO
Data pubblicazione: 20/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22557/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE), in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocat ura dello Stato, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F.), in persona del legale rappresentante pro tempore
-intimata – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia, n. 6779/15/21, depositata in data 20 luglio 2021
Oggetto: tributi – Sisma Sicilia – Imposte dirette – IVA – rimborso – presupposti
Lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore Generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso .
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 13 settembre 2024.
RILEVATO CHE
La società contribuente RAGIONE_SOCIALE ha impugnato il silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso di imposte dirette e IVA proposta in data 4 gennaio 2008 relativa alla restituzione del 90% delle imposte versate relativamente agli anni 1990, 1991 e 1992 (per i quali una norma agevolativa aveva previsto il versamento del solo 10% del dovuto), deducendo falsa applicazione dell’art. 9, comma 17, l. 27 dicembre 2002, n. 289.
La CTP di Catania ha accolto il ricorso.
La CTR della Sicilia, con la sentenza qui impugnata, ha rigettato l’appello dell’Ufficio . La sentenza impugnata, dopo avere considerato in parta narrativa tardive le deduzioni dell’Ufficio contenute in memoria, ha ritenuto il diritto al rimborso espressamente riconosciuto dall’art. 1, comma 665 l. 23 dicembre 2014, n. 190, ove la domanda sia presentata entro il termine biennale decorrente dalla l. 28 febbraio 2008, n. 31, come nel caso di specie.
Propone ricorso per cassazione l’Ufficio , affidato a due motivi; la società contribuente intimata non si è costituita in giudizio.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 57 d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e dell’art. 112 cod. proc. civ., nella parte in cui il giudice di appello ha ritenuto tardive le deduzioni contenute in memoria. Osserva parte ricorrente che le questioni dedotte con memoria hanno avuto ad oggetto le violazioni del diritto
dell’Unione, con particolare riferimento al divieto degli aiuti di Stato , rilevabili di ufficio, attinenti in particolare all’IVA versata e al rispetto, per le imposte dirette, del regime de minimis , questioni che erano peraltro state sollevate sin dal primo grado di giudizio. Osserva, inoltre, parte ricorrente che nelle domande di rimborso l’Agenzia non è attore sostanziale e può introdurre nuovi argomenti di discussione relativi ad ulteriori profili di discussione costituenti fatti impeditivi del diritto al rimborso. In ogni caso, deduce il ricorrente, le deduzioni attenevano alla sopravvenuta decisione del 14 agosto 2015 della Commissione UE, costituente -al pari delle altre decisioni della Commissione UE -fonte di produzione del diritto dell’Unione.
2. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 9, comma 17, l. 27 dicembre 2002, n. 289, dell’art. 1, comma 665, l. 23 dicembre 2014, n. 190, degli artt. 107 e 108 TFUE, dei principi stabiliti dalla Commissione UE con Decisione (UE) 2016/195 C (2015) 5549 final, degli art . 2, 22 Dir. 77/388/CEEE, dell’ordinanza CGUE, 15 luglio 2015, C-82/14, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che il diritto al rimborso è compatibile con il divieto degli aiuti di Stato. Osserva parte ricorrente che i soggetti che svolgono attività di impresa non possono beneficiare delle disposizioni agevolative di cui alla l. 289/2002, trattandosi di disposizioni incompatibili con la disciplina degli aiuti di Stato. In ogni caso, conclude il ricorrente, è necessario che il contribuente rispetti la disciplina de minimis , il cui onere è a carico del contribuente, così come -deduce il ricorrente -l’IVA non sarebbe in alcun modo rimborsabile.
3. Il primo motivo è fondato. Va ribadito il principio, costantemente affermato da questa Corte, che la sopravvenuta decisione della Commissione Europea è immediatamente applicabile trattandosi, ai sensi dell’art. 288 T.F.U.E, di atto normativo vincolante e, dunque, di
ius superveniens , sicché il giudice di legittimità è tenuto a dare immediata attuazione, anche d’ufficio, alla nuova regolamentazione della materia oggetto della decisione comunitaria, decidendo nel merito ovvero, se sia necessario un accertamento dei presupposti di fatto, cassando la sentenza impugnata e rimettendo al giudice di rinvio il relativo compito (Cass., Sez. V, 29 aprile 2024, n. 11477; Cass., Sez. V, 21 novembre 2023, n. 32369; Cass., Sez. V, 27 aprile 2021, n. 11038; Cass., Sez. Lav., 30 giugno 2016, n. 13458).
4. Sotto questo profilo, in tema di agevolazioni tributarie erogate a un’impresa per calamità naturali, il giudice nazionale è tenuto a verificare se il beneficio individuale sia compatibile con il regolamento de minimis applicabile ovvero se ricorrano le condizioni che rendono l’aiuto compatibile con il mercato interno (art. 107, § 2, lett. b), T.F.U.E.) in quanto destinato a compensare i danni causati da calamità naturali, con la conseguenza che il contribuente che vuole fruire del beneficio deve fornire la prova, per il rispetto del limite del de minimis , che l’ammontare totale degli aiuti ottenuti nel periodo di tre anni, decorrente dal momento dell’ottenimento del primo aiuto, non supera la soglia prevista nel regolamento, ovvero, per l’applicazione dell’ipotesi prevista dall’art. 107, § 2. lett. b) TFUE, di avere la sede operativa nell’area colpita dalla calamità al momento dell’evento ed anche l’assenza di una sovracompensazione dei danni subiti, scorporando dal pregiudizio accertato l’importo compensato da altre fonti (Cass., Sez. V, 16 febbraio 2023, n. 4932; Cass., Sez. VI, 26 giugno 2019, n. 17199). La sentenza impugnata, nella parte in cui ha ritenuto che la sopravvenuta decisione della Commissione UE costituisce nuova difesa (art. 112 cod. proc. civ.), anziché ius superveniens (art. 113 cod. proc. civ.), non ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi.
5. Il secondo motivo è fondato. Come ampiamente osservato dal Pubblico Ministero, l’art. 9, comma 17, l. n. 289/2002 -riguardante la definizione automatica della posizione fiscale relativa agli anni 1990, 1991, e 1992 a favore dei soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990 che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, attraverso le due simmetriche possibilità del pagamento del dieci per cento del dovuto, per chi non ha ancora pagato, e del rimborso del novanta per centro di quanto versato, per chi ha già pagato -non operante in materia di Iva, non è applicabile ai contribuenti che svolgono attività di impresa, in ragione del combinato disposto dell’art. 1, comma 665, l. n. 190/2014 e della decisione n. C (2015) 5549 “final” del 14 agosto 2015 della Commissione UE, che ha ritenuto tale previsione emessa in violazione dell’art. 108, par. 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e, dunque, incompatibile con il mercato interno, perché configurante un illegittimo aiuto di stato, salvo (in ogni caso) il rispetto delle condizioni per gli aiuti de minimis o quelle previste dal Regolamento 994/1998/CE (Cass., Sez. V, 27 novembre 2019, n. 30927; Cass., Sez. VI, 13 dicembre 2017, n. 29905). La sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione del suddetto principio.
6. Parimenti, l’art. 2, par. 2 Reg. (CE) n. 1998/2006, applicabile al caso di specie – in tema di aiuti di Stato di importanza minore (« de minimis ») sottratti all’applicazione degli artt. 87, 88 TCE (artt. 107 108 TFUE) – stabilisce che « l’importo complessivo degli aiuti de minimis concessi ad una medesima impresa non deve superare i 200.000 EUR nell’arco di tre esercizi finanziari . Il periodo viene determinato facendo riferimento agli esercizi finanziari utilizzati dall’impresa nello Stato membro interessato ». La sussistenza delle condizioni per l’esenzione degli aiuti di Stato d’importanza minore ( de minimis ) deve essere provata dal beneficiario con riguardo non al singolo aiuto, ma al
periodo di tre anni, decorrente dal momento del primo aiuto, comprendendo ogni altro aiuto pubblico accordato quale aiuto de minimis (Cass., Sez. Lav. 6 aprile 2020, n. 7704; Cass., Sez. VI, 26 giugno 2019, n. 17199; Cass., Sez. Lav., 12 giugno 2017, n. 14574; Cass., Sez. VI, 2 maggio 2018, n. 10450; Cass., Sez. Lav., 3 maggio 2012, n. 6671). La sentenza non ha fatto corretta applicazione del suddetto principio e va cassata.
7. Va, peraltro, rilevato che, quanto al rimborso IVA, è ius receptum che «l’art. 9, comma 17, della I. n. 289 del 2002 non è applicabile in materia d’IVA atteso che, nel prevedere a beneficio delle persone colpite dal terremoto che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa una riduzione del 90 per cento di tale imposta, normalmente dovuta per gli anni 1990, 1991 e 1992, con riconoscimento del diritto al rimborso, in tale proporzione, delle somme già corrisposte, non soddisfa il principio di neutralità fiscale e non consente di garantire la riscossione integrale dell’IVA dovuta nel territorio italiano, sicché si pone in contrasto con l’ordinamento comunitario, come chiarito dall’ordinanza 15 Luglio 2015 della Corte di Giustizia nella causa C82/14 (così Cass. n. 18205 del 16/09/2016; conf. Cass. n. 25278 del 16/12/2015; Cass. n. 16923 del 10/08/2016; Cass. n. 17563 del 04/07/2018)» (Cass., Sez. V, 27 novembre 2019, n. 30927; conf. Cass., Sez. V, 17 gennaio 2023, n. 1189).
8. T ale interpretazione è conseguente all’applicazione del diritto dell’Unione, secondo cui la disciplina interna provoca un meccanismo distorsivo della concorrenza all’interno del territorio nazionale, nonché all’interno dell’Unione, in quanto consente ai sog getti passivi di incamerare somme versate dai consumatori finali e dovute all’Amministrazione finanziaria, cosa che non avviene per altri soggetti passivi (CGUE, 15 luglio 2015, Nuova Invincibile, C-82/14, punti 2526; CGUE, 18 marzo 2024, PR, C-37/23, punti 30-31), non potendosi
introdurre rilevanti differenze di trattamento nel territorio italiano e nel territorio dell’Unione (CGUE, 17 luglio 2008, Commissione c/Italia, C -132/06, punti 44-45). Non è quindi, consentito il rimborso IVA. Anche sotto tale profilo la sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione del diritto dell’Unione e sotto questo profilo la statuizione della sentenza impugnata va cassata, sul punto senza rinvio.
Il ricorso va accolto, cassandosi la sentenza impugnata con rinvio, per nuovo esame della sola domanda di rimborso delle imposte dirette, nonché per regolazione e liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, anche per la regolazione e la liquidazione delle spese processuali del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 13 settembre 2024