Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18710 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18710 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4149/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro-tempore, elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME difeso e rappresentato per procura speciale dall’Avvocato NOME COGNOME e domiciliato ope legis presso la Corte Suprema di Cassazione, INDIRIZZO Roma.
-controricorrente –
Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia -sezione staccata di Catania, n. 190/17/2016, depositata il 21 gennaio 2016.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6 giugno 2025 dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, avverso la sentenza di cui all’epigrafe, che ha rigettato l’appello erariale contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Catania, che aveva accolto il ricorso di NOME COGNOME contro il silenzio-rifiuto tenuto
Silenzio rifiuto –NOME -1990 1992
dall’Amministrazione sulla sua istanza di rimborso, in applicazione dell’art. 9, comma 17, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, del 90 per cento dell’Irpef e dell’ Ilor di cui agli anni 1990, 1991 e 1992. Il contribuente si è costituito con controricorso.
Con ordinanza n. 6671/2018, la sesta sezione, sul presupposto che trattavasi di esercizio di attività d’impresa, in considerazione anche del rimborso dell’ILOR, ritenuto incompatibile con le regole della concorrenza dell’Unione Europea (cfr. decisione 195/2016, adottata in data 14.8.2015, notificata con il n. C (2015) 5549 e pubblicata in G.L.U.E. del 18.2.2016), che ha dichiarato illegittime una serie di agevolazioni fiscali e contributive concesse dallo Stato in occasione di varie calamità naturali verificatesi in una ampio arco temporale, tra cui anche l’agevolazione di cui all’ari 9 comma 17 legge 289 del 2002 in relazione al sisma siciliano del 1990, considerandole aiuti di Stato, ai sensi dell’art. 375, comma 2, cod. proc. civ., rinviava la causa alla sezione tributaria in considerazione della rilevanza della questione di diritto.
Con ordinanza interlocutoria n. 29303/2022 depositata il 7 ottobre 2022, questa Corte ha disposto l’acquisizione del fascicolo di merito rinviando la causa a nuovo ruolo.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 6 giugno 2025 per la quale il contribuente ha depositato memoria.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso così rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 9, comma 17, della legge n. 289 del 2002 e degli artt. 107 e 108 del T.F.U.E. ed 11 e 12 del Regolamento CE n. 659 del 22 marzo 1999», l’Agenzia delle entrate lamenta l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha riconosciuto il diritto del contribuente ad ottenere il rimborso con riferimento al 90% dell’IRPEF e dell’IRAP versata nel triennio 1990 -1992.
Il motivo è inammissibile.
2.1 L’art. 9, comma 17, della legge n. 289 del 2002 -riguardante la definizione automatica della posizione fiscale relativa agli anni 1990, 1991, e 1992 a favore dei soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990 che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa attraverso le due simmetriche possibilità del pagamento del dieci per cento del dovuto, per chi non ha ancora pagato, e del rimborso del novanta per centro di quanto versato, per chi ha già pagato – non si applica in materia di IVA con riferimento ai contribuenti che svolgono attività di impresa, in ragione del combinato disposto dell’art. 1, comma 665, della legge n. 190 del 2014 e della decisione n. C (2015) 5549 “final” del 14 agosto 2015 della Commissione UE, che ha ritenuto la previsione di cui all’art. 9 comma 17 cit. emessa in violazione dell’art. 108, par. 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e, dunque, incompatibile con il mercato interno, perché configurante un illegittimo aiuto di stato.
2.2. Di poi, con riguardo alle imposte diverse dall’IVA, anche recentemente (Cass. 04/07/2023, n. 18907), in ossequio ad un orientamento da considerarsi consolidato, si è ribadito che ai sensi dell’art. 1, comma 665, della l. 190/2014, «I soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, individuati ai sensi dell’articolo 3 dell’ordinanza del Ministro per il coordinamento della protezione civile 21 dicembre 1990, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 24 dicembre 1990, che hanno versato imposte per il triennio 1990-1992 per un importo superiore al 10 per cento previsto dall’articolo 9, comma 17, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, hanno diritto, con esclusione di quelli che svolgono attività d’impresa, per i quali l’applicazione dell’agevolazione è sospesa nelle more della verifica della compatibilità del beneficio con l’ordinamento dell’Unione europea, al rimborso di quanto indebitamente versato, a condizione che
abbiano presentato l’istanza di rimborso ai sensi dell’articolo 21, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, e successive modificazioni. Il termine di due anni per la presentazione della suddetta istanza è calcolato a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge 28 febbraio 2008, n. 31, di conversione del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248».
2.3. Successivamente è giunta la decisione final della Commissione Europea n. C-2015/5549 del 14 agosto 2015 (che è vincolante per il giudice nazionale, che deve darvi attuazione anche attraverso la disapplicazione delle norme interne con essa contrastante (Cass. 26 settembre 2017, n. 22377; Cass. 4 luglio 2014, n. 15354), con la quale è stato statuito che le misure legislative che istituiscono i benefici in favore dei soggetti colpiti dal sisma (e da altre calamità naturali quali l’alluvione del 1994 e la cenere vulcanica del 2002) erano state adottate in violazione dell’art. 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (T.F.U.E.) e, di conseguenza, ha concluso che esse «costituiscono aiuti di Stato incompatibili con il mercato interno» (punto 133 della decisione).
2.4. Orbene, alla luce della normativa nazionale e comunitaria è evidente che il rimborso del 90% delle somme versate a titolo di imposte dirette non poteva essere erogato in favore di soggetti titolari di redditi d’impresa.
2.5. Sul precipuo punto del rispetto del regolamento ‘de minimis’, questa Corte ha avuto modo di precisare che «l’art. 9, comma 17, della I. n. 289 del 2002 (recante benefici fiscali in favore delle vittime del sisma del 13 e 16 dicembre 1990 in Sicilia) non è applicabile ai contribuenti che svolgono attività d’impresa, costituendo un aiuto di stato illegittimo, ai sensi dell’art. 108, par. 3, del TFUE, come stabilito dalla decisione della Commissione (UE) 2015/5549 del 14 agosto 2015, la quale ha pure precisato che, per quanto riguarda gli aiuti individuali già concessi prima della data di avvio della decisione e dell’ingiunzione di sospensione, il regime va
considerato compatibile con il mercato interno se, in virtù della deroga prevista dall’art. 107, par. 2, lett. b) del T.F.U.E., può essere stabilito un nesso chiaro e diretto tra i danni subiti dall’impresa in seguito alla calamità naturale e l’aiuto di Stato concesso, dovendosi evitare i casi di sovracompensazione rispetto ai danni subiti, dovuta al cumulo di aiuti, oppure se i benefici risultino in linea con il regolamento ‘de minimis’ applicabile» (cfr. Cass. 25 gennaio 2019, n. 2208; Cass. 26 marzo 2019, n. 8408).
2.6. Tutto ciò presuppone necessariamente (ma non unicamente) che il beneficiario abbia sede operativa nell’area colpita dalla calamità naturale al momento dell’evento, e che sia evitata una sovracompensazione rispetto ai danni subiti dalla impresa, scorporando dal danno accertato l’importo compensato da altre fonti (assicurative o altre misure di aiuto: p. 148 della decisione della Commissione). Inoltre, per il rispetto del principio de minimis, non basta che l’importo chiesto in recupero ed oggetto del singolo procedimento sia inferiore alla soglia fissata dal diritto dell’UE (€ 200.000,00 nel triennio), dovendo invece la relativa prova riguardare l’ammontare massimo totale dell’aiuto rientrante nella categoria de minimis su un periodo di tre anni a decorrere dal momento del primo (Cass. 10/01/2023, n. 11156).
2.7. Tanto premesso in linea generale, nel caso concreto il motivo è inammissibile, per violazione dell’art. 366, primo comma, n. 3 e n. 6 cod. proc. civ.
Va premesso che l’Amministrazione ricorrente ha dedotto le proprie censure esclusivamente con riferimento al versamento dell’IRPEF, sicché, pur facendo menzione la sentenza impugnata anche dell’ILOR, deve ritenersi che in parte qua la decisione impugnata non sia oggetto del ricorso erariale. Inoltre, nel dedurre che l’IRPEF della quale è stato chiesto il rimborso non dovuto era stata pagata (anche) «in ragione dei redditi di partecipazione», e nel concentrare sostanzialmente su tale parte dell’imposizione la
propria censura, la ricorrente è assolutamente generica. Non è infatti allegato se il contribuente partecipasse ad una società di persone o di capitali, elemento oggettivo non irrilevante ai fini dell’effettiva configurazione dell’esercizio di attività d’impresa, e la stessa circostanza che il reddito oggetto dell’imposta in questione derivasse da una (non altrimenti specificata) ‘partecipazione’, non accertata nella sentenza impugnata (e negata dal controricorrente) non è corredato, nel ricorso, da alcun ulteriore riferimento a documenti, prodotti nel giudizio di merito da una delle parti, dai quali risulti tale dato. Tanto meno, nel ricorso, si individua se, e per effetto di quali atti dei giudizi di merito, lo stesso fatto possa dirsi in ipotesi incontestato.
Non risulta quindi adempiuto l’onere di cui all’art. 366, comma 1, n. 6, cod. proc. civ., di specifica indicazione, a pena d’inammissibilità, degli atti processuali e dei documenti sui quali il ricorso si fonda, nonché dei dati necessari all’individuazione della loro collocazione quanto al momento della produzione nei gradi dei giudizi di merito (Cass. 15/01/2019, n. 777; Cass. 18/11/2015, n. 23575).
Infatti «In tema di giudizio per cassazione, l’onere del ricorrente, di cui all’art. 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., così come modificato dall’art. 7 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, di produrre, a pena di improcedibilità del ricorso, “gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda” è soddisfatto, sulla base del principio di strumentalità delle forme processuali, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo di parte, anche mediante la produzione del fascicolo nel quale essi siano contenuti e, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo d’ufficio, mediante il deposito della richiesta di trasmissione di detto fascicolo presentata alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata e restituita al richiedente munita di visto ai sensi dell’art. 369, terzo comma, cod. proc. civ., ferma, in ogni caso, l’esigenza di specifica indicazione, a
pena di inammissibilità ex art. 366, n. 6, cod. proc. civ., degli atti, dei documenti e dei dati necessari al reperimento degli stessi.» (Cass., S.U., 03/11/2011, n. 22726).
In conclusione, il ricorso è inammissibile.
Le spese seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale, non si applica l’art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna l’Agenzia delle Entrate alla rifusione delle spese di lite che liquida in € 6.000,00, oltre ad € 200,00 per esborsi, rimborso forfettario nella misura del 15 % oltre ad IVA e c.p.a. come per legge.
Così deciso in Roma il 6 giugno 2025