Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31976 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 31976 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21592/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE COGNOME ;
-intimati- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. CATANIA n. 6768/2021 depositata il 20/07/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME il quale ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Rilevato che
L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza in epigrafe della Commissione Tributaria Regionale (CTR) della Sicilia che aveva rigettato l’appello erariale contro la
sentenza della Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Catania n. 205/2013 che aveva dichiarato l’illegittimità del silenzio rifiuto dell’Amministrazione verso l’istanza di rimborso proposta dalla RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante NOME COGNOME, ex art. 9 comma 17 l. n. 289/2002 per imposte relative agli anni 1991 -1992.
Il ricorso è fondato su due motivi.
Restano intimati i contribuenti.
Considerato che
Con il primo motivo l’Agenzia deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 9, comma 17, l. n. 289/2002, dell’art. 1 comma 665 l. n. 190/2014, art. 112 c.p.c., degli artt. 107 e 108 del TFUE, dei principi stabiliti dalla Commissione Europea con decisione C (2015) 5549 final del 14.8.2015, degli artt. 2 e 22 della sesta direttiva 77/388/CEE, dell’ordinanza del 15 luglio 2015 causa C -82/14 della Corte di giustizia dell’Unione Europea, nonché violazione e/o falsa applicazione dell’art. 14 delle preleggi e dell’art. 53 Cost., laddove la CTR ha affermato la compatibilità della normativa in esame con la normativa unionale in tema di aiuti di stato.
Con il secondo motivo l’Agenzia deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 57 d.lgs. n. 546/1992 nonché dell’art. 112 c.p.c. per non aver la CTR deciso sulle eccezioni sollevate dall’Ufficio in memoria depositata nel giudizio d’appello , ritenendo motivi nuovi le seguenti questioni: a) il diritto al rimborso non poteva essere riconosciuto con riferimento all’IVA versata; b) il rimborso delle imposte dirette era condizionato alla prova del rispetto del regime de minimis , trattandosi di impresa; c) il rimborso doveva essere erogato secondo le modalità previste dal Direttore dell’Agenzia delle entrate n. 195405 del 26.9.2017.
I due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati.
Va considerato, in limine , che la Commissione UE, con la decisione n. C (2015) 5549 final del 14/08/2015, (c he il giudice nazionale deve attuare anche mediante disapplicazione di norme contrastanti: cfr. Cass. n. 22377 del 2017; Cass. n. 29905 del 2017; Cass. n. 3070 del 2018), ha stabilito all’art. 1 che « Le misure di aiuto di Stato in oggetto (L. 27 dicembre 2012, n. 289, art. 9, comma 17, e successive modifiche e integrazioni; L. 24 dicembre 2003, n. 350, art. 4, comma 90, e successive modifiche e integrazioni; L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 363, e successive modifiche e integrazioni; L. 27 dicembre 2006, n: 296, art. 1, comma 1011, e successive modifiche e integrazioni; L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 109, e successive modifiche e integrazioni; D.L. 29 novembre 2008, n. 185, art. 6, comma 4bis e 4-ter, e successive modifiche e integrazioni; L. 12 novembre 2011, n. 183, art. 33, comma 28, e successive modifiche e integrazioni; e tutti gli atti esecutivi pertinenti previsti dalle leggi sopraccitate), che riducono tributi e contributi dovuti da imprese in aree colpite da calamità naturali in Italia dal 1990 e cui l’Italia ha dato effetto in maniera illegale in violazione dell’art. 108, Par. 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, sono incompatibili con il mercato interno ».
4.1. È fatta salva l’ipotesi che si tratti di un « aiuto individuale » che « al momento della sua concessione, soddisfa le condizioni previste dal regolamento , (CE) n. 1407/2013 o dal regolamento (CE) n. 717/2014 », ovvero dai regolamenti che prevedono gli aiuti cd. de minimis (§ 2 dec. cit.), o che, « al momento della sua concessione, soddisfa le condizioni previste dal regolamento adottato in applicazione dell’articolo 1 del regolamento (CE) n. 994/98 » (sull’applicazione degli artt. 92 e 93 -ora 87 e 88 -del Trattato a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontali), « o da ogni altro
regime di aiuti approvato », ma « fino a concorrenza dell’intensità massima prevista per questo tipo di aiuti » (§ 3 dec. cit.).
4.2. Secondo la Commissione UE « una decisione negativa in merito ad un regime di aiuti non pregiudica la possibilità che determinati vantaggi concessi nel quadro dello stesso regime non costituiscano di per sé aiuti di Stato o configurino, interamente o in parte, aiuti compatibili con il mercato interno (ad esempio perché il beneficio individuale è concesso a soggetti che non svolgono un’attività economica e che pertanto non vanno considerati come imprese oppure perché il beneficio individuale è in linea (con) il regolamento de minimis applicabile oppure perché il beneficio individuale è concesso in conformità di un regime di aiuto approvato o un regolamento di esecuzione) » (§ 134 dec. cit.).
Nella stessa prospettiva della decisione della Commissione UE, confermata dal Tribunale di primo grado UE, con sentenza del 26 gennaio 2018, la Corte di giustizia, con ordinanza 15 luglio 2015, emessa nella causa C -82/14 ha dichiarato che gli artt. 2 e 22 della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio del 17 maggio 1977 devono essere interpretati nel senso che ostano ad una disposizione nazionale, come l’art. 9, comma 17, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 che prevede, in seguito al terremoto che ha interessato le Province di Catania Ragusa e Siracusa, a beneficio delle persone colpite da quest’ultimo, una riduzione del 90% dell’imposta su valore aggiunto dovuta per gli anni 1990, 1991 e 1992, riconoscendo in particolare il diritto al rimborso in tale proporzione delle somme già corrisposte, in quanto la suddetta disposizione non soddisfa i requisiti del principio di neutralità fiscale e non consente di garantire la riscossione integrale dell’IVA dovuta sul territorio italiano.
6. Si è così affermato dalla giurisprudenza di questa Corte che « l’art. 9, comma 17, della l. n. 289 del 2002 -riguardante la
definizione automatica della posizione fiscale relativa agli anni 1990, 1991, e 1992 a favore dei soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990 che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, attraverso le due simmetriche possibilità del pagamento del dieci per cento del dovuto, per chi non ha ancora pagato, e del rimborso del novanta per centro di quanto versato, per chi ha già pagato -non è operante in materia di Iva » (Cass. n. 30927 del 2019; Cass. n. 17563 del 2018; Cass. n. 18205 del 2016; v. anche Cass. n. 25278 del 2015; Cass. n. 16923 del 2016; Cass. n. 17193 del 2022).
7. Quanto alle imposte dirette, il giudice d’appello, cui la causa va rinviata (conf. Cass. n. 29905 del 2017; Cass. n. 19577 del 2018; Cass. n. 2208 del 2019), dovrà accertare che il beneficio individuale sia in linea con il regolamento de minimis applicabile (§§ 2 e 3 della citata decisione), « tenendo conto, in specie, che la regola de minimis, stabilendo una soglia di aiuto al di sotto della quale l’art. 92, n. 1, TFUE, può considerarsi inapplicabile, costituisce un’eccezione alla generale disciplina relativa agli aiuti di Stato, per modo che, quando la soglia dell’irrilevanza dovesse essere superata, il beneficio dovrà essere negato nella sua interezza » (cfr. Cass. n. 22377 del 2017, cit., che richiama Cass. n. 11228 del 2011) e, in difetto, valutare la sussistenza delle condizioni che, secondo la decisione della Commissione UE del 14/08/2015, C (2015) 5549 final , fanno ritenere comunque compatibile gli aiuti in esame con il mercato interno, ai sensi dell’articolo 107, § 2, lettera b), del TFUE, ovvero che si tratti di « aiuti destinati a compensare i danni causati da una calamità naturale » (§ 150, lett. b)), sempre che sussista « un nesso chiaro e diretto tra i danni subiti dalla singola impresa in seguito alle calamità naturali in oggetto e l’aiuto di Stato concesso a norma delle misure in esame » (§ 136), che presuppone necessariamente (ma non unicamente) che il beneficiario abbia sede operativa
nell’area colpita dalla calamità naturale al momento dell’evento, e che sia evitata una sovracompensazione rispetto ai danni subiti dalla impresa, scorporando dal danno accertato l’importo compensato da altre fonti (assicurative o altre misure di aiuto: cfr. § 148 della decisione della Commissione). Inoltre, nel rispetto del principio de minimis , non basta che l’importo chiesto in rimborso ed oggetto del singolo procedimento sia inferiore alla soglia fissata del diritto dell’UE, dovendo invece la relativa prova riguardare l’ammontare massimo totale dell’aiuto rientrante nella categoria de minimis su un periodo di tre anni a decorrere dal momento del primo aiuto, comprendendovi qualsiasi aiuto pubblico accordato, anche quale aiuto de minimis (Cass. n. 14465 del 2017).
8. Va altresì osservato che la prova delle suddette circostanze è a carico del soggetto che invoca il beneficio; nel caso non è contestato che la RAGIONE_SOCIALE sia un imprenditore commerciale e, del resto, l’ampia nozione eurounitaria d’impresa include qualsiasi entità che eserciti l’attività economica a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle modalità di finanziamento, laddove costituisce attività economica qualsiasi attività che consista nell’offrire beni o servizi su un determinato mercato e, dunque, anche l’attività svolta dai professionisti (Corte di giustizia, 23/04/1991, causa C-41/90, NOME COGNOME; Corte di giustizia, 16/11/1995, causa C-244/94, Federation francaise des societes d’assurances; Corte di giustizia, 11/12/1997, causa C-55/96, Job Centre).
9. In sintonia con quanto affermato da Cass. n. 22377 del 2017 citata, deve ricordarsi anche il principio, al quale dovrà attenersi il Giudice d ‘ appello, secondo cui, « posto che l’invocazione dello ius superveniens » (alla cui stregua va ricondotta la decisione della Commissione UE) « e il giudizio positivo ,sulla idoneità della nuova disciplina giuridica ad incidere sulla decisione della lite costituiscono fattori sufficienti e determinanti per la cassazione della sentenza,
dev’essere consentita, in sede di rinvio, l’esibizione di quei documenti prima non ottenibili ovvero l’accertamento di quei fatti che in base alla precedente disciplina non erano indispensabili, ma che costituiscono il presupposto per l’applicazione della nuova regola giuridica » (cfr., in tal senso, già Cass. n. 5224 del 1998).
10. I richiamati principi vanno applicati d’ufficio, atteso che la verifica della compatibilità del diritto interno con quello unionale non è condizionata, neppure nel giudizio di cassazione, alla deduzione di uno specifico motivo, potendo le relative questioni essere conosciute d’ufficio, come nei casi di ius superveniens e della modifica normativa determinata dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale ( ex plurimis , Cass. n. 21083 del 2005). E’ anche consentita l’esibizione di documenti prima non necessari onde consentire l’accertamento di fatti in precedenza non indispensabili per la soluzione della controversia (Cass., n. 11038 del 2021; Cass., n. 17199 del 2019). Risulta infondata, quindi, la decisione della CTR che aveva considerato tardive le questioni sollevate dall’Agenzia nella memoria in grado d’appello, trat tandosi di questioni comunque rilevabili d’ufficio.
11. In conclusione, accolto il ricorso e cassata di conseguenza la sentenza impugnata, la causa deve essere rinviata al giudice del merito per nuovo esame.
p.q.m.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 29/05/2024.