Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20921 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20921 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 23/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23441/2018 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE con gli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato
-controricorrente e ricorrente incidentale- avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Calabria n. 95/2018 depositata il 30/01/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 03/07/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. La società RAGIONE_SOCIALE, che svolge l’attività di ‘ospedali e case di cura generali’, impugnava, con distinti ricorsi proposti avanti alla CTP di Catanzaro, tre avvisi di accertamento per gli anni di imposta 2008, 2009, 2010, con i quali l’Agenzia delle entrate recuperava maggiore Irap, contestando alla contribuente di avere usufruito delle deduzioni previste dall’art. 11 comma 1 lett. a), n. 3 del D.lgs. n. 446/1997 superando nell’anno 2010 i limiti derivanti dall’applicazione della regola de minimis di cui al regolamento CE n. 69/2001 della Commissione del 12 gennaio 2001, e successive
modificazioni e, nella specie che la società aveva usufruito, nel triennio di interesse, dell’agevolazione in misura superiore ad euro 200.000,00.
1.2. Sosteneva in particolare la società che nel calcolo delle deduzioni fruibili in regime dei minimi non dovesse considerarsi l’intera deduzione maggiorata prevista dall’art. 11 comma 1 n. 3 (euro 9.200,00) ma solo la differenza tra la deduzione maggiorata e quella ordinaria di cui all’art. 11 comma 1 n. 2 (euro 4.600,00). La ricorrente lamentava inoltre che il superamento del limite fosse dipeso dalle variazioni incrementative dell’aliquota Irap e rilevava che il DPCM del 3 giugno 2009 aveva elevato il limite degli aiuti di Stato ad euro 500.000,00 nel triennio. Chiedeva infine l’annullamento delle sanzioni irrogate, a suo dire illegittime e non dovute.
Riuniti i giudizi, la Commissione tributaria provinciale di Catanzaro accoglieva parzialmente i ricorsi, compensando le spese di giudizio.
2.1. La Commissione rilevava che, nel caso di superamento della soglia, il recupero deve riguardare l’aiuto nella sua interezza, e affermava che il DPCM del 3 giugno 2009 non è applicabile alla fattispecie in esame e che le variazioni dell’aliquota Irap sono normativamente previste e non giustificano lo sforamento dei limiti di cui alla regola de minimis . Di conseguenza, confermava il recupero a tassazione della maggiore Irap accertata dall’Ufficio. Tuttavia, in applicazione dell’art. 8 d.lgs. n. 546/1992, disapplicava le sanzioni irrogate, ravvisando l’obiettiva incertezza della norma regolante la fattispecie.
Quindi, l’appello principale della società e quello incidentale dell’Ufficio venivano rigettati dalla CTR della Calabria con la sentenza indicata in epigrafe, che confermava la decisione di primo grado.
Avverso la predetta sentenza ricorre RAGIONE_SOCIALE con unico motivo e resiste l’Amministrazione con controricorso e ricorso incidentale sorretto da un motivo, contrastato dalla contribuente con controricorso.
4.1. Infine, in prossimità dell’adunanza, RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria illustrativa ex art. 380-bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso la società contribuente lamenta, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c. p.c. la violazione dell’art. 11, comma 1, n. 2 del D.Lgs. n. 446/1997, deducendo che la sentenza di appello sarebbe errata in quanto la CTR non ha riconosciuto alla società la deduzione ordinaria di € 4.600,00 spettante per ciascun lavoratore ai sensi dell’art. 11, comma 1 n. 2 del d. lgs. n. 446/1997, in alternativa all’agevolazione maggiore prevista al n. 3 dello stesso comma, disconosciuta in sede di accertamento.
Il motivo è infondato, alla luce del principio più volte predicato da questa Corte, per cui «In tema di aiuti ccdd. “de minimis”, qualora il beneficio non possa essere ottenuto al momento della sua concessione per superamento della soglia, è irrilevante che il contribuente, nel corso del giudizio, abbia ridotto l’ammontare dell’importo chiesto a rimborso entro i limiti previsti; gli aiuti individuali, infatti, giustificano una deroga al divieto degli aiuti di Stato solo ove si mantengano sotto la soglia stabilita, cosicché, in caso di superamento, tale divieto, che involge l’intera somma, riacquista pieno vigore, con conseguente necessità di recupero della stessa» (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 30651 del 03/11/2023; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 11228 del 20/05/2011).
2.1. Ancora, con specifico riferimento alla fattispecie in esame ed alla doglianza veicolata con il motivo di ricorso, si rileva che il citato art. 11, comma 1, del D.Lgs. n. 15/12/1997 n. 446, nella versione vigente ratione temporis , disponeva che «Nella determinazione del
reddito imponibile a) sono ammessi in deduzione (…) 2) per i soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettere da a) a e), escluse le imprese operanti in concessione e a tariffa nei settori dell’energia, dell’acqua, dei trasporti, delle infrastrutture, delle poste, delle telecomunicazioni, della raccolta e depurazione delle acque di scarico e della raccolta e smaltimento rifiuti, un importo pari a 4.600 euro, su base annua, per ogni lavoratore dipendente a tempo indeterminato impiegato nel periodo di imposta; 3) per i soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettere da a) a e), esclusi le banche, gli altri enti finanziari, le imprese di assicurazione e le imprese operanti in concessione e a tariffa nei settori dell’energia, dell’acqua, dei trasporti, delle infrastrutture, delle poste, delle telecomunicazioni, della raccolta e depurazione delle acque di scarico e della raccolta e smaltimento rifiuti, un importo fino a 9.200 euro, su base annua, per ogni lavoratore dipendente a tempo indeterminato impiegato nel periodo d’imposta nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia». Precisava quindi la disposizione, con riguardo alla deduzione di cui al n. 3, che «tale deduzione è alternativa a quella di cui al numero 2), e può essere fruita nel rispetto dei limiti derivanti dall’applicazione della regola de minimis di cui al regolamento (CE) n. 69/2001 della Commissione, del 12 gennaio 2001, e successive modificazioni».
2.2. Il criterio di alternatività era, inoltre, oggetto di ampia illustrazione nella Circolare n. 61/E del 19 novembre 2007 della Agenzia delle Entrate, avente ad oggetto «Deduzioni dalla base imponibile IRAP – Riduzione del cuneo fiscale» (v. Circ., p. 9). Nel documento di prassi ove si precisava, inoltre, che «La procedura di notifica alle competenti autorità comunitarie non ha invece, interessato la deduzione maggiorata (fino a 10.000 euro) prevista a favore dei soggetti operanti nei territori svantaggiati, in quanto agevolazione che ancorché costituente ‘aiuto’ risulta soggetta alle
norme comunitarie in materia di aiuti de minimis», con indicazione delle formalità da seguire nel caso di opzione per tale, straordinaria, deduzione (v. Circ., pp. 5 ss., sub par. 1.1.1. Rispetto della disciplina comunitaria).
2.3. Deve pertanto enunciarsi il seguente principio di diritto: «In tema di aiuti ccdd. “de minimis”, qualora il beneficio non possa essere ottenuto al momento della sua concessione per superamento della soglia, il divieto di aiuti di stato, che involge l’intera somma, riacquista pieno vigore, con conseguente necessità di recupero integrale della stessa; tale regola si applica anche alla deduzione a fini Irap prevista dall’art. 11, comma 1, n. 3 del D.Lgs. n. 15/12/1997 n. 446 né, in caso di superamento della soglia, può ritenersi spettante la diversa e minore deduzione di cui al l’artt. 11 cit., comma 1, n. 2, in ragione del criterio di alternatività tra le diverse deduzioni espressamente prevista dalla normativa, che presuppone una scelta da parte del contribuente».
Con l’unico motivo di ricorso incidentale l’Agenzia delle entrate lamenta , in relazione all’art. 360, comma 1, n, 4, c.p.c., la violazione dell’ art. 8 del d.lgs. n. 546/1992.
3.1. Al riguardo va preliminarmente rigettata l’eccezione di inammissibilità del motivo sollevata dalla contribuente. L’Agenzia non ha, con tutta evidenza, contestato la valutazione degli elementi di fatto operata dal giudice del merito ma ha, al contrario, dedotto un errore di sussunzione, riconducibile alla violazione di legge ex art. 360, comma 1, n. 3 , c.p.c., che ricorre quando, in relazione al fatto accertato, la norma non sia stata applicata quando doveva esserlo, ovvero che lo sia stata quando non si doveva applicarla, ovvero che sia stata male applicata (Cass. 15 dicembre 2014, n. 26307; Cass. 24 ottobre 2007 n. 22348). E’ noto, del resto, che il controllo di legittimità non si esaurisce in una verifica di correttezza dell’attività ermeneutica diretta a ricostruire la portata precettiva della norma, ma è esteso alla sussunzione del fatto, accertato dal
giudice di merito, nell’ipotesi normativa (Cass. 29 agosto 2019, n. 21772; Cass. 28 novembre 2007, n. 24756).
Ancora, pur a fronte della errata indicazione nella rubrica, questa Corte può riqualificare il motivo di impugnazione, quando, dal corpus motivazionale dello stesso, si evince chiaramente quale sia il vizio lamentato, in applicazione del principio di diritto ai sensi del quale «l’erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione non osta alla riqualificazione della sua sussunzione in altre fattispecie di cui all’art. 360, primo comma, cod. proc. civ., né determina l’inammissibilità del ricorso, se dall’articolazione del motivo sia chiaramente individuabile il tipo di vizio denunciato» (Cass. 20 febbraio 2014, n. 4036; Cass. 10 settembre 2020, n. 18770).
3.2. Tanto precisato, si rammenta che questa Corte ha di recente ribadito (cfr. Cass. Sez. T. 29.01.2024, n. 2604) che «In tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, il potere delle commissioni tributarie di dichiarare l’inapplicabilità delle sanzioni in caso di obiettive condizioni di incertezza su portata e ambito di applicazione delle norme cui la violazione si riferisce potere riconosciuto dall’art. 39 bis del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (applicabile “ratione temporis”), tenuto fermo dall’art. 8 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, e ribadito, con più generale portata, dall’art. 6, comma 2, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 sussiste quando la disciplina normativa da applicare si articoli in una pluralità di prescrizioni, con un coordinamento concettualmente difficoltoso per equivocità di contenuto, derivante da elementi positivi di confusione, il cui onere di allegazione grava sul contribuente» (Cass., 24 luglio 2013, n. 18031) e che «Sia nel vigore dell’articolo 39 bis del D.P.R. n. 636 Corte di Cassazione, sia in forza dell’articolo 8 del decreto legislativo n. 546 del 1992, l’incertezza interpretativa che giustifica il provvedimento con il quale il giudice tributario dichiari non applicabili le sanzioni non
penali deve essere oggettiva e non soggettiva, atteso che la norma espressamente richiede si verifichino obiettive condizioni di incertezza» (Cass., 8 agosto 2005, n. 16707).
Costituisce, quindi, causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull’oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ossia l’insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso la sua interpretazione.
3.3. Nel caso di specie gli elementi valorizzati dalla CTR non sono idonei a configurare la fattispecie esentiva prospettata. Pacificamente non lo è la asserita sproporzione della sanzione, così come il richiamato orientamento di legittimità, che in tesi avrebbe fugato il preesistente dubbio interpretativo, ma che, al contrario, risultava conforme alle preesistenti indicazioni di prassi contenute nella Circolare n. 61/E del 19 novembre del 2007, sia per quanto attiene al necessario rispetto delle prescrizioni di cui al Regolamento (CE) n. 1998/2006 della Commissione europea del 15 dicembre 2006 (c.d. de minimis), sia per quanto riguarda il criterio dell’alternatività tra le deduzioni, rispetto alle quali il contribuente deve manifestare la propria scelta.
In conclusione, il ricorso principale deve essere rigettato e, in accoglimento del ricorso incidentale, la sentenza deve essere cassata e la causa, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384, comma 2, cod. proc. civ., con il rigetto integrale dell’originario ricorso della società contribuente.
Si compensano le spese dei gradi di merito, stante la peculiarità delle questioni trattate.
Le spese relative al presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso principale, accoglie il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta il ricorso originario della contribuente.
Compensa le spese dei gradi di merito.
Condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore della Agenzia delle entrate, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 5.600,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 03/07/2025.