Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12652 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 12652 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/05/2025
Avv. Acc. IRAP 2006
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13182/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato.
-ricorrente –
Contro
SOCIETA’ RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata nello studio di quest’ultimo sito in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. SICILIA -SEZIONE STACCATA DI SIRACUSA n. 899/2020, depositata in data 10 febbraio 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 3 aprile 2025 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
La società RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso contro l’Agenzia delle Entrate dinanzi la C.t.p. di Siracusa con riguardo all’avviso di accertamento, notificato il 24 novembre 2011, per mezzo del quale l’Ufficio aveva recuperato a tassazione, ai sensi dell’art. 41 bis del DPR 29 settembre 1973, n. 600, l’imposta IRAP per la somma di Euro 59.007,44, eccedente il tetto massimo fruibile nel triennio 2004/2006, secondo il regime ” de minimis ” pari a € 100.000,00; si costituiva anche l’Ufficio, che chiedeva conferma del proprio operato.
Successivamente l’Ufficio notificava un secondo avviso di accertamento integrativo con il quale recuperava a tassazione l’intero ammontare della agevolazione.
La C.t.p. adita, con sentenza n. 3336/03/2016, rigettava integralmente il ricorso della contribuente, affermando che la società aveva illegittimamente beneficiato del regime di esenzione IRAP per un importo superiore al massimale pari ad € 100.000,00 secondo la disciplina unionale applicabile quale appunto quella del Reg. CE n. 69 del 2001, art. 3.
Contro tale sentenza proponeva appello la contribuente dinanzi la C.t.r. della Sicilia; si costituiva anche l’Agenzia delle Entrate, chiedendo conferma della sentenza di primo grado. In particolare, la contribuente ribadiva, tra l’altro, che, per individuare il massimale entro cui era possibile fruire degli aiuti ‘de minimis’ dovesse aversi riguardo -non al Reg. CE n. 69 del 2001, art. 3 -ma al successivo Reg. CE n. 1998 del 2006.
Con sentenza n. 899/04/2020, depositata in data 10 febbraio 2020, la C.t.r. adita accoglieva il gravame della società contribuente.
Avverso la sentenza della C.t.r . della Sicilia, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi e la contribuente ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 3 aprile 2025.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 15 L.R. Sicilia n. 21/2003, dei Regolamenti UE n. 69/2021 e 1998/2006, nonché dell’art. 2423 bis cod. civ. e dell’art. 109 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.)» l’Ufficio lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. ha ritenuto di determinare il massimale de minimis a € 200.000, invece che a € 100.000, considerando rilevante il momento di presentazione della dichiarazione (nel 2007) anziché il momento in cui sorge per il beneficiario il diritto a ricevere l’aiuto, cioè quello in cui si realizza il valore della produzione imponibile IRAP (2006).
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e dell’art. 57 D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.)» l’Ufficio lamenta l ‘error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. ha ritenuto illegittimi sul piano procedurale gli avvisi di accertamenti impugnati in quanto l’art. 1 D.L. 15 febbraio 2007, n. 10 prescriverebbe per il recupero degli aiuti in questione un’apposita comunicazione recante ingiunzione di pagamento (e non quindi un avviso di accertamento), vizio però non denunciato dalla contribuente.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 D.L. n. 10/2007 (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.)» l’Ufficio lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. ha ritenuto applicabile alla fattispecie in oggetto norma riferita solo al recupero di aiuti in favore di imprese di pubblici servizi a prevalente capitale pubblico.
Il primo motivo di ricorso proposto è fondato.
2.1. Con un autorevole arresto, preceduto da altri di eguale tenore, si è ribadito che, in tema di aiuti di Stato c.d. de minimis, nel rispetto dell’art. 107 (già art. 87) T.F.U.E., la sussistenza delle condizioni per usufruirne va valutata avendo riguardo alle soglie fissate dal regolamento CE vigente all’epoca della concessione del beneficio che coincide con il momento in cui l’aiuto è accordato, a norma del regime giuridico nazionale applicabile, indipendentemente dalla data di erogazione (Cass. 08/01/2025, n. 289).
Il Regolamento CE n. 69 del 2001 fissava il limite massimo dell’agevolazione fruibile in € 100.000,00 in un triennio; al regolamento citato è però succeduto il Regolamento CE n. 1998 del 2006, che ha elevato il limite massimo dell’agevolazione fruibile in tre esercizi finanziari ad € 200.000,00. Quindi la questione controversa sottoposta al vaglio di questo decidente è relativa alla domanda se nell’ultimo anno del triennio 2004/2006 possa trovare applicazione il regolamento (CE) n. 1998/2006 della Commissione del 15.12.2006, che al n. 8 ha fissato in € 200.000,00 gli aiuti di Stato che non rientrano nel campo di applicazione dell’art. 87, parag. 1, del trattato”, e possono pertanto essere concessi, rientrando nel regime ” de minimis “. Il giudice dell’appello ha quindi espresso la propria valutazione, osservando che “il periodo di validità del regolamento (CE) n. 69/2001 termina il 31 dicembre 2006; mentre il regolamento (CE) n. 1998/2006 del 15 dicembre 2006 è applicabile a decorrere dal 1° gennaio 2007. Quest’ultimo regolamento, quindi, non va ad incidere su alcun aiuto individuale concesso conformemente al regolamento (CE) n. 69/2001 durante il relativo periodo di applicazione” (sent. CTR, p. 2), pertanto fino a tutto l’anno d’imposta 2006. La ricorrente contrasta la chiara e lineare ricostruzione della normativa applicabile proposta dalla CTR, con pluralità di argomenti. Riafferma che “il calcolo dell’agevolazione ammissibile non può che essere riferito
all’esercizio finanziario nel quale la agevolazione diviene rilevante per l’impresa che la utilizza” (ric., p. 19), pertanto nel caso di specie, avendo la contribuente utilizzato l’agevolazione con la dichiarazione dei redditi presentata nel 2007, sarebbe questo l’esercizio finanziario in relazione al quale dovrebbe stimarsi la ricorrenza delle condizioni per la fruizione dell’agevolazione. Specifica ancora la ricorrente che “il contribuente esercita, quindi, il diritto di fruire di tale agevolazione con la dichiarazione, quando, appunto, manifesta l’opzione non solo in relazione all’ an (cioè se avvalersi del beneficio) ma anche al quantum della stessa … non pare revocabile in dubbio che la dichiarazione individui la sede ed il momento in cui sorge il diritto all’agevolazione” (ric., p. 22 s.). Le critiche proposte dalla società non appaiono fondate. La stessa ricorrente afferma che, mediante la manifestazione di volontà di avvalersi dell’agevolazione, espressa nella dichiarazione dei redditi, “il contribuente esercita, quindi, il diritto di fruire di tale agevolazione”, e tanto significa che il diritto è già sorto in precedenza, e per l’esattezza quando si è realizzato il suo presupposto, pertanto nel corso dell’esercizio finanziario cui la dichiarazione dei redditi si riferisce, fermo restando che l’esistenza di un diritto non obbliga il titolare ad esercitarlo» (Cass. n. 7280/2022).
2.2. Orbene, alla stregua di quanto sopra, deve ritenersi errata la decisione della C.t.r. qui impugnata laddove ha determinato il massimale de minimis a € 200.000 considerando rilevante l’avvenuta presentazione della dichiarazione nel 2007, anziché determinarlo nella somma pari a € 100.000 sulla base del fatto che discriminante per l’applicazione dell’esatta disciplina fosse il momento in cui sorge per il beneficiario il diritto a ricevere l’aiuto, cioè quello in cui si realizza il valore della produzione imponibile IRAP, corrispondente nel caso di specie all’anno 2006.
Anche il secondo motivo di ricorso è fondato.
3.1. Il testo dell’art. 57 D.Lgs. n. 546/1992, sostanzialmente riprodotto dal nuovo art. 111 D.Lgs. 14 novembre 2024, n. 175, recitava, al primo comma, che nel giudizio di appello non possono proporsi domande nuove e, se proposte, debbono essere dichiarate inammissibili. Il secondo comma prevedeva che non possano proporsi nuove eccezioni che non siano rilevabili anche d’ufficio; l’unica eccezione prevista era quella relativa alla richiesta di interessi maturati in seguito alla sentenza impugnata.
3.2. È necessario chiarire che per ‘nuova’ si intende quella domanda che contenga una richiesta diversa o ulteriore rispetto a quella già proposta, in primo grado, alla Commissione Tributaria Provinciale. Nello specifico, se si guarda alla sua tricotomica composizione (soggetti, petitum e causa petendi ), si ha domanda nuova quando muta almeno uno dei seguenti elementi obiettivi di identificazione dell’azione: le parti originarie, il provvedimento richiesto al giudice e il titolo posto a fondamento della domanda. E dunque quando «i nuovi elementi dedotti innanzi al giudice di secondo grado comportano il mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato modificando l’oggetto sostanziale dell’azione e i termini della controversia, in modo da porre in essere, in definitiva, una pretesa diversa, per la sua intrinseca essenza, da quella fatta valere in primo grado e sulla quale non si è svolto in quella sede il contraddittorio» (Cass. n. 12258/2022). 3.3. Quanto alle eccezioni, il secondo comma dell’art. 57 del D.Lgs. n. 546 del 1992 consente di sottoporre alla cognizione del giudice di secondo grado le eccezioni rilevabili d’ufficio, mentre preclude la proposizione di eccezioni nuove.
Nella giurisprudenza di legittimità è principio ormai pacifico che il divieto dello ius novorum si riferisce alle sole eccezioni in senso proprio, non anche alle eccezioni improprie, rilevabili anche d’ufficio, ed alle mere difese, ovvero alle semplici argomentazioni difensive poste a fondamento della domanda e dirette a sollecitare
il rilievo da parte del giudice dell’inesistenza dei fatti costitutivi del diritto fatto valere in giudizio, o alle prospettazioni volte a contestare la fondatezza di una eccezione già formulata (Cass. n. 5895/2022 e Cass. n. 15546/2004).
3.4. Orbene, nel caso di specie si evince, per mezzo della riproduzione nel ricorso qui in trattazione (in ossequio al principio di autosufficienza) delle originarie doglianze proposte dalla società contribuente dinanzi alla C.t.p., che la stessa società non aveva lamentato la violazione dell’art. 1 D.L. n. 10/2007 perpetrata dall’Ufficio con il proprio accertamento, ma solamente, nel merito, la violazione della normativa comunitaria sui de minimis ; l’argomento relativo alla violazione anche dell’art. 1 D.L. n. 10/2007 risulta proposto per la prima volta nell’atto di appello formulato dalla società contribuente dinanzi alla C.t.r.
L’accoglimento dei primi due motivi di ricorso determina l’assorbimento del terzo.
In conclusione, vanno accolti il primo ed il secondo motivo e, assorbito il terzo, la sentenza impugnata va cassata ed il giudizio va rinviato innanzi al giudice a quo, affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo e, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata con rinvio del giudizio innanzi alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 3 aprile 2025.
La Presidente NOME COGNOME