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Aggiornamento canone locazione: serve la richiesta?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha stabilito un principio fondamentale in materia di locazioni e tassazione. Il caso riguarda un avviso di accertamento con cui l’Amministrazione Finanziaria contestava a una società locatrice la mancata dichiarazione di maggiori redditi derivanti dall’aggiornamento canone locazione secondo l’indice Istat e dagli interessi su lavori di ristrutturazione, entrambi previsti nel contratto. La Corte ha respinto il ricorso dell’Agenzia, affermando che la mera previsione contrattuale non è sufficiente a generare un reddito imponibile. È necessaria una specifica richiesta di pagamento da parte del locatore, poiché solo tale richiesta fa sorgere il diritto di credito. In assenza di prova di tale richiesta, il reddito non può considerarsi percepito e, di conseguenza, non può essere tassato.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Aggiornamento canone locazione: quando è tassabile? La Cassazione fa chiarezza

L’aggiornamento canone locazione è una clausola comune nei contratti di affitto, ma la sua sola presenza è sufficiente per generare un reddito tassabile per il proprietario? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito una risposta chiara e di grande impatto pratico, stabilendo che senza una formale richiesta di pagamento, il maggior canone non può essere considerato reddito imponibile. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso: L’accertamento fiscale su redditi non richiesti

Una società, proprietaria di un immobile concesso in locazione, riceveva un avviso di accertamento da parte dell’Amministrazione Finanziaria. L’ente impositore contestava la mancata dichiarazione di maggiori proventi relativi all’anno 2009. Nello specifico, il Fisco riteneva che la società avesse omesso di assoggettare a tassazione due voci previste dal contratto di locazione:

1. L’incremento annuale del canone basato sulla variazione dell’indice Istat.
2. Gli interessi maturati sulle spese sostenute per la ristrutturazione dell’immobile.

La società si opponeva, sostenendo di non aver mai effettivamente percepito tali somme, in quanto non le aveva mai richieste al proprio inquilino. Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale davano ragione al contribuente, annullando l’atto impositivo. L’Amministrazione Finanziaria, non soddisfatta, decideva di ricorrere in Cassazione.

La Questione Giuridica: Previsione contrattuale vs. effettiva percezione

Il nodo centrale della controversia era se l’Amministrazione Finanziaria potesse legittimamente presumere la percezione di un reddito basandosi unicamente sulla sua previsione in una clausola contrattuale. Secondo la tesi del Fisco, la presenza nel contratto del diritto a percepire l’aggiornamento canone locazione e gli interessi era sufficiente a fondare l’accertamento, spettando poi al contribuente dimostrare di avervi rinunciato. Di contro, la società locatrice sosteneva che, in assenza di una richiesta esplicita, il diritto a tali somme non era mai sorto e, di conseguenza, nessun reddito era stato prodotto.

La Decisione della Cassazione e l’aggiornamento canone locazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria, confermando le sentenze dei giudici di merito e stabilendo un principio di diritto di notevole importanza.

Le Motivazioni: La richiesta è condizione per il sorgere del diritto

I giudici hanno chiarito che, sia per le locazioni abitative che per quelle ad uso diverso, la richiesta di aggiornamento del canone da parte del locatore non è un mero atto formale, ma costituisce la condizione necessaria per il sorgere del diritto stesso. In altre parole, finché il proprietario non manifesta la volontà di avvalersi della clausola contrattuale, l’inquilino non è tenuto a versare l’importo aggiornato. Di conseguenza, il locatore non può pretendere arretrati per periodi precedenti alla sua richiesta.

Questo ragionamento, consolidato in giurisprudenza per l’aggiornamento Istat, è stato esteso per analogia (comunanza di ratio) anche agli interessi sui lavori di ristrutturazione previsti dal contratto. Anche in questo caso, il diritto al pagamento sorge solo nel momento in cui il locatore ne fa esplicita richiesta.

La Corte ha quindi concluso che, in assenza della prova che il locatore abbia richiesto tali somme, l’Amministrazione Finanziaria non può invocare la presunzione di un loro avvenuto versamento ai fini dell’imposizione fiscale. La semplice clausola contrattuale, da sola, non costituisce prova sufficiente della percezione di un reddito.

Le Conclusioni: Implicazioni pratiche per locatori e Fisco

Questa ordinanza ha importanti conseguenze pratiche. Per i proprietari di immobili, rafforza il principio secondo cui si viene tassati solo sui redditi effettivamente percepiti o, quantomeno, su quelli per cui è sorto un diritto di credito certo. La mera pattuizione non genera automaticamente un obbligo fiscale. Per l’Amministrazione Finanziaria, invece, la decisione impone un onere probatorio più stringente: per poter tassare somme come l’aggiornamento canone locazione o altri oneri accessori, non basta citare il contratto, ma è necessario dimostrare che il locatore si è attivato per riscuoterle, facendo così sorgere il relativo diritto.

È sufficiente la previsione nel contratto di locazione dell’aggiornamento ISTAT per renderlo tassabile?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la mera previsione contrattuale non è sufficiente. È necessaria una specifica richiesta di pagamento da parte del locatore, perché tale richiesta è la condizione che fa sorgere il relativo diritto di credito e, di conseguenza, il presupposto per la tassazione.

Il principio secondo cui è necessaria una richiesta di pagamento si applica anche agli interessi su lavori di ristrutturazione previsti dal contratto?
Sì. La Corte ha esteso, per analogia, lo stesso principio anche agli interessi contrattualmente pattuiti sui costi di ristrutturazione. Anche per questi, il diritto al pagamento sorge solo a seguito di una specifica richiesta da parte del locatore, e in assenza di essa, non possono essere considerati reddito imponibile.

Cosa deve provare l’Amministrazione Finanziaria per tassare l’aggiornamento del canone o altri oneri accessori previsti in un contratto di locazione?
L’Amministrazione Finanziaria non può limitarsi a invocare la clausola contrattuale. Per poter legittimamente tassare tali importi, deve fornire la prova che il locatore abbia effettivamente richiesto il pagamento di tali somme, poiché è solo da quel momento che il reddito può considerarsi sorto e suscettibile di imposizione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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