Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 29716 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 29716 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/11/2025
IRPEG IRES 2011-2012 agevolazioni ed esenzioni RAGIONE_SOCIALE
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19168/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO, rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE.
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO.
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. del PIEMONTE n. 240/2017 depositata in data 15 febbraio 2017.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21 ottobre 2025 dal Presidente relatore AVV_NOTAIO NOME COGNOME AVV_NOTAIO.
Rilevato che:
In data 16.09.2014, la società RAGIONE_SOCIALE presentava all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE –RAGIONE_SOCIALE Provinciale di Torino un’istanza di rimborso per € 641.326,00. Con tale istanza si facevano valere asseriti errati versamenti di maggiori imposte dirette (per gli anni d’imposta 2011 e 2012) derivanti dalla mancata fruizione RAGIONE_SOCIALE agevolazioni di cui alla legge n. 388/2000, le quali avrebbero consentito una detassazione dell’imponibile ai fini IRES. A fronte del silenzio dell’Ufficio si formava un provvedimento tacito di diniego del rimborso.
Avverso il provvedimento di diniego del rimborso, la società contribuente proponeva ricorso dinanzi la C.t.p. di Torino, demandandole la declaratoria di illegittimità del provvedimento e il conseguente riconoscimento del diritto di credito vantato; si costituiva anche l’Ufficio, chiedendo la conferma del proprio operato.
La C.t.p. di Torino, con sentenza n. 1307/2015, accoglieva il ricorso della società contribuente.
Contro tale sentenza proponeva appello l’Ufficio dinanzi la C.t.r. del Piemonte; la società contribuente si costituiva in giudizio, chiedendo il rigetto dell’appello.
La C.t.r. del Piemonte, con sentenza n. 240/2017, depositata in data 15 febbraio 2017, rigettava l’appello dell’Ufficio.
Avverso tale pronuncia, l’Ufficio ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. La società contribuente ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 21 ottobre 2025.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione dell’art. 6, commi 13 -19, l. n. 388/2000 e dell’art. 23, commi 7 e 11, D.L. n. 83 del 22 giugno 2012, conv. in legge dall’art. 1, comma 1, L. 7 agosto 2012, n. 134, nonché dell’art. 12 RAGIONE_SOCIALE
disposizioni preliminari al Codice civile, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.», l’Ufficio lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non ha considerato che, alla data di presentazione dell’istanza di rimborso (16 settembre 2014), l’agevolazione fiscale per gli investimenti ambientali, prevista dall’art. 6, commi da 13 a 19, della legge n. 388/2000, non poteva più essere richiesta dalla società contribuente, in quanto le norme contenute nel predetto articolo erano state abrogate in data anteriore alla presentazione dell’istanza in questione (26 giugno 2012) e che, in ogni caso, la società contribuente non poteva beneficiare del regime transitorio, essendo quest’ultimo previsto, ex art. 23, comma 11, D.L. n. 83/2012, per i soli procedimenti amministrativi di richiesta della detassazione ambientale avviati prima della predetta data di abrogazione.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione dell’art. 6, comma 15, l. n. 388/2000, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.», l’Ufficio lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non ha considerato che ai fini IRES, in tema di agevolazione per investimenti ambientali ex l. n. 388/2000, l’art. 6, comma 15, andava interpretato nel senso che l’investimento in una fonte di energia rinnovabile dovesse essere impiegato nel ciclo produttivo proprio dell’impresa che richiedeva l’agevolazione, con esclusione del diritto al beneficio per l’impresa che avesse realizzato un impianto fotovoltaico per la produzione ed il commercio di energia elettrica (come avviene nel caso di specie, in cui la società che realizza l’investimento ambientale svolge esclusivamente la produzione di energia elettrica per la cessione a terzi).
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: «Nullità della sentenza per motivazione apparente ex art. 36, D. Lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.»,
l’Ufficio lamenta l’ error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha reso una decisione che difetta dell’esposizione dell’iter logico -giuridico che avrebbe condotto i giudici a ritenere sussistenti gli elementi costitutivi dell’agevolazione fiscale.
1.4. Con il quarto motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 6, commi 13 -19, L. n. 388/2000 e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.», l’Ufficio lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha asserito la sussistenza dei presupposti normativi previsti dall’art. 6, commi 13 -9, della legge n. 388/2000 al fine del riconoscimento dell’agevolazione fiscale di cui alla c.d. detassazione ambientale prevista dall’articolo 6, legge n. 388/2000, senza che ci sia stata dimostrazione, da parte della società contribuente, della sussistenza dei presupposti richiesti dalla norma per beneficiare dell’agevolazione fiscale e senza che ci sia stata un’apposita richiesta da parte della società, la quale, in possesso dei requisiti suddetti, abbia optato per l’attivazione dell’agevolazione fiscale nei modi e nei tempi previsti dalla legge.
Il primo motivo è infondato.
La questione centrale attiene all’interpretazione della locuzione “procedimenti avviati” contenuta nella clausola di salvaguardia di cui all’art. 23, comma 11, del D.L. n. 83/2012.
2.1. L’art. 6, commi da 13 a 19, della l. n. 388/2000 (cd. ‘ RAGIONE_SOCIALE ambiente’ ) ha previsto una misura di detassazione in favore RAGIONE_SOCIALE piccole e medie imprese che abbiano effettuato «investimenti ambientali» (secondo la locuzione di cui al comma 13 e la successiva definizione di cui al comma 15), stabilendo che la quota di reddito ad essi destinata non concorre a formare il reddito d’impresa.
Tale previsione è stata successivamente abrogata dall’art. 23, comma 7, del d.l. n. 83/2012, conv. nella l. n. 134/2012, con
salvezza dei «procedimenti avviati in data anteriore a quella di entrata in vigore del presente decreto-legge», secondo quanto stabilito dal comma 11.
L’avvio del procedimento costituisce, pertanto, il discrimen per l’applicazione del regime di detassazione; ne deriva la necessità della sua esatta identificazione, onde poterlo collocare nel segmento temporale successivamente individuato dal legislatore in sede di abrogazione.
2.2. Un primo termine di riferimento è chiaramente offerto, in tal senso, dall’art. 6, comma 15, della l. n. 388/2000, il quale, al fine di determinare lo scomputo dalla base imponibile della corrispondente quota di reddito, specifica che «per investimento ambientale si intende il costo di acquisto RAGIONE_SOCIALE immobilizzazioni materiali di cui all’art. 2424, primo comma, lettera B), n. II, del codice civile, necessarie per prevenire, ridurre e riparare danni causati all’ambiente». Pertanto, la lettera della legge ricostruisce la nozione di ‘investimento’ in termini sinonimici a quella di ‘costo’; in altri termini, l’investimento ambientale si concretizza nella realizzazione di un’opera per la quale è necessario l’affronto di esborsi.
In tale ottica, conseguentemente, devono valere le regole rinvenibili nella disciplina della valutazione RAGIONE_SOCIALE immobilizzazioni, tra le quali è quella affermata dall’art. 2426, comma primo, cod. civ.; esso dispone che «le immobilizzazioni sono iscritte al costo di acquisto o di produzione», il quale ultimo comprende «tutti i costi direttamente imputabili al prodotto», con le ulteriori specificazioni recate dalla stessa previsione.
2.3. Il mero affronto di un costo finalizzato alla realizzazione di un intervento non è, tuttavia, in sé idoneo a far ritenere sussistente l’avvio del procedimento ai fini richiamati. In tal senso, infatti, potrebbe rilevare anche il riconoscimento del compenso a un
tecnico che abbia redatto uno studio di fattibilità, nella prospettiva futura di realizzazione dell’opera.
Occorre, pertanto, individuare un termine di più marcata correlazione fra costo sostenuto e realizzazione dell’opera, sì da connotare quest’ultimo di effettiva inerenza.
Quest’ultimo rilievo richiama, allora, la necessità di un riferimento alla disciplina fiscale RAGIONE_SOCIALE componenti del reddito d’impresa, ed in particolare all’art. 109 TUIR che, al riguardo, individua il momento materiale della «consegna o spedizione» dei beni mobili (comma 2, lett. a , ultimo periodo), e il successivo art. 110, concernente le modalità di iscrizione a bilancio di tali componenti.
2.4. È dunque necessario che il costo affrontato costituisca il corrispettivo della materiale acquisizione di un componente dell’opera (alla quale, per l’appunto, il componente del reddito fa da contraltare) da parte dell’impresa interessata.
Questa Corte, del resto, ha affermato in più occasioni che, ove la componente di reddito sia rappresentata da beni, deve aversi riguardo al criterio della consegna degli stessi (cfr. Cass. n. 25757/2024 e Cass. n. 26410/2018 secondo cui «il valore dei beni mobili venduti nel corso del periodo d’imposta considerato, ma consegnati all’acquirente nell’anno successivo, deve essere incluso, ai sensi dell’art. 109 (ex art. 75), comma 2, lett. a), del d.P.R. n. 917 del 1986, tra le rimanenze finali del venditore».
Nondimeno, lo stesso procedimento non può che prendere avvio dall’affronto del costo di un bene acquisito allo scopo di realizzare l’opera idonea al conseguimento di obiettivi ambientali; ed anzi, proprio il fatto che il legislatore abbia tracciato una precisa scansione di adempimenti fiscali e amministrativi in capo al contribuente non avrebbe ragion d’essere se il momento determinante per l’applicazione della disciplina agevolatrice fosse quello della presentazione della dichiarazione fiscale, che di tale procedimento costituisce il momento conclusivo.
2.5. Questa Corte, in fattispecie del tutto analoghe a quella che qui occupa (cfr. Cass. n. 20099/2025; Cass. n. 9918/2025), ha dunque affermato il seguente principio di diritto: ‘In tema di accesso alla detassazione prevista per gli investimenti ambientali dall’art. 6, commi da 13 a 19, della l. n. 388/2000 (cd. RAGIONE_SOCIALE ambiente), il momento di avvio del procedimento, rilevante anche al fine di stabilire la possibilità di accesso ai benefici pur in presenza dell’intervenuto regime abrogativo, ai sensi dell’art. 23, comma 1, del d.l. n. 83/2012, conv. nella l. 134/2012, è quello in cui ha avuto inizio la realizzazione dell’opera nella quale l’investimento si concretizza; in tal senso, rileva il momento dell’affronto dei «costi direttamente imputabili al prodotto», di cui all’art. 2426, comma primo, cod. civ. e, correlatamente, dell’effettiva consegna dei beni che afferiscono all’intervento, ai sensi dell’art. 109 TUIR’.
2.6. Nella fattispecie in esame, la RAGIONE_SOCIALE ha fatto buon governo dei principi normativi e giurisprudenziali testè declinati oltretutto chiarendo che, con nota informativa del RAGIONE_SOCIALE del 18/06/2015, è stato ribadito che ‘Pur essendo stato abrogato il citato art. 6 commi da 13 a 19 (ai sensi dell’art. 23 comma 7, e Allegato 1, n. 37, del d.l. n. 83/2012, conv. con mod. nella legge n. 134/2012, residua la possibilità di usufruire della detassazione per gli investimenti fatti prima dell’abrogazione RAGIONE_SOCIALE relative disposizioni.
Il secondo motivo è fondato.
La questione attiene all’ambito soggettivo e oggettivo dell’agevolazione c.d. “RAGIONE_SOCIALE“. La giurisprudenza di questa Corte si è prevalentemente orientata nel senso di una interpretazione restrittiva della norma, in conformità con la sua ratio e con i principi eurounitari in materia di aiuti di RAGIONE_SOCIALE (Cass. 22/12/2023, n. 35919).
3.1. L’art. 6, comma 15, della legge n. 388/2000 definisce l’investimento ambientale come il costo di acquisto di immobilizzazioni materiali “necessarie per prevenire, ridurre e riparare danni causati all’ambiente”. La norma si fonda sul presupposto implicito della dannosità per l’ambiente dell’attività d’impresa, cui l’agevolazione intende porre rimedio. Di conseguenza, il riferimento ai “danni causati all’ambiente” deve essere inteso come riferito ai danni inerenti all’attività propria dell’impresa che effettua l’investimento (così Cass. 22/12/2023, n. 35919).
Come più volte precisato da questa Corte, accogliere una tesi estensiva, che includa anche le imprese il cui oggetto sociale consiste proprio nella produzione di energia da fonti rinnovabili per la cessione a terzi, snaturerebbe la finalità del beneficio. Esso si trasformerebbe da incentivo a ridurre l’impatto ambientale della propria produzione a un’agevolazione settoriale per le imprese “verdi”, con possibili profili di incompatibilità con la disciplina europea sugli aiuti di RAGIONE_SOCIALE. L’accoglimento della tesi opposta comporterebbe che il beneficio in questione si tradurrebbe in un’agevolazione all’attività stessa RAGIONE_SOCIALE imprese il cui oggetto è costituito da un’attività di prevenzione, riduzione e riparazione di danni causati all’ambiente da terzi – e i cui investimenti sono, perciò, strutturalmente generalmente diretti a prevenire, ridurre e riparare danni all’ambiente – esito che, oltre che contrastare con l’indicata intenzione del legislatore, sarebbe suscettibile di trasformare l’agevolazione in parola in un aiuto di RAGIONE_SOCIALE.
3.2. Anche recentemente l’indirizzo è stato ribadito e ulteriormente chiarito con un autorevole arresto (Cass. 16/04/2025, n. 9914) con il quale questa Corte ha affermato che, in tema di agevolazioni tributarie, il beneficio di cui all’art. 6, commi da 13 a 19, legge n. 388 del 2000 spetta alle imprese per l’acquisto RAGIONE_SOCIALE immobilizzazioni materiali necessarie per prevenire, ridurre e
riparare i danni causati all’ambiente dall’esercizio dell’attività da esse svolta, essendo fondato sull’implicito presupposto dell’inerenza del danno all’attività dell’impresa investitrice, e non anche per quelli causati da soggetti terzi, ponendosi una diversa interpretazione in contrasto con l’intenzione legislativa, oltre a trasformare l’agevolazione stessa in aiuto di RAGIONE_SOCIALE, in contrasto con gli artt. 87 e 89 del Trattato CEE successivamente con gli artt. da 107 a 109 TFUE, in favore di quelle imprese il cui oggetto sociale sia quello di prevenire, ridurre e riparare i danni causati all’ambiente e i relativi investimenti siano strutturalmente diretti a tali fini. (Cass. 28/02/2025, n. 5330, Cass. 29/05/2024, n. 15060, Cass. 22/12/2023, n. 35919, Cass. 23/08/2023, n. 25157, Cass. 23/12/2020, n. 29365). Le norme di agevolazione fiscale, in quanto di carattere eccezionale e derogatorio, sono di stretta interpretazione e si deve dare continuità all’orientamento maggioritario secondo cui l’agevolazione non spetta alle imprese di scopo il cui unico oggetto è la produzione e la cessione a terzi di energia elettrica.
3.3. Nel caso di specie, risulta che la società contribuente “svolge esclusivamente la produzione di energia elettrica per la cessione a terzi” e la RAGIONE_SOCIALE, nel riconoscere il diritto al rimborso, ha errato nel non considerare tale presupposto ostativo, violando l’art. 6, comma 15, della legge n. 388/2000.
Dall’accoglimento del secondo motivo di ricorso discende l’assorbimento dei residui profilandosi ultroneo la disamina della censura afferente alla motivazione apparente ed alla sussistenza dei presupposti richiesti dalla norma per beneficiare dell’agevolazione fiscale.
In conclusione, va accolto il secondo motivo e, rigettato il primo ed assorbiti i restanti, la sentenza impugnata va cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, in quanto è pacifico che l’attività svolta dalla società contribuente consiste
esclusivamente nella produzione e vendita di energia elettrica, la causa può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384, comma 2, cod.proc.civ., con il rigetto dell’originario ricorso della società contribuente.
Le spese dei gradi di merito possono essere compensate, in ragione della presenza di orientamenti giurisprudenziali divergenti sulla questione oggetto del secondo motivo al momento della proposizione del ricorso. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono invece la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata con conseguente rigetto dell’originario ricorso della contribuente.
Compensa le spese dei gradi di merito.
Condanna la ricorrente a rifondere all’RAGIONE_SOCIALE le spese processuali che si liquidano in € 10.000,00 oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 21 ottobre 2025.
Il Presidente estensore
NOME COGNOME