Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25863 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25863 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 30401/2021 proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME (PEC: EMAIL, giusta procura a margine del ricorso;
-ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate (C.F.: 06363391001), in persona del Direttore Generale pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (C.F.: NUMERO_DOCUMENTO) e presso la stessa domiciliata in Roma alla INDIRIZZO
-controricorrente -ricorrente incidentale –
-avverso la sentenza n. 2571/2021 emessa dalla CTR Lazio in data 14/05/2021 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Avviso
liquidazione
imposta
registro
–
Agevolazioni ‘prima casa’
Spese processuali Costituzione usufrutto
L’Agenzia delle Entrate proponeva appello contro la sentenza n. 5420/37/2018, con la quale la CTP di Roma aveva accolto il ricorso di COGNOME NOME avverso un avviso di liquidazione relativo all’imposta di registro dovuta nell’anno 2011 per l’import o complessivo di € 20.480,87 a seguito della revoca delle agevolazioni previste per l’acquisto della prima casa di abitazione (a seguito della donazione dell’usufrutto disposta dal contribuente in data 7.8.2012, a fronte di un acquisto avvenuto in data 1.7.2011).
La CTR del Lazio rigettava il gravame, con compensazione delle spese di entrambi i gradi di merito (per via della natura essenzialmente interpretativa della controversia e della controvertibilità delle soluzioni proposte), affermando che l’art. 1, comma 4, nota 2-bis, della Tariffa Parte Prima del TUR prevede la decadenza dalle agevolazioni fiscali per gli atti di trasferimento immobiliare, a titolo oneroso o gratuito, avvenuti prima che risulti decorso il ricordato termine quinquennale, laddove nel caso di specie non si era in realtà verificato alcun trasferimento del diritto di proprietà, rimasto in capo all’appellato, essendosi egli limitato a costituire a titolo di donazione in favore dei propri genitori un diritto di usufrutto sull’abitazione.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME Giuseppe sulla base di due motivi. L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso, proponendo, a sua volta ricorso incidentale fondato su un unico motivo, avverso il quale il ricorrente principale ha depositato controricorso.
In prossimità dell’adunanza camerale il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente principale deduce l’ error in procedendo e la violazione e falsa applicazione degli artt. 15, 53 e 56 del d.lgs. n. 546 del 1992, nonché 91, 112 e 342 c.p.c., in quanto richiamati dal predetto d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), c.p.c., per aver la CTR compensato anche le spese relative al primo grado di giudizio, nonostante l’Agenzia delle Entrate, nel proprio atto di appello, non
avesse specificamente censurato il capo della decisione di primo grado relativo alla sua condanna al pagamento delle spese processuali.
Con il secondo motivo il ricorrente principale denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 15 del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., per aver la CTR giustificato la compensazione delle spese relative ai due gradi di merito sulla base della natura essenzialmente interpretativa della controversia e della controvertibilità delle soluzioni giuridiche proposte.
Con l’unico motivo del ricorso incidentale l’Agenzia si duole della violazione e falsa applicazione della Nota II bis n. 4 all’art. 1 Tariffa Parte Prima allegata al dPR n. 131/1986, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., per aver la CTR erroneamente, a suo dire, affermato che la cessione del solo usufrutto di un immobile, acquistato con le agevolazioni “prima casa”, entro il quinquennio dall’acquisto dell’intera proprietà dell’immobile e senza il riacquisto di altra casa di abitazione entro l’anno dalla cessione dell’usufrutto, non comporta alcuna decadenza dall’agevolazione fiscale “prima casa”.
L’unico motivo del ricorso incidentale, da trattare prioritariamente, è infondato.
In tema di agevolazioni tributarie, anche il nudo proprietario ha diritto alle agevolazioni in materia di imposta di registro per l’acquisto della prima casa di cui all’art. 1 della legge n. 168/82, purché destini effettivamente l’appartamento acquistato a propria abitazione dopo la consolidazione dell’usufrutto con la nuda proprietà (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 9648 del 10/09/1999).
In tema d’imposta di registro, infatti, i benefici per l’acquisto della “prima casa”, di cui all’art. 1 sesto comma della legge 22 aprile 1982 n. 168, sono applicabili, nel concorso delle condizioni dalla norma medesima previste, in favore del compratore della nuda proprietà, atteso che l’art. 3, comma n. 131, della legge 28 dicembre 1995 n. 549, pur essendo innovativo nella parte inerente alla determinazione di dette condizioni, ha portata interpretativa della disciplina anteriore, quando, elencando gli atti di
trasferimento di case non di lusso, include quelli traslativi della nuda proprietà, nel presupposto della loro pari attitudine (in presenza degli altri requisiti) ad integrare un progetto abitativo meritevole di trattamento agevolato (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 3248 del 06/04/1996; conf. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 2071 del 30/01/2008).
L’art. 3, comma 131, 1. 549/1995, ha avuto portata interpretativa della disciplina anteriore, quando, nell’elencare gli atti di trasferimento di case non di lusso, include gli atti traslativi della nuda proprietà, in funzione della loro pari attitudine (in presenza degli altri requisiti) ad integrare un progetto abitativo meritevole di trattamento agevolato (Cass. nn. 9648/1999, 3248/1996, 3201/1996).
Pertanto, va enunciato il seguente principio di diritto : ‘ in tema di agevolazione per l’acquisto della prima casa, il quarto comma della nota II bis dell’art. 1 della Tariffa, Parte Prima, allegata al d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, stabilisce la decadenza solo in caso di trasferimento degli immobili acquistati con i benefici, e non anche in caso di costituzione del diritto di usufrutto sugli immobili stessi in favore di terzi ‘ .
Il primo motivo del ricorso principale è fondato.
Il giudice di appello che rigetti il gravame non può, in assenza di uno specifico motivo di impugnazione in ordine alla decisione sulle spese processuali, modificare tale statuizione, compensando tra le parti le spese del giudizio di primo grado (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 17195 del 27/08/2015).
In particolare, il potere del giudice d’appello di procedere d’ufficio ad un nuovo regolamento delle spese processuali, quale conseguenza della pronunzia di merito adottata, sussiste in caso di riforma in tutto o in parte della sentenza impugnata, in quanto il corrispondente onere deve essere attribuito e ripartito in ragione dell’esito complessivo della lite, mentre in caso di conferma della sentenza impugnata, la decisione sulle spese può essere dal giudice del gravame modificata soltanto se il relativo capo della sentenza abbia costituito oggetto di specifico motivo d’impugnazione (Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 23226 del 14/10/2013; conf. Cass., Sez.
1, Ordinanza n. 14916 del 13/07/2020 e Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 16526 del 13/06/2024).
Il ricorrente, in osservanza del principio di autosufficienza, ha trascritto le conclusioni rassegnate dalla controparte con l’atto di appello, dalle quali si evince che la stessa non ha invocato altresì la riforma del solo capo della sentenza di primo grado avente ad oggetto la sua condanna al pagamento delle spese di lite.
E’ rimasta al rango di una mera affermazione unilaterale la deduzione difensiva dell’Agenzia, contenuta a pagina 9 del controricorso, secondo cui «nelle conclusioni dell’Ufficio -riportate nel motivo stesso- vi è anche la richiesta di riforma delle spese legali di primo grado; pertanto, non si ravvisa alcun vizio di ultra-petizione».
Il secondo motivo del ricorso principale, da intendersi, all’esito dell’accoglimento del primo motivo, limitato alle spese del secondo grado di giudizio, è fondato.
Ai sensi dell’art. 92 c.p.c., come risultante dalle modifiche introdotte dal d.l. n. 132 del 2014 e dalla sentenza n. 77 del 2018 della Corte Costituzionale, la compensazione delle spese di lite può essere disposta (oltre che nel caso della soccombenza reciproca), soltanto nell’eventualità di assoluta novità della questione trattata o di mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti, o nelle ipotesi di sopravvenienze relative a tali questioni e di assoluta incertezza che presentino la stessa, o maggiore, gravità ed eccezionalità delle situazioni tipiche espressamente previste dall’art. 92, comma 2, c.p.c. In applicazione di tale principio, Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 3977 del 18/02/2020 ha cassato con rinvio la decisione del giudice tributario, che aveva disposto la compensazione delle spese in ragione della novità e complessità della materia trattata.
In tema di compensazione delle spese giudiziali, la sussistenza di un imprecisato contrasto nella giurisprudenza di merito, rispetto a soluzioni interpretative non ancora passate al vaglio di legittimità, non può essere ricondotta alla nozione di “gravi ed eccezionali ragioni” di cui all’art. 92, comma 2, c.p.c., trattandosi di circostanza non idonea ad accreditare un
ragionevole affidamento della parte sulla fondatezza delle proprie ragioni (Cass., Sez. L, Sentenza n. 1521 del 27/01/2016).
Solo l’obiettiva originaria controvertibilità della questione di diritto ed il riconoscimento della fondatezza della pretesa avversaria, sulla base di una sopravvenuta giurisprudenza della Corte di Cassazione giustificano la compensazione integrale delle spese di lite (Cass., Sez. L, Sentenza n. 340 del 02/02/1976).
Del resto, l’interpretazione delle norme rappresenta l’ ‘ in sé ‘ dell’attività giudiziale e, in assenza di validi motivi posti alla base di una complessità nell’esegesi delle disposizioni da applicare, non giustifica di per sé la compensazione delle spese, vieppiù in un caso, quale quello in esame, in cui non sono state esplicitate le particolari soluzioni giuridiche proposte che sarebbero controvertibili.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, in accoglimento dei due motivi del ricorso principale, la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito nel senso di confermare le spese liquidate nel primo grado di giudizio e di porre a carico dell’Agenzia le spese del grado d’appello. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
accoglie il ricorso principale, rigetta quello incidentale; cassa la sentenza impugnata con riferimento al ricorso accolto e, decidendo nel merito, conferma le spese liquidate nel primo grado di giudizio e pone a carico dell’Agenzia delle Entrate le spese del grado d’appello, che liquida in euro 3.700,00 per compensi, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, Iva e Cap;
condanna l ‘Agenzia delle Entrate al rimborso delle spese del presente giudizio, che liquida in euro 3.000,00 per compensi ed € 200,00 per spese, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, Iva e Cap.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 16.09.2025.
Il Presidente
NOME COGNOME