Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6274 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6274 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5424/2023 R.G. proposto da:
NOMECOGNOMENOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE MILANO, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. MILANO n. 3341/2022 depositata il 18/08/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.La Ricorrente proponeva ricorso avverso l’avviso di liquidazione dell’imposta e irrogazione delle sanzioni n. 2017 1T 048929 000, notificatole il 29.11.2019, con il quale le veniva contestata la decadenza dal beneficio imposta di registro cd. ‘prima casa’, in mancanza dei requisiti soggettivi e oggettivi richiesti per poter fruire di tale beneficio in relazione a un acquisto di un immobile sito in Milano, INDIRIZZO intervenuto con atto registrato l’11.10.2017.
Con sentenza n. 1825/2021, la Commissione Tributaria Provinciale di Milano accoglieva il ricorso. Sull’appello dell’Agenzia, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, con sentenza n. 3341/2022, accoglieva l’impugnazione, respingendo l’eccezione di inammissibilità del gravame e statuendo che .
La contribuente ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della decisione summenzionata.
Replica con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
Depositata, ai sensi dell’art. 380 -bis cod.proc.civ., proposta di definizione accelerata del giudizio, comunicata alla ricorrente, quest’ultima ha depositato memoria, ai sensi dell’art. 378 cod.proc.civ., con la quale, ha insistito «nell’annullamento dell’impugnata sentenza chiedendo la decisione del ricorso. Quindi, è stata disposta la trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis 1., terzo comma, cod.proc.civ..
Con memorie del 17 gennaio 2025, la ricorrente eccepisce la tardività del deposito del controricorso e censura la sentenza impugnata in merito alla valutazione di idoneità degli immobili preposseduti.
MOTIVI DI DIRITTO
Preliminarmente il Collegio prende atto di quanto statuito dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 9611/2024 in ordine all’assenza di incompatibilità tra il deposito della proposta di definizione accelerata da parte del Presidente di sezione o del Consigliere delegato e la composizione degli stessi quali parte del Collegio o eventualmente la loro nomina quali relatori del Collegio che definisce il giudizio ai sensi dell’art. 380 bis.1 cod.proc.civ.
2.In via pregiudiziale, va disattesa l’eccezione sollevata dalla ricorrente secondo la quale l’Agenzia, a fronte del ricorso per cassazione notificato il 23 febbraio 2023, ha tardivamente depositato il controricorso, ai sensi dell’art. 370 cod. proc. civ., che, nel testo ratione temporis vigente, andava notificato entro il 4 aprile 2023, mentre risulta notificato per via telematica il 4 marzo 2024; invero, il termine per la proposizione del controricorso per effetto della sospensione di undici mesi dei termini di cui all’ art. 1, comma 199, della Legge n. 197/2022, spirava il 04/03/24.
3. Il primo motivo di ricorso introdotto ex art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 11, comma 6, Cost., degli artt. 112, 132, 342 c.p.c. e 118, primo comma, disp. att. c.p.c.; si addebita ai giudici distrettuali di aver mancato di statuire in merito alla preliminare eccezione di inammissibilità dell’appello promosso dall’Agenzia delle Entrate, la quale , c ostituendosi nel giudizio di secondo grado, si limitava a riproporre le difese svolte nel primo. La ricorrente assume, inoltre, di aver dedotto che l’impugnazione proposta dall’amministrazione finanziaria non evidenziava errori o incongruenze della sentenza di secondo grado, ma si limitava a riproporre una tesi già debitamente considerata -e non accolta -dalla C.T.P., .
4.La prima censura non può trovare ingresso.
Per consolidata giurisprudenza di questa Corte, non ricorre il vizio di omessa pronuncia quando, pur in mancanza di un’espressa statuizione sul punto, la decisione adottata dal giudice comporta l’implicito rigetto delle questioni non trattate, presupponendo come suo necessario antecedente logico-giuridico il riconoscimento della loro irrilevanza o infondatezza (cfr. Cass.n. 25191/2024, in motiv.; Cass. n. 12131/2023, Cass. n. 24667/2021, Cass. n. 7662/2020; Cass. n. 15255 del 04/06/2019; Cass. 20718/2018; Cass. 29191/2017). Alla stregua del su enunciato principio di diritto, al quale va data ulteriore continuità, non può ritenersi che la formale mancanza di una puntuale disamina dei singoli motivi di impugnazione articolati dalla ricorrente integri il vizio di cui all’art. 112 c.p.c., poichè la pronuncia reiettiva assunta dal collegio di seconde cure necessariamente presuppone l’implicito accertamento dell’infondatezza di tutte le lagnanze mosse dall’appellata ivi compresa quella relativa alla pretesa inammissibilità dell’appello.
Sotto altro versante, nel processo tributario, ai fini dell’assolvimento dell’onere di impugnazione specifica imposto
dall’art. 53 del d. lgs. n. 546 del 1992, norma speciale rispetto all’art. 342 c.p.c., è sufficiente la riproposizione, a supporto dell’appello, delle ragioni inizialmente addotte a fondamento dell’impugnazione dell’atto impositivo ovvero della dedotta legittimità dell’accertamento, in contrapposizione alle argomentazioni spese dal giudice di primo grado, quando il dissenso investa la decisione nella sua interezza, e comunque ove dall’atto di gravame, interpretato nel suo complesso, siano ricavabili in termini inequivoci, seppure per implicito, le ragioni di censura (cfr. Cass.n. 25191/2024; Cass. n. 16516/2024, Cass. n. 10673/2022, Cass. n. 17758/2019, Cass. n. 24641/2018).
La mancanza o l’assoluta incertezza dei motivi specifici dell’impugnazione, le quali, ai sensi dell’art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, determinano l’inammissibilità dell’appello, non sono ravvisabili qualora il gravame, benché formulato in modo sintetico, contenga una motivazione interpretabile in modo inequivoco, potendo gli elementi di specificità dei motivi ricavarsi, anche per implicito, dall’intero atto di impugnazione considerato nel suo complesso, comprese le premesse in fatto, la parte espositiva e le conclusioni; ciò in quanto la norma rubricata deve essere interpretata restrittivamente, in conformità all’art. 14 disp. prel. c.c., trattandosi di disposizione eccezionale che limita l’accesso alla giustizia, dovendosi pertanto consentire, ogni qual volta nell’atto sia comunque espressa la volontà di contestare la decisione di primo grado, l’effettività del sindacato sul merito dell’impugnazione. Cass. 15519/2020; Cass. n. 707/2019).
Nel caso in esame, come conferma la stessa contribuente, con l’atto di appello si è ribadito la legittimità dell’avviso e contestata la predicata inidoneità degli alloggi sui quali la contribuente è titolare di diritto di usufrutto ai fini dell’applicazione dell’agevolazione.
5. La seconda articolata censura, introdotta ex art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., denuncia ; – Sotto distinto profilo, ex art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. si denuncia .
Si afferma che l’impianto motivazionale della decisione d’appello è divisibile in due parti distinte, tra loro logicamente e giuridicamente in contrasto e contraddizione; in quanto nella prima parte (da pag. 2 ultimo periodo a pag. 3 penultimo paragrafo) la CTR richiama la disciplina normativa e, soprattutto, il consolidato orientamento di legittimità di questa Corte di Cassazione là dove afferma che .
Si soggiunge che i giudici distrettuali, tuttavia, nella seconda parte della decisione hanno ritenuto di disapplicare detto orientamento consolidato, sposandone uno autonomo sfornito di alcun sostegno giurisprudenziale affermando
Viene sottoposta a censura la sentenza impugnata, in quanto, diversamente da quanto deciso, le dimensioni degli immobili preposseduti sono significativamente più piccole di quello recentemente acquistato in proprietà e, inoltre, essi sono ubicati in
zona periferica, significativamente più lontana dai luoghi di lavoro rispetto alla nuova abitazione. Si deduce che le due abitazioni condotte, peraltro in locazione, sono costituite da un numero di vani non adeguati alle esigenze del nucleo familiare della ricorrente, composto da quattro persone.
Si critica la decisione della CTR per aver ritenuto legittimo l’atto impositivo sul presupposto che la fusione delle due unità abitative avrebbe consentito di disporre di un’unica abitazione più grande.
In conclusione, si deduce la contraddittorietà e illogicità della sentenza impugnata, nella parte in cui questa disattende, senza motivazione alcuna, proprio l’orientamento ermeneutico di legittimità in essa richiamato; omette di considerare tutte le circostanze proprie della fattispecie in esame; motiva la decisione sulla base di una considerazione irragionevole, illogica e financo assurda (i.e. la possibilità di unire le due unità abitative locate, quindi mediante lavori di ristrutturazione e variazioni catastali, per realizzare un’unica abitazione idonea rispetto alle esigenze familiari della Contribuente), trascurando di considerare che le due unità abitative sono locate da tempo.
6. La censura presenta profili di inammissibilità in quanto veicolata sia attraverso il paradigma di cui al n. 3 dell’art. 360, primo comma, c.p.c., che mediante il canone censorio di cui al n. 5 della medesima disposizione. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, che il Collegio condivide, il ricorso per cassazione, avendo ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360, primo comma, c.p.c. deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi (Cass. sez. un., n. 17931 del 2013; Cass. n. 24553 del 2013; conf. Cass. n. 24849 del 2015). Le Sezioni Unite hanno altresì, di recente, ritenuto che
l’onere di specificità dei motivi, di cui all’art. 366, primo comma, n. 4) c.p.c. impone al ricorrente, a pena d’inammissibilità della censura, di indicare puntualmente le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente ad indicare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare la norma violata o i punti della sentenza che vi si pongono in contrasto (Cass., sez. un., n. 23745 del 2020). In termini generali va, dunque, rilevato che, nel ricorso per cassazione, non è consentita la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione tra loro eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, primo comma, c.p.c., non essendo permessa la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione.
Nella fattispecie sub iudice, la lettura dell’intero corpo dei relativi mezzi d’impugnazione evidenzia una sostanziale mescolanza e sovrapposizione di censure, che comporta l’inammissibile prospettazione della medesima questione sotto profili incompatibili (Cass. 23/10/2018, n. 26874; Cass. 23/09/2011, n. 19443; Cass. 11/04/2008, n. 9470), non risultando specificamente separati la trattazione delle doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione delle norme di diritto appropriate alla fattispecie ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto (Cass. 11/04/2018, n. 8915; Cass. 23/04/2013, n. 9793). Infatti, l’esposizione diretta e cumulativa delle questioni concernenti l’apprezzamento delle
risultanze acquisite al processo e il merito della causa, palesemente mira a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 c.p.c., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse (Cass. n. /2017; Cass. n. 26874 e n. del 2018; Cass. n. Cass. nn.39169 e del 2021; Cass. n. /2024).
7.Entrambe le ragioni poste a fondamento dell’articolata doglianza , poi, laddove propongono il vizio cassatorio di cui al n. 3) e n.5) dell’art. 360, primo comma c.p.c. si risolvono, in sostanza, nella sollecitazione ad effettuare una nuova valutazione di risultanze di fatto rientrante nel sovrano apprezzamento del giudice di merito e non sindacabili in sede di legittimità. La Corte di cassazione, invero, non è legittimata a compiere una rivalutazione degli atti processuali, dei fatti o delle prove, potendo soltanto controllare che la motivazione della sentenza impugnata sia lineare e scevra da vizi logico -giuridici (Cass. n. 8758/2017; S.U. n. 34476/2019; Cass. n. n.20753/2021, in motiv.; Cass. n. 20068/2023; Cass. n. 23347/2024, in motiv.).
In particolare, a seguito della riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c. disposta dal d.l. n. 83 del 2012, convertito con modificazioni dalla L. n. 134 del 2012, il sindacato di legittimità sulla motivazione è ormai da ritenere ristretto alla sola verifica dell’inosservanza del cd. «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, della Carta fondamentale, individuabile nelle ipotesi -che si tramutano in vizio di nullità della sentenza per difetto del requisito di cui all’art. 132, comma 2, n. 4) c.p.c., norma che nel processo tributario trova il suo corrispondente nell’art. 36, comma 2, n. 4), del d.lgs. n. 546 del 1992- di «mancanza assoluta di
motivi sotto il profilo materiale e grafico», di «contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili» e di motivazione «perplessa od incomprensibile» o «apparente», esclusa qualunque rilevanza del suo semplice difetto di «sufficienza». Per produrre il descritto effetto invalidante l’anomalia motivazionale deve emergere dal testo della sentenza medesima, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (cfr., ex permultis, Cass. n. 20598/2023, Cass. n. 20329/2023, Cass. n. 3799/2023, Cass. Sez. Un. n. 37406/2022, Cass. Sez. Un. n. 32000/2022, Cass. n. 8699/2022, Cass. n. 7090/2022, Cass. n. 24395/2020, Cass. Sez. Un. n. 23746/2020, Cass. n. 12241/2020, Cass. Sez. Un. n. 17564/2019, Cass. Sez. Un. 19881/2014, Cass. Sez. Un. 8053/2014).
7.1. Ciò posto, deve escludersi che la motivazione della qui impugnata pronuncia sia affetta da palese illogicità o irriducibile contraddittorietà. Invero, la decisione assunta dalla CTR, ha dapprima dato atto della modifica legislativa (con legge 28.12.1995, n. 549, art. 3, comma 131) dell’art. 16 del d.l. 22 maggio 1993, n. 155 che ha stabilito che ‘nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l’immobile da acquistare’, e dell’interpretazione data da questa Corte (cfr. Cass. ord.22.07.2021 n. 20981), secondo cui, anche dopo tale innovazione legislativa, il concetto di ‘idoneità’ della casa pre-posseduta ostativo alla fruizione del beneficio (ed espressamente previsto nella previgente normativa) deve ritenersi intrinseco alla nozione stessa di ‘casa di abitazione’, da intendersi quale alloggio concretamente idoneo, sia sotto il profilo oggettivomateriale che giuridico, a soddisfare le esigenze abitative dell’interessato’. La sentenza si basa, poi, sui seguenti fondamentali argomenti: .
7.2.Da quanto precede si evince che la motivazione della sentenza è perfettamente intelligibile e non presenta profili di palese illogicità. Né a determinare la sua irriducibile contraddittorietà può reputarsi sufficiente la circostanza che il collegio regionale abbia reputato l’inidoneità degli immobili pre -posseduti perché locati ovvero, in quanto attigui, facilmente accorpabili.
La ricorrente mostra, con le confuse doglianze formulate di anelare, in realtà, ad una impropria trasformazione del giudizio di
legittimità in un nuovo, non consentito, giudizio di merito, nel quale ridiscutere tanto il contenuto di fatti e vicende processuali, quanto ancora gli apprezzamenti espressi dalla Corte di merito non condivisi e per ciò solo censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni ai propri desiderata; quasi che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa possano ancora legittimamente porsi dinanzi al giudice di legittimità (Cass. n. 5939 del 2018, in motiv.). E peraltro, come questa Corte ha più volte sottolineato, compito della Corte di cassazione non è quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, né quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici del merito (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 3267 del 12/02/2008), dovendo invece la Corte di legittimità limitarsi a controllare se costoro abbiano dato conto delle ragioni della loro decisione e se il ragionamento probatorio, da essi reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato, si sia mantenuto entro i limiti del ragionevole e del plausibile; ciò che nel caso di specie è dato riscontrare. (cfr. Cass. n. 9275 del 2018).
9.Ancora, la ricostruzione probatoria, anche qualora sostenuta dall’asserita violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., non può essere contestata in questa sede, poiché, come noto, l’apprezzamento delle prove effettuato dal giudice del merito non è, in questa sede, sindacabile, in quanto una questione di violazione o di falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito (cfr., tra le varie, Sez. 6, 27/12/2016, n. 27000).
9.1.Vale osservare, infine, che per dedurre la violazione dell’art. 115 cod.proc.civ., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte
dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 cod.proc.civ. ( Cass. del 27.03.2024, n. 8703).
10.Segue il rigetto del ricorso.
11.Infine, poiché la presente decisione fa seguito ad istanza di decisione proposta al Collegio in seguito alla comunicazione di proposta di definizione accelerata del giudizio ex art. 380 bis c.p.c. va applicata la giurisprudenza di questa Corte (si vedano in termini le pronunce Cass. Sez. Un., Ordinanza n. 28540 del 13/10/2023; Cass. Sez. Un., Ordinanza n. 27195 del 22/09/2023; ancora, conforme alle precedenti risulta la recente Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 31839 del 15/11/2023) secondo la quale in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380 – bis, comma 3, c.p.c. (come novellato dal d. Lgs. n. 149 del 2022) – che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 c.p.c. codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente.
Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315, infine, si dà atto, ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
La Corte
Rigetta il ricorso proposto dalla contribuente;
condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore dell’Agenzia che liquida in complessivi Euro 2.500,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito; nonché Euro 2.500,00 in favore della controricorrente, ai sensi dell’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ.. Condanna inoltre la ricorrente al versamento di euro 1.500,00 in favore della C assa delle ammende, ai sensi dell’art. 96, quarto comma, cod. proc. civ.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis.
Così deciso all’udienza della sezione tributaria della Corte di