Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25790 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25790 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 22/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso principale e sul ricorso incidentale iscritti al n. 24603/2022 R.G., rispettivamente proposti da :
AGENZIA DELLE ENTRATE, con l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente principale-
e
NOME COGNOME e COGNOME con l’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende
-controricorrenti e ricorrenti incidentali- avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte, sede di TORINO, n. 399/2022 depositata il 16/03/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di compravendita del 4 novembre 2015, i contribuenti NOME COGNOME ed NOME COGNOME hanno acquistato un immobile in costruzione a Gaglianico, usufruendo delle agevolazioni fiscali “prima casa” (con aliquota IVA al 4%). L’Agenzia delle Entrate, a seguito di controlli, ha contestato la decadenza dalle agevolazioni poiché i lavori non erano stati ultimati entro il termine previsto di tre anni dalla data dell’atto (cioè entro il 4 novembre 2018). Di conseguenza, ha emesso due avvisi di liquidazione con cui ha revocato l’aliquota IVA agevolata; ha recuperato l’imposta sostitutiva sulle operazioni di credito a medio-lungo termine.
I contribuenti hanno impugnato gli avvisi davanti alla Commissione Tributaria di Biella, chiedendone l’annullamento con ripristino delle agevolazioni prima casa.
La CTP, con sentenza n. 31/2021 depositata il 22/03/2021, ha rigettato il ricorso.
I contribuenti hanno interposto appello.
La CTR, con la sentenza in epigrafe indicata, ha parzialmente accolto l’appello dei contribuenti, modificando in parte la decisione di primo grado. In merito al primo motivo, ha riconosciuto che l’avviso di liquidazione relativo all’IVA era nullo perché sottoscritto da un funzionario privo della necessaria delega per quel tributo, e lo ha quindi annullato. Ha invece confermato la validità dell’avviso relativo all’imposta di registro, ritenendo che il funzionario fosse legittimato ad emetterlo. La Commissione ha poi confermato la revoca delle agevolazioni “prima casa” poiché i contribuenti non avevano ultimato i lavori né regolarizzato catastalmente l’immobile entro tre anni dall’atto d’acquisto. Infine, ha giudicato infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata, ribadendo che le sanzioni derivano
automaticamente dalla violazione delle condizioni per l’agevolazione, annullando quindi solo l’avviso relativo all’IVA e ha confermato il resto, disponendo la compensazione delle spese di giudizio.
Avverso la suddetta sentenza di gravame l’Agenzia ha proposto ricorso per cassazione affidato ad unico motivo, cui hanno resistito con controricorso i contribuenti i quali hanno anche proposto ricorso incidentale affidato a due motivi .
Successivamente le parti controricorrenti hanno depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con unico motivo di ricorso principale , si deduce l’illegittimità della sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione dell’art. 42, comma 1, d.P.R. 600/73 (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.).
1.1. L’Agenzia delle Entrate contesta la decisione della Commissione Tributaria Regionale, ritenendo errata la dichiarazione di nullità dell’avviso di liquidazione IVA. Sostiene che la nullità di un atto amministrativo è ammessa solo in casi estremi di mancanza assoluta di elementi essenziali, e che nel caso in esame tale carenza non sussiste. Secondo l’Agenzia, la delega al funzionario che ha firmato l’atto era valida, trattandosi di una semplice delega di firma, che non richiede particolari formalità né l ‘elencazione dettagliata degli atti. Inoltre, afferma che la sottoscrizione da parte del delegato rende comunque l’atto riconducibile all’Ufficio competente, e che non era necessario allegare la delega all’atto, bastando la sua menzione e successiva produz ione. Anche se l’IVA non era espressamente indicata nella delega, in conclusione, l’Agenzia ritiene l’atto comunque valido, essendo riferito al medesimo presupposto impositivo del registro.
1.2. I controricorrenti hanno insistito nelle tesi di cui alla sentenza impugnata, rilevando che anche se l’atto proviene dall’Agenzia delle Entrate, legittimata ad emetterlo , e che tale fatto è
non contestato, il tema era diverso, involgendo la questione della validità dell’atto sottoscritto da funzionario non delegato o che abbia agito ultra delega.
1.3. L’art. 42, comma 1, d.P.R. 600/73 recita testualmente ‘Gli accertamenti in rettifica e gli accertamenti d’ufficio sono portati a conoscenza dei contribuenti mediante la notificazione di avvisi sottoscritti dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui d elegato’.
1.4. La Corte si è già espressa sul tema, affermando che in tema d’imposte sui redditi, l’avviso di accertamento, a norma degli artt. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973, è nullo se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato e, nel caso in cui la sottoscrizione non sia quella del capo dell’ufficio titolare, in caso di contestazione, incombe sull’Amministrazione dimostrare il corretto esercizio del potere, mentre, in mancanza di una sanzione espressa, per la cartella esattoriale, il diniego di condono, l’avviso di mora e l’attribuzione di rendita, opera la generale presunzione di riferibilità dell’atto all’organo amministrativo titolare del potere nel cui esercizio esso è adottato (Cass. 31/10/2018, n. 27871 (Rv. 651222 – 01)).
Ha precisato altresì che si tratta di delega di firma e non di funzioni: la delega alla sottoscrizione dell’avviso di accertamento ad un funzionario diverso da quello istituzionalmente competente ex art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 ha natura di delega di firma – e non di funzioni – poiché realizza un mero decentramento burocratico senza rilevanza esterna, restando l’atto firmato dal delegato imputabile all’organo delegante, con la conseguenza che, nell’ambito dell’organizzazione interna dell’ufficio, l’attuazione di detta delega di firma può avvenire anche mediante ordini di servizio, senza necessità di indicazione nominativa, essendo sufficiente l’individuazione della qualifica rivestita dall’impiegato delegato, la quale consente la
successiva verifica della corrispondenza tra sottoscrittore e destinatario della delega stessa (Cass. 19/04/2019, n. 11013 (Rv. 653414 – 01)).
Considerato che incombe sull’amministrazione la dimostrazione della prova, atteso che in tema di avviso di accertamento, se il contribuente contesta la legittimazione del soggetto, diverso dal dirigente, alla sottoscrizione dell’atto, l’Amministrazione finanziaria ha l’onere di dimostrare, in omaggio al principio di cd. vicinanza della prova, il corretto esercizio del potere producendo, anche nel corso del secondo grado di giudizio, la relativa delega, che pure è solo di firma e non di funzioni (Cass. 17/07/2019, n. 19190 (Rv. 654755 – 01)), si deve concludere per la infondatezza del motivo di ricorso.
1.5. Va difatti ribadito che l’avviso di accertamento relativo ad imposte sui redditi e sul valore aggiunto, sottoscritto da parte di un funzionario delegato dal capo dell’ufficio, è nullo, ai sensi dell’art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 56 del d.P.R. n. 633 del 1972, il quale, nel rinviare alla disciplina sulle imposte dei redditi richiama implicitamente il citato art. 42, se il contenuto della delega di firma emessa dal capo dell’ufficio in via generale non è stato rispettato dal sottoscrittore nel caso concreto (Cass. 03/11/2022, n. 32386 (Rv. 666388 – 01)), e che in tema di imposta sul valore aggiunto, l’avviso di accertamento deve essere sottoscritto da dipendenti delegati dal dirigente, in quanto l’art. 56 del d.P.R. n. 633 del 1972 richiama implicitamente l’art. 42, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973, che prevede la necessità di detta delega (Cass. 30/09/2019, n. 24271 (Rv. 655155 – 02)).
1.6. Nel caso di specie la delega riguardava solo le diverse imposte di registro e successione e non, invece, i provvedimenti inerenti l’IVA, affidata (sino al valore di euro 50.000,00) ad altro funzionario . Non può quindi affermarsi, come sostiene l’Agenzia, che la delega per le imposte di registro si estendesse automaticamente a
quella inerente l’IVA (sull’assunto della identità del presupposto d’imposta).
1.7. Il ricorso principale è dunque da rigettare.
Con il ricorso incidentale, i contribuenti hanno dedotto due distinti motivi.
Con il primo motivo si lamenta, in relazione all’ art. 360 c.p.c. co. 1 n. 3, la violazione di legge in riferimento al d.P.R. n. 633/1972 tab. a), parte II n° 21 e d.P.R. n. 131/1986, art. 1, nota II bis tariffa I parte e dell’art. 115 c .p.c., nonché la parte II n° 21 tab A all. al d.P.R. n. 633/72.
In sostanza, i contribuenti contestano la decisione della CTR che ha confermato la revoca delle agevolazioni fiscali sull’imposta di registro, sostenendo che la mancata ultimazione dei lavori entro tre anni non è causa di decadenza prevista dalla legge. Ribadiscono che l’elemento determinante per mantenere le agevolazioni, in caso di immobile in costruzione, è l’effettivo utilizzo come abitazione principale. A tal fine, sottolineano che avevano prodotto prove documentali del trasferimento di residenza e delle utenze attive, mai contestate dall’Agenzia. Richiamano inoltre la giurisprudenza della Cassazione, secondo cui non basta il dato catastale per negare l’agevolazione. Infine, lamentano che la CTR abbia violato l’art. 115 c.p.c. ignorando le prove acquisite.
3.1. La CTR ha rilevato che ‘Per quanto riguarda l’avviso di liquidazione di imposta di registro (imposta sostitutiva sul mutuo) è da ritenere che lo stesso sia stato correttamente emesso, ricorrendo la violazione dell’obbligo da parte del contribuente di ultimare la ristrutturazione entro i tre anni e quindi di richiedere l’attribuzione di una categoria e della relativa rendita, l’immobile infatti è tuttora classificato come F3 il che non può costituire motivo di aggiramento dei termini di accertamento da parte dell’Ufficio’.
3.2. Si tratta della persistenza della categoria catastale F, che certamente non è idonea a costituire una classificazione utile ad usufruire di agevolazione per prima casa. Difatti, la categoria catastale ‘F’ è una categoria fittizia, utilizzata dal Catasto italiano per identificare unità immobiliari che non hanno ancora una destinazione definitiva o non sono utilizzabili come abitazioni o locali produttivi. D’altra parte, dalla classificazione catastale in questione il giudice di merito ha tratto convincimento confermativo della mancata ultimazione dei lavori nel termine di legge, non ritenendo a tal fine dirimenti gli elementi dimostrativi addotti dalla parte.
3.3. Sotto il profilo processuale, deve poi rilevarsi che la censura non intacca la ratio decidend i, atteso che tanto la ultimazione dei lavori quanto l’effettivo trasferimento della residenza (siccome reso possibile dalla prima) integrano elementi fattuali il cui accertamento è precluso in sede di legittimità, neppure attraverso il prisma degli artt. 115 e 116 cpc..
3.4. La censura va quindi rigettata.
Con il secondo motivo del ricorso incidentale si contesta la violazione art. 97 Cost. e l’incostituzionalità dell’art. 75 d.P.R. 633/72 e dell’art. 6 comma 4 l. 734/1973 .
4.1. I contribuenti contestano la decisione della Commissione Tributaria Regionale per aver respinto l’eccezione di incostituzionalità riguardante la destinazione del 20% delle sanzioni pecuniarie ai fondi interni all’amministrazione di appartenenza degli accer tatori. Secondo la tesi, questa previsione normativa viola il principio di imparzialità della Pubblica Amministrazione, sancito dall’articolo 97 della Costituzione, poiché determina un conflitto di interessi, anche solo potenziale, tra l’interesse pubblico e quello economico dell’accertatore. La CTR ha ritenuto infondata tale eccezione, sostenendo che le sanzioni sono applicate in modo automatico e non discrezionale. La Commissione di primo grado aveva invece motivato il rigetto
richiamando il carattere procedimentalizzato dell’attività accertativa e il fatto che la materia rientra nel CCNL, il quale non è una fonte normativa suscettibile di giudizio di legittimità costituzionale. I contribuenti dunque replicano che, trattandosi di una questione fondata su una norma di legge, il rilievo rimane, e che la sola esistenza del meccanismo di incentivo economico, anche se formalizzato e regolato, è sufficiente a compromettere l’imparzialità dell’azione amministrativa.
4.2. La doglianza è priva di fondamento.
4.3. Da un lato la stessa attiene alla discrezionalità del legislatore, dall’altro tanto la destinazione delle somme quanto i presupposti dell’attività accertatrice sono improntati a meccanismi automatici, predeterminati ed obbligatori, come tali del tutto esulanti dal potere di scelta dell’organo accertatore, sicché non si può nemmeno porre un profilo di conflitto di interesse.
Del resto, l’azione amministrativa è comunque soggetta a principi di correttezza, legalità e buona amministrazione, che fungono da parametro di controllo idoneo ad evitare anche in astratto la possibilità di una distorsione dell’esercizio del potere in favore di un interesse privato arbitrario e non verificabile.
4.4. Anche tale censura quindi va disattesa.
In conclusione, devono essere rigettati sia il ricorso principale sia il ricorso incidentale.
La soccombenza reciproca determina la compensazione delle spese.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
8. Nei confronti dell’amministrazione, non vi è invece luogo a pronuncia sul raddoppio del contributo unificato, perché il provvedimento con cui il giudice dell’impugnazione disponga, a carico della parte che l’abbia proposta, l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto ai sensi del comma 1 bis del medesimo art. 13, non può aver luogo nei confronti delle Amministrazioni dello Stato, istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo stesso, mediante il meccanismo della prenotazione a debito (Cass., Sez. U., 25 novembre 2013, n. 26280; Cass., 14 marzo 2014, n. 5955).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale.
Spese compensate.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, sdà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello d ovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 16/09/2025 .
Il Presidente NOME COGNOME