Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8132 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8132 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18679/2023 R.G. proposto da:
AVV. COGNOME rappresentato e difeso da sé medesimo elettivamente domiciliato all’ indirizzo PEC: EMAIL
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO CAMPANIA n. 1075/2023 depositata il 08/02/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La Corte di Giustizia di II grado della Campania con sentenza n. 1075/13/23, depositata il 08/02/2023, rigettava l’appello proposto da NOME COGNOME confermando la sentenza di primo grado che aveva disatteso l’impugnazione del contribuente avverso gli avvisi di liquidazione con i quali l’ufficio avev a revocato il beneficio prima casa richiesto dal predetto in quanto questi, che aveva acquistato l’immobile da adibire ad abitazione principale, residente all’atto di compravendita in Forio (NA) alla INDIRIZZO Montecorvo n. INDIRIZZO, non aveva poi trasferito la residenza nel Comune di Napoli entri i diciotto mesi dalla data di registrazione dell’atto di compravendita.
Contro detta sentenza NOME COGNOME propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi, illustrati con successiva memoria. 3. L’ufficio resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c. violazione e falsa applicazione degli artt. 36 e 61 del d.lvo. 31 dicembre 1992 n. 546, violazione dell’art. 132, quarto comma, c.p.c., omessa e/o insufficiente motivazione lamentando che i giudici di secondo grado avevano erroneamente ritenuto sufficiente la motivazione contenuta nella sentenza di primo grado, sebbene la stessa risultava adottata in violazione delle disposizioni richiamate.
Con il secondo motivo lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n.3 c.p.c. violazione e falsa applicazione dell’art. 76 d.lgs. n. 131/1986 nonchè degli art. 2964 e 2966 c.c. assumendo che i giudici di appello, erroneamente interpretando l’art. 76 d. p.r. 131/1986 e l’art. 157 d.l. 34/2020 in relazione alla sospensione e d alla proroga dei termini di prescrizione e decadenza alla luce del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, L. 24 aprile 2020, n. 27, a vevano disatteso l’eccezione relativa al calcolo della decadenza.
Con il terzo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n.5 c.p.c., omessa e insufficiente valutazione di un fatto decisivo ai fini della controversia, lamentando l’omessa considerazione degli elementi attestanti l’errore di calcolo della maggiore imposta dovuta. 4. Il ricorso deve essere rigettato per le ragioni appresso specificate.
Il primo motivo è inammissibile in ragione dell’effetto ‘sostitutivo’ della sentenza di appello.
5.1. Si è, infatti, condivisibilmente affermato che è inammissibile, per carenza di interesse, il ricorso per cassazione diretto ad ottenere, riproponendo censure già svolte in sede di appello, la declaratoria di nullità della sentenza di primo grado, giacché una decisione di accoglimento avrebbe comportato null’altro che la trattazione nel merito della causa da parte del giudice di appello. (Sez. L, Sentenza n. 12642 del 05/06/2014, Rv. 631189 – 01).
Il secondo motivo è privo di fondamento.
6.1. Va premesso che, nel caso di specie, il contratto di compravendita dell’immobile è stato stipulato il 23.9.2015 e registrato il 25.9.2015, mentre il contratto di mutuo è stato stipulato il 23.9.2015 e registrato in data 30.9.2015. Il ricorrente avrebbe dovuto trasferire la residenza nel comune di Napoli entro il 23.3.2017, ossia entro i 18 mesi successivi alla stipula della compravendita del l’immobile agevolato , in quanto decade dall’agevolazione “prima casa” il contribuente che non abbia trasferito la residenza anagrafica presso il Comune di ubicazione dell’immobile oggetto di acquisto agevolato entro il termine di diciotto mesi dalla stipula dell’atto notarile, fatta salva la sussistenza di una causa di forza maggiore sopravvenuta rispetto al tempo dell’acquisto, imprevedibile e non addebitabile al contribuente, la quale esime dalla decadenza dei benefici fiscali (Cass. n. 20958/2022).
Occorre, quindi, rilevare che in tema di benefici fiscali c.d. “prima casa”, ed alla stregua di quanto sancito dall’art. 1, nota II bis,
comma 1, lett. a), della Tariffa allegata al d. P. R. n. 131 del 1986, il mancato trasferimento della propria residenza, da parte dell’acquirente a titolo oneroso di una casa non di lusso, nel comune ove è ubicato l’immobile, entro 18 mesi dall’acquisto, comporta la decadenza dai suddetti benefici, decorrendo, in tal caso, a carico dell’amministrazione finanziaria per l’emissione dell’avviso di liquidazione dell’imposta ordinaria e connessa soprattassa, il termine triennale di cui all’art. 76, comma 2, del menzionato decreto, non dalla registrazione dell’atto ma dal momento in cui l’invocato proposito di trasferimento della residenza, inizialmente attuabile, sia successivamente rimasto ineseguito o ineseguibile e, dunque, al più tardi, dal diciottesimo mese successivo alla registrazione dell’atto. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva fatto decorrere il termine triennale dalla data della stipula dell’atto di trasferimento dell’immobile). (Cass. Sez. 6, 01/12/2017, n. 28860, Rv. 646431 – 01). Considerato che il termine di 18 mesi entro cui il ricorrente avrebbe dovuto trasferire la residenza scadeva in data 25.03.2017, il termine triennale previsto ex art. 76 d.p.r. 131/1986 a pena di decadenza per l’emissione dell’avviso di liquidazione sarebbe scaduto ordinariamente, se non fosse intervenuta la legislazione emergenziale dovuta all’epidemia di Covid-19, in data 25.3.2020 ossia allo scadere del terzo anno dal termine ultimo in cui sarebbe dovuto avvenire il trasferimento di residenza.
In relazione a detta normativa emergenziale va chiarito che con un primo intervento sulle misure di gestione del fenomeno pandemico con l’art. 67 del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, intitolato ‘Sospensione dei termini relativi all’attività degli uffici degli enti impositori’, il legislatore ha stabilito, al comma 1, che ‘sono sospesi dall’8 marzo al 31 maggio 2020 i termini relativi alle attività di liquidazione, di controllo, di accertamento, di riscossione e di contenzioso, da parte degli uffici degli enti imp ositori’. Sempre al comma 1, il legislatore
ha previsto, per lo stesso periodo, la sospensione di ulteriori termini, dettando, poi, al comma 2, altre disposizioni relative agli interpelli e, al comma 3, altre ancora relative alla sospensione, sempre dall’8 marzo al 31 maggio 2020, delle attività non aventi carattere di indifferibilità ed urgenza ivi elencate.
Con il comma 4, il legislatore ha, infine, disposto che, ‘con riferimento ai termini di prescrizione e decadenza relativi all’attività degli uffici degli enti impositori si applica, anche in deroga alle disposizioni dell’articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’art. 12, commi 1 e 3, del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 159’.
Successivamente il legislatore è nuovamente intervenuto con l’art. 157 del d.l. 19 maggio 2020, n. 34 norma così rubricata: ‘Proroga dei termini al fine di favorire la graduale ripresa delle attività economiche e sociali’. Tale disposizione, nella versione attualmente vigente, stabilisce che: ‘In deroga a quanto previsto dall’articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, gli atti di accertamento, di contestazione, di irrogazione delle sanzioni, di recupero dei crediti d’imposta, di liquidazione e di rettifica e liquidazione, per i quali i termini di decadenza, calcolati senza tener conto del periodo di sospensione di cui all’articolo 67, comma 1, del decreto – legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, scado no tra l’8 marzo 2020 e il 31 dicembre 2020, sono emessi entro il 31 dicembre 2020 e sono notificati nel periodo compreso tra il 1° marzo 2021 e il 28 febbraio 2022, salvi casi di indifferibilità e urgenza, o al fine del perfezionamento degli adempimenti fiscali che richiedono il contestuale versamento di tributi’.
Nel caso in questione il termine di decadenza per l’emissione degli atti in questione, calcolato senza tenere conto della sospensione di cui all’articolo 67, comma 1, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, come detto scadeva in data 25.3.2020 e, quindi, rientrava
nell’ambito di applicazione dell’art. 157 comma 1 cit., in quanto scadeva nell’intervallo temporale in esso indicato ossia tra 1’8 marzo 2020 e il 31.12.2020, conseguentemente gli avvisi di liquidazione in questione dovevano essere emessi entro il 31.12.2020 e notificati nel periodo indicato dal medesimo art. 157, tra il 1° gennaio e il 31.12.2021, come avvenuto.
Il contribuente assume, per contro, che l’amministrazione finanziaria, al fine di non incorrere nella causa di decadenza espressamente prevista dalla legge, avrebbe dovuto provvedere a notificare gli avvisi di liquidazione nel termine di 18 mesi entro cui l’istante avrebbe dovuto procedere a cambiare il proprio indirizzo di residenza nell’immobile oggetto degli avvisi di accertamento dell’imposta di registro , e che, quindi, la sospensione dei termini decadenziali individuata sino al 31 dicembre 2020 comportava che il restante periodo di 15 giorni fosse ripreso a decorrere a far data dal 1^ gennaio del 2020. Rileva, pertanto, che tenendo conto delle sospensioni, il termine sarebbe spirato il 15 gennaio 2021 in quanto, per effetto delle disposizioni di cui ai decreti-legge 18/2020 e 34/2020, il periodo di sospensione della decorrenza del termine decadenziale si era cristallizzato nel periodo ricompreso tra l’8 marzo 2020 e il 31 dicembre dello stesso anno, mentre l’art. 157 del d.l. 34/2020 avrebbe prorogato i termini di notifica e non di emissione del provvedimento.
Ritiene questo Collegio che, come osservato dalla C.T.R., l’art. 157 citato deve essere interpretato nel senso che il differimento del periodo di notifica determina la sospensione del termine di decadenza: invero dal momento che la decadenza, in caso di revoca del beneficio, è collegata alla notifica ne deriva che, differita la notifica è differito anche il termine di decadenza che, giova ribadire, alla notifica è collegato, con conseguente tempestività dell’avviso de quo .
Il terzo motivo di ricorso è inammissibile e, in ogni caso, infondato.
Il ricorrente con tale motivo di ricorso eccepisce l’omessa considerazione di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (ex art. 360, co. 1, n. 5) c.p.c.) ovvero l’errore di calcolo quanto alla maggiore imposta dovuta. Tale censura non coglie nel segno posto che i giudici, nell’impugnata sentenza, hanno esplicitamente motivato: ‘Il provvedimento conteneva una chiara esposizione delle ragioni, peraltro neanche complesse, per le quali era stato revocato il benefìcio, che si basavano sull’omesso trasferimento della residenza. Non è dato ravvisare alcun errore di calcolo del tributo, essendo stata applicata l’imposta sul valore dell’immobile’.
Ciò posto, nel caso di specie, la motivazione dell’atto impugnato esplicita le ragioni di fatto e di diritto che hanno determinato la revoca dell’agevolazione , mentre il contribuente non chiarisce quale dato decisivo sarebbe stato trascurato. La censura, ad avviso di questo Collegio, non appare autosufficiente non chiarendosi in quali esatti termini sarebbe stato censurato il quantum nella fase di merito; peraltro, il ricorrente fa (pure) riferimento alla mancata considerazione del tributo pagato, ma non spiega quando sarebbe stata dedotta tale questione di cui non è fatto alcun cenno in sentenza.
Per altro verso non appare ravvisabile, sulla scorta delle allegazioni di parte ricorrente – alcun errore di calcolo del tributo, essendo stata applicata l’imposta in base al prezzo-valore dell’immobile, utilizzando il coefficiente previsto per gli immobili abitativi per cui non opera l’agevolazione prima casa.
In conclusione il ricorso va rigettato; le spese vanno poste a carico del contribuente e liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in favore dell’ Ufficio in
euro 2.400,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito; dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico di parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Sezione Tributaria, in data