Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24343 Anno 2019
2019
3851
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24343 Anno 2019
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/09/2019
ORDINANZA
sul ricorso 7910-2014 proposto da: da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende; pro INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
COGNOME elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende; ROMA VIA avvocato
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 16/2013 della COMM.TRIB.REG. di ROMA, depositata :L1 04/02/2013; REG . di udita la relazione della causa svolta nella camera di di
consiglio GLYPH 19 GLYPH ere GLYPH del GLYPH dal GLYPHDott. 05/07/20 Consigli NOME COGNOME
RITENUTO CHE
-la controversia ha ad oggetto l’impugnativa di un avviso di liquidazione per il pagamento di imposte di registro, ipotecaria e catastale e relative sanzioni per l’anno 2002 con il quale l’Agenzia delle Entrate aveva disposto la decadenza dalle agevolazioni fiscali per il cosiddetto acquisto della prima casa ritenendo trattarsi di immobile di lusso; l’ente impositore aveva azionato la pretesa impositiva nei confronti dell’odierna parte contribuente, in qualità di alienante, ritenendo operante la solidarietà tra acquirente e venditore;
-avverso la sentenza ricorre l’Agenzia delle Entrate, mentre la società contribuente si costituisce con controricorso.
-la C.T.R., confermando la pronuncia di primo grado, ha accolto il ricorso della parte contribuente, per quello che qui rileva sulla base delle seguenti considerazioni: la dichiarazione che il bene oggetto della compravendita non avesse le caratteristiche di immobile di lusso è stata effettuata dalla parte acquirente e solo a quest’ultima è imputabile l’imposta complementare dovuta; la stessa Agenzia delle Entrate ha affermato in una propria circolare che l’imposta dovuta a seguito della decadenza delle GLYPHprima GLYPH uisce imposta agevolazioni GLYPH GLYPH casa costit GLYPH complementare; trova di conseguenza applicazione l’art. 57, comma 4, del d.p.r. n. 131 del 1986, norma che risponde alla ratio di perseguire l’acquirente, responsabile della violazione, evitando di coinvolgere il venditore estraneo all’illecito; i recupero dell’importo interessa, quindi, solo il dichiarante. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
CONSIDERATO CHE
1. L’Agenzia delle Entrate propone due motivi di ricorso. Con il primo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c. dell’art. 57, comma 4 del d.p.r. n. 131 del 1986; si duole dell’interpretazione fornita dai giudici di merito che hanno escluso il regime di solidarietà passiva tra acquirente venditore.
2. Con il secondo motivo lamenta la violazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1 c.p.c., n. 3 dell’art. 1 lettere a), b) e c) della nota II b della tariffa, parte prima allegata al TUIR, I. n. 917 del 1986; censura la parte della sentenza laddove ha ritenuto mendace la dichiarazione relativa alle caratteristiche del bene in termini di immobile di lusso. Esse, infatti, erano ben note sia all’acquirente che al venditore.
2.1. GLYPH tenuto conto della loro stretta connessione, I motivi, possono essere trattati congiuntamente e sono in parte fondati per le ragioni di seguito esposte.
2.2. GLYPH specie la decadenza dai benefici “prima casa” Nel caso di è dovuta a seguito dell’accertamento che il bene ha le caratteristiche dell’immobile di lusso ai sensi del d. m. 2 agosto 1969. Si tratta, dunque, di una circostanza oggettiva, legata alla natura dell’immobile, non imputabile in via esclusiva ad un determinato comportamento dell’acquirente. Tale fatto non poteva del resto essere ignoto alla parte contribuente, in quanto alienante del bene. Si ritiene, pertanto, di dare continuità all’indirizzo di legittimità, secondo cui, in tal caso, opera, in capo alla parte venditrice, la solidarietà dell’obbligazione tributaria di cui al citato art. 5 comma 1, d.p.r. n. 131 del 1986 (Cass. n. 2889 del 2017, n. 24400 del 2016).
Occorre, poi, precisare che è del tutto condiviso quanto affermato (Cass. n. 2889 del 2017) secondo cui: “I presupposti della revoca dell’agevolazione permangono integri anche alla luce dello jus superveniens di cui all’articolo 10, primo comma, lettera a) D. Lgs. n.23 del 2011 il quale, ne/sostituire il secondo comma dell’art. 1 della Parte Prima Tariffa allegata al D.P.R. 131 del 1986, ha sancito il superamento del criterio di individuazione dell’immobile di lusso – non ammesso, in quanto tale, al beneficio “prima casa” – sulla base dei parametri di cui al D.M. 2 agosto 1969.
In forza della disciplina sopravvenuta, infatti, l’esclusione dalla agevolazione non dipende più dalla concreta tipologia del bene e dalle sue intrinseche caratteristiche qualitative e di superficie (individuate sulla base del suddetto D.M.), bensì dalla circostanza che la casa di abitazione oggetto di trasferimento sia iscritta in categoria catastale Al, A8 ovvero A9 (rispettivamente: abitazioni di tipo signorile; abitazioni in ville castelli e palazzi con pregi artistici o storici).
Al fine di allineare allo stesso criterio dell’imposta di registr anche l’agevolazione “prima casa” attribuita con aliquota IVA ridotta, il legislatore è poi intervenuto con l’articolo 33 d D.Lgs. 175 del 2014 che, nel modificare il n.21 della Tab. A, Parte II, all. al . n. 633 del 1972, ha espressamente D.P.R richiamato il criterio catastale”; con il risultato che anche l’agevolazione IVA è esclusa (indipendentemente dalla sussistenza di tutti gli altri requisiti) per gli immobili rientr in una delle suddette categorie.
Il nuovo regime trova applicazione ai trasferimenti imponibili realizzati successivamente al 1^ gennaio 2014, come espressamente disposto dall’art. 10, comma 5, D.Lgs. 23 del 2011, per cui l’atto di trasferimento dedotto nel presente giudizio, antecedente a questo discrimine temporale, continua ad essere disciplinato in base alla pre vigente disciplina.
Fermo dunque restando il pregresso regime impositivo sostanziale, ritiene il Collegio – dando con ciò continuità a quanto stabilito, in identica fattispecie, da Cass. ord. n.13235/2016 – che una diversa soluzione si imponga, invece, per quanto concerne le sanzioni applicate con l’atto qui impugnato.
In proposito, si ravvisano i presupposti per l’applicazione del secondo comma dell’articolo 3 D.Lvo n. 472 del 1997, secondo cui, in materia di sanzioni amministrative per violazioni tributarie: “salvo diversa previsione di legge, nessuno può
essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile. Se la sanzione è già stata irrogata con provvedimento definitivo il debito residuo si estingue, ma non e’ ammessa ripetizione di quanto pagato”.
La ricorrenza del principio di legalità e di favor rei in materia tributaria – già ampiamente valorizzato, in presenza di sanzioni amministrative di sostanziale valenza penale, anche ex artt. 49 della Carta dei diritti fondamentali UE, e 7 CEDU – si impone, nella specie, sotto il profilo che tali sanzioni vennero inflitte per avere il contribuente dichiarato che l’immobile acquistato possedeva, contrariamente al vero, qualità intrinseche “non di lusso” (sempre secondo i sopra richiamati parametri ministeriali), vale a dire, per aver reso una dichiarazione che, per effetto della modifica normativa, oggi non ha più alcuna rilevanza per l’ordinamento.
In altri termini, il mendacio contestato – costituente l’espresso fondamento della sanzione, così come stabilito dal quarto comma dell’articolo 1, Parte Prima, Tariffa D.P.R. 131 del 1986 – non potrebbe più realizzarsi, in quanto caduto su un elemento (caratteristiche non di lusso dell’immobile) espunto dalla fattispecie agevolativa.
E’ vero che la modifica normativa non ha abolito né l’imposizione (nella specie individuabile nel recupero a piena tassazione dell’agevolazione indebitamente fruita), né le conseguenze sanziona torie derivanti dalla falsa dichiarazione, tuttavia, è proprio l’oggetto di quest’ultima, costituente elemento normativo della fattispecie, ad essere stato cancellato dall’ordinamento.
Tanto che, in base al regime sopravvenuto, l’agevolazione ben potrebbe sussistere (in assenza di iscrizione nelle categorie catastali ostative) anche in capo ad immobili abitativi in ipotesi
connotati dalle caratteristiche la cui mancata o falsa dichiarazione ha costituito il motivo della sanzione.
Il che rende del tutto peculiare la presente fattispecie rispetto a quelle con riguardo alle quali è stato affermato che – in difetto di “aboliti° criminis” – permane a carico del contribuente tanto l’obbligo del versamento dell’imposta dovuta prima della modificazione normativa, quanto quello sanzionatorio (Cass. 25754/14; Cass. 25053/06).
Va, inoltre, considerato che qui ricorre una situazione di favore per il contribuente ancor più radicale ed evidente di quella (prevista nel terzo comma dell’articolo 3 D.Lvo n. 472 del 1997) del sopravvenire di un regime sanzionatorio semplicemente più mite, perché qui non di questo si tratta, ma proprio di riformulazione ex novo della fattispecie legale di non spettanza dell’agevolazione, fondata su un parametro (quello catastale) del tutto differente da quello, precedentemente rinvenibile, fatto oggetto di mendacio.
Ne discende che l’Amministrazione finanziaria mantiene la potestà di revocare l’agevolazione in questione per il solo fatto del carattere di lusso rivestito – al momento del trasferimento, e sulla base della disciplina all’epoca applicabile – dall’immobile trasferito, senza però avere titolo per applicare le sanzioni conseguenti a comportamenti che, dopo la riforma legislativa, non sono più rilevanti, non certo in quanto tali (false dichiarazioni), ma in quanto riferiti a parametri normativi non più vigenti.
In definitiva, lo jus superveniens impone il parziale accoglimento del ricorso, limitatamente alla non debenza delle sanzioni applicate con l’atto opposto, conclusione che deriva da una scelta interpretativa di favore suscettibile di essere attuata, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio e, quindi, anche in sede di legittimità (Cass. n. 1856/2013; n. 4616/2016; n. 16679/2016 e n. ord.13235/2016 cit.).
Stante l’avvenuta contestazione, da parte della contribuente, della legittimità della revoca dell’agevolazione, è per ciò solo escluso che sia divenuto definitivo il provvedimento di irrogazione delle sanzioni che da tale revoca consegue, né la questione oggetto di esame d’ufficio comporta accertamenti fattuali di sorta, trattandosi di eliminazione delle sanzioni e non di loro rimodulazione all’esito di una determinata opzione per il regime più favorevole concretamente applicabile.” (Cass. n. 2889 del 2017, n. 3362 del 2017). In questi termin pertanto, trova accoglimento il ricorso.
3. La peculiarità della fattispecie, l’evoluzione della discip riferimento e la novità della esaminata questione consentono compensazione delle spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cass sentenza impugnata in relazione ai profili accolti e, decidendo nel merito, dichiara non dovute le sanzioni. Compensa integralmente le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, il 5 luglio 2019.