Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30585 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30585 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 33846/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LAZIO n. 2276/2018, depositata il 10/04/2018,
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE ha impugnato l’atto impositivo con cui l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE le ha comunicato la decadenza da ll’agevolazione applicata all’atto di acquisto del 30 marzo 2011, avente ad oggetto un terreno agricolo in Anagni, per non aver effettuato alcuna attività RAGIONE_SOCIALE sul fondo, e ha liquidato le imposte di registro e ipotecaria dovute.
2.Il ricorso è stato accolto in primo grado, ma rigettato all’esito dell’appello dell’RAGIONE_SOCIALE. Nella sentenza della Commissione tributaria regionale si legge che «per il mantenimento dell’agevolazione, non è sufficiente il requisito soggettivo di agricoltore, essendo necessario anche il requisito oggettivo dell’esercizio di attività RAGIONE_SOCIALE nel terreno acquistato. La nuova normativa citata dal contribuente non innova sul requisito oggettivo della coltivazione …. modifica soltanto il requisito soggettivo».
3.La RAGIONE_SOCIALE contribuente ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza.
4.L’RAGIONE_SOCIALE si è costituita con controricorso.
5.La causa è stata trattata e decisa all’adunanza camerale del 25 ottobre 2024.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod.proc.civ., la RAGIONE_SOCIALE contribuente ha dedotto la nullità della sentenza per non essersi pronunciata sull’eccezione di invalidità dell’avviso derivata da quella dell’atto presupposto, ossia la comunicazione del Comune di Anagni di mancato rilascio della certificazione di imprenditore agricolo, non essendo necessaria, in virtù della nuova legge entrata in vigore n. 25 del 2010, la certificazione attestante la ricorrenza dei requisiti, da parte degli Ispettorati o dei Comuni.
Invero, la censura, ricondotta dalla ricorrente all’art. 360, primo comma, n. 5, cod.proc.civ., non denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo, ma piuttosto la violazione dell’art. 112 cod.proc.civ.
e, quindi, un error in procedendo ex art. 360, primo comma, n. 4, cod.proc.civ.
Il motivo è inammissibile, in quanto eccentrico rispetto alla decisione, che, comunque, implicitamente supera la problematica in esame. In particolare la sentenza impugnata ha escluso l’agevolazione in conseguenza della mancata coltivazione del fondo, che è stata accertata dal provvedimento presupposto, non oggetto di alcuna impugnazione. Pertanto, contrariamente alla prospettazione della ricorrente, il provvedimento presupposto non è stato ritenuto necessario ai fini del conseguimento dell’agevolazione, ma piuttosto è stato valutato quale elemento probatorio ai fini della ritenuta decadenza dell’agevolazione.
In proposito deve essere ribadito che è configurabile la decisione implicita di una questione (connessa a una prospettata tesi difensiva) o di un’eccezione di nullità (ritualmente sollevata o rilevabile d’ufficio) quando queste risultino superate e travolte, benché non espressamente trattate, dalla incompatibile soluzione di un’altra questione, il cui solo esame presupponga e comporti, come necessario antecedente logico-giuridico, la loro irrilevanza o infondatezza; ne consegue che la reiezione implicita di una tesi difensiva o di una eccezione è censurabile mediante ricorso per cassazione non per omessa pronunzia (e, dunque, per la violazione di una norma sul procedimento), bensì come violazione di legge e come difetto di motivazione, sempreché la soluzione implicitamente data dal giudice di merito si riveli erronea e censurabile oltre che utilmente censurata, in modo tale, cioè, da portare il controllo di legittimità sulla decisione inespressa e sulla sua decisività (Cass., Sez. 3, 8 maggio 2023, n. 12131).
E comunque, va aggiunto, il giudice d’appello si è pronunciato sull’impatto della nuova normativa, là dove ha ritenuto che questa abbia modificato soltanto il requisito soggettivo, senza incidere su quello oggettivo della coltivazione del fondo.
Con il secondo motivo la RAGIONE_SOCIALE ricorrente ha dedotto la violazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., degli artt. 3 e 4 della legge n. 604 del 1954, atteso che la nuova disciplina introdotta dall’art. 2, comma 4 -bis, del d.l. n. 194/09, come convertito dalla l. n. 25/10, non contempla più la necessità della certificazione dell’ispettorato provinciale attestante l’abitualità della lavorazione manuale della terra e l’inidoneità del fondo alla formazione e arrontondamento della piccola proprietà contadina, assumendo rilevanza, sotto il profilo soggettivo, l’iscrizione della gestione previdenziale ed assistenziale dell’I.RAGIONE_SOCIALE e, sotto quello oggettivo, solo l’eventuale trasferimento a titolo oneroso del fondo. Pure tale motivo è inammissibile, in quanto eccentrico rispetto alla decisione impugnata che si è occupata della decadenza dall’agevolazione in esame e non del suo conseguimento e nulla ha affermato circa la necessità della certificazione dell’ispettorato provinciale attestante l’abitualità della lavorazione manuale della terra.
La proposizione, mediante ricorso per cassazione, di censure prive di specifica attinenza al decisum della sentenza impugnata comporta l’inammissibilità del ricorso, risolvendosi in un non motivo. L’esercizio del diritto di impugnazione, infatti, può considerarsi avvenuto in modo idoneo solo qualora i motivi con i quali è esplicato si traducano in una critica alla decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione RAGIONE_SOCIALE ragioni per cui essa è errata, da considerarsi in concreto e dalle quali non possano prescindere, dovendosi pertanto considerare nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo il motivo che difetti di tali requisiti (Cass., Sez. 5, 21 luglio 2020, n. 15517).
Con il terzo e il quarto motivo la ricorrente ha lamentato la violazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., degli artt. 2, commi 4 e 4-bis, del d.lgs. n. 99 del 2004 e 11 del d.lgs. n. 228 del 2001, che non prevedono la decadenza dalle
agevolazioni per la cessazione della coltivazione diretta del fondo e la nullità della sentenza per erronea applicazione RAGIONE_SOCIALE norme in tema di decadenza RAGIONE_SOCIALE agevolazioni per la piccola proprietà contadina, che sono funzionali ad impedire comportamenti meramente speculativi da parte degli acquirenti, mentre, nell’ipotesi in cui il terreno non sia coltivato, non si verifica alcun indebito lucro per l’acquirente.
Tali censure, che, in considerazione della loro stretta connessione, devono essere trattate congiuntamente, sono infondate.
Occorre premettere che, nel caso di specie (atto del 30 marzo 2011), risulta applicabile ratione temporis l’art. 2, comma 4 -bis, del d.l. n. 194 del 2009, come convertito, e non la disciplina anteriore indicata dalla ricorrente nella formulazione del motivo (d.lgs. n. 99 del 2004).
Ribadito che con l’atto impugnato è stata contestata la decadenza dalle agevolazioni per la piccola proprietà contadina, la cessazione dalla coltivazione del fondo acquistato integra sempre una ipotesi di decadenza del beneficio, ai sensi dell’art. 2, comma 4 -bis, del d.l. n. n. 194 del 2009, nel testo risultante dalla legge di conversione, che stabilisce che i soggetti decadono dalle agevolazioni se, prima che siano trascorsi cinque anni dalla stipula degli atti, alienano volontariamente i terreni ovvero cessano di coltivarli o di condurli direttamente (cfr. Cass., Sez. 5, 15 luglio 2022, n. 22290, in tema di imposta di registro e ipotecaria, con riguardo alle agevolazioni usufruite per l’atto di acquisto di terreni e relative pertinenze da parte di coltivatori diretti ed imprenditori agricoli, il comma 4 bis dell’art. 2 del d.l. n. 194 del 2009, conv. con modif. dalla l. n. 25 del 2010, espressamente contempla la decadenza da tali benefici qualora il contribuente, prima che siano trascorsi cinque anni dalla stipula dell’atto, alieni volontariamente i terreni ovvero cessi di coltivarli o di condurli direttamente; in tale ottica, il contratto di affitto assume rilevanza, quale indice
sintomatico della cessazione della coltivazione diretta da parte del proprietario, in quanto sarebbe contraddittorio considerare come tuttora in coltivazione, ad opera del suo acquirente, un terreno da quest’ultimo concesso in affitto a terzi, tenuto conto che la finalità di assicurare la formazione o l’arrotondamento della piccola proprietà contadina, in relazione all’oggetto dell’atto di acquisto agevolato, implica l’effettiva coltivazione del terreno).
Peraltro, deve osservarsi che alle medesime conclusioni si perviene in base alla disciplina impropriamente invocata dalla ricorrente e, cioè, al d.lgs. n. 99 del 2004, che richiama implicitamente l’art. 7 della legge n. 604 del 1954, ai sensi del quale decade dalle agevolazioni tributarie l’acquirente, il permutante o l’enfiteuta il quale, prima che siano trascorsi cinque anni dagli acquisti fatti a norma della presente legge, aliena volontariamente il fondo o i diritti parziali su di esso acquistati, ovvero cessa dal coltivarlo direttamente (cfr. Cass., Sez. 5, 26 ottobre 2016, n. 21609, secondo cui, in tema di agevolazioni tributarie relative all’imposizione indiretta e creditizia, l’art. 2 del d.lgs. n. 99 del 2004, nel parificare il trattamento fiscale tra persona fisica con qualifica di coltivatore diretto e RAGIONE_SOCIALE con qualifica di imprenditore agricolo professionale, presuppone, comunque, il rispetto RAGIONE_SOCIALE condizioni oggettive, necessarie al fine di promuovere il riordino della piccola proprietà contadina, stabilite dalla l. n. 604 del 1954, che prevede, tra l’altro, all’art. 7 la decadenza del beneficio per coloro che non coltivino direttamente il fondo; Cass., Sez. Sez. 5, 3 maggio 2023, n. 11583, secondo cui, in tema di imposta di registro, ai fini dell’agevolazione prevista per le RAGIONE_SOCIALE agricole dall’art. 2, commi 1 e 2, d.lgs. n. 99 del 2004, lo svolgimento in modo esclusivo RAGIONE_SOCIALE attività elencate nell’art. 2135 c.c. deve essere effettivo e non formale, considerata la “ratio” di tale norma di incentivare le RAGIONE_SOCIALE che realmente svolgono in tal modo tali attività e quelle ad esse connesse; pertanto, il
contribuente deve fornire la prova rigorosa della sussistenza RAGIONE_SOCIALE condizioni previste dall’indicata norma codicistica e, in particolare, di condurre i terreni stessi e che su questi persiste l’utilizzazione agro-silvo-pastorale, non essendo sufficiente la costituzione di una RAGIONE_SOCIALE semplice diretta alla coltivazione del fondo, in quanto è necessario provare l’effettivo esercizio dell’impresa; Cass., Sez. 5, 10 maggio 2023, n. 12500, secondo cui, n tema di imposte sulla registrazione dell’acquisto di terreni agricoli, i benefici di cui all’art. 1 della l. n. 604 del 1954, previsti per il coltivatore diretto persona fisica, si estendono, per effetto degli artt. 1, comma 4, e 2 della l. n. 99 del 2004, anche alle RAGIONE_SOCIALE aventi la qualifica di imprenditore agricolo professionale, a condizione che il fondo venga direttamente coltivato, poiché l’agevolazione mira a promuovere il riordino della piccola proprietà contadina per il più razionale esercizio dell’agricoltura; in senso contrario isolata Cass., Sez. 5, 12 giugno 2020, n. 11320, secondo cui le agevolazioni tributarie in materia di imposizione indiretta, riconosciute in favore dell’imprenditore agricolo professionale persona fisica, sono soggette alla specifica causa di decadenza di cui all’art. 1, comma 4, d.lgs. n. 99 del 2004, non potendosi alle stesse estendere la disciplina di cui agli artt. 2, n. 1, e 7, l. n. 604 del 1954, in tema di formazione o arrotondamento della piccola proprietà contadina, con riferimento ai requisiti soggettivi ed alle cause di decadenza previsti in relazione alla qualifica di coltivatore diretto).
Alla luce di tali premesse i giudici di merito hanno correttamente affermato la legittimità dell’atto impugnato, rigettando il ricorso della contribuente, visto che nel caso in esame è pacifico che «la coltivazione addirittura non è mai iniziata». Difatti, la lettera della legge include tra le cause di decadenza dall’agevolazione l’omessa coltivazione del fondo, implicitamente ricompresa nella cessazione della coltivazione, che inequivocabilmente presuppone l’inizio della stessa. Né può pervenirsi alla disapplicazione RAGIONE_SOCIALE disposizioni
legislative, che letteralmente menzionano tra le cause di decadenza la cessazione dalla coltivazione, in base alla proposta ermeneutica della ricorrente, secondo cui la decadenza presuppone la necessaria presenza di un intento speculativo, di cui, invece, non si trova alcuna traccia nel testo della legge.
4.In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito; ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 25/10/2024.