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Agevolazioni IRES enti ecclesiastici: sanzioni nulle

Un ente ecclesiastico si vede negare le agevolazioni IRES per attività commerciali. La Cassazione conferma l’imposta ma annulla le sanzioni, riconoscendo l’oggettiva incertezza della legge all’epoca dei fatti. La Corte chiarisce i limiti procedurali dell’appello e i presupposti per la disapplicazione delle sanzioni.

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Pubblicato il 12 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Agevolazioni IRES Enti Ecclesiastici: La Cassazione Annulla le Sanzioni per Incertezza Normativa

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è intervenuta su un tema di grande interesse per il terzo settore: le agevolazioni IRES per enti ecclesiastici. La pronuncia chiarisce non solo i requisiti per beneficiare dell’aliquota ridotta, ma stabilisce anche un importante principio sulla non applicabilità delle sanzioni in presenza di una oggettiva incertezza normativa, offrendo spunti fondamentali per la difesa del contribuente.

I Fatti di Causa

Un noto istituto religioso, operante anche nel settore alberghiero, si è visto notificare un avviso di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate. L’amministrazione finanziaria contestava l’applicazione dell’aliquota IRES ridotta al 50%, beneficio previsto dall’art. 6 del d.p.r. n. 601/1973 per gli enti con fini di beneficenza o istruzione, categoria a cui sono equiparati gli enti ecclesiastici.

Il contribuente ha impugnato l’atto, ma sia la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) che la Commissione Tributaria Regionale (CTR) hanno respinto le sue ragioni, confermando la legittimità della pretesa fiscale. Di qui il ricorso per cassazione, basato su tre motivi principali: l’erronea applicazione dell’aliquota ordinaria all’attività di vendita di oggetti religiosi, la violazione delle norme che regolano il collegamento tra attività commerciale e fine istituzionale, e infine la richiesta di disapplicazione delle sanzioni per l’esistenza di un serio contrasto giurisprudenziale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha adottato una decisione articolata, accogliendo parzialmente il ricorso dell’ente.

In primo luogo, ha dichiarato inammissibili i motivi relativi all’applicazione dell’aliquota agevolata alla vendita di oggetti religiosi. La Corte ha rilevato che tale questione non era stata sollevata nel giudizio di primo grado, il cui oggetto (thema decidendum) era limitato alla gestione immobiliare. Introdurre nuove domande in appello è vietato nel processo tributario (art. 57 del D.Lgs. 546/1992), e tale vizio procedurale ha reso impossibile per i giudici di legittimità esaminare il merito della questione.

L’accoglimento del motivo sulle agevolazioni IRES enti ecclesiastici e le sanzioni

Il punto cruciale della sentenza risiede nell’accoglimento del terzo motivo, relativo alla disapplicazione delle sanzioni. La Corte ha riconosciuto che all’epoca dei fatti (anno d’imposta 2008), la giurisprudenza in materia non era univoca. Esistevano, infatti, orientamenti contrastanti: alcuni ritenevano sufficiente il solo requisito soggettivo (essere un ente ecclesiastico) per godere del beneficio, mentre altri, secondo l’orientamento oggi prevalente, richiedevano anche un collegamento diretto e immediato tra l’attività commerciale (seppur non prevalente) e il fine istituzionale di religione o culto.

Questa situazione di oggettiva incertezza normativa, secondo la Corte, giustifica la non applicabilità delle sanzioni, ai sensi dell’art. 6, comma 2, del D.Lgs. 472/1997.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su una netta distinzione tra l’aspetto sostanziale della pretesa fiscale e quello sanzionatorio. Sul piano sostanziale, viene ribadito il principio consolidato per cui le agevolazioni IRES per enti ecclesiastici non sono automatiche. Per beneficiare dell’aliquota dimezzata, non basta la natura di ente ecclesiastico; è necessario che l’attività commerciale svolta sia non prevalente e strettamente funzionale al perseguimento delle finalità di religione e di culto.

Sul piano procedurale, la Corte ha sottolineato il rigore del processo tributario, che, essendo di natura impugnatoria, vincola il giudice a decidere solo sulle questioni sollevate nell’atto introduttivo del giudizio. Qualsiasi domanda nuova introdotta in appello è inammissibile.

La vera innovazione della pronuncia risiede però nell’analisi dell’aspetto sanzionatorio. I giudici hanno valorizzato il concetto di “oggettiva incertezza normativa”. Hanno constatato che, al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi, il contribuente si trovava di fronte a un panorama giurisprudenziale frammentato, che poteva ragionevolmente indurlo in errore sull’interpretazione della norma. In tali circostanze, punire il contribuente con una sanzione sarebbe contrario ai principi di buona fede e collaborazione sanciti dallo Statuto del Contribuente (Legge n. 212/2000).

Conclusioni

Questa ordinanza offre due importanti lezioni pratiche. La prima è di carattere processuale: è fondamentale definire con precisione l’oggetto della controversia sin dal primo grado di giudizio, poiché non sarà possibile ampliarlo nelle fasi successive. La seconda, e più rilevante, è che la presenza di un contrasto giurisprudenziale serio e documentabile può costituire una valida difesa per ottenere l’annullamento delle sanzioni fiscali. Anche quando la pretesa tributaria si rivela fondata, il contribuente che ha agito in un contesto di incertezza interpretativa merita tutela e non può essere considerato responsabile di una violazione commessa in buona fede.

Un ente ecclesiastico ha sempre diritto all’IRES ridotta per le sue attività commerciali?
No. Secondo la Corte, il beneficio dell’aliquota IRES ridotta alla metà si applica all’attività commerciale svolta dall’ente solo a condizione che essa non sia prevalente e sia in un rapporto di collegamento immediato e diretto con l’attività istituzionale di religione.

È possibile introdurre una nuova questione in appello in un processo tributario?
No. L’ordinanza ribadisce che il processo tributario ha natura impugnatoria. Ciò significa che le questioni non dedotte nel ricorso di primo grado non possono essere introdotte per la prima volta in appello, in quanto ciò violerebbe il divieto di domande nuove stabilito dall’art. 57 del D.Lgs. n. 546/1992.

Le sanzioni fiscali possono essere annullate in caso di incertezza sulla legge?
Sì. La Corte ha stabilito che le sanzioni devono essere disapplicate se, al momento della commissione della violazione (in questo caso, la presentazione della dichiarazione), esisteva una condizione di oggettiva incertezza normativa, testimoniata dalla presenza di decisioni giurisprudenziali contrastanti sulla stessa materia. Questo tutela il contribuente che ha agito in buona fede.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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