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Agevolazioni investimenti ambientali: la Cassazione

Un’impresa del settore energetico richiedeva un cospicuo rimborso fiscale per aver effettuato investimenti ambientali ai sensi della L. 388/2000 (c.d. Tremonti Ambiente). L’investimento consisteva in un impianto per la produzione di energia, la quale veniva però venduta sul mercato e non utilizzata nel ciclo produttivo dell’azienda. La Corte di Cassazione ha negato il diritto al beneficio, stabilendo un principio fondamentale: le agevolazioni per investimenti ambientali sono destinate esclusivamente a ridurre l’impatto ambientale dell’attività propria dell’impresa, non a finanziare nuove attività commerciali, anche se ecologiche. Concedere il beneficio in questo caso costituirebbe un aiuto di Stato illegittimo.

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Pubblicato il 5 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Agevolazioni Investimenti Ambientali: Quando l’impresa non ha diritto al beneficio

La recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto cruciale delle agevolazioni per investimenti ambientali, note come “Tremonti Ambiente”. Il caso analizzato chiarisce i limiti di applicabilità di questo importante incentivo fiscale, stabilendo che non spetta alle imprese che realizzano impianti per vendere energia a terzi, ma solo a quelle che investono per ridurre l’impatto della propria attività produttiva. Approfondiamo la vicenda e le motivazioni della Corte.

I Fatti di Causa: Dalla Richiesta di Rimborso al Ricorso in Cassazione

Una società operante nel settore elettrico aveva richiesto all’Agenzia delle Entrate un rimborso IRES di quasi un milione di euro per gli anni 2011, 2012 e 2013. La richiesta si basava su un investimento ambientale effettuato nel 2010, per il quale la società riteneva di avere diritto alla detassazione prevista dalla Legge 388/2000 (Tremonti Ambiente).

Inizialmente, l’azienda non aveva inserito il beneficio in dichiarazione, a causa dell’incertezza normativa sulla sua cumulabilità con un altro incentivo, il “Conto Energia”. Successivamente, ha rettificato le dichiarazioni e presentato istanza di rimborso. Di fronte al silenzio dell’Amministrazione finanziaria, interpretato come un rifiuto, la società ha adito la giustizia tributaria, ottenendo ragione in primo e, parzialmente, in secondo grado.

L’Agenzia delle Entrate ha però impugnato la decisione, portando la questione dinanzi alla Corte di Cassazione.

Le Agevolazioni per Investimenti Ambientali e la Vendita a Terzi

Il nodo centrale del contendere, sul quale la Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi, riguarda la natura dell’investimento. L’Agenzia delle Entrate sosteneva che la società non avesse diritto all’agevolazione perché l’energia prodotta dall’impianto non era impiegata nel proprio ciclo produttivo, ma veniva interamente venduta sul mercato.

Secondo la tesi dell’erario, le agevolazioni per investimenti ambientali sono state concepite per incentivare le imprese a ridurre, prevenire o riparare i danni ambientali causati dalla propria specifica attività. Non sarebbero, quindi, applicabili a investimenti che creano una nuova linea di business, per quanto “verde”, destinata al mercato.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ribaltando l’esito dei precedenti gradi di giudizio. I giudici hanno affermato un principio di diritto molto chiaro: il beneficio fiscale in questione è fondato sul presupposto implicito della “dannosità” ambientale dell’attività dell’impresa che investe. L’investimento agevolabile, quindi, deve essere direttamente collegato alla necessità di mitigare tale impatto negativo.

Quando, invece, un’impresa realizza un impianto (come uno fotovoltaico) la cui produzione è destinata alla vendita, l’investimento non serve a riparare un danno pregresso, ma a creare un nuovo flusso di ricavi. L’attività stessa diventa quella di produzione e vendita di energia.

Le Motivazioni: Il Principio di Inerenza e il Rischio di Aiuti di Stato

La Corte ha basato la sua decisione su due pilastri fondamentali. Il primo è il principio di inerenza: l’investimento deve essere inerente all’attività produttiva esistente e finalizzato a renderla meno inquinante. L’agevolazione si applica a chi acquista un bene per prevenire, ridurre e riparare i danni causati all’ambiente dalla propria attività, non dai terzi.

Il secondo pilastro è il diritto europeo sulla concorrenza. Se si concedesse l’agevolazione anche a chi produce e vende energia, si creerebbe un aiuto di Stato illegittimo. Un’impresa che beneficia della detassazione per un impianto energetico da cui trae profitto godrebbe di un vantaggio indebito rispetto ai suoi concorrenti nello stesso settore, i quali non possono accedere al medesimo beneficio. Ciò altererebbe la concorrenza, in violazione degli articoli 107 e 109 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE).

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per le Imprese

La sentenza traccia una linea netta e invalicabile. Le imprese che intendono accedere alle agevolazioni per investimenti ambientali devono dimostrare che l’investimento è strettamente funzionale a migliorare la sostenibilità del proprio ciclo produttivo. L’obiettivo deve essere quello di ridurre l’impronta ecologica dell’attività caratteristica, non di avviare un nuovo business di produzione di beni o servizi “verdi” da vendere sul mercato. Questa distinzione è essenziale per evitare contestazioni da parte del Fisco e per garantire la conformità con la normativa europea sugli aiuti di Stato.

L’agevolazione per investimenti ambientali “Tremonti Ambiente” spetta a un’impresa che produce energia e la vende sul mercato?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che il beneficio spetta solo per investimenti volti a prevenire, ridurre o riparare i danni ambientali causati dall’attività produttiva propria dell’impresa, non per avviare una nuova attività commerciale di vendita di energia, anche se “verde”.

Perché la vendita di energia prodotta da un investimento ambientale esclude dal beneficio fiscale?
Perché l’agevolazione si trasformerebbe in un “aiuto di Stato” illegittimo. Concedere il beneficio a un’impresa che vende energia le darebbe un vantaggio competitivo sleale rispetto ad altre imprese dello stesso settore, in contrasto con le norme europee sulla concorrenza (artt. 107-109 TFUE).

Qual è il presupposto fondamentale per ottenere la detassazione per investimenti ambientali secondo la Cassazione?
Il presupposto è l’inerenza del danno all’attività dell’impresa investitrice. L’investimento deve essere finalizzato a mitigare l’impatto ambientale negativo della specifica attività già svolta dall’azienda, e non a creare un profitto da un’attività ecologica distinta e destinata al mercato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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