Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17807 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 17807 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/07/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 13480/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore, ex lege domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
avverso la SENTENZA di COMM. TRIBUTARIA II GRADO BOLZANO n. 35/2020 depositata il 18/11/2020.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 5 giugno 20125 dal co: NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del sost. Procuratore Generale dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso; uditi per le parti l’Avvocato dello Stato NOME COGNOME e l’Avv. NOME COGNOME per la parte privata.
FATTI DI CAUSA
La società contribuente presentava all’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale Bolzano -istanza di rimborso, ai sensi dell’articolo 38, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, dell’IRES, per complessivi €977.719,00 per gli a.i. 2011, 2012, 2013. La contri buente, a sostegno dell’istanza di rimborso, asseriva di aver effettuato nel 2010 investimenti ambientali rientranti nell’alveo delle agevolazioni fiscali di cui all’art. 6, comma 13 -19, della l. c.d. Tremonti Ambiente (l. 23 dicembre 2000, n. 388), non inseriti al tempo in dichiarazione in ragione della ritenuta impossibilità, da parte della contribuente, di fruire dell’agevolazione in questione, cumulandola con il Conto energia. La società, oltre a corredare l’istanza di fitta documentazione probatoria, i n data 19.12.16 provvedeva a rettificare le dichiarazioni presentate nell’anno 2011, 2012, 2013 inserendo nella dichiarazione relativa all’anno 2011 la variazione in diminuzione relativa all’agevolazione.
L’amministrazione non forniva risposta, cosicché si formava il silenzio-rifiuto, avversato avanti la CTP di Bolzano, che accoglieva le ragioni del contribuente dichiarando spettante il rimborso degli importi versati in eccesso, poiché la società contribuente non era incorsa nella decadenza di cui al d.l. 83/2012, dimostrando altresì la spettanza dell’agevolazione.
Il collegio d’appello, a fronte del gravame promosso dall’Ufficio finanziario, riformava in parte la sentenza, accogliendo alcune delle ragioni dell’amministrazione e concludendo per la spettanza del diritto al rimborso, pur tuttavia con una riduzione del 10% rispetto al richiesto.
Insorge il patrono erariale affidandosi a tre motivi di ricorso, cui replica la parte contribuente con tempestivo controricorso.
L’affare, chiamato all’adunanza del 25 maggio 2023, era rinviato alla trattazione in pubblica udienza.
In prossimità dell’udienza, il Pubblico Ministero, in persona del sost. Procuratore generale dott. NOME COGNOME ha depositato requisitoria in forma di memoria, concludendo per l’accoglimento del secondo motivo di ricorso.
Altresì la parte privata ha depositato memoria ad illustrazione delle proprie posizioni.
CONSIDERATO
1.Con il primo motivo di ricorso, sollevando censura ex art. 360 n. 3 c.p.c. per violazione o falsa applicazione dell’art. 6, comma 1319, l. 388 del 2000, e del comma 11 dell’art. 23 d.l. n. 83 del 2012 convertito, con modificazioni, dalla l. 7 agosto 2012, n. 134, anche in combinato disposto, parte ricorrente lamenta la intervenuta decadenza della società contribuente dall’agevolazione di cui è causa, stante l’abrogazione del regime agevolativo a far data dal 26.06.2012, data in cui il procedimento amministrativo non era ancora stato avviato dalla società contribuente.
Il motivo non può essere accolto.
La stessa Agenzia delle Entrate, nella Risoluzione n.58/E del 20 luglio 2016, aveva chiarito che ‘ L’articolo 6 della legge n. 388 del 2000 prevede che, a decorrere dall’esercizio in corso al 1° gennaio 2001, la quota di reddito delle piccole e medie imprese destinata ad investimenti ambientali non concorre a formare il reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi. La disposizione agevolativa è stata
abrogata a decorrere dal 26 giugno 2012, con decreto-legge del 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134. Conseguentemente, possono beneficiare dell’agevolazione in esame gli investimenti ambientali realizzati entro la data del 25 giugno 2012 ‘.
Ne consegue che il momento dirimente è la data di realizzazione dell’impianto, non la richiesta del rimborso. Non è controverso che l’impianto sia stato realizzato prima di tale data, mentre è irrilevante che il rimborso sia stato richiesto dopo, pur nei termini di legge, quando -come sopra ricordato- è stata resa pacifica la cumulabilità del conto energia con i benefici della speciale disposizione normativa ex art. 6, commi 13-19 della ricordata l. n. 388/2000 (Tremonti ambiente) di cui qui si controverte.
Peraltro, la stessa incertezza normativa ingenerata nel contribuente è rilevante ai fini dell’emendazione della dichiarazione dei redditi, quando si è resa necessaria una norma di interpretazione per scioglierne i dubbi, come è stato ritenuto da questa Corte anche di recente. Ed infatti, In tema di dichiarazione dei redditi, in caso di mancata fruizione di beneficio fiscale da parte del contribuente, l’errore di fatto o di diritto è emendabile, mediante dichiarazione integrativa, qualora sia imputabile all’obiettiva incertezza interpretativa sulla norma agevolativa (nella specie, relativa alla cumulabilità delle agevolazioni consistenti nella tariffa incentivante prevista dal “conto energia” e nella detassazione, “ora per allora”, degli investimenti ambientali ai sensi della cd. “Tremonti ambientale”). (Cfr. Cass. VI-5 n. 40862/2021). E la statuizione si colloca nella scia di quanto affermato dalla Sezioni unite di questa Corte, ove hanno statuito che rientra nella giurisdizione esclusiva del g.a., ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. o), d.lgs. n. 104 del 2010, l’impugnazione proposta dal responsabile di un impianto fotovoltaico contro il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 6 marzo 2020 con cui, in attuazione dell’art. 36, comma 3, d.l. n. 124 del 2019,
conv., con modif., dalla l. n. 157 del 2019, sono stati indicati le modalità di presentazione e il contenuto essenziale della comunicazione mediante la quale gli operatori economici che abbiano cumulato la deduzione fiscale ex art. 6, commi 13 ss., l. n. 388 del 2000, e gli incentivi previsti dai decreti ministeriali del 2011 possono, avvalendosi della speciale facoltà introdotta proprio dal citato art. 36, assoggettare alle imposte dirette l’importo dedotto dalle rispettive basi imponibili. Infatti, tale provvedimento si configura come atto tipicamente amministrativo, generale, meramente ricognitivo e attuativo del disposto di legge, non contenente una pretesa tributaria sostanziale e non rientrante nell’elenco riportato nell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992. (Nella specie, parte ricorrente aveva agito chiedendo l’annullamento del provvedimento in esame nonché l’accertamento del proprio diritto a cumulare le tariffe e la menzionata deduzione fiscale). (cfr. Cass. S.U. n. 25479/2021).
Con il secondo motivo di ricorso, sollevando censura ex art. 360, n. 3, c.p.c., per violazione e falsa applicazione dell’art. 6, comma 13-19, l. n. 388 del 2000, parte ricorrente sottolinea l’assenza dei presupposti richiesti, nel caso di specie, perch é si potesse fruire dell’agevolazione fiscale: in particolare, contesta la produzione di energia non impiegata nel ciclo produttivo dell’impresa, bensì venduta sul mercato.
Il motivo è fondato e merita accoglimento. Occorre dare continuità a quanto fissato di Cass. 22 dicembre 2023, n. 35919, che ha ricomposto ad unità l’orientamento sezionale in materia e ove si legge: «Il collegio condivide e intende dare continuità al principio espresso dalla menzionata ordinanza n. 29365 del 2020, ribadito da Cass. n. 25157 del 2023, resa all’esito di pubblica udienza, precedenti che hanno chiarito l’effettiva portata precettiva della norma in conformità con il diritto Eurounitario. Si è infatti osservato che la L. n. 388 del 2000, art. 6, comma 13 e il comma 15 stabiliscono, rispettivamente: “(l)a quota di reddito delle piccole e
medie imprese destinata a investimenti ambientali, come definiti al comma 15, non concorre a formare il reddito imponibile ai fini delle imposte sul reddito” (comma 13); “(p)er investimento ambientale si intende il costo di acquisto delle immobilizzazioni materiali di cui all’art. 2424 c.c., comma 1, lett. 8), n. H, necessarie per prevenire, ridurre e riparare danni causati all’ambiente. Sono in ogni caso esclusi gli investimenti realizzati in attuazione di obblighi di legge. Gli investimenti ambientali vanno calcolati con l’approccio incrementale” (comma 15). Dalle suddette disposizioni si evince che la concessione dell’agevolazione a favore della generalità delle imprese (piccole e medie) – e non, quindi, di altri soggetti che non esercitano attività di impresa – si fonda sull’implicito presupposto della dannosità per l’ambiente di tale attività, alla quale la stessa dannosità è inerente; pertanto, nel definire gli investimenti cui si applica l’agevolazione come quelli necessari per prevenire, ridurre e ripianare “danni causati all’ambiente”, il legislatore ha inteso fare riferimento ai danni all’ambiente inerenti all’attività dell’impresa investitrice, cioè ai danni causati da tale sua attività. E’ stato quindi rilevato che l’accoglimento della tesi opposta comporterebbe che il beneficio in questione si tradurrebbe in un’agevolazione all’attività stessa delle imprese il cui oggetto è costituito da un’attività di prevenzione, riduzione e riparazione di danni causati all’ambiente da terzi -e i cui investimenti sono, perciò, strutturalmente generalmente diretti a prevenire, ridurre e riparare danni all’ambiente -esito che, oltre che contrastare con l’indicata intenzione del legislatore, sarebbe suscettibile di trasformare l’agevolazione in parola in un aiuto di Stato, in contrasto con gli artt. da 87 a 89 del Trattato CEE (e, successivamente, con gli artt. da 107 a 109 TFUE), stante il vantaggio che essa potrebbe comportare a favore del detto settore di imprese rispetto ai concorrenti di altri Paesi dell’Unione Europea, con la conseguente alterazione (o minaccia di alterazione) della concorrenza. Invero, la diversità tra la
situazione dell’impresa che realizzi un investimento diretto a prevenire, ridurre e riparare danni causati all’ambiente da terzi e la situazione dell’impresa che realizzi un investimento diretto a prevenire, ridurre e riparare danni causati all’ambiente dalla propria attività giustifica il fatto che, a fronte dell’acquisto di un’identica immobilizzazione materiale, il relativo costo non sia detassato nel primo caso e lo sia, invece, nel secondo. Posto che le norme di agevolazione fiscale hanno carattere eccezionale e derogatorio e, come tali, sono di stretta interpretazione (ex plurimis, Cass. 12/06/2020, n. 11337, Cass. 12/12/2019, n. 32635 e 10/05/2019, n. 12500, Cass. 21/06/2017, n. 15407), va poi ulteriormente osservato che la materia dell’imposizione tributaria fa parte del c.d. “nucleo duro” delle prerogative della potestà pubblica, poiché la natura autoritativa del rapporto tra il contribuente e la collettività è predominante (Corte EDU, COGNOME c. Italia), laddove “le scelte in questa materia implicano normalmente una ponderazione di problemi politici, economici e sociali che la Convenzione lascia alla competenza degli stati firmatari, poiché le autorità interne sono evidentemente nella posizione di valutare meglio tali aspetti che non la Corte” (Corte EDU, COGNOME c. Italia)».
Donde il motivo è fondato.
3. Con il terzo motivo di ricorso, sollevando censura ex art. 360, n. 3 c.p.c., per violazione e falsa applicazione dell’art. 6 l. n. 388 del 2000, della Comunicazione della Commissione Europea Com 2001/C37 del 03.02.2001, della Comunicazione 2008/C82/01, del Regolamento CE n. 800 del 2008, degli art. 2697, 2702, 2729 c.c., dell’art. 115, primo comma, c.p.c., dell’art. 14 prel., anche in combinato disposto, il ricorrente censura la mancata valutazione da parte della CTP II circa l’esistenza dei requisiti ri chiesti dalla normativa per la fruizione dell’agevolazione fiscale, come meglio esplicitati dalla normativa europea.
Il motivo non può trovare accoglimento.
Ed infatti, in tema di agevolazioni tributarie, il beneficio di cui all’art. 6, commi da 13 a 19, l. n. 388 del 2000, spetta alle imprese per l’acquisto delle immobilizzazioni materiali necessarie per prevenire, ridurre e riparare i danni causati all’ambiente dall’esercizio dell’attività da esse svolta, essendo fondato sull’implicito presupposto dell’inerenza del danno all’attività dell’impresa investitrice, e non anche per quelli causati da soggetti terzi, ponendosi una diversa interpretazione in contrasto con l’intenzione legislativa, oltre a trasformare l’agevolazione stessa in aiuto di Stato, in contrasto con gli artt. 87 e 89 del Trattato CEE (e successivamente con gli artt. da 107 a 109 TFUE), in favore di quelle imprese il cui oggetto sociale sia quello di prevenire, ridurre e riparare i danni causati all’ambiente e i relativi investimenti siano strutturalmente diretti a tali fini (cfr. Cass. V, n. 29365/2020).
Pertanto, il ricorso è fondato per le ragioni attinte dal secondo motivo di ricorso.
PQM
La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado di Bolzano, cui demanda altresì la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 5 giugno 2025