Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25401 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25401 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/09/2024
NOME COGNOME NOME COGNOME ROCCA COGNOME COGNOME NOME COGNOME
legge n. 600 del 1973.
Consigliere – COGNOME.
Consigliere
Ud. 1/12/09/2024 C.C. PU R.G. 7772/2018 –
Consigliere ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso n. 7772/2018 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, Sede Nazionale, nella persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO e presso il suo studio elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO, giusta procura speciale in calce al ricorso per cassazione.
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO .
– resistente –
Presidente
Consigliere
Cron. 17987/2019
R.G.N. 17987/2019
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del LAZIO, n. 4786/17, depositata in data 27 luglio 2017, non notificata; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12 settembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria regionale ha rigettato l’appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE, avverso la sentenza di primo grado che aveva respinto il ricorso avente ad oggetto l’avviso di accertamento, relativo agli anni d’impo sta dal 1999 al 2004, per Irpeg, Irap e Iva, in assenza dei requisiti di RAGIONE_SOCIALE e del relativo regime di agevolazione.
La Commissione tributaria regionale, per quel che rileva in questa sede, ha affermato che:
-) la RAGIONE_SOCIALE non rivestiva la natura di RAGIONE_SOCIALE per i motivi illustrati dalla Commissione RAGIONE_SOCIALE;
-) essa non integrava neppure la qualifica di ente di tipo associativo non commerciale per le ragioni enunciate nella medesima sentenza di primo grado ed ampiamente confermate dall’esame del processo verbale di constatazione (pagine 37-38), in cui si illustravano gli elementi fattuali che portavano ad escludere tale natura: la distribuzione indiretta di utili; la non effettività dei rapporti associativi e la mancanza del rendiconto;
-) come già osservato in altro giudizio relativo a una sede RAGIONE_SOCIALE locale (sentenza n. 16727/2015 su ricorso RAGIONE_SOCIALE di Pistoia), incombeva all’ente associativo l’onere della prova della esistenza RAGIONE_SOCIALE condizioni per il mantenimento RAGIONE_SOCIALE agevolazioni fiscali, posto che erano state riscontrate irregolarità della tenuta della contabilità e tale onere, difettando la contabilità, non era stato adempiuto;
-) la qualifica di RAGIONE_SOCIALE era stata esclusa proprio sulla base del fatto che l’attività commerciale era stata ritenuta prevalente, poiché era stato disatteso in proposito quanto sancito dallo Statuto in relazione alla natura
sociale; dunque, l’Ufficio prima ed i Giudici della Commissione tributaria provinciale poi avevano preso in considerazione il profilo oggettivo dell’attività, che nel caso specifico era di natura commerciale;
-) dalla documentazione contabile inerente ai servizi prestati ed ai corrispettivi per essi ricevuti emergeva, come evidenziato nella sentenza impugnata, che l’attività esercitata consisteva essenzialmente nella progettazione e ricerca dei finanziamenti presso enti ed istituzioni pubbliche e nella consulenza ed assistenza amministrativa e fiscale RAGIONE_SOCIALE sedi provinciali;
-) l’aspetto rilevante era solo quello economico, come affermato dagli accertatori, e l’aspetto associativo era completamente assente, tanto da portare il Nazionale a non conoscere nemmeno il numero dei soci, oltre ai nominativi;
-) non trovava applicazione l’art. 20 del d.P.R. n. 600 del 1973, norma relativa agli enti non commerciali per le attività commerciali eventualmente esercitate, perchè la RAGIONE_SOCIALE aveva posto in essere una vera e propria attività commerciale ponendosi dietro lo schermo -meramente apparente e non corrispondente alla realtà di RAGIONE_SOCIALE o comunque di ente non commerciale e, nello specifico, non erano ravvisabili attività non commerciali; anche l’attività istituzionale posta in essere sul territorio si sostanziava in un servizio di trasporto disabili e anziani, previa contribuzione alle spese (dunque, di natura contrattuale) con regole e modalità prettamente commerciali (tariffario; sollecito di pagamento arretrati non corrisposti, ecc.);
-) doveva essere escluso l’aspetto associativo, ove si considerava non solo quanto già sopra illustrato, ma anche il fatto che, da quanto emerso in sede di accertamento, l’RAGIONE_SOCIALE vendeva alle sedi locali pacchetti di tessere, iscrivendo nella sezione crediti il loro valore complessivo, indipendentemente dall’effettivo tesseramento;
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a due motivi.
LRAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE si è costituita al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370, primo comma, cod. proc. civ..
CONSIDERATO CHE
1. Il primo mezzo deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 73, 143, 148 e 149 del d.P.R. n. 917 del 1986, degli artt. 20 e 20 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 2195 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. La sentenza impugnata aveva ritenuto sufficienti per escludere nella ricorrente la caratteristica della associazione non commerciale, «gli elementi fattuali» addotti nel verbale di contestazione, senza alcuna forma di indicazione concreta; la «distribuzione indiretta» di utili non avrebbe avuto alcuna forma individuata, né constava dalla sentenza di primo grado o dal PVC in sede di accertamento; nell’atto di appello, la difesa dell’associazione aveva riportato testualmente il PVC proprio nel punto che, paradossalmente, era stato formalmente richiamato dalla decisione di secondo grado, che in questa guisa intendeva integrare la decisione assolutamente generica e meramente apparente assunta dalla Commissione tributaria provinciale. La Commissione tributaria regionale aveva inteso assimilare, anche in via astratta, il concetto di remunerazione e lucro con quello di attività volta a sostenere le operazioni di assistenza e di carattere solidaristico, sia verso gli associati che, in genere, nei confronti dei cittadini bisognosi. Affermare che la direzione organizzativa, l’imprinting fiscale e l’attività di collegamento finanziario, uniformi sul territorio RAGIONE_SOCIALE anche mediante fondi reperiti e distribuiti alle sedi, fosse in quanto tale estranea alla attività statutaria veniva a significare che le RAGIONE_SOCIALE,
per essere non commerciali, dovevano essere prive di struttura organizzativa e meglio se operanti in modo scoordinato ed inconsulto. La norma disegnata dalla decisione veniva a significare che laddove una associazione coordinava l’attività di sedi territoriali meno ampie che svolgevano attività solidaristica e non commerciale, per ciò stesso svolgeva una attività commerciale e d’impresa senza che fosse possibile disconoscerne la caratteristica lucrativa e ciò in quanto l’attività «RAGIONE_SOCIALE» non appariva rivolta al sostegno diretto del disabile o dell’emarginato, ma era operata affinché le emanazioni locali potessero svolgere, secondo le necessità del territorio, tale attività. Ed invero, carattere centrale doveva avere la verifica RAGIONE_SOCIALE finalità statutarie, non nel senso meccanico e formalistico postulato dalla decisione impugnata (attraverso il riferimento al PVC), ma per il tramite d’una valutazione di idoneità funzionale e teleologica della attività, che appariva certamente favorevole alla ricorrente. La Commissione tributaria regionale, ritenendo in via esclusiva rilevante la sussistenza di un «tariffario» ovvero di un esborso a carico del beneficiario previsto in antecedenza e reso noto allo stesso, aveva inteso, anche in via astratta, il concetto di remunerazione con quello di contributo per il sostenimento RAGIONE_SOCIALE spese tanto da affermare espressamente che la semplice sussistenza di un esborso economico a carico del beneficiario poneva l’attività associativa direttamente nell’alveo dell’esercizio economico. Era incongrua sotto un profilo logico l’affermazione che l’RAGIONE_SOCIALE svolgeva attività commerciale solo perché la prestazione del servizio istituzionale era subordinata al versamento di un importo. L’affermazione della sentenza impugnata che censurava la mancata indicazione di operazioni connesse, da tenersi distinte da quelle istituzionali rappresentate nella contabilità della RAGIONE_SOCIALE, oltre che erronea sotto il profilo logico, presupponeva una lettura della norma del tutto distante da quella correttamente attingibile ed era evidente che l’errore interpretativo
inerente l’art. 143 T.U.I.R. aveva avuto diretta ricaduta nella ricostruzione RAGIONE_SOCIALE norme inerenti la tenuta della contabilità da parte RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non commerciali comportando anche per tale verso la necessità di disporre la cassazione della sentenza.
1.1 Il motivo è inammissibile perché si tratta di una doglianza diretta, con evidenza, a censurare una erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze probatorie di causa, che non costituiscono vizio di violazione di legge (Cass., 19 agosto 2020, n. 17313).
1.2 In proposito, questa Corte ha affermato il principio secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass., 7 dicembre 2017, n. 29404; Cass., 4 agosto 2017, n. 19547; Cass., 4 aprile2017, n. 8758; Cass., 2 agosto 2016, n. 16056; Cass., Sez. U., 27 dicembre 2019, n. 34476; Cass., 4 marzo 2021, n. 5987) e che, con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e RAGIONE_SOCIALE prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass., 26 ottobre 2021, n. 30042).
1.3 Ed invero, nel caso di specie, non viene in rilievo la violazione RAGIONE_SOCIALE numerose regole di diritto che l ‘RAGIONE_SOCIALE ricorrente assume essere state violate e le doglianze mirano a contestare l’accertamento in fatto operato dalla Commissione tributaria regionale, insindacabile in questa sede, stante che la valutazione RAGIONE_SOCIALE prove raccolte, anche se si tratta di presunzioni, costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito ( cfr. Cass., 19 luglio 2021, n. 20553).
1.4 Il motivo è pure infondato.
1.5 Questa Corte ha affermato che « In tema di IRES, ai fini della qualifica di ente non commerciale rileva l’esercizio, in via prevalente, di attività rese in conformità ai fini statutari non rientranti nelle fattispecie di cui all’art. 2195 cod. civ., svolte in mancanza di specifica organizzazione e verso il pagamento di corrispettivi non eccedenti i costi di diretta imputazione, con la conseguenza che va disconosciuto il regime di favore previsto dall’art. 143 (già 108) del d.P.R. n. 917 del 1986, per carenza di detti requisiti di “decommercializzazione”, in caso di distribuzione degli utili, omessa compilazione del libro dei soci e mancata partecipazione degli associati alla vita dell’ente » (Cass., 26 settembre 2018, n. 22939) e che « In tema di agevolazioni fiscali, l’art. 148 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, prevede una «decommercializzazione» specifica per alcune categorie di RAGIONE_SOCIALE, tra cui le RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, estendendo il regime agevolativo alle attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, qualora tali RAGIONE_SOCIALE si conformino ad una serie di clausole, da inserire nei relativi atti costitutivi o statuti, tra cui quelle aventi ad oggetto il divieto di distribuzione di utili durante la vita dell’associazione (salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge), la disciplina uniforme del rapporto associativo e RAGIONE_SOCIALE modalità
associative volte a garantire l’effettività del rapporto medesimo, l’obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario secondo le disposizioni statutarie e la partecipazione effettiva degli associati alla vita dell’ente » (Cass., 27 aprile 2020, n. 8182).
1.6 Inoltre, l’esenzione d’imposta, prevista dall’art. 148 del d.P.R. n. 917 del 1986 in favore RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non RAGIONE_SOCIALE, dipende non dalla veste giuridica assunta dall’associazione, che costituisce un elemento formale, ma dall’effettivo svolgimento di attività senza fine di lucro. Più nello specifico, le agevolazioni tributarie per gli enti associativi non commerciali si applicano solo a condizione che esse si conformino concretamente alle clausole riguardanti la vita associativa, che siano inserite nell’atto costitutivo o nello statuto, risultando non determinante il contenuto formale di tali atti, né la mera evidenza RAGIONE_SOCIALE prescrizioni e regole organizzative – quali la regolarità della tenuta dei libri contabili e RAGIONE_SOCIALE iscrizioni dei soci o l’osservanza del principio di democraticità dell’ente -, né la veste giuridica assunta (Cass., 12 ottobre 2022, n. 29800).
1.7 Dunque, « Ai fini del rispetto RAGIONE_SOCIALE condizioni soggettive per la fruizione RAGIONE_SOCIALE agevolazioni di cui all’art. 148, commi 3, 5, 6 e 7 TUIR occorre che le disposizioni contenute nell’atto costitutivo o nello statuto dell’associazione risultino conformi a quanto indicato nell’art. 148, comma 8, TUIR e che sia assicurato in concreto, durante lo svolgimento dell’attività associativa, il rispetto e l’attuazione dei principi di partecipazione e di democraticità a beneficio degli associati » (Cass., 11 gennaio 2023, n. 553; Cass., 12 ottobre 2022, n. 29800)
1.8 Ciò anche alla luce del tenore letterale dell’art. 148, terzo comma, del d.P.R. n. 917 del 1986, rubricato «Enti di tipo associativo», nel testo successivo alla riforma del 2004, che recita : « 3. Per le RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, nonché per le strutture periferiche di natura
privatistica necessarie agli enti pubblici non economici per attuare la funzione di preposto a servizi di pubblico interesse, non si considerano commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre RAGIONE_SOCIALE che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o RAGIONE_SOCIALE, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali, nonché le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati ».
1.9 E’ utile ricordare, peraltro, che, in tema di enti di tipo associativo, l’agevolazione prevista dell’art. 148 del TUIR, secondo cui non è considerata commerciale l’attività svolta nei confronti degli associati o partecipanti in conformità alle finalità istituzionali, spetta a condizione che l’associazione dimostri di aver svolto attività non commerciale, in diretta attuazione degli scopi istituzionali, nei confronti di iscritti ed associati (Cass., 25 giugno 2021, n. 18340; Cass., 18 febbraio 2021, n. 4331; Cass., 15 gennaio 2018, n. 796) e che, a tal fine, non è sufficiente allegare lo statuto dell’ente (Cass., 9 maggio 2018, n. 11048). Ed infatti « In tema di agevolazioni fiscali a favore degli enti associativi, spetta sempre a questi la dimostrazione dei requisiti necessari per il relativo godimento, ex art. 2697 c.c. Inoltre, per consolidata giurisprudenza di legittimità, nel caso RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, oltre al formale recepimento, negli atti costitutivi e statuti, RAGIONE_SOCIALE clausole necessarie alle agevolazioni previste ex art. 148, comma 8, T.U.I.R. e 90, Legge n. 289/2002, è fondamentale che tali clausole siano concretizzate attraverso la c.d. vita associativa, che realizza – nei fatti – il concetto di democraticità ed uniformità del rapporto associativo, espresso nelle predette clausole. L’assenza di qualsiasi tipo di documentazione che dimostri tutto ciò rende impossibile confermare
che si è in presenza di un ente associativo, con perdita della natura di ente non commerciale » (Cass., 30 aprile 2018, n. 10293).
1.10 Peraltro, già le Sezioni Unite di questa Corte avevano affermato, con specifico riferimento all’art. 10, comma 2, lett. a), del decreto legislativo n. 460 del 1997, il principio, applicabile anche alla presente fattispecie, che « L’art. 10, comma 2, lett. a), del D.Lgs. n. 460/1997 a norma del quale si intende che vengono perseguite finalità di solidarietà sociale quando le cessioni di beni e le prestazioni di servizi siano dirette ad arrecare benefici a “persone svantaggiate in ragione di condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari” – deve essere interpretato nel senso che è sufficiente che ricorra almeno una RAGIONE_SOCIALE predette condizioni di svantaggio, non rilevando ad escludere il fine solidaristico che le prestazioni siano fornite dietro pagamento di un corrispettivo, sempre che non vi sia prova del perseguimento anche di un fine di lucro attraverso la distribuzione degli utili ovvero il loro impiego per la realizzazione di attività diverse da quelle istituzionali o a queste connesse » (Cass., Sez. U., 23 aprile 2009, n. 9661) e che « Un’associazione senza scopo di lucro che, parallelamente alla propria attività istituzionale, conduce un’attività sostanzialmente di carattere commerciale rivolta a terzi ricavandone un reddito, è obbligata al pagamento RAGIONE_SOCIALE imposte dirette ed indirette sulle relative basi imponibili » (Cass., 13 dicembre 2017, n. 29886)
1.11 Ai fini, poi, di beneficiare del trattamento previsto per le RAGIONE_SOCIALE, limitatamente all’esercizio RAGIONE_SOCIALE attività di solidarietà elencate nella lettera a) del comma 1 dell’art. 10 del decreto legislativo n. 460/1997, questa Corte ha precisato che sussiste l’obbligo di tenere scritture contabili separate, di rispettare i requisiti statutari e i vincoli sostanziali imposti dall’art. 10 del decreto legislativo n. 460 del 1997, nonché l’onere della comunicazione imposto dall’art. 11 del decreto legislativo n. 460 del 1997, che costituisce un presupposto fondamentale per
ottenere il regime agevolativo dal medesimo previsto (Cass., 16 luglio 2020, n. 15248).
1.12 Dunque, l’esenzione d’imposta prevista dall’art. 148 del d.P.R. n. 917 del 1986, in favore RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dipende, non solo dall’elemento formale della veste giuridica assunta, ma anche dall’effettivo svolgimento di attività senza fine di lucro, il cui onere probatorio incombe sulla contribuente, e l’ac certamento sulla spettanza di tali agevolazioni deve essere compiuto, oltre che sul piano formale, anche in concreto, esaminando le attività effettivamente praticate, le modalità con cui le prestazioni dell’ente sono erogate e l’effettiva sussistenza RAGIONE_SOCIALE caratteristiche soggettive dell’associazione.
1.13 La sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione dei principi esposti, poiché, con un accertamento in fatto, non sindacabile in sede di legittimità, ha riconosciuto la natura commerciale dell’ente e, conseguentemente, ha escluso l’operatività del reg ime di agevolazione tributaria previsto per gli enti non aventi natura commerciale, ritenendo che: 1) la RAGIONE_SOCIALE non aveva natura di RAGIONE_SOCIALE perché l’attività commerciale era stata ritenuta prevalente ed era stato disatteso in proposito quanto sancito dallo Statuto in relazione alla natura sociale; 2) la RAGIONE_SOCIALE non rivestiva la qualifica di ente di tipo associativo in quanto dalla documentazione contabile inerente ai servizi prestati ed ai corrispettivi per essi ricevuti era emerso che l’attività esercitata consisteva essenzialmente nella progettazione e ricerca dei finanziamenti presso enti ed istituzioni pubbliche e nella consulenza ed assistenza amministrativa e fiscale RAGIONE_SOCIALE sedi provinciali; 3) l’aspetto associativo era del tutto assente, tanto che l’RAGIONE_SOCIALE non conosceva i nominativi e il numero dei soci e vendeva alle sedi locali pacchetti di tessere, iscrivendo nella sezione crediti il loro valore complessivo, indipendentemente dall’effettivo tesseramento; 4) non erano ravvisabili attività non commerciali e, dunque, non poteva
trovare applicazione l’art. 20 del d.P.R. n. 600 del 1973; 5) anche l’attività istituzionale posta in essere sul territorio si sostanziava in un servizio di trasporto disabili e anziani, previa contribuzione alle spese (dunque, di natura contrattuale) con regole e modalità prettamente commerciali (quali il tariffario e il sollecito di pagamento di arretrati non corrisposti).
2. Il secondo mezzo deduce l’omesso esame di fatto decisivo e controverso, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., consistente nella circostanza che lo stesso processo verbale su cui si fondava l’accertamento d’imposta era stato richiamato solo nelle conclusioni, trascurando la disamina RAGIONE_SOCIALE circostanze nello stesso rappresentate e specificamente: «l’esame della documentazione esibita ha evidenziato che le attività espletate consistono essenzialmente in: progettazione e ricerca finanziamenti; consulenza e assistenza, amministrativa e fiscale. ….. dalla documentazione esaminata si riscontra che la progettazione effettuata dalla Sede Nazionale riguarda problematiche varie, che attengono ai bisogni dei disabili e dei cittadini anziani che investono la formazione dei volontari, non ché tendono a creare svariate forme di integrazione sociale…. Ovviamente sono state rilevate anche attività ulteriori, quali approfondimenti relativi a problematiche diverse, come l’amministratore di sostegno o attività come il punto COGNOME, che anche non finanziato è stato esportato, poi, su base locale (Altopascio) anche se in misura modesta rispetto all’originario progetto, e con minima contribuzione dell’ente locale» (pag. 16 e 21 del PVC) e «L’analisi dell’operato della Sede Nazionale, oltre che da quanto esposto, è ritraibile anche da quanto emerso in sede di controllo dell’attività analizzata, in questo caso, quello di assistenza amministrativa e .fiscale, espletata nei confronti di Comitati provinciali … L’attività del RAGIONE_SOCIALE non si è limitata solo alla preparazione e realizzazione del software da inoltrare alle sedi provinciali. Essa si occupa anche degli aspetti fiscali a cui la normativa impone di adeguarsi, sia per l’accreditamento RAGIONE_SOCIALE, sia per la raccolta fondi, ma anche per la semplice redazione RAGIONE_SOCIALE scritture contabili e dei rendiconti» (pag. 16 e pag. 27 del PVC).
2.1 Il motivo è inammissibile in relazione all’omesso esame di fatto decisivo, in costanza del principio della cd. doppia conforme ex art. 348
ter cod. proc. civ. e non avendo la parte attuale ricorrente specificato in ricorso le ragioni di fatto poste rispettivamente a fondamento della decisione di primo grado e di secondo grado, così dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass., 20 settembre 2023, n. 26934; Cass., 28 febbraio 2023, n. 5947; Cass., 9 marzo 2022, n. 7724; Cass., 26 gennaio 2021, n. 1562; Cass., 11 maggio 2018, n. 11439); inoltre, la giurisprudenza di questa Corte è ormai consolidata nell’affermare che il novellato testo dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che, oltre ad avere carattere decisivo, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti; che l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie e che neppure il cattivo esercizio del potere di apprezzamento RAGIONE_SOCIALE prove non legali da parte del giudice di merito dà luogo ad un vizio rilevante ai sensi della predetta norma (Cass., 23 agosto 2023, n. 25124; Cass., Sez. U., 27 dicembre 2019, n. 34476; Cass., Sez., 7 aprile 2014, n. 8053).
Per le ragioni di cui sopra, il ricorso deve essere rigettato.
3.1 Nessuna statuizione va assunta sulle spese processuali, non avendo l’Amministrazione intimata svolto difese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis , RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, in data 12 settembre 2024.