LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Agevolazioni fiscali impatriati: sì al rimborso

La Corte di Cassazione ha confermato il diritto di un lavoratore ‘impatriato’ a ottenere il rimborso delle maggiori imposte versate, nonostante non avesse presentato una richiesta esplicita al datore di lavoro né optato per il regime speciale in dichiarazione dei redditi. La Suprema Corte ha stabilito che, per i periodi d’imposta antecedenti all’introduzione di un divieto specifico nel 2019, l’omessa richiesta formale non preclude la possibilità di recuperare le somme tramite istanza di rimborso, non costituendo una causa di decadenza dal beneficio delle agevolazioni fiscali impatriati.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Agevolazioni fiscali impatriati: il rimborso è un diritto anche senza richiesta formale

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito un punto fondamentale riguardo le agevolazioni fiscali impatriati, affermando che il diritto al beneficio non viene meno se il lavoratore non presenta una richiesta esplicita al proprio datore di lavoro. Questa decisione apre la strada al rimborso delle maggiori imposte versate, confermando un orientamento favorevole al contribuente per i periodi d’imposta antecedenti a specifiche modifiche normative.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Rimborso

Un lavoratore, rientrato in Italia e in possesso dei requisiti per accedere al regime degli ‘impatriati’ previsto dall’art. 16 del D. Lgs. n. 147 del 2015, aveva richiesto all’Agenzia delle Entrate il rimborso della maggiore IRPEF versata per l’anno 2018. L’Amministrazione finanziaria aveva opposto un diniego tacito (silenzio-rifiuto), sostenendo che il contribuente fosse decaduto dal beneficio per non aver né presentato una richiesta scritta al datore di lavoro per l’applicazione delle agevolazioni in busta paga, né esercitato l’opzione in sede di dichiarazione dei redditi.

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado avevano dato ragione al contribuente, annullando il diniego e ordinando il rimborso. L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso per cassazione.

La Decisione della Corte: Respinte le Tesi dell’Agenzia

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, confermando la sentenza di secondo grado. I giudici hanno stabilito che l’omessa richiesta al sostituto d’imposta non costituisce un ‘adempimento non altrimenti surrogabile’ che determina la perdita definitiva del diritto. La richiesta al datore di lavoro è solo una delle modalità per fruire del beneficio, finalizzata a ottenerlo direttamente in busta paga. In assenza di tale richiesta, il contribuente conserva la facoltà di recuperare il vantaggio fiscale attraverso un’istanza di rimborso.

Le motivazioni e le implicazioni delle agevolazioni fiscali impatriati

Il cuore della decisione risiede nell’analisi temporale della normativa. La Corte ha sottolineato come solo con il D.L. n. 34 del 2019 sia stato introdotto un esplicito divieto di rimborso per le somme versate in ‘adempimento spontaneo’ (comma 5-ter dell’art. 16). Tale norma, tuttavia, non ha efficacia retroattiva.

L’assenza di un divieto di rimborso precedente al 2019

Per i periodi d’imposta antecedenti, come il 2018 (oggetto del caso), non esisteva alcuna disposizione che sancisse la decadenza dal beneficio in caso di mancata opzione tramite datore di lavoro o dichiarazione. La scadenza dei termini per presentare la richiesta al datore di lavoro, secondo la Corte, non causa la perdita del diritto fiscale, ma semplicemente impedisce di utilizzare la procedura semplificata tramite il sostituto d’imposta. Di conseguenza, resta aperta al contribuente la via maestra del rimborso ai sensi dell’art. 38 del D.P.R. 602/1973.

L’irretroattività delle nuove norme

I giudici hanno evidenziato che la legge stessa (art. 5 del D.L. 34/2019) ha espressamente escluso l’efficacia retroattiva del nuovo divieto di rimborso. Pertanto, applicare tale divieto a situazioni fiscali maturate in anni precedenti costituirebbe un ‘error in iudicando’. Il principio affermato è chiaro: le modalità di fruizione del beneficio (richiesta al datore, opzione in dichiarazione, istanza di rimborso) sono alternative e la scelta di una non preclude le altre, almeno per il passato.

Le conclusioni

Questa ordinanza consolida un importante principio di diritto a tutela dei contribuenti che rientrano in Italia. Per le annualità fino al 2018, il diritto alle agevolazioni fiscali impatriati non si perde per un mero vizio procedurale. Anche se non si è attivata la procedura con il datore di lavoro, è pienamente legittimo richiedere il rimborso delle maggiori imposte pagate, purché sussistano tutti i requisiti sostanziali previsti dalla legge. La decisione riafferma che le opzioni procedurali non possono trasformarsi in trappole che annullano un diritto sostanziale riconosciuto dal legislatore per incentivare il rientro dei ‘cervelli’.

Un lavoratore ‘impatriato’ perde il diritto alle agevolazioni fiscali se non presenta una richiesta scritta al datore di lavoro?
No. Secondo la Corte di Cassazione, per i periodi d’imposta antecedenti alle modifiche del 2019, la mancata richiesta al datore di lavoro non comporta la decadenza dal beneficio, ma preclude solo la possibilità di fruirne direttamente in busta paga.

È possibile richiedere il rimborso delle maggiori imposte versate se non si è optato per il regime agevolato nella dichiarazione dei redditi?
Sì. La sentenza chiarisce che il contribuente che possiede i requisiti sostanziali può presentare un’istanza di rimborso per recuperare le maggiori imposte versate, anche se non ha esercitato l’opzione né tramite il datore di lavoro né in dichiarazione dei redditi.

Il divieto di rimborso per le somme versate spontaneamente si applica anche ai periodi d’imposta precedenti al 2019?
No. La Corte ha stabilito che la norma che introduce il divieto di rimborso (comma 5-ter dell’art. 16, D. Lgs. 147/2015, introdotto dal D.L. 34/2019) non è retroattiva. Pertanto, non si applica alle situazioni fiscali, come quelle del 2018, sorte prima della sua entrata in vigore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati