Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32450 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32450 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 30320/2020 proposto da:
Agenzia delle Entrate (C.F.: 06363391001), in persona del Direttore Generale pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (C.F.: NUMERO_DOCUMENTO) e presso la stessa domiciliata in Roma alla INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
COGNOME TERESA (C.F.: CODICE_FISCALE), nata a Foggia 2.12.1978 e domiciliata in San Severo (FG), INDIRIZZO, nella qualità di procuratrice institoria, giusta atto notarile a ministero del dott. Notaio NOME COGNOME del 26.07.2013 (rep. n. 376 -racc. n. 275), della RAGIONE_SOCIALE con sede in San Severo, alla INDIRIZZO (C.F.: P_IVA), rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale alle liti allegata al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME (C.F.: RTG
Avviso liquidazione imposta registro -Mancata produzione certificazione ispettorato agrario
RFL CODICE_FISCALE E CODICE_FISCALE) ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME, in Roma alla INDIRIZZO (fax: NUMERO_TELEFONO; posta elettronica certificata: EMAIL;
– controricorrente –
-avverso la sentenza n. 927/26/2020 emessa dalla CTR Puglia in data 15/5/2020 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che
La RAGIONE_SOCIALE impugnava un avviso di liquidazione per maggiore imposta di registro ed ipotecaria notificatole dall’Agenzia delle Entrate per non aver prodotto, entro il termine di tre anni dall’atto notarile di compravendita immobiliare del 19.3.2008, in relazione al quale aveva usufruito delle agevolazioni fiscali previste dall’art. 1 del d.lgs. n. 99/04 per gli atti compiuti dagli imprenditori agricoli professionali, la certificazione, relativa alla persona dell’amministratore dell’epoca COGNOMENOMECOGNOME attestante il possesso dei requisiti previsti dalla l. n. 604/1954 con riferimento alla figura del coltivatore diretto.
La CTP di Foggia accoglieva il ricorso, affermando che la contribuente era un soggetto definibile I.A.P. e che non potevano richiedersi i requisiti previsti dalla l. n. 604/1954 per il suo amministratore.
Sull’impugnazione dell’Agenzia delle Entrate, la CTR della Puglia rigettava il gravame, evidenziando di condividere appieno le ragioni esposte dalla CTP, la quale aveva puntualmente confutato le controdeduzioni depositate dall’Ufficio nel giudizio di pr imo grado, posto che l’art. 1, comma 4, del d.lgs. n. 99/2004 era chiaro nell’estendere all’imprenditore agricolo le agevolazioni tributarie (e, quindi, l’aliquota più bassa dell’imposta di registro) riconosciute al coltivatore diretto, alla sola condizione della iscrizion e nella gestione previdenziale ed assistenziale dell’I.N.P.S. (requisito provato documentalmente dal COGNOME), e che non vi erano motivi per cui l’I.A.P. si munisse del certificato previsto dall’art. 3 l. n. 604/1954 rilasciato dal competente ispettorato provinciale agrario.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate sulla base di tre motivi. La RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Considerato che
Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 53 d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), c.p.c., per aver la CTR ritenuto che l’Ufficio non avesse specificamente censurato la sentenza di primo grado.
1.1. Il motivo è inammissibile per carenza di interesse.
Invero, è inammissibile, per carenza di interesse, il ricorso per cassazione con il quale si contesti esclusivamente l’avvenuto rilievo in motivazione, da parte del giudice di appello, dell’inammissibilità dell’impugnazione, ove tale rilievo sia avvenuto ad abundantiam e costituisca un mero obiter dictum , che non abbia influito sul dispositivo della decisione, la cui ratio decidendi sia, in realtà, rappresentata dal rigetto nel merito del gravame per infondatezza delle censure (Cass., Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 30354 del 18/12/2017; conf. Cass., Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 7995 del 11/03/2022).
Peraltro, nel caso di specie, la CTR non solo non ha fondato la decisione sulla genericità dei motivi di appello (entrando nel merito della controversia), ma si è limitata ad evidenziare la circostanza che i detti motivi non si erano confrontati con la sentenza di primo grado, sicché sulle censure originarie già doveva ritenersi che ci fosse stata una pronuncia esaustiva.
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 36 d.lgs. n. 546/1992, 132 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c. e 111 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), c.p.c., per aver la CTR reso una motivazione meramente apparente.
2.1. Il motivo è infondato.
Per costante orientamento di questa Corte, il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre quando il giudice, in violazione di un obbligo di legge, costituzionalmente imposto (art. 111 Cost., comma 6), ossia degli artt. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., e 36, comma 2, n. 4, del
d.lgs. n. 546 del 1992, omette di illustrare l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, ossia di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata . La sanzione di nullità colpisce, pertanto, non solo le sentenze che siano del tutto prive di motivazione da punto di vista grafico o quelle che presentano un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e presentano “una motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (Cass. Sez. U, n. 8053 del 7/4/2014), ma anche quelle che contengono una motivazione meramente apparente, perché dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la motivazione non consente di “comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato”, non assolvendo in tal modo alla finalità di esternare un “ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo”, logico e consequenziale, “a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi ” (Cass. Sez. U., n. 22232 del 3/11/2016).
Come questa Corte ha più volte affermato, la motivazione è solo apparente – e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo – quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U, n. 22232 del 2016, cit.; Cass. sez. 6-5, ord. n. 14927 del 15/6/2017).
Inoltre, si è affermato che, nel processo tributario, la motivazione di una sentenza può essere redatta per relationem rispetto ad altra sentenza non ancora passata in giudicato, purché resti “autosufficiente”, riproducendo i contenuti mutuati e rendendoli oggetto di autonoma valutazione critica nel contesto della diversa, anche se connessa, causa, in modo da consentire la verifica della sua compatibilità logico – giuridica. La sentenza è, invece,
nulla, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., qualora si limiti alla mera indicazione della fonte di riferimento e non sia, pertanto, possibile individuare le ragioni poste a fondamento del dispositivo (Cass. VI – 5, n. 107/2015; n. 5209/2018; n. 17403/2018; nn. 21978/2018 e 15010/2020). Orbene, nel caso di specie, la CTR non si è limitata a richiamare acriticamente, condividendola appieno, la sentenza di primo grado, ma ha fornito, sulla principale questione reiterata in secondo grado, una motivazione, sia pure sintetica, che si pone senz ‘altro al di sopra del cd. minimo costituzionale.
Invero, ha altresì affermato che l’art. 1, comma 4, del d.lgs. n. 99/2004 era chiaro nell’estendere all’imprenditore agricolo le agevolazioni tributarie (e, quindi, l’aliquota più bassa dell’imposta di registro) riconosciute al coltivatore diretto, alla sola condizione della iscrizione nella gestione previdenziale ed assistenziale dell’I.N.P.S. (requisito provato documentalmente dall’amministratore COGNOME), e che non vi erano motivi, pertanto, per cui l’I.A.P. si munisse del certificato previsto dall’art . 3 l. n. 604/1954 rilasciato dal competente ispettorato provinciale agrario.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, comma 5-ter, e 2, comma 4, d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., per non aver la CTR considerato che l’amministratore della società contribuente, COGNOME NOMECOGNOME pur possedendo la qualifica di coltivatore diretto iscritto all’apposita gestione INPS, avrebbe dovuto presentare apposita istanza alla quale sarebbe dovuta conseguire l’attestazione di qualifica da parte degli uffici regionali competenti.
3.1. Il motivo è inammissibile, perché non congruente con la sentenza impugnata.
Invero, della questione concernente l’obbligo, a carico dell’amministratore pro tempore della società al momento della stipula dell’atto, di presentare, per conto della RAGIONE_SOCIALE, un’apposita istanza, <>, non v’è cenno nella sentenza impugnata, con la quale, anzi, il giudice d’appello ha fatto proprio l’apprezzamento di fatto compiuto da quello di primo grado (‘la contribuente era un soggetto definibile I.A.P.’). D’altronde, coerentemente con la ragione del decidere posta a sostegno della sentenza d’appello, la stessa Agenzia (pag. 2 del ricorso), nel descrivere le ragioni poste a fondamento dell’avviso di liquidazione, riferisce che <>.
Al riguardo, <> (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 16071 del 26/06/2013; conf. Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 23630 del 05/11/2014 e Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 3100 del 09/02/2021).
Né è possibile sostenere che all’obbligo di presentare al pubblico ufficiale rogante o all’ufficio del registro entro il triennio successivo alla registrazione la certificazione della sussistenza dei requisiti di cui all’art.12 della l. n. 153/75, già posto dalla nota 1 alla Parte Prima della Tariffa allegata al d.P.R. n. 131/86, si sia sostituito l’obbligo di presentare la documentazione di accertamento rilasciata dalle Regioni ai sensi dell’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 99/04. Simile argomentazione, che il ricorso sembra evocare, oltre a
forzare la lettera del d.lgs. n. 99/04, la quale non si esprime in termini di obbligo di presentazione della documentazione regionale né, tanto meno, in termini di obbligo di presentazione sanzionato con la decadenza dai benefici fiscali, si scontra con il rilievo, conseguente alla rimarcata incompatibilità delle condizioni previste dall’art. 2 della l. n. 604/54 con la qualifica di imprenditore agricolo professionale (in termini, Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 10717 del 05/06/2020; Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 11282 del 07/04/2022, punto 2.6).
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso non merita accoglimento. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 quater, dPR 30 maggio 2002, nr. 115 (Cass. Sez. 6 – Ordinanza nr. 1778 del 29/01/2016).
rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio, che si liquidano in € 6.500,00 per compensi, oltre ad € 200,00 per spese, rimborso forfettario nella misura del 15%, Iva e Cap.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 25.10.2024.