Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13357 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13357 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 12783/2023 proposto da:
Agenzia delle Entrate, nella persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO
Indirizzo PEC: EMAIL
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore .
– intimata – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della CAMPANIA n. 8081/09/2022, depositata in data 29 dicembre 2022, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23 aprile 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria regionale ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso avente ad oggetto l’avviso di accertamento, relativ o ad Iva, Ires e Irap per l’annualità 201 4.
I giudici di secondo grado, per quel che rileva in questa sede, hanno affermato che era priva di rilevanza la disquisizione sui caratteri di talune spese sostenute dall’associazione, in termini di certezza, competenza ed inerenza posto che non vi era alcun reddito fiscalmente rilevante nella cui determinazione tali costi incidevano, con evidente neutralità degli stessi sotto qualsiasi profilo tributario, in quanto il cd. «reddito di impresa» dell’associazione, in effetti, non era tale poiché lo svolgimento di attività istituzionali nel perseguimento di esclusive finalità di solidarietà sociale non costituiva esercizio di attività commerciale.
L’ Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato ad un motivo.
L’ Associazione RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese.
CONSIDERATO CHE
Il primo motivo deduce la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art 115 c .p.c. e dell’art. 109 T .U.I.R. in relazione all’art. 360 , primo comma, n. 4, c.p.c.. La statuizione resa dal giudice d’appello era frutto di una distorta ricostruzione dei fatti, tale da indurlo, in definitiva, ad applicare erroneamente la norma alla fattispecie dedotta in giudizio. Come, infatti, emergeva dalla motivazione dell’accertamento non solo l’associazione aveva dichiarato
redditi d’impresa, ben potendo le ONLUS esercitare anche attività d’impresa, ma alla stessa erano state contestate la genericità delle fatture emesse per le prestazioni sanitarie rese in forza di una convenzione con l’ente Croce Sant’Andrea, tali da config urare gli importi corrisposti come compensi per il servizio erogato. Il giudice di merito, pertanto, aveva errato nel ritenere che in nessuna parte dell’accertamento era stata revocata in dubbio la natura dell’associazione appellata (Onlus), ovvero era stato rilevato lo svolgimento di attività estranee a quelle proprie istituzionali, o era stato comunque rilevato l’eventuale svolgimento, da parte della stessa associazione, di attività produttive di carattere intrinsecamente commerciale, risultando, al contrario, dalla lettura della motivazione dell’atto impositivo la contestazione da parte dell’ufficio della natura dei corrispettivi erogati, qualificandoli come compensi per la prestazione di servizio resa nell’ambito dell’esercizio di una attività d’impresa . Era evidente, quindi, l’errore di percezione in cui era incorso il giudice di merito sul contenuto dell’atto impositivo, volto a dimostrare la natura prevalente dell’attività d’impresa dell’associazione rispetto ai fini istituzionale perseguiti, escludendo l’ Ufficio, dall’esame dell’ispezione fiscale , che le somme ricevute fossero legate a prestazioni sanitarie rese nell’a mbito di una attività di volontariato. Nel caso in esame, appariva fuori di dubbio che l’ Ufficio aveva contestato l’erogazione di somme per prestazioni di servizi che esula vano dall’attività istituzionale dell’associazione, attesa la genericità delle fatture e la mancata esibizione di documentazione da parte dell’ente a corredo e a specificazione delle prestazioni riportate nelle fatture. Evidente era l’errore in cui era incorsa la CTR nel percepire il contenuto dell’accertamento a riprova della contestazione da parte dell’ufficio circa l’esercizio, in concreto, da parte dell’associazione dell’attività d’impresa.
1.1 Il motivo è fondato.
1.2 Come emerge dal contenuto dell’avviso di accertamento trascritto, nel rispetto del principio di autosufficienza nel ricorso per cassazione (pagine 9 -12), l ‘Associazione RAGIONE_SOCIALE aveva presentato in data 25 settembre 2015 la dichiarazione Modello ENC 2015 per l’anno 2014 ed aveva compilato il quadro RF Reddito di impresa in regime di contabilità ordinaria indicando al rigo RF4 utile per euro 1.658,00; dalla lettura della Convenzione stipulata in data 4 settembre 2012 tra l’Associazione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE onlus e l’Associazione RAGIONE_SOCIALE di Amalfi era emerso che la seconda avrebbe garantito alla prima l’impiego di autisti ed infermieri professionali presso i poli medicalizzati di Nocera Inferiore ed Amalfi, ogni qualvolta l’associazione RAGIONE_SOCIALE ne avesse fatto richiesta e il rimborso spettante all’associazione RAGIONE_SOCIALE di Amalfi sarebbe stato equivalente a euro 100,00 per ogni 24 ore di turnazione effettuata per gli infermieri professionali, di euro 50,00 per ogni turnazione di 24 ore effettuate per gli autisti soccorritori e di euro 250,00 (fisso mensile) per ogni postazione Saut servita; l ‘Associazione RAGIONE_SOCIALE svolge va il servizio di emergenza sanitaria 118 in convenzione con l’ Asl Salerno e in caso di r ichiesta di emergenza l’associazione RAGIONE_SOCIALE utilizzava i propri mezzi di soccorso (ambulanze) ed il personale dell’associazione RAGIONE_SOCIALE di Amalfi (infermieri ed autisti) come da convenzione datata 4 settembre 2012; a seguito di controllo della documentazione era risultato che l’associazione RAGIONE_SOCIALE aveva registrato nell’anno 2014 n. 11 fatture emesse dall’Associazione S. Andrea di Amalfi per «rimborso per fornitura personale mese di…riferito alle postazioni di Nocera Inferiore ed Amalfi », gli importi erano stati pagati tramite bonifici dal c/c 1000/727 del Banco di Napoli intestato all’Associazione RAGIONE_SOCIALE per complessivi euro 112.450,00; le fatture in oggetto non riportavano nella descrizione il
dettaglio delle ore di turnazione effettuate dagli infermieri e quelle effettuate dagli autisti che, come previsto dalla stessa convenzione tra le due associazioni, prevedevano rimborsi di importi differenti; dunque nei documenti non era stata attestata la formazione del costo; infine nelle stesse fatture in violazione dell’art . 21 del d.P.R. n. 633 del 1972, non era stato indicato il titolo nominativo di esenzione, ovvero esclusione, dell’applicazione dell’IVA ; le fatture suindicate erano confluite nel conto «servizi/lavori effettuati per nostro conto» tra i «costi per servizi» , indicati nel bilancio di verifica dell’Associazione RAGIONE_SOCIALE (e non tra i costi del personale); la classificazione tra i costi per servizi conferma va, a dire dell’Uffi cio, che si trattava di prestazione di servizi imponibili ex art. 3 del d.P.R. n. 633 del 1972; per le prestazioni di servizio riferite alla fornitura di personale per le postazioni Saut di Nocera Inferiore e Amalfi per l’anno 2014, la parte, a corredo delle fatture suindicate, aveva consegnato un conteggio del calcolo del corrispettivo per autisti ed infermieri con indicazioni sommarie circa il personale impiegato per ciascun mese di riferimento, non aveva esibito i nominativi del personale dell’Associazione Croce S. Andrea preposto al servizio, né schede con nominativi e qualifica professionale dei volontari, né i turni effettuati; le spese effettivamente sostenute dai volontari dell’Associazione RAGIONE_SOCIALE per l’attività svolta per conto dell’Associazione RAGIONE_SOCIALE non erano state documentate. La Convenzione stipulata dall’Associazione RAGIONE_SOCIALE con l’Asl il 27 giugno 2018, all’art . 22 prevedeva che « L’erogazione dei compensi per il servizio prestato dalla associazione di volontariato sarà resa sotto forma di rimborso spese in modo forfetario, da pagarsi a sessanta giorni dalla prestazione della rendicontazione d elle spese (ricevuta) per l’importo di € 7.700 per le postazioni medicalizzate e di € 3.600 per quelle non medicalizzate previo invio della relativa fatturazione… ». La mancata indicazione nelle
fatture della tipologia di professionalità che veniva rimborsata (infermieri o autisti) , l’assenza del supporto di documenti di dettaglio quali il contratto di distacco, i nominativi dei soggetti nonché i cedolini del personale o altro documento dal quale era rinvenibile il costo sopportato dall’associazione RAGIONE_SOCIALE di Amalfi portava l’Uf ficio a qualificare gli importi indicati nelle fatture quali compensi erogati dall’Associazione RAGIONE_SOCIALE a favore dell’Associazione RAGIONE_SOCIALE per i l servizio erogato e l’operazione imponibile ai fi ni IVA dall’art . 3 del d.P.R. n. 633 del 1972.
1.3 Posto ciò i giudici di appello hanno affermato che:
-) per aversi un rilevante effetto sotto il profilo del reddito imponibile, quale diretta conseguenza dall’ingiusta detrazione di costi, d oveva necessariamente esistere a monte -appunto per evidenti ragioni logiche -un reddito astrattamente imponibile, dal quale i suddetti costi fossero stati in concreto ingiustamente detratti:
-) in nessuna parte dell’accertamento veniva revocata in dubbio la natura dell’associazione appellata (RAGIONE_SOCIALE, ovvero v eniva rilevato lo svolgimento di attività estranee a quelle proprie istituzionali, o veniva comunque rilevato l’eventuale svolgimento, da parte della stessa associazione, di attività produttive di carattere intrinsecamente commerciale;
-) ai sensi del primo comma dell’art. 150 T.u.i.r., per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus), ad eccezione delle società cooperative (ipotesi qui non ricorrente), non costituiva esercizio di attività commerciale lo svolgimento delle attività istituzionali nel perseguimento di esclusive finalità di solidarietà sociale;
-) atteso che il cd. «reddito di impresa» dell’associazione appellata tale, in effetti, non era -in quanto l’associazione svolgeva attività per il perseguimento di esclusive finalità di solidarietà sociale e sicuramente non svolgeva attività di carattere prettamente commerciale -,
disquisire sui caratteri di talune spese sostenute dall’associazione, in termini di certezza, competenza ed inerenza non aveva senso alcuno, posto che non vi era alcun reddito fiscalmente rilevante nella cui determinazione tali costi avessero inciso, con evidente consequenziale neutralità degli stessi sotto qualsiasi profilo tributario, quand’anche fossero incerti, non di competenza e non inerenti.
1.4 Deve, dunque, essere condivisa la prospettazione erariale secondo cui i giudici di secondo grado erroneamente hanno affermato che nell’avviso di accertamento era stato ritenuto che l’associazione non svolgesse attività estranee a quelle proprie istituzionali e che la stessa non avesse svolto attività produttive di carattere intrinsecamente commerciale , in quanto il presupposto dell’accertamento posto in essere era proprio la natura dei corrispettivi erogati, qualificati come compensi per la prestazione di servizi resa nell’ambito dell’esercizio di una attività d’impresa .
1.5 Come questa Corte ha già precisato che « In tema di IRES, ai fini della qualifica di ente non commerciale rileva l’esercizio, in via prevalente, di attività rese in conformità ai fini statutari non rientranti nelle fattispecie di cui all’art. 2195 cod. civ., svolte in mancanza di specifica organizzazione e verso il pagamento di corrispettivi non eccedenti i costi di diretta imputazione, con la conseguenza che va disconosciuto il regime di favore previsto dall’art. 143 (già 108) del d.P.R. n. 917 del 1986, per carenza di detti requisiti di “decommercializzazione”, in caso di distribuzione degli utili, omessa compilazione del libro dei soci e mancata partecipazione degli associati alla vita dell’ente » (Cass., 26 settembre 2018, n. 22939) e che « In tema di agevolazioni fiscali, l’art. 148 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, prevede una «decommercializzazione» specifica per alcune categorie di associazioni, tra cui le associazioni sportive dilettantistiche, estendendo il regime agevolativo alle attività svolte in
diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, qualora tali associazioni si conformino ad una serie di clausole, da inserire nei relativi atti costitutivi o statuti, tra cui quelle aventi ad oggetto il divieto di distribuzione di utili durante la vita dell’associazione (salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge), la disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l’effettività del rapporto medesimo, l’obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario secondo le disposizioni statutarie e la partecipazione effettiva degli associati alla vita dell’ente » (Cass., 27 aprile 2020, n. 8182).
1.6 Inoltre, l’esenzione d’imposta, prevista dall’art. 148 del d.P.R. n. 917 del 1986 in favore delle associazioni non lucrative, dipende non dalla veste giuridica assunta dall’associazione, che costituisce un elemento formale, ma dall’effettivo svolgimento di attività senza fine di lucro. Più nello specifico, le agevolazioni tributarie per gli enti associativi non commerciali si applicano solo a condizione che esse si conformino concretamente alle clausole riguardanti la vita associativa, che siano inserite nell’atto costitutivo o nello statuto, risultando non determinante il contenuto formale di tali atti, né la mera evidenza delle prescrizioni e regole organizzative – quali la regolarità della tenuta dei libri contabili e delle iscrizioni dei soci o l’osservanza del principio di democraticità dell’ente -, né la veste giuridica assunta (Cass., 12 ottobre 2022, n. 29800).
1.7 Dunque, « Ai fini del rispetto delle condizioni soggettive per la fruizione delle agevolazioni di cui all’art. 148, commi 3, 5, 6 e 7 TUIR occorre che le disposizioni contenute nell’atto costitutivo o nello statuto dell’associazione risultino conformi a quanto indicato nell’art. 148, comma 8, TUIR e che sia assicurato in concreto, durante lo svolgimento
dell’attività associativa, il rispetto e l’attuazione dei principi di partecipazione e di democraticità a beneficio degli associati » (Cass., 11 gennaio 2023, n. 553; Cass., 12 ottobre 2022, n. 29800) .
1.8 Ciò anche alla luce del tenore letterale dell’art. 148, terzo comma, del d.P.R. n. 917 del 1986, rubricato «Enti di tipo associativo», nel testo successivo alla riforma del 2004, che recita: « 3. Per le associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, sportive dilettantistiche, nonché per le strutture periferiche di natura privatistica necessarie agli enti pubblici non economici per attuare la funzione di preposto a servizi di pubblico interesse, non si considerano commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali, nonché le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati ».
1.9 E’ utile ricordare, peraltro, che, in tema di enti di tipo associativo, l’agevolazione prevista dell’art. 148 del TUIR, secondo cui non è considerata commerciale l’attività svolta nei confronti degli associati o partecipanti in conformità alle finalità istituzionali, spetta a condizione che l’associazione dimostri di aver svolto attività non commerciale, in diretta attuazione degli scopi istituzionali, nei confronti di iscritti ed associati (Cass., 25 giugno 2021, n. 18340; Cass., 18 febbraio 2021, n. 4331; Cass., 15 gennaio 2018, n. 796) e che, a tal fine, non è sufficiente allegare lo statuto dell’ente (Cass., 9 maggio 2018, n. 11048). Ed infatti «In tema di agevolazioni fiscali a favore degli enti associativi, spetta sempre a questi la dimostrazione dei requisiti necessari per il relativo godimento, ex art. 2697 c.c. Inoltre, per
consolidata giurisprudenza di legittimità, nel caso delle ASD, oltre al formale recepimento, negli atti costitutivi e statuti, delle clausole necessarie alle agevolazioni previste ex art. 148, comma 8, T.U.I.R. e 90, legge n. 289/2002, è fondamentale che tali clausole siano concretizzate attraverso la c.d. vita associativa, che realizza – nei fatti – il concetto di democraticità ed uniformità del rapporto associativo, espresso nelle predette clausole. L’assenza di qualsiasi tipo di documentazione che dimostri tutto ciò rende impossibile confermare che si è in presenza di un ente associativo, con perdita della natura di ente non commerciale » (Cass., 30 aprile 2018, n. 10293).
1.10 Peraltro, già le Sezioni Unite di questa Corte avevano affermato, con specifico riferimento all’art. 10, comma 2, lett. a), del decreto legislativo n. 460 del 1997, il principio, applicabile anche alla presente fattispecie, che « L’art. 10, comma 2, lett. a), del D.Lgs. n. 460/1997 a norma del quale si intende che vengono perseguite finalità di solidarietà sociale quando le cessioni di beni e le prestazioni di servizi siano dirette ad arrecare benefici a “persone svantaggiate in ragione di condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari” – deve essere interpretato nel senso che è sufficiente che ricorra almeno una delle predette condizioni di svantaggio, non rilevando ad escludere il fine solidaristico che le prestazioni siano fornite dietro pagamento di un corrispettivo, sempre che non vi sia prova del perseguimento anche di un fine di lucro attraverso la distribuzione degli utili ovvero il loro impiego per la realizzazione di attività diverse da quelle istituzionali o a queste connesse » (Cass., Sez. U., 23 aprile 2009, n. 9661) e che « Un’associazione senza scopo di lucro che, parallelamente alla propria attività istituzionale, conduce un’attività sostanzialmente di carattere commerciale rivolta a terzi ricavandone un reddito, è obbligata al pagamento delle imposte dirette ed indirette sulle relative basi imponibili » (Cass., 13 dicembre 2017, n. 29886)
1.11 Ai fini, poi, di beneficiare del trattamento previsto per le ONLUS, limitatamente all’esercizio delle attività di solidarietà elencate nella lettera a) del comma 1 dell’art. 10 del decreto legislativo n. 460/1997, questa Corte ha precisato che sussiste l’obbligo di tenere scritture contabili separate, di rispettare i requisiti statutari e i vincoli sostanziali imposti dall’art. 10 del decreto legislativo n. 460 del 1997, nonché l’onere della comunicazione imposto dall’art. 11 del decreto legislativo n. 460 del 1997, che costituisce un presupposto fondamentale per ottenere il regime agevolativo dal medesimo previsto (Cass., 16 luglio 2020, n. 15248).
1.12 Dunque, l’esenzione d’imposta prevista dall’art. 148 del d.P.R. n. 917 del 1986, in favore delle associazioni non lucrative dipende, non solo dall’elemento formale della veste giuridica assunta, ma anche dall’effettivo svolgimento di attività senza fine di lucro, il cui onere probatorio incombe sulla contribuente, e l’accertamento sulla spettanza di tali agevolazioni deve essere compiuto, oltre che sul piano formale, anche in concreto, esaminando le attività effettivamente praticate, le modalità con cui le prestazioni dell’ente sono erogate e l’effettiva sussistenza delle caratteristiche soggettive dell’associazione.
1.13 Tutto ciò premesso, la CGT di secondo grado, partendo da un presupposto fattuale errato, ovvero che in nessuna parte dell’accertamento era stata revocata in dubbio la natura dell’associazione appellata (onlus), ovvero era stato rilevato lo svolgimento di attività estranee a quelle proprie istituzionali o era stato comunque rilevato l’eventuale svolgimento da parte della stessa associazione di attività produttive di carattere intrinsecamente commerciale, ha ritenuto che disquisire sui caratteri di talune spese sostenute dall’associazione, in termini di certezza, competenza ed inerenza non aveva senso alcuno posto che non vi era alcun reddito fiscalmente rilevante nella cui determinazione tali costi avevano inciso,
con conseguente neutralità degli stessi sotto qualsiasi profilo tributario. I giudici di secondo grado, dunque, hanno utilizzato informazioni probatorie del tutto diverse ed inconciliabili con quelle contenute nell’avviso di accertamento, così addivenendo ad una conclusione non conforme alle risultanze processuali.
1.14 Sussiste, dunque, la dedotta violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., che opera anche nel processo tributario e la cui violazione postula che il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, ossia abbia giudicato o contraddicendo espressamente la regola, dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioè giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa fuori dai casi consentiti dalla legge (Cass., 28 febbraio 2018, n. 4699; Cass., 26 ottobre 2021, n. 30173).
Per le ragioni di cui sopra, il ricorso va accolto; la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 23 aprile 2025.