Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7470 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 7470 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 20/03/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 22927/2019 R.G. proposto da:
EDIZIONI RAGIONE_SOCIALE con gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato
-controricorrente e ricorrente incidentale- avverso la Sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 234/2019 depositata il 23/01/2019.
sul ricorso iscritto al n. 25808/2019 R.G. proposto da:
EDIZIONI RAGIONE_SOCIALE con gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato
-controricorrente – avverso la Sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 597/2019 depositata l’8/02/ 2019.
sul ricorso iscritto al n. 25809/2019 R.G. proposto da:
EDIZIONI RAGIONE_SOCIALE con gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato
-controricorrente e ricorrente incidentale- avverso la Sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 868/2019 depositata il 20/02/2019.
sul ricorso iscritto al n. 3286/2020 R.G. proposto da:
EDIZIONI RAGIONE_SOCIALE con gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato
-controricorrente-
avverso la Sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 3469/2019 depositata l’11/06/2019 .
sul ricorso iscritto al n. 3297/2020 R.G. proposto da:
EDIZIONI RAGIONE_SOCIALE con gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato
-controricorrente e ricorrente incidentale- avverso la Sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 4680/2019 depositata il 29/07/2019.
Udita la relazione svolta alla pubblica udienza del 04/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Dato atto che, in relazione a tutti i ricorsi il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale dott. NOME COGNOME ha richiamato le conclusioni di cui alle requisitorie scritte depositate; che l’avvocato NOME COGNOME per la società ricorrente e la Difesa erariale , nella persona dell’ Avvocato dello Stato NOME COGNOME hanno richiamato le conclusioni già assunte in atti.
FATTI DI CAUSA
Con l’avviso di accertamento per l’anno 2007, oggetto del ricorso iscritto al n. R.G. 22927/2019, l’Agenzia delle entrate, recependo i rilievi contenuti nel Processo verbale di constatazione del 9 aprile 2014, redatto dalla Guardia di Finanza, rettificava le dichiarazioni fiscali presentate dalla società ai fini IRES, IRAP ed IVA: i) contestando la sussistenza, in capo alla Società, dei requisiti di società cooperativa a mutualità prevalente, qualificandola come SRL commerciale, nonché contestando ii) quanto alle operazioni passive, l’indeducibilità di alcuni costi, e la relativa indetraibilità dell’IVA, perché ritenuti afferenti ad operazioni oggettivamente inesistenti; iii) quanto alle operazioni attive, l’applicazione dell’aliquota IVA agevolata del 4% su alcune operazioni editoriali svolte dalla Società, che secondo la prospettazione dell’Ufficio avrebbero dovuto essere assoggettate all’aliquota ordinaria del 20%.
1.1. Il ricorso proposto dalla società contribuente avverso il predetto atto impositivo veniva rigettato dalla Commissione tributaria provinciale di Roma.
1.2. Su appello della società, con la sentenza indicata in epigrafe, la Commissione tributaria regionale del Lazio, in riforma della sentenza di primo grado, annullava parzialmente l’avviso di accertamento impugnato per quanto attiene alla pretesa fondata sulla natura commerciale della società, sul rilievo che l’Agenzia delle Entrate non avesse fornito prova adeguata in ordine ai relativi indici di riconoscibilità.
Rigettava i motivi di appello formulati in relazione ai restanti rilievi.
1.3. Avverso la predetta sentenza la società contribuente ha proposto ricorso per cassazione sorretto da tre motivi.
1.4. L’Amministrazione Finanziaria resiste con controricorso e ricorso incidentale sorretto da due motivi, a sua volta contrastato dalla società ricorrente con controricorso.
1.5. Infine, il Pubblico ministero, nella persona della Sostituta Procuratrice Generale dott.ssa NOME COGNOME ha depositato requisitoria scritta, chiedendo dichiararsi inammissibili il ricorso principale ed il ricorso incidentale.
Con l’avviso di accertamento per l’anno 2009, oggetto del ricorso iscritto al n. R.G. 25808/2019, l’Agenzia delle entrate, recependo i rilievi contenuti nel medesimo Processo Verbale di Constatazione del 9 aprile 2014, redatto dalla Guardia di Finanza, rettificava le dichiarazioni fiscali presentate dalla società ai fini IRES, IRAP ed IVA: i) contestando la sussistenza, in capo alla Società, dei requisiti di società cooperativa a mutualità prevalente, qualificandola come SRL commerciale, nonché contestando ii) quanto alle operazioni passive, l’indeducibilità di alcuni costi, e la relativa indetraibilità dell’IVA, perché ritenuti afferenti ad operazioni oggettivamente inesistenti; iii) quanto alle operazioni attive, l’applicazione dell’aliquota IVA agevolata del 4% su alcune operazioni editoriali svolte dalla Società, che secondo la prospettazione dell’Ufficio avrebbero dovuto essere assoggettate all’aliquota ordinaria del 20%.
2.1. Il ricorso proposto dalla società contribuente avverso il predetto atto impositivo veniva rigettato dalla Commissione tributaria provinciale di Roma, con sentenza che veniva confermata dalla Commissione tributaria regionale del Lazio.
2.2. Avverso la predetta sentenza, indicata in epigrafe, la società contribuente ha proposto ricorso per cassazione sorretto da tre motivi.
2.3. L’Amministrazione Finanziaria resiste con controricorso .
2.4. Infine, il Pubblico ministero, nella persona della Sostituta Procuratrice Generale dott.ssa NOME COGNOME ha depositato requisitoria scritta, chiedendo accogliersi il primo motivo di ricorso e dichiararsi inammissibili il secondo e terzo.
Con l’avviso di accertamento per l’anno 2010, iscritto al n. R.G. n. 25809/2019, l’Agenzia delle entrate, sempre recependo i rilievi contenuti nel Processo Verbale di Constatazione del 9 aprile 2014, redatto dalla Guardia di Finanza, rettificava le dichiarazioni fiscali presentate dalla società ai fini IRES, IRAP ed IVA: i) contestando la sussistenza, in capo alla Società, dei requisiti di società cooperativa a mutualità prevalente, qualificandola come SRL commerciale, nonché contestando ii) quanto alle operazioni passive, l’indeducibilità di alcuni costi, e la relativa indetraibilità dell’IVA, perché ritenuti afferenti ad operazioni oggettivamente inesistenti; iii) quanto alle operazioni attive, l’applicazione dell’aliquota IVA agevolata del 4% su alcune operazioni editoriali svolte dalla Società, che secondo la prospettazione dell’Ufficio avrebbero dovuto essere assoggettate all’aliquota ordinaria del 20%.
3.1. Il ricorso proposto dalla società contribuente avverso il predetto atto impositivo veniva rigettato dalla Commissione tributaria provinciale di Roma.
3.2. Su appello della società, con la sentenza indicata in epigrafe, la Commissione tributaria regionale del Lazio, in riforma della sentenza di primo grado, annullava parzialmente l’avviso di accertamento impugnato per quanto attiene alla pretesa fondata sulla natura commerciale della società, sul rilievo che l’Agenzia delle Entrate non avesse fornito prova adeguata in ordine ai relativi agli indici di riconoscibilità. Per il resto, rigettava i motivi di appello formulati in relazione ai restanti rilievi.
3.3. Avverso la predetta sentenza la società contribuente ha proposto ricorso per cassazione sorretto da tre motivi.
3.4. L’Amministrazione Finanziaria resiste con controricorso e ricorso incidentale sorretto da tre motivi, a sua volta contrastato dalla società ricorrente con controricorso.
3.5. Infine, il Pubblico ministero, nella persona della Sostituta Procuratrice Generale dott.ssa NOME COGNOME ha depositato requisitoria scritta, chiedendo dichiararsi inammissibili il ricorso principale ed il ricorso incidentale.
Con l’avviso di accertamento per l’anno 2006, oggetto del ricorso iscritto al n. R.G. 3286/2020, l’Agenzia delle entrate, anche qui recependo i rilievi contenuti nel Processo Verbale di Constatazione del 9 aprile 2014, redatto dalla Guardia di Finanza, ha rettificato le dichiarazioni fiscali presentate dalla società ai fini IRES, IRAP ed IVA: i) contestando la sussistenza, in capo alla Società, dei requisiti di società cooperativa a mutualità prevalente, qualificandola come SRL commerciale, nonché contestando ii) quanto alle operazioni passive, l’indeducibilità di alcuni costi, e la relativa indetraibilità dell’IVA, perché ritenuti afferenti ad operazioni oggettivamente inesistenti; iii) quanto alle operazioni attive, l’applicazione dell’aliquota IVA agevolata del 4% su alcune operazioni editoriali svolte dalla Società, che secondo la prospettazione dell’Ufficio avrebbero dovuto essere assoggettate all’aliquota ordinaria del 20%.
4.1. Il ricorso proposto dalla società contribuente avverso il predetto atto impositivo veniva rigettato dalla Commissione tributaria provinciale di Roma, con sentenza che veniva confermata dalla Commissione tributaria regionale del Lazio.
4.2. Avverso la predetta sentenza, indicata in epigrafe, la società contribuente ha proposto ricorso per cassazione sorretto da tre motivi.
4.3. L’Amministrazione Finanziaria resiste con controricorso .
4.4. Infine, il Pubblico ministero, nella persona della Sostituta procuratrice Generale dott.ssa NOME COGNOME ha depositato
requisitoria scritta, chiedendo accogliersi il primo motivo di ricorso e dichiararsi inammissibili il secondo e terzo.
Con l’avviso di accertamento per l’anno 2008, oggetto del ricorso iscritto al n. 3297/2020, l’Agenzia delle entrate, ancora recependo i rilievi contenuti nel Processo Verbale di Constatazione del 9 aprile 2014, redatto dalla Guardia di Finanza, rettificava le dichiarazioni fiscali presentate dalla società ai fini IRES, IRAP ed IVA: i) contestando la sussistenza, in capo alla Società, dei requisiti di società cooperativa a mutualità prevalente, qualificandola come SRL commerciale, nonché contestando ii) quanto alle operazioni passive, l’indeducibilità di alcuni costi, e la relativa indetraibilità dell’IVA, perché ritenuti afferenti ad operazioni oggettivamente inesistenti; iii) quanto alle operazioni attive, l’applicazione dell’aliquota IVA agevolata del 4% su alcune operazioni editoriali svolte dalla Società, che secondo la prospettazione dell’Ufficio avrebbero dovuto essere assoggettate all’aliquota ordinaria del 20%.
5.1. Il ricorso proposto dalla società contribuente avverso il predetto atto impositivo veniva rigettato dalla Commissione tributaria provinciale di Roma.
5.2. Su appello della società, con la sentenza indicata in epigrafe, la Commissione tributaria regionale del Lazio, in riforma della sentenza di primo grado, annullava parzialmente l’avviso di accertamento impugnato per quanto attiene alla pretesa fondata sulla natura commerciale della società, sul rilievo che l’Agenzia delle Entrate non avesse fornito prova adeguata in ordine ai relativi indici di riconoscibilità. Per il resto, rigettava i motivi di appello formulati in relazione ai restanti rilievi.
5.3. Avverso la predetta sentenza la società contribuente ha proposto ricorso per cassazione sorretto da tre motivi.
5.4. L’Amministrazione Finanziaria resiste con controricorso e ricorso incidentale sorretto da unico motivo -pur indicando due
motivi di ricorso nella ‘sintesi’ alla p. 1 del controricorso, l’Agenzia ne sviluppa, alle pp. 7 ss. uno soltanto -, a sua volta contrastato dalla società ricorrente con controricorso.
5.5. Infine, il Pubblico ministero, nella persona della Sostituta Procuratrice Generale dott.ssa NOME COGNOME ha depositato requisitoria scritta, chiedendo dichiararsi inammissibili il ricorso principale ed il ricorso incidentale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, deve disporsi la riunione, al presente procedimento n. 22927/2019, dei procedimenti n. 25808/2019, n. 25809/2019, n. 3286/2020 e n. 3297/2020.
Sussiste infatti connessione tra i cinque giudizi, pendenti tra le stesse parti ed aventi ad oggetto le medesime contestazioni, che l’Agenzia delle entrate , recependo i rilievi contenuti nel Processo Verbale di Constatazione del 9 aprile 2014, redatto dalla Guardia di Finanza, ha formulato con autonomi atti di accertamento, relativi ai differenti periodi di imposta, nei confronti della RAGIONE_SOCIALE
Salvo quanto si preciserà nel prosieguo, sono inoltre sovrapponibili i motivi di ricorso formulati dalla società contribuente in tutti i giudizi, così come analoghi sono i motivi di ricorso incidentale, formulati dall’Agenzia delle entrate nei giudizi rubricati ai nn. 22997/2019, 25809/2019 e 3297/2020.
1.1. Si ravvisano pertanto i presupposti per la riunione di tutti i giudizi al presente n. 22927/2019, ricordando a tale riguardo che le Sezioni Unite di questa Corte di cassazione, seguite da giurisprudenza consolidata, hanno chiarito che l’istituto della riunione di procedimenti relativi a cause connesse, previsto dall’art. 274 c.p.c., in quanto volto a garantire l’economia ed il minor costo dei giudizi, oltre alla certezza del diritto, risulta applicabile anche in sede di legittimità, in relazione a ricorsi proposti contro sentenze diverse pronunciate in separati giudizi, in ossequio al precetto
costituzionale della ragionevole durata del processo, cui è funzionale ogni opzione semplificatoria ed acceleratoria delle situazioni processuali che conducono alla risposta finale sulla domanda di giustizia, ed in conformità dal ruolo istituzionale della Corte di cassazione, che, quale organo supremo di giustizia, è preposta proprio ad assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, nonché l’unità del diritto oggettivo nazionale (Cass. Sez. U. 13/09/2005, n. 18125).
Tanto premesso, con il primo motivo del ricorso principale nel giudizio n. 22927/2019 la società contribuente denuncia, in relazione all’art, 360, comma 1, n. 3), c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., deducendo l’ illegittimità della sentenza impugnata nella parte in cui i giudici di seconde cure hanno confermato l’indeducibilità integrale dei costi ai fini IRES/IRAP e l’indetraibilità dell’IVA. Identici sono i motivi formulati sub. 2) nel ricorso n. 25808/2019, sub 1) nel ricorso n. 25809/2019, sub 2) nel ricorso n. 3286/2020 e sub. 1) nel ricorso n. 3297/2020.
2.1. Con il secondo strumento di impugnazione nel ricorso n. 22927/2019, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., e degli artt. 22, comma 4, 53, 54 e 61 del D.Lgs. n, 546/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4), deducendo la nullità della sentenza impugnata per omesso esame della documentazione allegata agli atti di causa, ancora con riferimento alla conferma della indeducibilità dei predetti costi.
Identici sono i motivi formulati, sub. 2) nel ricorso n. 25809/2019, e sub. 2) nel ricorso n. 3297/2020.
2.2. Con il terzo motivo di ricorso principale nel giudizio n. 22927/2019 si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., dell’art, 53, comma 3, del D.Lgs. n. 546/1992 e dell’art. 2729 c.c.,
deducendosi l’ illegittimità della sentenza impugnata nella parte in cui i giudici di seconde cure hanno negato l’applicabilità dell’aliquota IVA ridotta al 4% per l’editoria.
Identici sono i motivi formulati sub 3) in tutti gli altri ricorsi.
I motivi sono tutti inammissibili, alla luce del chiaro e costante insegnamento di questa Corte (v., Cass., sez. un., n. 15486/2017, seguita, tra le altre, da Cass. n. 1229/2019, Cass., 1° marzo 2022 n. 6774, da ultimo Cass. Sez. T, n. 26739 del 15/10/2024), secondo cui in tema di ricorso per cassazione una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione.
3.1. Ancora, nel giudizio di cassazione, la parte non può dolersi del modo in cui il giudice di merito ha compiuto le proprie valutazioni discrezionali in ordine ai diversi significati in astratto ricavabili dai mezzi di prova acquisiti al giudizio, essendo sindacabile ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., in quanto integrante violazione dell’art. 115 c.p.c., la sola ipotesi, qui neppure ventilata, di illegittima utilizzazione di prove inesistenti, perché riferite a fonti mai dedotte in giudizio oppure a informazioni probatorie prive di alcuna possibile o immaginabile connessione con le fonti appartenenti al processo (Cass. Sez. 3, n. 13918 del 03/05/2022; Cass., Sez. 1 n. 9507 del 06/04/2023).
3.2. A tanto va aggiunto che, in linea di principio, la violazione degli art. 115 e 116 c.p.c. è tuttavia apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui all’art. 360,
comma 1, n. 5, c.p.c. (tra varie v. Cass. 30 novembre 2016, n. 24434; Cass., sez. un., n. 15486/2017, cit.) e, nel caso di specie le censure, come illustrate in tutti i motivi, riguardano profili valutativi, e segnatamente l’omesso esame di fatti storici oggetto di discussione tra le parti e aventi carattere potenzialmente decisivo.
3.3. Tuttavia, i ricorsi riguardano punti della decisione per cui vi è stata conferma da parte del giudice di secondo grado e dunque in assenza di specifica indicazione di aspetti di contrasto tra la prima e la seconda pronuncia trova applicazione la preclusione di cui all’art. 348 -ter, comma 5, cod. proc. civ., introdotto dall’articolo 54, comma 1, lett. a), del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis nel presente giudizio, atteso che l’appello avverso la sentenza di primo grado risulta depositato in data 25/06/2018, non avendo la ricorrente dimostrato che le ragioni di fatto, poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di appello, erano fra loro diverse ( ex multis , Cass. n. 26860 del 18/12/2014; Cass. n. 11439 dell’11/05/2018).
Con ulteriore motivo di ricorso principale, proposto sub. 1) nei giudizi n. 25808/2019 e n. 3286/2020, la società contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. , la violazione e falsa applicazione dell’art. 1 D.Lgs. n. 220/2002, dell’art. 10 L. n. 99/2009 e dell’art. 14 DPR n. 601/1973, lamentando l’illegittimità dell e sentenze ivi impugnate, nella parte in cui la CTR ne ha confermato la riqualificazione soggettiva escludendone la natura di società cooperativa a mutualità prevalente.
4.1. Il motivo è inammissibile ex art. art. 360-bis, n. 1 c.p.c., in quanto i provvedimenti impugnati hanno deciso la questione di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte, e la censura non offre elementi per confermare o mutare il consolidato orientamento.
4.2. La Commissione territoriale, nelle pronunce impugnate, si è infatti attenuta all’orientamento costante di questa Suprema Corte, a mente del quale «Ai fini del riconoscimento delle agevolazioni o esenzioni tributarie in favore delle società cooperative, la conformità degli statuti ai principi legislativi in materia di mutualità comporta una presunzione di spettanza dei benefici, ai sensi dell’art. 14 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, in relazione all’art. 26 del d.l.C.p.S. 14 dicembre 1947, n. 1577, la cui natura, peraltro, è relativa e non impedisce all’Amministrazione finanziaria di disconoscere, per ogni singolo periodo di imposta, la spettanza delle suddette agevolazioni ove dimostri, con accertamento basato su dati concreti nel cui ambito assume particolare rilievo l’osservanza della disciplina in tema di devoluzione di utili, che la veste “mutualistica” funge da copertura ad una normale attività imprenditoriale» (Cass. n. 21959/2013 in ordine ai poteri accertativi della amministrazione finanziaria, Cass n. 30371/2017; Cass n. 18404/2021; Cass. n. 8001/2023).
4.3. Al riguardo, richiamando quanto affermato da Cass. n. 3653 del 2015 (conf. Cass. n. 34343 del 2019 e Cass. n. 8001 del 2023), va ricordato che «la sussistenza del requisito della mutualità si può presumere in un soggetto cooperativo», (l’art. 26 della “legge Basevi”, richiamata dall’art. 3 della legge n. 381 del 1991, recita che «Agli effetti tributari si presume la sussistenza dei requisiti mutualistici)», ma poiché è presunzione iuris tantum , «resta salva la facoltà dell’amministrazione di disconoscere, per ogni singolo periodo di imposta, le agevolazioni sulla base di dati concreti, atti a dimostrare che la veste mutualistica funge da copertura ad una normale attività imprenditoriale (Cass. 2 aprile 2007 n. 8202; Cass. 8 maggio 2006 n. 10544; Cass. 28 gennaio 2005 n. 1797). In sostanza, il requisito della mutualità, di norma presunto, stante il favore legislativo per l’attività delle società cooperative, che trova riscontro anche nella Costituzione (art. 45),
può essere superato dall’Amministrazione, ove la stessa dimostri che la “forma” cooperativistica (sempre che la stessa non sia esclusa dagli organi di vigilanza) non vale a occultare un’attività imprenditoriale avente un differente scopo di lucro (Cass. n. 28918 dei 2008)».
Con il primo motivo di ricorso incidentale formulato nel giudizio n. 22927/2019, proposto in termini identici anche sub 2) nel giudizio n. 25809/2019 e, come unico motivo in concreto sviluppato, nel giudizio n. 3297/2020, l’Agenzia delle entrate denuncia , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 14 DPR n. 601/1973 e 5 D.Lgs. n. 220/2002, lamentando che i giudici di appello abbiano fondato la propria decisione su una errata interpretazione delle invocate norme, che regolano il procedimento di verifica dei presupposti di applicabilità delle agevolazioni o esenzioni tributarie, senza considerare che sarebbe comunque fatta salva, per orientamento costante di legittimità, la facoltà per l’Amministrazione finanziaria di disconoscere le agevolazioni, per ogni singolo periodo di imposta, sulla base di dati concreti, atti a dimostrare che la veste mutualistica funge da copertura ad una normale attività imprenditoriale.
5.1. Con il motivo di ricorso incidentale formulato sub 2) nel giudizio n. 22927/2019 e sub 3) nel giudizio n. 25809/2019, l’Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1. n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 14 del DPR n. 601/1973, 2511 e 2512 c.c., anche in combinato disposto con gli artt. 2727 e 2729 c.c.
Lamenta, in particolare, l’Agenzia delle entrate che la CTR abbia statuito che «si deduce che, stante il disposto dell’art. 1 D.Lgs. 2 agosto 2002 n. 220, la vigilanza e gli accertamenti relativi alle società cooperative sono riservate al Ministero dello Sviluppo Economico, mentre all’Agenzia delle Entrate è demandato il
compito, sentito il menzionato Ministero ai sensi dell’art. 14 D.P.R. 29 settembre 1973 n. 601, di verificare il requisito della mutualità, al fine della spettanza delle agevolazioni tributarie, riservate a tali tipo di compagini societarie. Nel caso in esame il Ministero dello Sviluppo Economico non era stato coinvolto nella procedura accertativa».
Non può ritenersi, come adombrato dal pubblico ministero, che i motivi siano affetti da vizi di inammissibilità, per avere contenuto meritale, inteso a stimolare una nuova valutazione fattuale non consentita in questo giudizio di legittimità.
6.1. Nella specie ciò che si denuncia è, da un lato, l ‘ erronea applicazione della presunzione di cui all’art. 14 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601 e, dall’altro , l’e rronea ricognizione, da parte dei provvedimenti impugnati, della fattispecie astratta recata dalla citata norma di legge, che implica necessariamente un problema interpretativo della stessa (c.d. vizio di sussunzione, che consiste nell’assumere la fattispecie concreta sotto una norma che non le si addice, perché la fattispecie astratta da essa prevista -pur rettamente individuata e interpretata -non è idonea a regolarla) e non, viceversa, l’allegazione di una erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità.
6.2. Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (cfr., ex multis , Cass. n. 13066 del 2007; Cass. n. 16698 del 2010; Cass. n. 7394 del 2010; Cass.
n. 24054 del 2017; Cass. n. 27564 del 2018; Cass. n. 3340 del 2019; Cass n. 24304 del 2020).
I predetti motivi di ricorso incidentale sono inoltre fondati, in ragione dell’appena richiamato orientamento di questa Corte in merito alla previsione del potere dell’Amministrazione finanziaria , diverso ed autonomo rispetto all’ambito della vigilanza riservata al Ministero dello Sviluppo Economico, di disconoscere le agevolazioni, ove la stessa dimostri che la “forma” cooperativistica occulti un’attività imprenditoriale avente un differente scopo di lucro.
Nel giudizio n. 25809/2019 è stato formulato un ulteriore motivo di ricorso incidentale (rubricato sub 1) con cui l’Agenzia delle entrate ha dedotto, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza impugnata per carenza di motivazione, in violazione dell’art. 36, comma 2, n. 4 del D.Lgs. n. 546/1992.
8.1. Il motivo è infondato.
8.2. L’assenza della motivazione, la sua mera apparenza, o ancora la sua intrinseca illogicità, implicano una violazione di legge costituzionalmente rilevante e, pertanto, danno luogo ad un error in procedendo, la cui denuncia è ammissibile dinanzi al giudice di legittimità ai sensi del n. 4 dell’art. 360, ponendosi come violazione delle norme poste a presidio dell’obbligo motivazionale (Cass. S.U. sentenze 7 aprile 2014, nn. 8053 e 8054). In sostanza, il vizio di motivazione che solo può dar luogo alla cassazione della sentenza è quello che attinge il nucleo fondamentale della sentenza, il cosiddetto minimo costituzionale di esplicitazione delle ragioni poste a base della sentenza.
8.3. Va ancora rammentato che «La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile
in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.» (Cass., Sez. U., 07/04/2014, n. 8053; Cass. Sez. 1, 03/03/2022 n. 7090).
8.4. Nel caso in esame dalla lettura del motivo di ricorso nessuna di tali censure viene mosse al Giudice di appello, né la sentenza censurata presenta le descritte anomalie.
In conclusione, i ricorsi principali proposti dalla società contribuente devono essere dichiarati inammissibili, i ricorsi incidentali proposti dall’Agenzia delle entrate, rigettato il primo motivo formulato nel giudizio n. 25809/2019, vanno, nel resto, accolti. Di conseguenza, le sentenze impugnate devono essere cassate in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nel rispetto dei principi sopra illustrati, nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili i ricorsi principali, accoglie, nei termini di cui in motivazione, i ricorsi incidentali, cassa le sentenze impugnate in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame, nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 04/03/2025.