Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21633 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21633 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 28/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7619/2015 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che la rappresenta e difende
-resistente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELLA LOMBARDIA n. 4780/49/14 depositata il 22/09/2014.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 4780/49/14 del 22/09/2014, la Commissione tributaria regionale della Lombardia (di seguito CTR) accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate (di seguito AE) avverso la sentenza n. 16/01/13 della Commissione tributaria provinciale di Milano (di seguito CTP), che aveva accolto il ricorso di RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) e di NOME COGNOME COGNOME nei confronti di tre avvisi di accertamento per IRES, IRAP, IVA e sanzioni relative all’anno d’imposta 20 08, queste ultime contestate direttamente anche in capo al legale rappresentante dell’associazione .
1.1. Come emerge dalla sentenza impugnata, con gli atti impositivi l’Amministrazione finanziaria aveva contestato a NOME COGNOME «l’assenza dei requisiti necessari per godere delle agevolazioni fiscali previste dalla legge per le associazioni sportive dilettantistiche», con particolare riferimento «alla mancanza di democraticità, modalità di devoluzione del patrimonio sociale, imprecisa redazione del rendiconto e indiretta distribuzione degli utili».
1.2. La CTR accoglieva l’appello di AE evidenziando che: a) «le associazioni sportive dilettantistiche uno statuto rigido, contenente precisi requisiti di carattere formale (oltre che sostanziale), fissati dalla legge, anche per la redazione dello stesso statuto, il cui rispetto è condicio sine qua non al fine di poter usufruire delle agevolazioni fiscali previste dal dpr n° 917/86»; b) in particolare, vi dovevano essere alcune clausole da inserire obbligatoriamente nello statuto, clausole che non erano state rispettate da NOME COGNOME la quale aveva tenuto riunioni assembleari generiche, con scarsa partecipazione, verbali redatti sommariamente e non sottoscritti dai soci, nonché con decisioni prese da poche persone preposte a rivestire cariche sociali; c) era, inoltre, risultata la
indiretta distribuzione degli utili agli organi rappresentativi dell’associazione tramite RAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALE, i cui amministratori risultavano anche associati dell’ASD; d) l’associazione, infine, non perseguiva i suoi fini istituzionali, svolgendo attività sostanzialmente commerciale.
COGNOME ed il sig. COGNOME impugnavano la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a sei motivi.
AE si costituiva al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione orale ai sensi dell’art. 370 primo comma, cod. proc. civ.
Con ordinanza n. 799 del 12/01/2023 questa Corte, preso atto dell’istanza di sospensione ex art. 5, comma 10, della l. 31 agosto 2022, n. 130, sospendeva il giudizio e disponeva rinvio a nuovo ruolo.
In data 18/03/2024 AE depositava istanza di sollecita fissazione dell’udienza, evidenziando l’intervenuta definizione della lite con riferimento a due dei tre avvisi di accertamento oggetto del presente giudizio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va pregiudizialmente dichiarata la cessazione della materia del contendere e la conseguente estinzione del giudizio con riferimento agli avvisi di accertamento n. T9B04VLV00257/2012 e n. T9B06VLV00259/2012, oggetto di definizione agevolata, così come affermato dalla difesa erariale con l’istanza del 18/03/2024.
1.1. Il giudizio va, dunque, estinto parzialmente con riferimento ai superiori avvisi di accertamento e continua con riferimento all’avviso di accertamento n. T9B06VLV00258/2012, per il quale l’istanza di definizione è stata rigettata dall’Amministrazione finanziaria. Tale avviso concerne l’omessa fatturazione e registrazione di operazioni imponibili nonché la contestazione dell’omessa presentazione della dichiarazione annuale IVA.
Il ricorso di NOME COGNOME è affidato a sei motivi, di seguito riassunti.
2.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per avere la CTR omesso di pronunciare in ordine all’inammissibilità dell’appello, sottoscritto da persona diversa dal Direttore dell’Ufficio, titolare del relativo potere.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione dell’art. 14 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 in ragione della mancata integrazione del contraddittorio, per avere la CTR omesso l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli associati, con conseguente violazione del litisconsorzio necessario.
2.3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 143 e 148 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR), degli artt. 4 e 10 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (decreto IVA) e dell’art. 4 della l. 23 dicembre 2000, n. 383, per avere la CTR erroneamente ritenuto che l’associazione ricorrente svolga attività commerciale, con conseguente insussistenza del diritto a godere delle agevolazioni previste dalla legge.
2.4. Con il quarto motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti e costituito dall’esenzione IVA prevista dall’art. 10 del decreto IVA, concedibile ad istituti o scuole riconosciuti dalla pubblica Amministrazione e che svolgano attività didattica.
2.5. Con il quinto motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di un fatto
decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, costituito dal difetto di sottoscrizione degli avvisi di accertamento impugnati, sottoscritti (peraltro con firma illegibile) da funzionario privo di delega.
2.6. Con il sesto motivo si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, non avendo la CTR esaminato le specifiche prove dedotte da parte ricorrente.
Il primo motivo, con il quale ci si duole della circostanza che l’appello non sarebbe stato validamente sottoscritto, è inammissibile.
3.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, « Il vizio di omessa pronunzia è configurabile solo nel caso di mancato esame di questioni di merito, e non anche di eccezioni pregiudiziali di rito » (Cass. n. 25154 del 11/10/2018; conf. Cass. n. 10422 del 15/04/2019; Cass. n. 1876 del 25/01/2018; Cass. n. 22083 del 26/09/2013).
3.2. In ogni caso il motivo è anche infondato nel merito, benché non si tratti di questione rilevabile d’ufficio (Cass. n. 2901 del 31/01/2019).
3.3. Si è, infatti, evidenziato che « Nei gradi di merito del processo tributario gli uffici periferici dell’Agenzia delle Entrate, secondo quanto previsto dalle norme del regolamento di amministrazione, adottato ai sensi dell’art. 66 del d.lgs. n. 300 del 1999, sono legittimati direttamente alla partecipazione al giudizio e possono essere rappresentati sia dal direttore, sia da altra persona preposta al reparto competente, da intendersi per ciò stesso delegata in via generale a sostituire il direttore, senza necessità di una speciale procura, salvo che ne sia eccepita e provata la non appartenenza all’ufficio ovvero l’usurpazione del potere » (Cass. n. 2138 del 25/01/2019; conf. Cass. n. 27570 del 30/10/2018).
3.4. Nel caso di specie, i ricorrenti non hanno contestato e provato né la non appartenenza all’ufficio del sottoscrittore dell’appello, sig. NOME COGNOME né l’eventuale usurpazione del potere, essendosi limitati a contestare il difetto di delega.
Il secondo motivo, con il quale si assume la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti degli associati, è infondato.
4.1. Secondo un orientamento della S.C., che il collegio condivide, gli associati, anche se hanno agito per conto dell’associazione, non sono litisconsorti necessari nel giudizio proposto da quest’ultima avverso l’atto impositivo (Cass. n. 8623 del 30/05/2012).
Il terzo motivo, con il quale si contesta l’effettivo svolgimento di attività commerciale da parte della associazione, è inammissibile.
5.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, « In tema di agevolazioni fiscali, ai fini della qualifica di ente non commerciale rileva l’esercizio, in via prevalente, di attività rese in conformità ai fini statutari non rientranti nelle fattispecie di cui all’art. 2195 c.c., svolte in mancanza di specifica organizzazione e verso il pagamento di corrispettivi non eccedenti i costi di diretta imputazione, con la conseguenza che va disconosciuto il regime di favore previsto dall’art. 143 (già 108) del d.P.R. n. 917 del 1986, per carenza di detti requisiti di “decommercializzazione”, in caso di distribuzione degli utili, omessa compilazione del libro dei soci e mancata partecipazione degli associati alla vita dell’ente » (Cass. n. 25401 del 23/09/2024; Cass. n. 22939 del 26/09/2018).
5.1.1. Inoltre, ai fini del rispetto delle condizioni soggettive previste dall’art. 148, commi 3, 5, 6 e 7, del TUIR « occorre che le disposizioni contenute nell’atto costitutivo o nello statuto dell’ente risultino conformi a quanto indicato nell’art. 148, comma 8, del d.P.R. n. 917 del 1986 e che sia assicurato in concreto, durante lo
svolgimento dell’attività associativa, il rispetto e l’attuazione dei principi di partecipazione e di democraticità a beneficio degli associati » (Cass. n. 553 del 11/01/2023).
5.1.2. Del resto, la formale conformità delle regole associative al dettato legislativo va verificata con riferimento all’attività concretamente svolta, al fine di evitare che lo schema associativo (pur formalmente rispettoso della previsione di cui all’art. 148, comma 8, del TUIR e dell’art. 4, comma 7, del decreto IVA) sia di fatto impiegato quale schermo di un’attività commerciale svolta in forma associata (Cass. n. 30008 del 26/10/2021).
5.2. La CTR si è puntualmente conformata ai superiori principi di diritto, evidenziando: a) la sussistenza di una scarsa partecipazione dei soci all’attività dell’associazione, essendo la vita della stessa regolata dalle poche persone preposte a rivestire le cariche sociali; b) la sussistenza di una distribuzione degli utili ai soci, sia pure in forma indiretta, tramite l’intervento di RAGIONE_SOCIALE; c) l’insussistenza di attività sociali cui possano partecipare gli associati senza il pagamento di tariffe aggiuntive.
5.3. Gli elementi evidenziati dal giudice di appello sono sicuramente idonei a connotare l’attività svolta dall’associazione in senso commerciale e, in proposito, non può avere alcuna rilevanza in questa sede la diversa valutazione degli elementi istruttori effettuata dai ricorrenti.
5.4. Da un lato, infatti, spetta, in via esclusiva, al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr. Cass. n. 331 del
13/01/2020; Cass. n. 19547 del 04/08/2017; Cass. n. 24679 del 04/11/2013; Cass. n. 27197 del 16/12/2011; Cass. n. 2357 del 07/02/2004).
5.5. Dall’altro, i ricorrenti, pur deducendo apparentemente, una violazione di norme di legge, mirano, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. n. 3340 del 05/02/2019; Cass. n. 640 del 14/01/2019; Cass. n. 24155 del 13/10/2017; Cass. n. 8758 del 04/07/2017; Cass. n. 8315 del 05/04/2013).
Il quarto motivo, con il quale si contesta il mancato riconoscimento dell’esenzione ai sensi dell’art. 10 del decreto IVA, è inammissibile.
6.1. I ricorrenti non hanno proposto tempestivamente la presente censura nel giudizio di impugnazione dell’avviso di accertamento in primo grado, atteso che, per loro stessa ammissione, il rilievo è contenuto solo in una memoria difensiva, senza che sia stato fatto oggetto di specifico motivo in sede di ricorso.
6.2. Deve, pertanto, ritenersi che la censura sia stata proposta tardivamente, con conseguente inammissibilità per novità, involgendo altresì la trattazione di una questione di diritto che presuppone un accertamento di fatto non compiuto dal giudice di merito (Cass. n. 15196 del 12/06/2018).
Il quinto motivo, con il quale si contesta l’omesso esame di un fatto rilevante, costituito dalla carenza di potere di sottoscrivere l’accertamento da parte del funzionario delegato, è inammissibile.
7.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, « Quando la parte che ha interesse all’esame di un fatto – ancorché secondario, ma in astratto rilevante per la dimostrazione del fatto costitutivo della domanda – ne ha rilevato l’esistenza ed ha chiesto di vagliarlo, la
censura con cui denunciare l’omesso esame della questione (nella specie già riproposta con l’appello) è da esprimersi ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c., trattandosi di “error in procedendo” determinato dalla violazione dell’art. 112 c.p.c., e con deduzioni specifiche e idonee ad individuare il fatto su cui il giudice di merito abbia mancato di pronunciarsi » (Cass. n. 25359 del 20/09/2021).
7.1.1. È stato, altresì, evidenziato che « La differenza fra l’omessa pronuncia di cui all’art. 112 c.p.c. e l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., applicabile “ratione temporis”, si coglie nel senso che, mentre nella prima l’omesso esame concerne direttamente una domanda od un’eccezione introdotta in causa (e, quindi, nel caso del motivo d’appello, uno dei fatti costitutivi della “domanda” di appello), nella seconda ipotesi l’attività di esame del giudice, che si assume omessa, non concerne direttamente la domanda o l’eccezione, ma una circostanza di fatto che, ove valutata, avrebbe comportato una diversa decisione su uno dei fatti costitutivi della domanda o su un’eccezione e, quindi, su uno dei fatti principali della controversia » (Cass. n. 1539 del 22/01/2018).
7.2. Alla luce dei superiori principi, deve escludersi l’ammissibilità della presente censura, erroneamente prospettata ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5: invero, la CTR non ha in alcun modo preso posizione, nemmeno implicitamente, sulla questione (regolarmente posta in sede di merito) della invalidità dell’avviso di accertamento per difetto di sottoscrizione, sicché i ricorrenti avrebbero dovuto contestare l’omessa pronuncia , non già il vizio di motivazione.
8. Il sesto motivo, con il quale si contesta la motivazione della sentenza impugnata per non avere esaminato le prove dedotte dai ricorrenti, è inammissibile.
8.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, « L’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. in l. n. 134 del 2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie » (Cass. n. 17005 del 20/06/2024; Cass. n. 27415 del 29/10/2018).
8.2. Nel caso di specie, la CTR ha indicato -con motivazione logica ed esauriente -le ragioni per le quali ha ritenuto che RAGIONE_SOCIALE non possa godere delle agevolazioni fiscali previste dalla legge. I fatti di cui la parte ricorrente assume l’omessa valutazione sono stati, pertanto, considerati dal giudice di appello, che ne ha dato un’interpretazione plausibile.
8.3. Si tende, dunque, a contrapporre una diversa interpretazione dei medesimi fatti storici già presi in considerazione dalla CTR, sicché la censura implica la proposizione di un vizio di insufficiente motivazione e si rivela inammissibile anche alla luce della nuova formulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (Cass. S.U. n. 8053 del 07/04/2014; conf. Cass. n. 21257 del 08/10/2014; Cass. n. 23828 del 20/11/2015; Cass. n. 23940 del 12/10/2017; Cass. n. 22598 del 25/09/2018).
9. In conclusione, va dichiarata l’estinzione parziale del giudizio con riferimento agli avvisi di accertamento n. CODICE_FISCALE/2012 e
CODICE_FISCALE/2012; il ricorso va, invece, rigettato con riferimento all’avviso di accertamento n. T9B06VLV00258/2012.
9.1. Nulla per le spese in ragione del mancato deposito del controricorso da parte di AE.
9.2. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara la parziale estinzione del giudizio nei termini di cui in motivazione e, per il resto, rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 30/01/2025.