Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21241 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21241 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 24/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16793/2022 R.G. proposto da : COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE COGNOME, elettivamente domiciliati in Torino, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, che li rappresenta e difende
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. PIEMONTE n. 98/03/22 depositata l’ 11/01/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 98/03/22 dell’11/01/2022, la Commissione tributaria regionale del Piemonte (di seguito CTR) rigettava l’appello
principale di NOME COGNOME in proprio e nella qualità di legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE), e accoglieva l’appello incidentale dell’Agenzia delle entrate (di seguito AE), avverso la sentenza n. 01/01/20 della Commissione tributaria provinciale di Alessandria (di seguito CTP), che aveva accolto parzialmente il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso un avviso di accertamento per IRES, IRAP e IVA relative all’anno d’imposta 2013.
1.1. Come emerge dalla sentenza impugnata, con l’atto impositivo l’Amministrazione finanziaria «disconosceva la natura di associazione sportiva dilettantistica e le agevolazioni di cui alla legge 398/1991 assoggettando a tassazione ordinaria i proventi di attività commerciale motivato con le risultanze di p.v.c. del 21.10.2013».
1.2. La CTR rigettava l’appello principale proposto da RAGIONE_SOCIALE e accoglieva l’appello incidentale proposto da AE, evidenziando che: a) a fronte delle circostanziate contestazioni dell’Amministrazione finanziaria, l’associazione contribuente non aveva fornito la prova, sulla stessa gravante, «dell’esistenza di una vita associativa sia sotto gli aspetti formali (pubblicità e convocazione assemblee, rinnovo delle cariche direttive, documentazione sulle delibere assembleari) che sostanziali risultando di fatto che le scelte sulle finalità associative fossero rimesse a una sorta di oligarchia di alcuni soci, affiancando alla indiscutibile attività agonistica sulle arti marziali una serie di attività parallele di indubbi aspetti commerciali che ben poco a che vedere con servizi aggiuntivi ai soci»; b) quanto alle sanzioni, «nessuna richiesta di disapplicazione delle sanzioni era stata avanzata con il ricorso introduttivo e la CTP pertanto non poteva disporne l’annullamento».
Avverso la sentenza della CTR NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, illustrati da memoria ex art. 380 bis .1 cod. proc. civ.
L’Agenzia delle entrate (di seguito AE) resisteva con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va pregiudizialmente dichiarata l’ina mmissibilità del ricorso proposto da NOME COGNOME in proprio, non costituito nei precedenti gradi di merito.
Il ricorso di RAGIONE_SOCIALE è affidato a cinque motivi, di seguito illustrati.
2.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7 del d.l. 28 maggio 2004, n. 136, conv. con modif. nella l. 27 luglio 2004, n. 186, per avere la CTR erroneamente disconosciuto la natura di ente non commerciale di RAGIONE_SOCIALE, senza considerare che l’associazione ricorrente è iscritta nello speciale registro tenuto dal CONI, idoneo a certificare la natura dell’associazione sportiva e l’effettiva attività sportiva svolta sotto il controllo dei soggetti affilianti. Inoltre, RAGIONE_SOCIALE non avrebbe potuto perdere lo status di ente non commerciale se non a seguito di specifica iniziativa del CONI medesimo.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 148 e 149 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR), per avere la CTR erroneamente ritenuto che il mancato rispetto dei requisiti formali e sostanziali previsti dalle disposizioni sopra richiamate comporti la perdita della qualifica di ente non commerciale e dei relativi benefici,
ivi compresi quelli non previsti dalle norme medesime, soggette ad altri requisiti.
2.3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697 e 2729 cod. civ., per avere la CTR indebitamente ritenuto che era onere della ricorrente fornire la prova «di un attivo impegno per sviluppare la partecipazione alla vita interna» dell’associazione, con conseguente erronea ripartizione dell’onere della prova da parte del giudice di appello. Inoltre, la sentenza impugnata si fonderebbe su presunzioni prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.
2.4. Con il quarto motivo di ricorso sui deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto non proposta in primo grado la domanda di rideterminazione delle sanzioni.
2.5. Con il quinto motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la mancata pronuncia, da parte della CTR, sui motivi di appello sottoposti alla sua attenzione.
Il primo, il secondo, il terzo ed il quinto motivo possono essere unitariamente esaminati, vertendo su questioni connesse, e vanno complessivamente disattesi.
3.1. Appare utile riproporre la ricostruzione normativa e giurisprudenziale concernente il regime tributario delle ASD elaborata, da ultimo, da Cass. n. 319 24 dell’11/12/2024.
3.1.1. Questa Corte ha affermato che « Ai fini del riconoscimento del regime agevolato di cui all’art. 1 della legge n. 398 del 1991, rileva la qualificazione dell’associazione sportiva dilettantistica quale organismo senza fine di lucro da intendersi, in aderenza alla nozione eurounitaria, quello il cui atto costitutivo o statuto escluda, in caso di scioglimento, la devoluzione dei beni agli associati, trovando tale
requisito preciso riscontro, ai fini IVA, nell’art. 4, comma 7, del d.P.R. n. 633 del 1972 e, per le imposte dirette, nell’art. 111, comma 4quinquies (oggi art. 148, comma 8) del d.P.R. n. 917 del 1986. Alla formale conformità delle regole associative al dettato legislativo si aggiunge, poi, l’esigenza di una verifica in concreto sull’attività svolta al fine di evitare che lo schema associativo (pur formalmente rispettoso degli ulteriori requisiti prescritti dalle lettere a), c), d), e) ed f) degli artt. 148, comma 8, del vigente D.P.R. n. 917 del 1986 e 4, comma 7, del D.P.R. n. 633 del 1972) sia di fatto impiegato quale schermo di un’attività commerciale svolta in forma associata » (così Cass. n. 30008 del 26/10/2021 e la giurisprudenza ivi citata; più recentemente, v. anche Cass. n. 6361 del 02/03/2023).
3.1.2. Si è precisato che, se è vero che l’applicabilità della disposizione è subordinata, innanzitutto, ad un requisito formale, cioè all’affiliazione dell’associazione alle federazioni sportive nazionali o a enti nazionali di promozione sportiva riconosciuti, ai fini del riconoscimento delle agevolazioni fiscali (con riguardo alle imposte sul valore aggiunto e sui redditi), tuttavia il possesso di questo requisito non è sufficiente, essendo necessaria la dimostrazione del presupposto sostanziale, costituito dalla effettiva sussistenza dei requisiti previsti dalla legge.
3.1.3. In particolare, si è evidenziato che le esenzioni d’imposta a favore delle associazioni non lucrative -e, specificamente, delle associazioni sportive dilettantistiche -dipendono non dalla veste giuridica assunta dall’associazione (o, quantomeno, non soltanto da quella), bensì dall’effettivo esercizio di un’attività senza fine di lucro, sicché l’agevolazione fiscale (ma anche quella contributiva) non spetta in base al solo dato formale (estrinseco e neutrale) dell’affiliazione al CONI, bensì per l’effettivo svolgimento dell’attività considerata, il cui onere probatorio incombe sul contribuente (così
Cass. n. 10393 del 30/04/2018; Cass. n. 11492 del 30/04/2019; Cass. n. 25353 dell’11/11/2020; Cass. n. 29500 del 24/12/2020).
3.1.4. Invero, in tema di enti non lucrativi, la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente ripudiato il criterio formalistico, pretendendo la dimostrazione del presupposto sostanziale, costituito dalla effettiva sussistenza dei requisiti previsti dalla legge: il trattamento agevolato previsto per gli enti associativi è condizionato non solo all’inserimento, negli atti costitutivi e negli statuti, di tutte le clausole dettagliatamente indicate nell’art. 148 comma 8, del TUIR, ma anche all’accertamento, che va effettuato dal giudice di merito con congrua motivazione, che l’attività si svolga, in concreto, nel pieno rispetto delle prescrizioni contenute nelle clausole stesse (Cass. n. 11456 del 12/05/2010; Cass. n. 8623 del 30/05/2012), essendo « rilevante che le associazioni interessate si conformino alle clausole relative al rapporto associativo, che devono essere inserite nell’atto costitutivo o nello statuto » (Cass. n. 10393 del 30/04/2018; v. anche Cass. n. 23228 del 04/10/2017).
3.1.5. A questa stregua, per esempio, si è ritenuta corretta la decisione del giudice di merito che ha escluso « dai suddetti benefici l’associazione sportiva, gestore di una palestra, la quale esiga dalle persone aventi la veste formale di associati un corrispettivo proporzionale all’attività erogata in loro favore, le escluda da tutte le scelte decisive per la vita dell’associazione e preveda la perdita della qualità di associato al cessare della frequentazione della palestra, trattandosi di caratteristiche che equiparano in tutto la suddetta associazione ad un imprenditore commerciale » (Cass. n. n. 22578 del 11/12/2012); mentre si è ritenuto che « non si considerano commerciali e non producono, quindi, reddito imponibile le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, sebbene dietro pagamento di uno specifico corrispettivo, dalle associazioni culturali a
favore dei propri associati, purché siano rispettate quelle clausole statutarie che assicurano l’effettività del rapporto associativo, escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla vita associativa ed attribuendo ai partecipanti maggiorenni il diritto di voto in relazione all’approvazione e modificazione dello statuto e dei regolamenti ed alla nomina degli organi direttivi » (Cass. n. 4315 del 04/03/2015).
3.1.6. Sotto lo specifico profilo dell’onere probatorio, poi, va considerato che gli enti di tipo associativo non godono di una generale esenzione da ogni prelievo fiscale (come si evince dall’art. 111, comma 2, ora 148 comma 2, del TUIR), potendo anche le associazioni senza fini di lucro svolgere, di fatto, attività a carattere commerciale. L’art. 111 (ora 148), comma 1, del TUIR, in forza del quale le attività a favore degli associati, in conformità alle finalità istituzionali, non sono considerate commerciali e le quote associative non concorrono a formare il reddito complessivo, costituisce deroga alla disciplina generale, fissata dagli artt. 86 e 87 (ora 72 e 73) del medesimo testo unico, secondo cui sono soggetti ad imposta tutti i redditi, in denaro o in natura, posseduti da soggetti diversi dalle persone fisiche. Ne discende, pertanto, che l’onere di provare la sussistenza dei presupposti di fatto che giustificano l’esenzione -ossia la natura non commerciale dell’ente è a carico del soggetto che la invoca, secondo gli ordinari criteri stabiliti dall’art. 2697 cod. civ., non essendo certo sufficiente allegare lo statuto sociale e la finalità ivi recepita (Cass. n. 11456 del 2010, cit. ; Cass. n. 3360 del 12/02/2013; Cass. n. 5931 del 25/03/2015; Cass. n. 23167 del 04/10/2017; Cass. n. 11048 del 09/05/2018).
3.1.7. Dunque, l’accertamento sulla spettanza del regime agevolato deve essere compiuto, oltre che sul piano formale, anche in concreto, con onere probatorio a carico del contribuente, esaminando
le attività sportive effettivamente praticate, le modalità con cui le prestazioni dell’ente sono erogate e l’effettiva sussistenza delle caratteristiche soggettive dell’associazione sportiva.
3.2. In questo contesto normativo e giurisprudenziale, la sentenza impugnata non merita le censure che le sono state rivolte da RAGIONE_SOCIALE
3.2.1. Invero, la CTR ha ritenuto che (pag. 15 della sentenza impugnata), a fronte delle circostanziate contestazioni dell’Ufficio sulla assenza di uno standard minimo di partecipazione dei soci alla vita associativa (intendendosi con ciò le finalità tipiche dell’associazionismo di natura sportiva come le scelte di gestione, di obiettivi comuni e finalizzati alla disciplina di maggiore interesse), ricade su chi invoca le agevolazioni fiscali l’onere di provare di aver svolto gli adempimenti formali e sostanziali.
3.2.2. In particolare, RAGIONE_SOCIALE non è riuscita a dare dimostrazione dell’esistenza di una vita associativa sia sotto gli aspetti formali (pubblicità e convocazione assemblee, rinnovo delle cariche direttive, documentazione sulle delibere assembleari) che sostanziali, risultando di fatto che le scelte sulle finalità associative siano rimesse a una sorta di oligarchia di alcuni soci, affiancando alla indiscutibile attività agonistica sulle arti marziali una serie di attività parallele di indubbi aspetti commerciali, che ben poco hanno a che vedere con servizi aggiuntivi ai soci. Risulta, infatti, che l’associazione in questione abbia privilegiato aspetti commerciali, fornendo servizi a utenti non soci e differenziando tra gli stessi soci tariffe e prestazioni.
3.2.3. Sempre nella prospettiva della sentenza impugnata, il complessivo quadro indiziario concernente lo svolgimento di un’attività commerciale da parte dell’associazione, non è stato efficacemente contrastato da RAGIONE_SOCIALE, la quale si è limitata a mettere in evidenza gli importanti risultati agonistici in ambito
nazionale e internazionale degli atleti della associazione e, singolarmente, gli elementi indiziari indicati dall’Ufficio, svilendone la portata indiziaria e la rilevanza ai fini della valutazione sulla democraticità interna, senza peraltro fornire prove di un attivo impegno per sviluppare la partecipazione alla vita interna e di una adeguata trasparenza nelle scelte gestionali anche di natura economica.
3.3. La superiore motivazione resiste al primo, al terzo e al quinto motivo di ricorso: la CTR esamina unitariamente le contestazioni in fatto mosse dall’associazione in relazione alla specifica questione di diritto sottoposta alla sua attenzione, consistente nella perdita dei benefici fiscali di RAGIONE_SOCIALE dovendo quest’ultima annoverarsi non già tra gli enti non commerciali ma tra quelli commerciali, non essendo stato dimostrato da chi ne aveva il relativo onere la specifica natura e il rispetto delle previsioni di legge.
3.3.1. In particolare, la CTR ha dato atto di avere correttamente applicato il ragionamento presuntivo, valutando i fatti emersi nel corso dell’istruzione (di cui si dà ampiamente conto nella parte della sentenza relativa allo svolgimento del processo) nel loro complesso e gli uni per mezzo degli altri, senza procedere ad una considerazione atomistica degli stessi (Cass. n. 3703 del 09/03/2012; Cass. n. 9054 del 21/03/2022; Cass. n. 7647 del 16/03/2023; Cass. n. 18327 del 27/06/2023).
3.3.2. In proposito, va evidenziato che le questioni dedotte in appello sulle quali vi sarebbe stata omessa pronuncia (quinto motivo), non integrano autonomi motivi di appello, ma elementi di natura fattuale, di cui il giudice di appello ha dimostrato di avere tenuto conto.
3.3.3. Del resto, da un lato, spetta, in via esclusiva, al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di
contro
llarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr. Cass. n. 331 del 13/01/2020; Cass. n. 19547 del 04/08/2017; Cass. n. 24679 del 04/11/2013; Cass. n. 27197 del 16/12/2011; Cass. n. 2357 del 07/02/2004).
3.3.4. Dall’altro, la ricorrente , pur deducendo apparentemente la violazione di norme di legge, mira, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. n. 3340 del 05/02/2019; Cass. n. 640 del 14/01/2019; Cass. n. 24155 del 13/10/2017; Cass. n. 8758 del 04/07/2017; Cass. n. 8315 del 05/04/2013).
3.4. Quanto, infine, alla questione posta con il secondo motivo (iscrizione al CONI), come più sopra evidenziato con il richiamo alla giurisprudenza di questa Corte, la ricorrente sopravvaluta le conseguenze di detta iscrizione, la quale è requisito necessario, ma non sufficiente per il godimento dei benefici fiscali previsti dalla legge.
3.5. Ne consegue l’infondatezza anche di questo motivo.
Il quarto motivo, concernente la domanda di disapplicazione delle sanzioni, è infondato.
4.1. Entrambe le parti evidenziano che, in primo grado, la ricorrente non ha fatto alcun riferimento specifico alla disapplicazione delle sanzioni, chiedendone unicamente la rideterminazione in conseguenza della rideterminazione dell’ an debeatur da parte del giudice di merito, così come facilmente evincibile dalle concordi trascrizioni risultanti dal ricorso e dal controricorso.
4.2. Pertanto, non essendovi stata una diminuzione degli importi contestati in sede di accertamento, è chiaro che le sanzioni non avrebbero potuto essere rideterminate di conseguenza, sicché correttamente il giudice di appello ha ritenuto non proposta (e, dunque, indebitamente accolta dal primo giudice) una ipotetica domanda volta ad escludere la debenza delle sanzioni.
In conclusione, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso proposto in proprio da NOME COGNOME e va rigettato il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE. Entrambi i ricorrenti vanno condannati, in solido, al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente procedimento, liquidate come in dispositivo avuto conto di un valore dichiarato della lite di euro 80.727,00.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è respinto, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto da NOME COGNOME e rigetta il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE Alessandria; condanna i ricorrenti al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente procedimento, liquidate in euro 5.900,00, oltre alle spese di prenotazione a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei
ricorrenti del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto. Così deciso in Roma, il 26/06/2025.