Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20857 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20857 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 23/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23359/2020 R.G. proposto da NOME COGNOME nella qualità di ex Presidente della disciolta ART RAGIONE_SOCIALE ACCADEMIA DI DANZA E SPETTACOLO RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in Roma al INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. COGNOME Daniele, dal quale è rappresentato e difeso
-ricorrente principale/controricorrente al ricorso incidentalecontro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-controricorrente/ricorrente in via incidentale- avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA TOSCANA n. 1793/8/19 depositata il 13 dicembre 2019
udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 2 luglio 2025 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
Con avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO/2014 la Direzione Provinciale di Pistoia dell’Agenzia delle Entrate operava nei confronti dell’ RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi, breviter , RAGIONE_SOCIALE ), riprese fiscali ai fini dell’IRES, dell’IRAP e dell’IVA in relazione all’anno 2011, irrogandole le sanzioni amministrative previste dalla legge.
Disconosciuta la qualifica di ente non commerciale della predetta associazione, l’Ufficio rilevava che essa era obbligata alla tenuta delle scritture contabili, a computare e dichiarare il reddito di esercizio e ad assoggettare a IVA le prestazioni rese al pubblico.
Procedeva, pertanto, ai sensi degli artt. 41 del D.P.R. n. 600 del 1973, 25, comma 1, del D. Lgs. n. 446 del 1997 e 55 del D.P.R. n. 633 del 1972, all’accertamento d’ufficio del reddito d’impresa e del valore della produzione netta dichiarati dall’ente, nonché alla determinazione induttiva del volume d’affari dallo stesso prodotto nel periodo in verifica.
La contribuente impugnava tale avviso di accertamento davanti alla CTP di Pistoia, la quale, riconosciuta la natura di ente commerciale dell’associazione, accoglieva solo in parte il suo ricorso, riducendo nella misura del 25% i ricavi accertati dall’Ufficio e rideterminando le sanzioni in un importo pari alla metà del minimo edittale.
La decisione veniva appellata da ambo le parti dinanzi alla CTR della Toscana, in via principale dalla contribuente e in via incidentale dall’Amministrazione Finanziaria.
Con sentenza n. 1793/8/19 del 13 dicembre 2019 l’adìta Commissione rigettava l’appello principale e accoglieva quello incidentale, «conferma (ndo) le sanzioni nella misura edittale da applicarsi tenendo conto della confermata riduzione dei redditi rispetto all’accertamento operato dall’Ufficio» .
Contro questa sentenza NOME COGNOME nella qualità di ex presidente della disciolta RAGIONE_SOCIALE , ha proposto ricorso per
cassazione articolato in due motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso contenente ricorso incidentale affidato a un unico motivo.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
Nel termine di cui al comma 1, terzo periodo, del predetto articolo il ricorrente principale ha depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In via pregiudiziale va riconosciuta in capo al ricorrente NOME COGNOME la legittimazione a proporre ricorso per cassazione nella qualità di ex presidente della disciolta RAGIONE_SOCIALE , destinataria dell’avviso di accertamento oggetto di causa.
1.1 Si osserva, al riguardo, che alle associazioni non riconosciute non sono applicabili le norme disciplinanti il procedimento di liquidazione previsto inderogabilmente per le associazioni riconosciute e per gli enti dotati di personalità giuridica (art. 30 c.c.) come fase necessaria per pervenire alla cancellazione dell’ente dal registro delle persone giuridiche (art. 20 disp. att. c.c.); e ciò sia in considerazione del fatto che tale fase liquidatoria costituisce per le associazioni non riconosciute una mera eventualità, rimessa agli accordi fra gli associati, sia per il motivo che le stesse non sono soggette a un regime di pubblicità legale (cfr. Cass. n. 12528/2018).
1.2 Nel descritto contesto, deve ribadirsi il principio di diritto, già più volte affermato da questa Corte, secondo cui, salva l’ipotesi dell’eventuale nomina di liquidatori, le associazioni non riconosciute continuano a essere attivamente e passivamente rappresentate in giudizio dai precedenti titolari degli organi esponenziali, operanti in regime di «prorogatio» (cfr. Cass. n. 5925/1987, Cass. n. 5746/2007, Cass. 5738/2009, Cass. n. 30606/2018, Cass. n. 26284/2022).
Tra questi organi rientra certamente il presidente, atteso che, ai sensi dell’art. 36, comma 2, c.c., le dette associazioni possono stare in giudizio nella persona di coloro ai quali, secondo gli accordi degli associati, è conferita la presidenza o la direzione.
1.3 Tanto premesso, con il primo motivo del ricorso principale, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è denunciata la violazione dell’art. 148 del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR) e dell’art. 2697 c.c..
1.4 Si assume che avrebbe errato la CTR nell’affermare la natura di ente commerciale dell’ RAGIONE_SOCIALE , in quanto:
– (del TUIR) ; ii)Requisito sostanziale: attività effettivamente esercitata> ;
il requisito sub i) non è stato tenuto in debito conto dalla Commissione Regionale, avendo essa trascurato : in base a tale previsione statutaria, l’associazione , occupandosi della ;
con riferimento al requisito sub ii), dall’associazione, in quanto costituiva .
1.5 Il motivo è infondato.
1.6 Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte formatasi in tema di agevolazioni tributarie, l’esenzione d’imposta prevista a favore delle associazioni non lucrative dall’art. 148 (ex 111) del TUIR dipende non solo dall’elemento formale della veste giuridica assunta, ma anche dall’effettivo svolgimento di attività senza fine di lucro, il cui onere probatorio incombe sulla contribuente e non può ritenersi soddisfatto dal dato, del tutto estraneo e neutrale, dell’affiliazione al C.O.N.I. (cfr. Cass. n. 16449/2016, Cass. n. 15050/2024, Cass. n. 5883/2025).
1.7 È stato, inoltre, precisato che, ai fini dell’osservanza delle condizioni soggettive richieste per la fruizione delle dette agevolazioni, occorre che le disposizioni contenute nell’atto costitutivo o nello statuto dell’ente risultino conformi a quanto indicato nell’art. 148, comma 8, del citato testo unico e che siano assicurati in concreto il rispetto e l’attuazione dei princìpi di democraticità e di partecipazione degli affiliati alla vita associativa (cfr. Cass. n. 25401/2024, Cass. n. 553/2023, Cass. n. 16081/2022, Cass. n. 30008/2021), che spetta ugualmente all’associazione dimostrare.
1.8 Muovendosi nel solco dei surriferiti princìpi di diritto, il collegio d’appello ha affermato, sulla scorta di un apprezzamento in fatto incensurabile in questa sede, che la parte privata non aveva assolto l’onere probatorio posto a suo carico, sia per quanto attiene all’esercizio di attività non lucrativa (evidenziando, in particolare, che «la contabilità non appar attendibile sotto molteplici aspetti» e che «risulta no attività con compensi molto diversificati svolte sia nei confronti dei soci che di non soci» ) sia per quanto concerne la democraticità della vita associativa.
1.9 Non ricorre, pertanto, la dedotta violazione di legge, né è
possibile, dietro l’apparente deduzione del vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sollecitare in questa sede un riesame della valutazione di merito espressa dai giudici d’appello.
Con il secondo motivo, proposto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c., è lamentato l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che hanno formato oggetto di discussione fra le parti.
2.1 I fatti in questione sono costituiti:
dallo , il quale prevede che l’associazione svolga la propria attività esclusivamente in favore degli associati, senza scopo di lucro;
-dall’ , evincibile dall’analisi dei bilanci depositati in giudizio, i quali .
2.2 Il motivo, che si risolve in larga parte nella riproposizione, sotto diverso profilo censorio, delle medesime doglianze sollevate con il primo mezzo di gravame, è infondato
2.3 A prescindere dalla possibilità di considerare le surriferite circostanze alla stregua di veri e propri , nell’accezione accolta dalle Sezioni Unite con i noti arresti nn. 8053-8054/2014, va notato che esse appaiono prive del requisito della decisività.
2.4 Invero, la Commissione regionale ha escluso che fosse stata offerta prova della democraticità della vita associativa dell’ente verificato e tanto basta a giustificare l’inapplicabilità della disposizione recata dal comma 3 dell’art. 148 del TUIR, alla luce di quanto disposto dal successivo comma 8.
Può, a questo punto, passarsi all’esame dell’unico motivo del ricorso incidentale dell’Agenzia delle Entrate, introdotto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., con il quale sono prospettate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 132, comma 1 ( recte : 2 n.d.r.), n. 4) c.p.c., dell’art. 36, comma 2, n. 4) del D. Lgs. n. 546 del 1992 e degli artt. 24 e 111 Cost..
3.1 Si rimprovera al collegio regionale di aver affermato, contrariamente al vero, che nella ricostruzione del reddito dell’associazione l’Ufficio aveva fatto riferimento all’anno solare, anziché a quello scolastico.
3.2 Viene, inoltre, lamentato che il disposto del reddito nella misura del 25% .
3.3 Il motivo è inammissibile.
3.4 Va anzitutto osservato che la censura si appalesa estremamente generica, non avendo la ricorrente individuato la grave anomalia motivazionale da cui risulterebbe affetta l’impugnata pronuncia, onde consentire alla Corte di verificare se quantomeno a livello di astratta prospettazione possa ritenersi configurabile nella specie alcuna delle ipotesi di nullità della sentenza per inosservanza del cd. «minimo costituzionale» di cui all’art. 111, comma 6, della Carta fondamentale enumerate dalle Sezioni Unite con i noti arresti nn. 8053-8054/2014.
3.5 Fermo quanto precede, la motivazione spesa dalla CTR per giustificare la disposta riduzione nella misura del 25% dei ricavi ricostruiti dall’Ufficio non soltanto esiste sotto il profilo materiale e grafico, ma appare perfettamente intelligibile e non si presenta affetta da manifesta illogicità né da irriducibile contraddittorietà.
3.6 I giudici di secondo grado hanno, infatti, spiegato che in sede di determinazione officiosa del reddito «l’Ufficio non (avev) a tenuto conto del minor numero di iscritti nell’anno in questione, se si prende (va) a riferimento l’anno scolastico, anziché l’anno solare, come è d’uso in questo tipo di attività» , soggiungendo che «questo diverso termine di riferimento determina (va) un minor numero di
iscritti di circa il 25% e conseguentemente una pari riduzione degli introiti ricostruiti» .
3.7 A ben vedere, quindi, la doglianza mossa dal ricorrente si risolve in una critica alla persuasività del ragionamento dei giudici di merito in ordine alla valutazione delle emergenze processuali, investendo un aspetto attinente alla sufficienza della motivazione, non più deducibile in cassazione a sèguito delle modifiche apportate all’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c. dall’art. 54, comma 1, lettera b), del D.L. n. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012.
3.8 Del resto, per costante indirizzo nomofilattico, ai fini della conformità della sentenza alla previsione contenuta nell’art. 132, comma 2, n. 4) c.p.c. -la quale nel processo tributario trova il suo corrispondente nell’art. 36, comma 2, n. 4) del D. Lgs. n. 546 del 1992-, non è indispensabile che il giudice prenda in esame tutte le argomentazioni svolte dalle parti, al fine di condividerle o confutarle, essendo, invece, necessario e sufficiente che egli indichi le ragioni del proprio convincimento, in modo da rendere evidente che le argomentazioni con esse logicamente incompatibili sono state implicitamente disattese (cfr. Cass. n. 15018/2025, Cass. n. 956/2023, Cass. n. 33961/2022).
In definitiva, il ricorso principale deve essere respinto perchè infondato, mentre quello incidentale va dichiarato inammissibile.
Le spese del presente giudizio di legittimità possono essere interamente compensate fra le parti, ai sensi dell’art. 92, comma 2, c.p.c., attesa la loro reciproca soccombenza.
Stante l’esito dell’impugnazione principale, viene resa nei confronti del ricorrente l’attestazione contemplata dall’art. 13, comma 1quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012.
6.1 Non si fa luogo ad analoga attestazione nei riguardi dell’Agenzia delle Entrate, pur a fronte dell’integrale rigetto del
ricorso incidentale, essendo la stessa esentata, mediante il meccanismo della prenotazione a debito previsto in favore delle amministrazioni pubbliche ( arg. ex artt. 12, comma 5, del D.L. n. 16 del 2012, convertito in L. n. 44 del 2012, e 158, comma 1, lettera a, del D.P.R. n. 115 del 2002), dal pagamento delle imposte e tasse gravanti sul processo (cfr. Cass. n. 4752/2025, Cass. n. 28204/2024, Cass. n. 27301/2016).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile quello incidentale e compensa interamente fra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la proposta impugnazione, a norma del comma 1bis del medesimo articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione