Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15261 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15261 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26504/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME RAGIONE_SOCIALE
-intimato- avverso SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della TOSCANA n. 337/2021 depositata il 29/03/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/03/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria regionale della Toscana ( hinc: CTR), con la sentenza n. 337/21 depositata in data 29/03/2021, ha rigettato l’appello principale proposto dall’Agenzia delle Entrate e , accogliendo l’appello incidentale proposto dall’Associazione RAGIONE_SOCIALE Ki Dojo ( hinc: la contribuente) contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Firenze, n. 728/2019 (che aveva accolto solo parzialmente il ricorso della contribuente), ha annullato l’atto impositivo impugnato.
Il contenzioso deriva dall’impugnazione di un avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 2013, con il quale era stato rideterminato il maggior reddito di impresa (Euro 28.614) il valore della produzione ai fini IRAP (Euro 131.944) e il volume d’ affari ai fini IVA (Euro 184.555). L’atto impositivo impugnato scaturiva dalla riqualificazione della contribuente come ente commerciale da parte dell’amministrazione finanziaria che aveva contestato : profili di criticità nella gestione democratica della vita associativa (anche in ragione della scarsa partecipazione degli associati alla vita dell’ente), l’errato riconoscimento della natura di ente non commerciale fondato esclusivamente sull’atto di adesione intervenuto fra le parti per un diverso anno d’imp osta (2011), la riferibilità della finalità di promozione sportiva solo ad alcune discipline (KiDojo, Kick Boxing e danza sportiva), ma non per una gamma di attività (fitness e ballo) non aventi finalità di promozione dello sport e, infine, la stessa finalità di no profit, ritenendo, in particolare, che l’ulteriore somma versata dai soci per fruire dei corsi costituisse non un contributo di manutenzione, ma un vero e proprio corrispettivo in base ai prezzi di mercato. È stata, inoltre, contestata la violazione dell’obbligo di
tracciabilità dei pagamenti, alla luce di quanto previsto dall’art. 25, comma 5, legge 13/05/1999, n. 133.
2.1. La CTR ha ritenuto che, per fruire delle agevolazioni di cui all’art. 148, comma 8, t.u.i.r. è necessario che le attività svolte da un’ un’associazione sportiva dilettantistica rientrino nel novero di quelle sportive dilettantistiche riconosciute dal CONI. Ha quindi rilevato che: « Le attività svolte dalla contribuente che per il periodo d’imposta in esame hanno prodotto ricavi istituzionali sono tutte ricomprese nel novero di quelle sportive dilettantistiche riconosciute dal CONI, così come dimostra l’appellata.»
Ha quindi affermato di condividere l’indirizzo giurisprudenziale espresso in altro precedente della stessa CTR (Sez. XI, 17/11/2017).
Contro la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in cassazione con due motivi.
La parte intimata non si è costituita.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso è stata denunciata la violazione degli artt. 1, commi 1 e 2, legge n. 398 del 1991, 90 commi 17 e 18, legge n. 289 del 2002, dell’art. 9, d.P.R. n. 544 del 1997, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
1.1. La parte ricorrente rileva come la CTR -facendo rientrare le attività svolte dalla contribuente che hanno prodotto ricavi istituzionali tra quelle sportive dilettantistiche riconosciute dal CONI -sia incorsa nella violazione di legge, nella misura in cui ha ritenuto sufficiente la certificazione di effettiva attività sportiva rilasciata dal CONI e l’iscrizione nell’apposito registro tenuto da quest’ultimo per poter fruire delle agevolazioni fiscali di cui alla legge n. 398 del 1991, senza dare adeguato risalto al rispetto, in concreto, delle clausole formalmente inserite nello Statuto, come previste dall’art. 90, comma 18, legge n. 289 del 2002. Diversamente da quanto
affermato nella sentenza impugnata, la mancata osservanza dell’art. 90, comma 18, legge n. 289 del 2002 comporta la decadenza dalle agevolazioni fiscali previste per le associazioni sportive dilettantistiche, non essendo a tal fine sufficiente la sola iscrizione nel registro istituito presso il CONI, sebbene si tratti, anche in quest’ultimo caso, di condizione necessaria per la fruizione dei benefici fiscali.
Rileva che l’art. 73 t.u.i.r., nel prevedere che l’ente si qualifica per ciò che costituisce la sua attività, secondo un giudizio di esclusività, esprime un principio di carattere generale. Nella specie non solo la contribuente non ha fornito la prova dei requisiti necessari per fruire delle agevolazioni fiscali richieste, ma la stessa amministrazione finanziaria ha posto in luce gravi indizi che ne smentiscono la sussistenza.
Nel caso di specie l’amministrazione finanziaria non ha mai smentito che la contribuente esercitasse attività sportiva, ma ha contestato che ricorressero i requisiti previsti dalla legge n. 398 del 2011, per il mancato rispetto dei principi di trasparenza e democraticità. La legge appena richiamata, al pari della copiosa normativa in materia di enti no profit, esprime la volontà del legislatore di sostenere, incentivare e agevolare, dal punto di vista fiscale, lo sport dilettantistico e l’attività mutualist ica di una realtà associativa che si fonda sul volontariato dei soci, aventi lo scopo di conseguire un ideale comune e che non devono alcun pagamento per prestazioni rese dall’associazione nei loro confronti. A seguito del riordino della disciplina fiscale l’art. 148, comma 8, t.u.i.r. prevede clausole specifiche alle quali le associazioni c.d. privilegiate (cui appartengono le associazioni sportive dilettantistiche) devono uniformarsi. Tali clausole non solo devono essere inserite nello
statuto, ma esprimono precetti ai quali gli enti sportivi devono assoggettarsi nello svolgimento dell’attività quotidiana.
La sentenza impugnata ha dato, tuttavia, preminente rilievo al fatto che le attività svolte rientrino tutte nel novero di quelle sportive dilettantistiche riconosciute dal CONI. La circostanza che un’associazione risulti iscritta nel registro delle associa zioni del CONI non costituisce di per sé prova del fatto che l’attività svolta corrisponda ai fini istituzionali e sia rivolta alla promozione dello sport. Nel caso di specie, tuttavia, l’attività svolta dalla contribuente non si differenzia, sotto nessun aspetto, dall’attività imprenditoriale svolta da qualsiasi altra palestra gestita in forma individuale o societaria, sia per le modalità di erogazione dei servizi, sia per l’ammontare delle tariffe applicate. Di conseguenza, la contribuente è stata inquadr ata tra gli enti soggetti all’imposta sul reddito delle società di cui all’art. 73, comma 1, lett. b), t.u.i.r. , con la conseguente applicazione obbligatoria degli artt. 14, 15, 16, 21 e 22 d.P.R. n. 600 del 1973.
Con il secondo motivo è stata censurata la motivazione erronea della sentenza impugnata, in quanto meramente apparente, in violazione degli artt. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c. e dell’art. 36 d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo co mma, n. 4, c.p.c.
2.1. La ricorrente rileva che l’annullamento dell’atto impositivo è sostanzialmente privo di motivazione, dal momento che la CTR si è limitata ad affermare che le attività svolte dalla contribuente sono ricomprese nel novero di quelle sportive dilettantistiche riconosciute dal CONI. Rileva, poi, come il precedente della CTR evocato nella sentenza impugnata sia andato in senso contrario a quanto affermato dal giudice di prime cure.
Il secondo motivo è fondato, con conseguente assorbimento del primo motivo.
3.1. Questa Corte, anche recentemente, ha confermato che la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo, quando, benché graficamente esistente, non renda tuttavia percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., 28/01/2025, n. 1986; Cass., Sez. U, 03/11/2016, n. 22232).
È stato precisato che è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass., Sez. U, 07/04/2014, n. 8053).
3.2. Nel caso di specie la motivazione non integra il cd. minimo costituzionale richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. (Cass., 03/03/2022, n. 7090), limitandosi a una laconica affermazione relativa alla circostanza che le attività svolte dalla contribuente nel periodo di imposta oggetto di accertamento sono tutte ricomprese nel novero di quelle sportive dilettantistiche riconosciute dal CONI. Tale affermazione -a fronte di specifici e puntuali elementi prodotti dall’amministrazione finanziaria, afferenti sia all’attività svolta
(caratterizzata dallo svolgimento, accanto ad attività sportive anche di attività di fitness funzionali al benessere fisico, ma non alla promozione dell’attività sportiva), sia alla funzionalità dei contributi versati (di cui è stata contestata tale qualificazione, ritenendo che si trattasse di corrispettivi per le prestazioni erogate dalla contribuente) – non è idonea a far comprendere quale siano le ragioni e l’iter logico seguito dal giudice per giungere alla decisione.
Alla luce di quanto sin qui evidenziato il secondo motivo di ricorso è fondato, con il conseguente assorbimento del primo motivo.
4.1. La sentenza impugnata deve essere, quindi, cassata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo di ricorso e dichiara assorbito il primo motivo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 27/03/2025.