Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31924 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 31924 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14965/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME , elettivamente domiciliati in REGGIO CALABRIA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende;
-controricorrenti- avverso SENTENZA di CORTE GIUST. TRIB: SECONDO GRADO CALABRIA n. 589/2023 depositata il 27/02/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Reggio Calabria, NOME COGNOME in proprio e quale legale
rappresentante della Associazione Sportiva Dilettantistica (RAGIONE_SOCIALE) RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME indicata quale autrice delle violazioni, impugnavano l’avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle entrate, a seguito del controllo della posizione fiscale della società intimata, verificata la mancata presentazione della dichiarazione dei redditi per l’anno d’imposta 2013, disconosceva all’Associazione la qualifica di ASD e determinava un reddito d’impresa imponibile a fini IRES, IRAP e IVA.
Avuta la costituzione dell’Ufficio, la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Reggio Calabria dichiarava inammissibile il ricorso proposto da COGNOME in proprio e accoglieva il ricorso dell’Associazione e della NOME, ritenendo plausibili e fondate le deduzioni dei ricorrenti con cui si contestava l’assunto dell’Agenzia , secondo la quale l’associazione aveva una fittizia veste giuridica associativa che dissimulava una vera e propria attività di impresa.
L’Agenzia delle entrate proponeva appello nanti la Corte di giustizia tributaria (CGT) di secondo grado della Calabria, evidenziando l’omessa indicazione nella denominazione della natura “sportiva” e “dilettantistica” delle attività poste in essere dall’associazione; la presentazione tardiva del Modello EAS; la pubblicizzazione dell’attività dell’ente alla stregua di un’attività commerciale; la mancata tenuta dei libri sociali; la mancanza di elementi rappresentativi della democraticità e della effettività della vita associativa dell’ente; la mancanza di percezione da parte dei ‘nuovi soci’ di essere iscritti ad un ente sportivo; l’approvazione del rendiconto attuata da appena quattro soci; l’omessa valutazione complessiva sia della condotta dell’ente sia della documentazione allegata a sostegno della propria tesi.
Con la sentenza in epigrafe la CGT ha respinto l’appello, osservando che la dicitura per esteso di ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ non è prevista a pena di decadenza; che dalla presentazione tardiva del modello EAS, circostanza incontestata,
non deriva alcuna conseguenza, trattandosi di adempimento con finalità meramente informative; che la pubblicizzazione della propria attività su un sito internet – peraltro contestata e priva di riscontri probatori – non è prerogativa esclusiva delle attività commerciali; che la mancanza del requisito di democraticità non può essere desunta dalla riscontrata ridotta partecipazione dei soci alle assemblee societarie né dalla omessa tenuta di un libro dei soci; che l’associazione assolveva comunque alla finalità di contabilizzazione dei propri associati e monitoraggio degli stessi mediante la raccolta e conservazione di schede archiviate presso la sede;, che lo status effettivo di una associazione sportiva dilettantistica della stessa e la sua eventuale commercialità non può farsi discendere da sensazioni assolutamente soggettive, quali le percezioni dei soci.
Avverso tale decisione l’Agenzia ha proposto ricorso per cassazione fondato su un motivo.
Hanno resistito con controricorso l’A ssociazione e NOME COGNOME
In data 27.10.2023 il Consigliere Delegato ha depositato proposta di decisione accelerata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., ritenendo l’inammissibilità del motivo in quanto finalizzato alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito.
La ricorrente, in data 17.11.2023, ha depositato istanza ex art. 380 bis comma 2, c.p.c..
Hanno depositato memoria i controricorrenti.
CONSIDERATO CHE
Preliminarmente v a affermata l’ammissibilità dell’istanza con cui la ricorrente ha chiesto la decisione, contestata in memoria dai controricorrenti perché l’istanza contiene deduzioni e argomentazioni che l’art. 380 bis comma 2 c.p.c. non prevede e che costituirebbero motivi nuovi. Laddove con l’istanza di cui al
secondo comma il ricorrente non si limiti a chiedere la definizione della causa ed inserisca altri contenuti estranei allo scopo, così da realizzare una integrazione del ricorso o una memoria atipica, che precede la fissazione della trattazione della causa, invece che seguirla, con deposito nel termine perentorio di cui all’art. 380 bis 1 c.p.c., non si terrà conto di tali contenuti (Cass. n. 8303 del 2024), i quali non impediscono all’atto di produrre il suo effetto tipico, diretto a provocare la decisione del Collegio (Cass. n. 31839 del 2023).
Con l’unico motivo l’Agenzia deduce, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., « Violazione e falsa applicazione degli artt. 143, 148 e 149 del DPR 917/86 e dell’art. 2697 c.c. », per aver la CTR annullato l’avviso di accertamento senza verificare in concreto l’effettivo esercizio dell’attività dell’ente in conformità alle finalità statutarie . Secondo l’Ufficio, la violazione degli obblighi statutari costitui sce, invece, sintomo dell’esercizio di una attività difforme da quella istitutiva dell’ente e giustificativa della qualificazione di ASD, senza finalità di lucro. In particolare, la non osservanza degli obblighi di comunicazione dei dati ai fini della non imponibilità dei ricavi, così come dei principi di democraticità, uguaglianza e collegialità degli organi assembleari, comporta la perdita della qualifica di ente non commerciale, sviando l’ente da quelle finalità ‘non di lucro’ per cui è stata costituita. La CTR aveva errato nel ritenere non rilevanti gli elementi denunziati, che erano in realtà sintomatici dell’assenza di democraticità dell’ente e dell’assenza di una effettiva vita associativa nonché della fondatezza della contestazione della perdita della qualifica di ente non commerciale e dei benefici fiscali connessi.
2.1. Il motivo è ammissibile, in quanto non chiede una rivalutazione degli accertamenti in fatto ma denunzia una difettosa applicazione dei principi in materia e un c.d. ‘vizio di sussunzione’ cioè una erronea riconduzione del fatto materiale alla fattispecie
legale (Cass. n. 21772 del 2019); la censura va ricondotta al paradigma della « falsa applicazione di norme di diritto », che consiste nel controllare se la fattispecie concreta (assunta così come ricostruita dal giudice di merito e, dunque, senza che si debba procedere ad una valutazione diretta a verificarne l’esattezza e meno che mai ad una diversa valutazione e ricostruzione o apprezzamento ricostruttivo), è stata ricondotta a ragione o a torto alla fattispecie giuridica astratta individuata dal giudice di merito come idonea a dettarne la disciplina oppure al contrario doveva essere ricondotta ad altra fattispecie giuridica oppure ancora non era riconducibile ad una fattispecie giuridica astratta, sì da non rilevare in iure , oppure ancora non è stata erroneamente ricondotta ad una certa fattispecie giuridica cui invece doveva esserlo, essendosi il giudice di merito rifiutato expressis verbis di farlo (così, Cass. n. 13747 del 2018).
2.2. Nel merito il motivo è fondato.
3. In proposito, questa Corte ha affermato che « Ai fini del riconoscimento del regime agevolato di cui all’art. 1 della legge n. 398 del 1991, rileva la qualificazione dell’associazione sportiva dilettantistica quale organismo senza fine di lucro da intendersi, in aderenza alla nozione eurounitaria, quello il cui atto costitutivo o statuto escluda, in caso di scioglimento, la devoluzione dei beni agli associati, trovando tale requisito preciso riscontro, ai fini IVA, nell’art. 4, comma 7, del d.P.R. n. 633 del 1972 e, per le imposte dirette, nell’art. 111, comma 4 -quinquies (oggi art. 148, comma 8) del d.P.R. n. 917 del 1986. Alla formale conformità delle regole associative al dettato legislativo si aggiunge, poi, l’esigenza di una verifica in concreto sull’attività svolta al fine di evitare che lo schema associativo (pur formalmente rispettoso degli ulteriori requisiti prescritti dalle lettere a), c), d), e) ed f) degli artt. 148, comma 8, del vigente D.P.R. n. 917 del 1986 e 4, comma 7, del
D.P.R. n. 633 del 1972) sia di fatto impiegato quale schermo di un’attività commerciale svolta in forma associata » (v. Cass. n. 30008 del 2021 ed altra giurisprudenza ivi citata; più recentemente, v. anche Cass. n. 6361 del 2023).
4. Si è precisato che se è vero che l’applicabilità della disposizione è subordinata, innanzitutto, ad un requisito formale, cioè all’affiliazione dell’associazione alle federazioni sportive nazionali o a enti nazionali di promozione sportiva riconosciuti, ai fini del riconoscimento delle agevolazioni fiscali (con riguardo alle imposte sul valore aggiunto e sui redditi), tuttavia il possesso di questo requisito non è sufficiente, essendo necessaria la dimostrazione del presupposto sostanziale, costituito dalla effettiva sussistenza dei requisiti previsti dalla legge. In particolare, si è evidenziato che le esenzioni d’imposta a favore delle associazioni non lucrative -e, specificamente, delle associazioni sportive dilettantistiche -dipendono non dalla veste giuridica assunta dall’associazione (o, quantomeno, non soltanto da quella), bensì dall’effettivo esercizio di un’attività senza fine di lucro, sicché l’agevolazione fiscale (ma anche quella contributiva) non spetta in base al solo dato formale (estrinseco e neutrale) dell’affiliazione al CONI, bensì per l’effettivo svolgimento dell’attività considerata, il cui onere probatorio incombe sul contribuente (così anche Cass., n. 10393 del 2018; Cass., n. 11492 del 2019; Cass., n. 25353 del 2020; Cass., n. 29500 del 2020).
5. Invero, in tema di enti non lucrativi, la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente ripudiato il criterio formalistico pretendendo la dimostrazione del presupposto sostanziale, costituito dalla effettiva sussistenza dei requisiti previsti dalla legge: il trattamento agevolato previsto per gli enti associativi è condizionato non solo all’inserimento, negli atti costitutivi e negli statuti, di tutte le clausole dettagliatamente indicate nell’ art. 148 comma 8, cit., ma anche all’accertamento, che va effettuato dal
giudice di merito con congrua motivazione, che l’attività si svolga, in concreto, nel pieno rispetto delle prescrizioni contenute nelle clausole stesse (Cass. n. 8623 del 2012; Cass., n. 11456 del 2020), essendo « rilevante che le associazioni interessate si conformino alle clausole relative al rapporto associativo, che devono essere inserite nell’atto costitutivo o nello statuto» (Cass. n. 10393 del 2018; v. anche Cass. n. 23228 del 2017) . A questa stregua, per esempio, si è ritenuta corretta la decisione del giudice di merito che ha escluso « dai suddetti benefici l’associazione sportiva, gestore di una palestra, la quale esiga dalle persone aventi la veste formale di associati un corrispettivo proporzionale all’attività erogata in loro favore, le escluda da tutte le scelte decisive per la vita dell’associazione e preveda la perdita della qualità di associato al cessare della frequentazione della palestra, trattandosi di caratteristiche che equiparano in tutto la suddetta associazione ad un imprenditore commerciale» (Cass. n. 22578 del 2012); mentre si è ritenuto che « non si considerano commerciali e non producono, quindi, reddito imponibile le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, sebbene dietro pagamento di uno specifico corrispettivo, dalle associazioni culturali a favore dei propri associati, purché siano rispettate quelle clausole statutarie che assicurano l’effettività del rapporto associativo, escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla vita associativa ed attribuendo ai partecipanti maggiorenni il diritto di voto in relazione all’approvazione e modificazione dello statuto e dei regolamenti ed alla nomina degli organi direttivi » (Cass. n. 4315 del 2015).
6. Sotto lo specifico profilo dell’onere probatorio, poi, va considerato che gli enti di tipo associativo non godono di una generale esenzione da ogni prelievo fiscale (come si evince dall’art. 111, comma 2, ora 148 comma 2, del d.P.R. n. 917 del 1986), potendo anche le associazioni senza fini di lucro svolgere, di fatto,
attività a carattere commerciale. L’art. 111 (ora 148), comma 1, in forza del quale le attività a favore degli associati, in conformità alle finalità istituzionali, non sono considerate commerciali e le quote associative non concorrono a formare il reddito complessivo, costituisce deroga alla disciplina generale, fissata dagli artt. 86 e 87 (ora 72 e 73) del medesimo d.P.R., secondo cui sono soggetti ad imposta tutti i redditi, in denaro o in natura, posseduti da soggetti diversi dalle persone fisiche. Ne discende, pertanto, che l’onere di provare la sussistenza dei presupposti di fatto che giustificano l’esenzione – ossia la natura non commerciale dell’ente – è a carico del soggetto che la invoca, secondo gli ordinari criteri stabiliti dall’art. 2697 c.c., non essendo certo sufficiente allegare lo statuto sociale e la finalità ivi recepita (Cass. n. 11456 del 2010; Cass., n. 3360 del 2013; Cass., n. 5931 del 2015; Cass., n. 23167 del 2017; Cass. n. 11048 del 2018).
Dunque, l’accertamento sulla spettanza del regime agevolato deve essere compiuto, oltre che sul piano formale, anche in concreto, con onere probatorio a carico del contribuente, esaminando le attività sportive effettivamente praticate, le modalità con cui le prestazioni dell’ente sono erogate e l’effettiva sussistenza delle caratteristiche soggettive dell’associazione sportiva.
La sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione dei principi esposti, poiché ha riconosciuto la natura non commerciale dell’ente -e, conseguentemente, il regime di agevolazione tributaria previsto per gli enti non aventi natura commerciale -in ragione dei soli dati formali, peraltro non valutati in tutti i loro aspetti, omettendo di verificare la natura (in tesi, non lucrativa) dell’attività in concreto esercitata, come se incombesse sull’Ufficio l’onere di provare l’insussistenza dei requisiti per accedere alle agevolazioni in oggetto.
La sentenza non appare in linea con la giurisprudenza di questa Corte neppure nella considerazione di singoli elementi -considerati, oltretutto, in termini puramente atomistici e senza una valutazione complessiva e globale « da compiersi alla luce dei principi di coerenza logica, compatibilità inferenziale e concordanza » (Cass. n. 18327 del 2023; v. anche Cass. n. 9054 del 2022) -laddove ha svalutato o minimizzato il rilievo delle violazioni denunziate. Invero, la trasmissione in via telematica del modello EAS, secondo quanto previsto dall’art. 30 d.l. 29 novembre 2008 n. 185, convertito con legge 28 gennaio 2009, n. 2, ha la funzione di consentire, a fronte degli opportuni controlli, il riconoscimento della non imponibilità di corrispettivi, quote e contributi dell’associazione non riconosciuta (la quale abbia i requisiti per poter usufruire di tale esenzione) (Cass. n. 26924 del 2019); inoltre, la mancata compilazione del libro dei soci e la mancata partecipazione degli associati alla vita dell’ente possono assumere rilevanza ai fini dell’esclusione dell’applicazione della richiamata norma agevolativa di cui all’art. 148, terzo comma, d.P.R. n. 917 del 1986, ostando alla qualifica delle suindicate attività svolte dall’ente quali attività non commerciali (Cass. n. 22939 del 2018).
Conclusivamente, il ricorso deve essere accolto e, cassata di conseguenza la sentenza impugnata, la causa va rinviata al giudice del merito che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 29/05/2024.
Il Presidente
NOME COGNOME