Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 702 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 702 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2786/2016 R.G. proposto da
COGNOME NOME, COGNOME NOME, rappresentati e difesi dagli avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME
-ricorrenti – contro
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e difende;
-controricorrente –
Oggetto: imposte dirette ed IVA – agevolazioni – associazioni sportive dilettantistiche
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Molise n. 127/2/15, depositata il 19 maggio 2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 novembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
Con la sentenza impugnata la Commissione tributaria regionale del Molise rigettava l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE) di Montenero di Bisaccia, NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso la sentenza n. 103/3/13 della Commissione tributaria provinciale di Campobasso che ne aveva respinto il ricorso contro l’avviso di accertamento per II.DD. ed IVA 2008.
La CTR osservava in particolare:
-che non avendo l’associazione contribuente istituito il registro contabile di cui al DM 11 febbraio 1997 non poteva, di per sé, godere delle agevolazioni di cui alla legge 398/1991;
-che la contribuente non aveva presentato le dichiarazioni fiscali per l’annualità in contestazione;
-che la contribuente non aveva fornito giustificazioni adeguate in ordine alle movimentazioni bancarie considerate nell’atto impositivo impugnato, con la conseguente applicabilità della presunzione legale correlativa.
Avverso tale decisione hanno proposto ricorso per cassazione il COGNOME e lo COGNOME deducendo quattro motivi, poi illustrati con una memoria.
Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.
Considerato che:
Con il primo motivo -ex art. 360, primo comma, nn. 3-4, cod. proc. civ.- i ricorrenti lamentano la violazione/falsa applicazione degli artt. 115, 116, cod. proc. civ., 2697, 2727, 2729, cod. civ., 32, dPR 600/1973, poiché la CTR non ha tenuto conto dell’ampia documentazione prodotta in allegato al ricorso introduttivo della lite
al fine di provare le cause giustificative delle movimentazioni bancarie in contestazione.
Con il secondo motivo -ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- denunciano la violazione/falsa applicazione degli artt. 2697, 2727, 2729, cod. civ., 32, dPR 600/1973, poiché la CTR a causa della mancata valorizzazione delle prove che avevano allegato agli atti ha erroneamente applicato la presunzione legale di cui all’ultima delle disposizioni legislative evocate.
Con il terzo motivo -ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.declinano le prime due censure in termini di vizio motivazionale assoluto.
Le censure, da esaminarsi congiuntamente per connessione, sono inammissibili.
Va infatti ribadito che:
-«In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura é possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione» ( ex multis Cass., n. 26110 del 2015);
-«Con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di
merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione» (Cass. n. 9097 del 07/04/2017);
-«Il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), né in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132, n. 4, c.p.c. – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante» (Cass., n. 11892 del 10/06/2016, Rv. 640194 – 01);
-«La deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità, non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, ma la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge. Ne consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della
omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili di ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione» (Cass., n. 19547 del 04/08/2017, Rv. 645292 – 01).
Risulta evidente dall’analisi dei mezzi in esame che i ricorrenti mirino ad una revisione del giudizio meritale del giudice tributario di appello, che peraltro risulta congruamente motivato, con particolare riguardo alle -gravi- carenze contabili e dichiarative della USD contribuente nonché all’assenza di prova adeguata delle cause giustificatrici delle movimentazioni bancarie basanti le riprese fiscali di cui all’avviso di accertamento impugnato.
Con il quarto motivo -ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.i ricorrenti si dolgono della violazione/falsa applicazione dell’art. 1, legge 398/1991, poiché la CTR ha ritenuto che l’USD contribuente comunque non meritasse l’applicazione del regime agevolato previsto da detta fonte normativa a causa della mancata istituzione del registro contabile di cui al DM 11/02/1997.
La censura è inammissibile.
La ratio decidendi aggredita con tale mezzo è infatti del tutto autonoma rispetto alle altre della sentenza impugnata, che sono state a loro volta censurate con i primi tre mezzi.
La reiezione di essi implica l’inammissibilità del quarto, secondo il consolidato principio di diritto che «Qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle “rationes decidendi” rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di
interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa» (Cass., n. 2108 del 14/02/2012, Rv. 621882 -01; conforme, da ultimo, Cass., n. 11493 del 11/05/2018, Rv. 648023 – 01).
In conclusione il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 8.000 oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Cosi deciso in Roma 22 novembre 2023
Il presidente