Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 29699 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 29699 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/11/2025
Oggetto : IRES 2014 e 2015 Agevolazione RAGIONE_SOCIALE – Cartella di pagamento ex art. 36bis – Art. 23, comma 11, d.l. 83/2012 -Avvio del procedimento – Nozione
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22844/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale rilasciata su foglio separato ed allegato al ricorso, dall’AVV_NOTAIO;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione regionale tributaria del Piemonte, n. 203/02/2022, depositata in data 9 febbraio 2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 ottobre 2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
La società RAGIONE_SOCIALE presentava, in data 8 agosto 2016 , dichiarazione integrativa per l’anno 201 4 esponendo per la prima volta una ‘perdita di impresa’ per quasi due milioni di euro, asseritamente generatasi nell’anno 2010 , ai sensi dell’art. 6, commi 13-19 l. 388/2000, per effetto della realizzazione di un impianto fotovoltaico. A seguito di controllo formale ex art. 36bis d.P.R. n. 600/1973 l’Ufficio notificava due cartelle di pagamento ex art. 36bis cit., previa iscrizione a ruolo dei relativi importi, per la maggiore IRES dovuta per effetto della riliquidazione del reddito.
La società impugnava le cartelle innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Cuneo, che accoglieva il ricorso.
L’Ufficio proponeva appello avverso la decisione dei giudici di primo grado.
La Commissione tributaria regionale del Piemonte accoglieva l’appello : con riferimento alla cartella di pagamento n. 03720190002763058000 riteneva il ricorso inammissibile in quanto presentato da soggetto (NOME COGNOME) privo del potere rappresentativo della società; con riferimento alla cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA riteneva la società decaduta dal diritto a richiedere l’agevolazione, in quanto il procedimento diretto ad ottenere la detassazione era stato avviato dopo il 26 giugno 2012.
Contro la decisione della CTR propone ricorso per cassazione la contribuente, affidato a due motivi. L ‘Ufficio resiste con controricorso.
È stata fissata l’adunanza camerale per il 10 ottobre 2025.
La ricorrente ha depositato, in data 29 settembre 2025, memoria ex art. 380bis1. cod. proc. civ..
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso la società deduce la «violazione e falsa applicazione dell’art. 163 c.p.c. e 18 D.lgs 546/1992 in relazione all’art. 1367, 1419, 1420 e 1446 c.c. in
relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.» per avere la CTR erroneamente dichiarato inammissibile il ricorso avverso la cartella di pagamento n. 03720190002763058000 in quanto presentato da soggetto privo del potere rappresentativo della società; sostiene, al contrario, che la procura era stata rilasciata da NOME COGNOME (legale rappresentante della società) e l’indicazione, nell’intestazione del ricorso, del nominativo di NOME COGNOME (ex legale rappresentante della società) era dovuta ad un mero errore materiale, che comunque non ingenerava alcuna incertezza.
Il motivo è fondato.
1.2. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, in tema di contenzioso tributario, alla stregua dell’art. 18 d. Igs. n. 546 del 1992 la carenza nell’atto introduttivo del processo RAGIONE_SOCIALE indicazioni necessarie per la individuazione del legale rappresentante (anche organico) del ricorrente, inficia l’atto medesimo e ne determina l’inammissibilità tutte le volte che sia causa di incertezza assoluta al riguardo (così già, Cass. 10/03/2008, n. 6359). Analogo principio vale nell’ipotesi in cui il legale rappresentante sia indicato con un nominativo diverso da quello che ha rilasciato la procura al difensore del ricorrente e aliunde emerga l’erroneità della detta indicazione.
1.3. Nella specie la CTR, limitandosi a dichiarare l’inammissibilità del ricorso di primo grado sulla base della mera presentazione ‘da soggetto privo del potere rappresentativo della società’ , senza indagare se tale carenza costituisse causa di incertezza assoluta (ad esempio verificando se la firma del mandato fosse leggibile o se il legale rappresentante fosse identificabile per il tramite dei documenti di causa), ha violato il suddetto principio di diritto (cfr. Cass. 18/03/2016, n. 5413).
Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la «violazione e/o falsa applicazione dell’a rt. 6 commi da 13 a 19 della legge 23 dicembre 2000 nr. 388 in combinato disposto con gli artt. 23 comma 11 del D.L. 22 giungo 2012 nr. 83 ed art. 8 del Regolamento CE 06
agosto 2008 nr. 800, in relazione all’art. 360, comma I, n. 3 C.p.c.» e la «nullità della sentenza per motivazione apparente. Violazione e falsa applicazione dell’art. 132 C.p.C. in relazione all’art. 360, I comma, n. 4, C.p.C.».
Con riferimento alla seconda cartella di pagamento, sostiene che, alla data di abrogazione della normativa agevolativa, la stessa non era decaduta dalla facoltà di richiedere l’agevolazione, perché la nozione di ‘avvio del procedimento’ si identifica con la realizzazione dell’investimento non già con una serie di RAGIONE_SOCIALE preordinate ad ottenere il riconoscimento del diritto o l’emanazione di un provvedimento, come ritenuto dalla CTR, con motivazione meramente apparente.
Il motivo è fondato nei limiti appresso indicati.
2.1. Priva di pregio è la censura (che va delibata in via prioritaria) relativa alla motivazione apparente della decisione impugnata.
2.1.1. Giova premettere che secondo la giurisprudenza di questa Corte «la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 RAGIONE_SOCIALE preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione» (Cass., Sez. U., 07/94/2014 n. 8053).
Inoltre, la motivazione è solo «apparente» e la sentenza è nulla quando benché graficamente esistente, non renda percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U. n. 8053/2014 cit.).
Si è, più recentemente, precisato che «in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali» (Cass. 03/03/2022, n. 7090).
2.1.2. Nella specie la CTR ha ritenuto decaduta la società ricorrente dal diritto a richiedere le agevolazioni previste dalla RAGIONE_SOCIALE per non aver avviato il procedimento diretto ad ottenere la detassazione ambientale entro il 26 giugno 2012; richiamando la giurisprudenza di merito formatasi al riguardo, il giudice del gravame ha ritenuto che il termine ‘procedimenti avviati’ indica ‘l’inizio di una serie di RAGIONE_SOCIALE preordinate ad ottenere il riconoscimento del diritto o l’emanazione di un provve dimento e non già la mera effettuazione dell’investimento nella realizzazione dell’impianto’ . Condivisibile o meno in punto di diritto (v. infra ), la motivazione appare sorretta da un iter argomentativo che rispetta i canoni ermeneutici forniti da questa Corte e sopra riportati.
2.2. Fondata, invece, è la denuncia della violazione di legge in cui reputa essere incorsa la CTR con l’aver ritenuto che l’accesso all’agevolazione fiscale dovesse esserle negato perché alla data di abrogazione della normativa agevolativa non aveva ancora dato inizio al procedimento amministrativo volto a conseguire il beneficio fiscale, trascurando che gli investimenti per i quali era stata chiesta l’agevolazione erano stati tutti effettuati.
2.2.1. La valutazione espressa dalla CTR non risulta condivisibile, ponendosi in contrasto con la consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità.
Si è, infatti, rilevato che l’art. 6, commi da 13 a 19, della l. n. 388/2000 (cd. RAGIONE_SOCIALE ambiente) ha previsto una misura di detassazione in favore RAGIONE_SOCIALE piccole e medie imprese che abbiano effettuato «investimenti ambientali» (secondo la locuzione di cui al comma 13 e la successiva definizione di cui al comma 15), stabilendo che la quota di reddito ad essi destinata non concorre a formare il reddito d’impresa.
Tale previsione è stata successivamente abrogata dall’art. 23, comma 7, del d.l. n. 23.6.2012, n. 83, conv. nella l. n. 134/2012, con salvezza dei «procedimenti avviati in data anteriore a quella di entrata in vigore del presente decreto-legge», secondo quanto stabilito dal comma 11.
2.2.2 . L’avvio del procedimento costituisce, pertanto, il discrimen per l’applicazione del regime di detassazione; ne deriva la necessità della sua esatta identificazione, onde poterlo collocare nel segmento temporale successivamente individuato dal legislatore in sede di abrogazione.
La lettera della legge ricostruisce la nozione di ‘investimento’ come equipollente a quella di ‘costo’. In altri termini, l’investimento ambientale si concretizza nella realizzazione di un’opera per la quale è necessario sostenere degli esborsi.
2.2.3. Si è, di conseguenza, recentemente ribadito come il fatto che l’accesso alla detassazione si dipani attraverso un
procedimento amministrativo suddiviso in fasi, è connesso alla necessità che i costi in questione seguano, per l’appunto, le regole previste dagli artt. 109 e 110 del TUIR per la loro corretta imputazione a reddito. In tal senso si giustifica la previsione dell’indicazione a bilancio degli investimenti ambientali realizzati (art. 6, comma 16), la comunicazione degli stessi al RAGIONE_SOCIALE, entro un mese dall’approvazione del bilancio (comma 17) e, infine, l’inserimento in dichiarazion e dei redditi del valore degli investimenti effettuati, ai fini di poter godere del beneficio fiscale. Nondimeno, lo stesso procedimento non può che prendere avvio dall’affronto del costo di un bene acquisito allo scopo di realizzare l’opera idonea al cons eguimento di obiettivi ambientali; ed anzi, proprio il fatto che il legislatore abbia tracciato una precisa scansione di adempimenti fiscali e amministrativi in capo al contribuente non avrebbe ragion d’essere se il momento determinante per l’applicazione della disciplina agevolatrice fosse quello della presentazione della dichiarazione fiscale, che di tale procedimento costituisce il momento conclusivo.
Va, dunque, ribadito il principio giurisprudenziale secondo cui in tema di accesso alla detassazione prevista per gli investimenti ambientali dall’art. 6, commi da 13 a 19, della l. n. 388/2000 (cd. RAGIONE_SOCIALE ambiente), il momento di avvio del procedimento, rilevante anche al fine di stabilire la possibilità di accesso ai benefici pur in presenza dell’intervenuto regime abrogativo, ai sensi dell’art. 23, comma 1, del d.l. n. 83/2012, conv. nella l. 134/2012, è quello in cui ha avuto inizio la realizzazione d ell’opera nella quale l’investimento si concretizza; in tal senso, rileva il momento dell’affronto dei «costi direttamente imputabili al prodotto», di cui all’art. 2426, comma primo, cod. civ. e, correlativamente, dell’effettiva consegna dei beni che afferiscono all’intervento, ai sensi dell’art. 109 TUIR (cfr., in termini, Cass., 16/04/2025, n. 9918, e Cass. 18/07/2025, n. 20099).
Risultando pacifico che alla data di abrogazione della normativa gli investimenti ambientali erano già stati effettuati dalla società, anche il secondo motivo di ricorso risulta fondato e va, perciò, essere accolto per quanto di ragione.
5. In conclusione, vanno accolti il primo motivo di ricorso ed il secondo, per quanto di ragione; la sentenza di appello va cassata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, perché proceda a nuovo esame in relazione alle censure accolte, ed alla liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso ed il secondo, per quanto di ragione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, perché proceda a nuovo esame in relazione alle censure accolte, ed alla liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10 ottobre 2025.
Il Presidente
NOME COGNOME