Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8052 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8052 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/03/2025
Oggetto: Agevolazione RAGIONE_SOCIALE -Art. 6 13-19 l. 388/2000 -Cumulo con incentivi del II Conto Energia – Limite – Percentuale del 20% del costo dell’investimento – Approccio incrementale – Art. 23 Reg. 800/2008 Calcolo dei costi ammissibili – Rilevanza dei costi operativi – Esclusione
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27052/2017 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE o anche RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio del secondo;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
–
contro
ricorrente
–
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, Sezione Staccata di Latina, n. 1981/18/2017, depositata in data 7 aprile 2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5 marzo 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
La società RAGIONE_SOCIALE (incorporante la RAGIONE_SOCIALE) impugnava innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Frosinone l’avviso di accertamento n. TKQ CODICE_FISCALE/2014, con il quale l’Agenzia delle entrate accertava, in relazione all’anno d’imposta 2009, l’indebita diminuzione del reddito d’impresa della RAGIONE_SOCIALE, per complessivi Euro 652.500,00, importo indicato al rigo RF54 cod. 99 della dichiarazione dei redditi 2010 a titolo di sovraccosto de ll’investimento per la realizzazione di un impianto fotovoltaico, ex art. 6 commi 13-19 della l. 388/2000, come stimato da perizia di parte, in luogo di quello agevolabile in astratto (Euro 348.514,45).
L’Ufficio evidenziava che la detassazione non poteva in concreto essere superiore al 20% del costo dell’investimento (ovvero Euro 331.952,00), ai sensi dell’art. 9 D.M. 19/02/2007, fruendo la società delle tariffe incentivanti del II Conto Energia.
La contribuente, per quanto qui ancora rilevi, eccepiva l ‘erronea quantificazione della quota di detassazione ammissibile e la non applicabilità dell’ulteriore riduzione dei benefici in virtù del limite percentuale del 20%.
La CTP rigettava il ricorso.
La contribuente proponeva appello avverso la decisione dei giudici di prossimità; la Commissione tributaria regionale del Lazio, Sezione Staccata di Latina, confermava la decisione di primo grado: con riferimento al criterio per la determinazione dell’ammo ntare dell’investimento da ammettere a detassazione, i giudici del gravame ritenevano corretto l’operato dell’Ufficio e non condivisibile l’assunto dell’appellante circa l’unicità dell’impianto fotovoltaico realizzato e la conseguente carenza di alternative (in termini di realizzazione di impianti tradizionali) in concreto. In particolare, l’espressione ‘approccio incrementale’ utilizzata dal legislatore
nell’art. 6 l. 388/2000 non poteva non riferirsi secondo la CTR -al maggior costo dell’investimento ambientale rispetto alla realizzazione di un impianto tradizionale. Confutavano, poi, la tesi dell’appellante, secondo cui il 20% (quale limite della det assazione) dovesse riferirsi al risparmio di imposta, affermando di contro che la lettera della norma (in particolare l’art. 9 del D.M. 19/02/2007) era chiara nell’ancorare la detta percentuale al costo dell’investimento.
Contro la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione la contribuente, affidato a due motivi. Resiste l’Ufficio con controricorso.
È stata, quindi, fissata l’adunanza camerale per il 05/03/2025. La controricorrente ha depositato memoria ex art. 380bis1 cod. proc. civ..
Considerato che:
Con il primo motivo la contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, comma prima, n. 3, cod. proc. civ., la «violazione e/o falsa applicazione de ll’art. 6, co. 13 -19, della l. n. 388 del 2000, dell’art. 9 del D.M. 19 febbraio 2007 e dell’art. 19 del D.M. 5 luglio 2012 laddove la Commissione Tributaria Regionale ha ritenuto che la variazione in diminuzione (e quindi l’agevolazione in questione) non potrebbe superare la quota del 20% dell’investimento effettuato dalla società».
Assume l a ricorrente che ‘il limite del 20 per cento del costo dell’investimento di cui all’art. 9 del d.m. 19 febbraio 2007 attiene esclusivamente alla possibilità di beneficiare delle tariffe agevolate e dei premi connessi alla cessione dell’energia in eccesso r ispetto al fabbisogno aziendale prodotta dall’impianto fotovoltaico. Non costituisce, invece, un presupposto per beneficiare dell’agevolazione c.d. <>’ (pag. 9 del ricorso).
La contribuente afferma, poi, che, pur volendo ritenere applicabile il predetto limite all’agevolazione ‘Tremonti ambiente’, la sentenza sarebbe affetta da un error in iudicando , avendo ritenuto che la percentuale del 20% dovesse riferirsi all’imponibile, e non già
alla ‘detassazione’, ovvero al vantaggio in termini di imposte (nella specie pari ad Euro 179.437,50).
Afferma, più precisamente, la società ricorrente che ai fini della cumulabilità con le tariffe incentivanti del “Secondo Conto Energia”, l’importo da assumere come riferimento per verificare che l’agevolazione non superi il 20% dell’investimento complessivo, non sarebbe l’investimento ambientale, e dunque la ‘base imponibile’ sulla quale operare la detassazione, bensì il ‘risparmio fiscale’ attribuito al contribuente.
Il motivo è infondato.
Come già chiarito in materia da questa Corte (Cass. 21/06/2023, n. 17789) «compatibilmente con le relative disposizioni in tema di cumulabilità, l’articolo 19 del D.M. 5 luglio 2012 prevede espressamente che sia possibile beneficiare sia dell’agevolazione fiscale di cui alla Tremonti ambiente, sia delle tariffe incentivanti riconosciute dal GSE alla produzione di energia elettrica, nei limiti del 20% del costo dell’investimento. Dalla lettera della norma si evince che l’importo dell’investimento ambientale oggetto del beneficio, e rispetto al quale debba essere, con operazione successiva, calcolato il risparmio fiscale, non possa eccedere il 20% dell’investimento complessivo».
Nella specie, quindi, deve ritenersi corretto il calcolo eseguito dall’Amministrazione e condivisibile la decisione impugnata sia nella parte in cui ha ritenuto applicabile il limite del 20% alla fattispecie sia nella parte in cui ha riferito il detto limite al costo dell’investimento complessivo.
Con il secondo motivo la contribuente denuncia in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la «violazione dell’art. 6, comma 15 della l. n. 388 del 2000, della disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell’ambiente 2001/C 37/03, sostituita dalla successiva disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela ambientale 2008/C 82/01 e del Regolamento (CE) n. 800/2008 della Commissione del 6 agosto 2008».
Ribadisce l’illegittima applicazione del cd. ‘approccio incrementale’ utilizzato dall’Ufficio, atteso che nella specie l’investimento ambientale effettuato non poteva essere credibilmente paragonato ad uno tradizionale. Contesta, quindi, le affermazioni del giudice di appello – ritenute non corrispondenti alla normativa di riferimento – secondo cui la detassazione va ricercata nel sovraccosto e deve essere considerata al netto di profitti e costi attesi nei primi 5 anni di vita dell’impianto. Stante l’impos sibilità di individuare oggettivamente l’investimento alternativo, l’intero ammontare dell’impianto costituisce la deduzione spettante (pag. 15 del ricorso). Inoltre, il riferimento ai profitti e ai costi previsti nel quinquennio è stato abrogato dal Regolamento n. 800/2008, per cui la sentenza impugnata si pone in contrasto con la disciplina comunitaria.
Il motivo è fondato nei limiti appresso indicati.
S’impone una breve ricostruzione della normativa (anche sovranazionale) e della giurisprudenza formatasi in materia.
2.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte (da ultimo Cass. 08/07/2024, n. 18572; Cass. 28/07/2023, n. 23054) «l’agevolazione di cui alla c.d. RAGIONE_SOCIALE consiste nell’esclusione dalla formazione del reddito imponibile, ai fini delle imposte sul reddito, degli ‘investimenti ambientali’ definiti sulla scorta della ‘Disciplina comunitaria degli aiu ti di Stato per la tutela dell’ambiente’ pubblicata nella CGUE C 37 del 3/02/2001 par. 37, con riferimento agli investimenti che consentono di prevenire, ridurre o ripa rare i danni causati all’ambiente dall’attività̀ di impresa, calcolati secondo un approccio incrementale, in base al quale dapprima si calcola il valore medio annuo degli investimenti ambientali compiuti nel biennio precedente e quindi si provvede a dedurr e tale valore medio dall’ammontare dell’investimento ambientale realizzato nell’anno. La detassazione ha quindi ad oggetto l’eccedenza del valore dell’investimento nell’anno rispetto a quello degli investimenti compiuti nel biennio precedente. Nella
successiva evoluzione, i commi da 13 a 19 dell’art. 6 della Tremonti ambiente (l. n. 388/2000) – abrogati a decorrere dal 26 giugno 2012 (D.L. n. 83/2012, convertito dalla l. n. 134/2012) – hanno previsto la detassazione della quota di reddito imponibile destinata agli investimenti ambientali delle piccole e medie imprese, da sterilizzare con il meccanismo della variazione in diminuzione dell’imponibile, da operare in sede di dichiarazione dei redditi. In alternativa, l’agevolazione fiscale poteva anche ess ere fruita presentando un’istanza di rimborso qualora l’impresa avesse omesso di effettuare la variazione in diminuzione nella dichiarazione di competenza».
2.2. La norma di riferimento è l’art. 6, comma 15, della legge n. 388 del 2000, ratione temporis vigente, secondo cui: ‘ per investimento ambientale si intende il costo di acquisto delle immobilizzazioni materiali di cui all’art. 2424, primo comma, lett. b), n. 2. cod. civ. necessario per prevenire ridurre e riparare danni causati all’ambiente. Sono in ogni caso esclusi gli investimenti realizzati in attuazione di obblighi di legge. Gli investimenti ambientali vanno calcolati con l’approccio incrementale’. L ‘investimento ambientale deducibile coincide quindi con il valore della corrispondente immobilizzazione materiale iscritta nello stato patrimoniale del bilancio relativo all’esercizio in cui l’intervento sia stato realizzato e va calcolato con ‘l’approccio incrementale’ .
2.3. Con la risoluzione 11 luglio 2002, n. 226/E, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito la nozione di ‘approccio incrementale’, operando a tali fini un rinvio alla disciplina comunitaria sugli aiuti di Stato in materia ambientale, allora contenuta nella comunicazione della Commissione dell’UE n. 2001/C 37/03, ed osservando in particolare:
-che per ‘danni causati all’ambiente” si intendono quelli derivanti dallo svolgimento dell’attività dell’impresa, i soggetti beneficiari dell’agevolazione, come evidenziato nella circolare n. 1 del 3 gennaio 2001, sono le piccole e medie imprese – di cui al decreto 18 settembre 1997 del Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato – che esercitano, in regime di contabilità
ordinaria, le attività di cui all’art. 51 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR);
che la determinazione della quota di reddito agevolata è pari: per il periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2001 e per il successivo, all’ammontare degli investimenti ambientali realizzati, calcolati secondo “l’approccio incrementale”, ai sensi dell’a rt. 6, comma 15, ultimo periodo; a partire dal terzo periodo d’imposta di applicazione del beneficio, all’eccedenza degli investimenti ambientali realizzati nel periodo d’imposta, determinati sempre secondo il suddetto approccio incrementale, rispetto alla media degli stessi investimenti dei due periodi di imposta precedenti;
che al fine di chiarire la nozione di “approccio incrementale” soccorre il principio contenuto nella “Disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell’ambiente”, pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee n. C/37 del 3 febbraio 2001, paragrafo 37, secondo cui i benefici per gli investimenti ambientali sono “rigorosamente limitati ai costi d’investimento supplementari (“sovraccosti”) necessari per conseguire gli obiettivi di tutela ambientale”;
che l’applicazione del suddetto criterio richiede, pertanto, la quantificazione dei costi d’investimento supplementari; anche se questi non siano facilmente isolabili dal costo totale dell’investimento, il metodo di calcolo dell’investimento supplementare deve, comunque, ispirarsi a criteri oggettivi basati, per esempio, sul costo di un investimento analogo sotto il profilo tecnico, ma che non consenta di raggiungere lo stesso grado di tutela ambientale, come peraltro sottolineato nella richiamata disciplina comunitaria;
che occorre inoltre rettificare il costo dell’investimento con riferimento ai vantaggi economici ottenuti in conseguenza dell’investimento ambientale realizzato, valutati in termini di aumento di capacità produttiva, di risparmi di spesa e di produzioni accessorie aggiuntive e che solo qualora gli investimenti riguardino
esclusivamente la tutela ambientale, senza dar luogo ad altri vantaggi economici, non si applicano riduzioni supplementari.
Con particolare riferimento all’acquisizione di un impianto fotovoltaico, i ‘costi d’investimento supplementari’ o ‘sovraccosti’ consistono nei maggiori oneri derivanti dall’acquisto o dalla costruzione di tale impianto, rispetto a quelli che il medesimo s oggetto sopporterebbe per l’acquisto o la costruzione di un impianto tradizionale, non ad energia rinnovabile, avente pari capacità in termini di produzione effettiva. Tale sovraccosto rappresenta la quota di investimento direttamente connessa con la tutela dell’ambiente, tuttavia , il calcolo dell’investimento agevolabile non si esaurisce nella quantificazione di tale sovraccosto, perché con le modifiche successivamente intervenute nella disciplina degli aiuti di Stato in materia ambientale, ad opera della comunicazione n. 2008/C 82/01 (par. 3.1., punto 80, della Parte III della ‘Disciplina’), la Commissione ha ulteriormente precisato che: «i costi ammissibili, limitati ai sovraccosti d’investimento necessari a raggiungere un livello di tutela ambientale superiore a quello richiesto dalle norme comunitarie, sono calcolati in due fasi. In prima battuta, il costo dell’investimento direttamente connesso con la tutela ambientale viene stabilito in relazione alla situazione controfattuale, ove possibile. In seconda battuta, vengono sottratti i profitti operativi e aggiunti i costi operativi».
2.4. La normativa comunitaria, in sintesi, quantificava l’investimento complessivamente agevolabile considerando: a) i costi d’investimento supplementari o sovraccosti, a cui b) vengono sottratti i profitti operativi e c) aggiunti i costi operativi attinenti all’impianto e relativi ai primi cinque anni dall’entrata in funzione del medesimo. Il susseguente punto 82 del medesimo paragrafo precisa, poi, ulteriormente: «individuazione dei benefici e dei costi operativi: i costi ammissibili vanno calcolati al netto di qualsiasi profitto operativo e costo operativo connesso con l’investimento supplementare per la tutela dell’ambiente e verificatosi durante i
primi cinque anni di vita dell’investimento in esame, salvo diversa indicazione nel presente capo. A tal fine, dai sovraccosti d’investimento vanno detratti i profitti operativi e aggiunti i costi operativi».
Dalla lettura delle due disposizioni riportate si evince agevolmente che « i ‘costi operativi’ idonei ad essere aggiunti al costo dell’investimento iniziale sono solo quei costi legati all’effettivo utilizzo di un bene strumentale ecocompatibile, che l’impresa non avrebbe sostenuto nell’ipotesi in cui avesse impiegato un bene an alogo, a con una maggiore incidenza sull’ambiente» (Cass. n. 23054/2023 cit.).
2.5. In parziale continuità con la disciplina previgente, il «Regolamento (CE) N. 800/2008 della Commissione del 6 agosto 2008 che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato comune in applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato (Regolamento generale di esenzione per categoria)», nell’ottica di una più semplice determinazione del sovraccosto prevede, in generale, all’art. 21 ( ‘Aiuti agli investimenti per la tutela dell’ambiente in misure di risparmio energetico’ ), che gli aiuti agli investimenti per la tutela dell’ambiente che consentono risparmi energetici da parte delle imprese sono compatibili con il mercato comune ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 3, del trattato e sono esenti dall’obbligo di notifica di cui all’articolo 88, paragrafo 3, del trattato, purché siano soddisfatte le condizioni ivi indicate; il § 3 dell’art. 21 prevede, poi, che «i costi ammissibili devono essere calcolati al netto di qualsiasi vantaggio e costo operativo connesso agli investimenti aggiuntivi in risparmio energetico e verificatosi durante i primi tre anni di vita dell’investimento nel caso delle PMI, i primi quattro anni nel caso delle grandi imprese che non partecipano al sistema UE di scambio delle quote di emissione di CO2 e i primi cinque anni nel caso delle grandi imprese che partecipano al sistema UE di scambio delle quote di emissione di CO2. Per le grandi imprese questo periodo può essere ridotto ai primi tre anni di vita
dell’investimento qualora si possa dimostrare che il periodo di ammortamento dell’investimento non supera i tre anni. I calcoli dei costi ammissibili vengono certificati da un revisore dei conti esterno.
2.6. Con particolare riferimento agli investimenti da fonti rinnovabili (come nel caso per cui è l’odierno giudizio), soccorre la disciplina specifica dettata dall’art. 23 del richiamato Regolamento (CE) n. 800/2008, per gli «Aiuti agli investimenti per la tutela dell’ambiente per promuovere la produzione di energia da fonti rinnovabili», che al § 3 prevede che i costi ammissibili corrispondono ai sovraccosti sostenuti dal beneficiario rispetto ai costi connessi ad una centrale elettrica tradizionale o ad un sistema di riscaldamento tradizionale di pari capacità in termini di produzione effettiva di energia.
Sia l’art. 21, sia l’art. 23 prevedono che ‘i costi ammissibili vengono calcolati come previsto dall’art. 18, paragrafi 6 e 7, senza prendere in considerazione i vantaggi e i costi operativi’ (paragrafo 5 dell’art. 21, paragrafo 3, secondo periodo, dell’ar t. 23).
Pertanto, con il Regolamento 800/2008, abrogato dall’art. 57 del Regolamento CE n. 651/2014 (ma applicabile ratione temporis alla fattispecie), vantaggi e costi operativi sono stati espunti dal calcolo del sovraccosto (ovvero del costo ammissibile), nel senso che, contrariamente a quanto previsto in precedenza, i primi (ovvero i profitti) non vanno detratti ed i secondi (i costi operativi) non vanno aggiunti.
2.8 . Ciò premesso, l’affermazione della ricorrente circa l’impossibilità di paragonare il proprio investimento ad uno tradizionale non solo è smentita da quanto riportato nelle perizie di parte redatte in sede di contraddittorio con l’Ufficio (come riportato a pagina 2 della sentenza appellata: ‘la società…aveva indicato come investimento alternativo…l’acquisto di un gruppo elettrogeno con una capacità produttiva analoga a quella dell’impianto fotovoltaico’), ma, ove pure fosse corrispondente al vero, non comporterebbe l’illegittimità dell’applicazione del metodo del cd. approccio
incrementale. Infatti, in disparte ogni considerazione sugli effetti (totalmente disapplicativi) della normativa nell’ipotesi di unicità e/o singolarità dell’investimento e della conseguente impossibilità di paragonarlo ad uno tradizionale, la normativa (art. 23, comma 3, Regolamento 800/2008) prevede, ai fini de quibus , la comparazione con un investimento analogo sotto il profilo tecnico: ‘i costi ammissibili corrispondono ai sovraccosti sostenuti dal beneficiario rispetto ai costi connessi ad una centrale elettrica tradizionale o ad un sistema di riscaldamento tradizionale di pari capacità in termini di produzione effettiva di energia’. La normativa prevede, in altri termini, come necessaria la comparazione, per le fonti energetiche rinnovabili, con altro investimento ‘tradizionale’ quale requisito dell’agevolazione.
Come recentemente affermato da questa Corte «il riferimento al metodo del c.d. ‘approccio incrementale’, che, per quanto attiene al periodo di realizzazione dell’impianto fotovoltaico di cui si discute nel presente giudizio, va inquadrato nella normativa europea di riferimento del regolamento n. 800/2008/CE (cfr., in particolare, gli artt. 18 e 23) , sta solo ad individuare il quantum incentivabile, consistente nella differenza tra il valore dell’investimento ambientale con riferimento alla realizzazione di detto impianto ed il valore di un impianto equivalente alimentato ad energia fossile, senza valorizzazione di altri elementi (come ad esempio altri incentivi, canoni di leasing o simili)» (Cass. 02/05/2024, n. 11868).
È opportuno, stante l’assenza di specifici precedenti sul punto, enunciare il seguente principio di diritto: ‘l’agevolazione prevista dalla cd. Tremonti Ambiente (art. 6 l. 388/2000) presuppone la necessità della comparazione tra l’investimento ‘ambientale’ che consente di prevenire, ridurre o riparare i danni causati all’ambiente dall’attività d’impresa (ad es. l’impianto da fonti rinnovabili), e l’investimento tradizionale equivalente (ad es. impianto alimentato da energia fossile) ‘ .
2.9. Coglie, invece, nel segno la seconda censura, oggetto del motivo in scrutinio, ovvero l’erronea applicazione della normativa comunitaria (del 2001 in luogo di quella del 2008, che esclude -art. 23 -dal computo dei costi ammissibili i vantaggi ed i costi operativi).
Nella specie, infatti, ai fini della determinazione del sovraccosto ammissibile l’Agenzia ha calcolato i costi di manutenzione per cinque anni ed i costi per l’acquisto del gasolio dell’impianto tradizionale per cinque anni (cfr. schema di calcolo riportato nel controricorso).
La decisione adottata dalla CTR risulta pertanto non condivisibile e difforme rispetto al dettato normativo perché il giudice dell’appello non ha considerato che, secondo l’art. 23 del Regolamento n. 800/2018, applicabile al caso di specie, i costi operativi (tali essendo sia quelli di manutenzione sia quelli per l’acquisto del gasolio per l’operatività dell’impianto tradizionale) non vanno presi in considerazione nel calcolo del sovraccosto ammissibile.
Anche sotto questo aspetto, in assenza di precedenti di questa Corte, è utile l’enunciazione del seguente principio di diritto: ‘ nella quantificazione del valore dell’investimento consistente nella realizzazione di un impianto fotovoltaico, ai sensi dell’art. 23, paragrafo 3, del Regolamento 800/2008, i costi ammissibili, corrispondenti ai sovraccosti sostenuti dal beneficiario rispetto ai costi connessi ad un impianto tradizionale, devono essere calcolati senza prendere in considerazione i vantaggi ed i co sti operativi’ .
3. In conclusione, va accolto, per quanto di ragione, il secondo motivo di ricorso, e rigettato il primo; la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, Sezione Staccata di Latina, in diversa composizione, perché proceda a nuovo esame in relazione alla censura accolta, ovvero alla quantificazione dei costi ammissibili, senza considerare i costi operativi, ed alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie per quanto di ragione il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, Sezione Staccata di Latina, perché, in diversa composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo giudizio limitatamente alla censura accolta, provvedendo anche a regolare le spese del giudizio di legittimità tra le parti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5 marzo 2025.