Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30610 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30610 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso 11561/2022 proposto da:
COGNOME NOME, nato a Silandro (BZ) il DATA_NASCITA e residente in 39021 Laces (INDIRIZZO), alla INDIRIZZO (C.F.: CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME, nato a Laces (BZ) l’DATA_NASCITA e residente a INDIRIZZO Laces (BZ), Plantil n. 29 (C.F.: CODICE_FISCALE), rappresentati e difesi, giusta procura in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO (C.F.: CODICE_FISCALE) del Foro di Treviso (pec:
; fax: NUMERO_TELEFONO) e dal Prof.
AVV_NOTAIO (C.F.: CODICE_FISCALE) del Foro di Roma, presso il cui studio elegge domicilio in Roma, alla INDIRIZZO (pec: ; fax NUMERO_TELEFONO);
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: CODICE_FISCALE), in persona del Direttore Generale pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale
Avviso
liquidazione
imposta
registro
–
Agevolazione
proprietà
montana
Arrotondamento
Sistema tavolare
dello Stato (C.F.: CODICE_FISCALE) e presso la stessa domiciliata in Roma alla INDIRIZZO;
– controricorrente –
-avverso la sentenza n. 83/2021 emessa dalla Commissione tributaria di secondo grado di Bolzano in data 22/10/2021 e non notificata; udita la relazione della causa svolta dal AVV_NOTAIO.
Rilevato che
COGNOME NOME e NOME NOME impugnavano un avviso di liquidazione per maggiore imposta di registro loro notificato dall’RAGIONE_SOCIALE per aver beneficiato dell’agevolazione per la proprietà montana senza che sussistesse lo scopo di arrotondamento/accorpamento di proprietà diretto-coltivatrici.
La Commissione tributaria di primo grado di Bolzano accoglieva il ricorso, ritenendo che sussistessero i presupposti per l’applicazione dell’agevolazione.
Sull’impugnazione dell’RAGIONE_SOCIALE, la CT di secondo grado di Bolzano accoglieva il gravame, evidenziando che il duplice trasferimento (realizzato attraverso due contestuali atti di permuta) RAGIONE_SOCIALE particelle 417/1 e 425 C.C. Vezzano, prima dal l’COGNOME al COGNOME e poi da quest’ultimo ad NOME, doveva essere analizzato atomisticamente e che, avendo il COGNOME acquistato e ceduto nello stesso atto le dette particelle, le stesse non erano mai state accorpate al maso chiuso di sua proprietà, con la conseguenza che non si erano realizzati i presupposti per l’applicazione dell’agevolazione prevista dall’art. 9, comma 2, dPR n. 601/1973.
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME e NOME sulla base di sei motivi. L’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Considerato che
Con il primo motivo i ricorrenti deducono la violazione degli artt. 20 e 27 dPR n. 131/1986 e 1 Parte Prima della Tariffa allegata al medesimo dPR, con riferimento agli artt. 2 e 5 rd 28 marzo 1929, n. 499, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5), c.p.c., per non aver la CTR considerato che
l’accordo negoziale RAGIONE_SOCIALE parti era soggetto alla condizione di efficacia della successiva intavolazione, che un negozio consensuale di alienazione di un bene immobile sottoposto al regime tavolare appariva sostanzialmente assimilabile ad un atto sottoposto ad una condizione sospensiva (con la conseguenza che sarebbe comunque soggetto, ai sensi dell’art. 27 del T.U.R., al pagamento dell’imposta in misura fissa), che le particelle 417/1 e 425 erano transitate dall’COGNOME all’NOME solo per il tramite del G luderer e che il negozio trilaterale aveva condotto all’arrotondamento/accorpamento alla proprietà diretto -coltivata in capo all’NOME.
1.1. Il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.
Emerge dalla sentenza impugnata e dagli atti di parte che <> (così il ricorso, pag. 7, punto 6.).
Con l’avviso di liquidazione l’RAGIONE_SOCIALE ha contestato ai contribuenti, in qualità di coobbligati, la decadenza dall’agevolazione prevista dall’art. 9, comma 2, del dPR n. 601/73, per difetto del requisito oggettivo dell’arrotondamento -accorpamento previsto dalla norma agevolatrice (ancora il ricorso, pag. 3, punto a. , che richiama l’avviso in questione, indicato come allegato 2).
COGNOME e COGNOME hanno impugnato l’avviso <> (così la narrativa della sentenza di primo grado, indicata come allegato 3 al ricorso, riportata per sintesi anche a pag. 2 del controricorso).
In sede di appello, l’RAGIONE_SOCIALE ha contestato la configurabilità dei presupposti per il riconoscimento dell’agevolazione e i contribuenti hanno chiesto, in via
principale, di dichiarare l’inammissibilità dell’atto di appello e in via subordinata di respingerlo <> (così la narrativa della sentenza impugnata).
1.2. La materia giustiziabile è stata quindi definita in virtù della formulazione del ricorso e dello svolgimento RAGIONE_SOCIALE fasi processuali che ne sono scaturite, nel senso che il petitum immediato è l’annullamento dell’avviso, quello mediato l’applicazione dell’aliquota in misura fissa dell’imposta di registro, ma la causa petendi è la spettanza dell’agevolazione prevista dall’art. 9, secondo comma, del d PR n. 601/73.
Il motivo è, quindi, inammissibile nella parte in cui si sostiene che l’imposta fissa sia dovuta in base all’art. 27 del d PR n. 131/86, poiché il negozio consensuale di alienazione di un bene immobile sottoposto al regime tavolare è assimilabile a un atto sottoposto a condizione sospensiva.
1.3. Né è predicabile l’esercizio del potere di qualificare la domanda in modo diverso rispetto a quanto prospettato dalle parti, il quale richiede, appunto, che la causa petendi rimanga identica (Cass., sez. 3, Ordinanza 17/04/2024, n. 10402).
Per giurisprudenza costante, difatti, la Corte di cassazione può ritenere fondata la questione sollevata dal ricorso e, così, accoglierla, per una ragione di diritto anche diversa da quella prospettata dal ricorrente, purché la riqualificazione operata sulla base dei fatti per come accertati nelle fasi di merito, fermo restando che l’esercizio del potere di qualificazione non deve confliggere con il principio del monopolio della parte nell’esercizio della domanda e RAGIONE_SOCIALE eccezioni in senso stretto (Cass., 5 ottobre 2021, n. 26991; Cass., 13 ottobre 2020, n. 22037; Cass., 28 luglio 2017, n. 18775; Cass., 24 luglio 2014, n. 16867; Cass., 14 febbraio 2014, n. 3437; Cass., 22 marzo 2007, n. 6935; Cass., 29 settembre 2005, n. 19132).
Quanto al profilo concernente la spettanza dell’agevolazione, ai sensi dell’art. 2 del R.D. n. 499 del 1929 (modificato dalle leggi n. 594 del 1974 e 564 del 1977), nei territori italiani già facenti parti dell’impero austroungarico, nei quali vige il cosiddetto sistema tavolare, il consenso manifestato dai contraenti alla stipulazione di un atto di trasferimento della
proprietà o di altro diritto reale su beni immobili, genera nell’acquirente un diritto di natura personale nei confronti dell’alienante e non quindi idoneo ad effettuare il trasferimento in questione, il quale si verifica solo con l’intavolazione dell’atto nel libro fondiario (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 1356 del 22/02/1996; Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 29806 del 27/10/2023).
Ciò non toglie che, sul piano fiscale, per scelta dei contraenti, si fosse in presenza di un duplice atto di permuta e che, a maggior ragione se si considera che, nel sistema tavolare, l’effetto del trasferimento dei diritti reali immobiliari si verifica a seguito dell’iscrizione nel libro fondiario, al momento della prima permuta (intercorsa tra l’COGNOME ed il COGNOME) non si era realizzato il requisito oggettivo, necessario per conseguire i benefici fiscali della piccola proprietà montana, dell’arrotondamento/accorpamento previsto dall’art. 9, comma 2, d.P.R. n. 601/1973.
Né potrebbe, come invocato dai contribuenti, considerarsi l’operazione complessivamente, atteso che, ripetesi, per loro libera scelta negoziale, i contraenti hanno scelto di stipulare, sia pure contestualmente, due atti di permuta.
Del resto, gli odierni ricorrenti neppure hanno ipotizzato una interposizione fittizia sul piano soggettivo, tale da evidenziare che il passaggio di proprietà sarebbe avvenuto direttamente tra l’COGNOME e l’COGNOME. Anzi, al contrario: hanno riconosciuto che le particelle sono <> (così a pag. 14 del ricorso).
Va, pertanto, enunciato il seguente principio di diritto: <>.
Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 9, comma 2, d.P.R. n. 601/1973, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5), c.p.c., per non aver la CTR considerato che il contratto oggetto di imposizione era plurilaterale e, nel suo complesso, idoneo a soddisfare gli scopi di cui al predetto art. 9.
Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano la violazione dell’art. 9, comma 2, dPR n. 601/1973, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5), c.p.c., per non aver la CTR considerato che unico era l’accordo complesso a cui avevano partecipato i tre soggetti, tutti uniti dalla volontà di far transitare i terreni dall’COGNOME all’NOME e che, in ogni caso, tutti gli atti di trasferimento effettivamente compiuti sarebbero conformi allo scopo indicato dall’art. 9 citato.
Con il quarto motivo i ricorrenti si dolgono della violazione dell’art. 9, comma 2, dPR n. 601/1973, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5), c.p.c., per non aver la CTR considerato che, valutando l’atto nel suo complesso, il risultato sarebbe sempre e comunque conforme con lo scopo di ottenere un arrotondamento e/o accorpamento.
Con il quinto motivo i ricorrenti denunziano la violazione dell’art. 9, comma 2, dPR n. 601/1973, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5), c.p.c., per non aver la CTR considerato che il risultato di ottenere un arrotondamento o un accorpamento di proprietà diretto-coltivatrici si ottiene sia guardando alla prima permuta sia analizzando l’atto notarile nella sua complessità.
Con il sesto motivo i ricorrenti deducono la violazione dell’art. 9, comma 2, dPR n. 601/1973, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5), c.p.c., per aver la CTR ritenuto, valorizzando l’irrilevante piano soggettivo, che il NOME avrebbe acquistato i terreni già sapendo che li avrebbe ceduti
all’NOME e, pertanto, mancando in lui la volontà di realizzare l’accorpamento. 8. I motivi, da trattarsi congiuntamente, siccome strettamente connessi (riguardando tutti, sia pure sotto diversi angoli visuali -a volte, peraltro, integralmente sovrapponibili , l’asserita violazione dell’art. 9, comma 2, dPR n. 601/1973), sono infondati.
Nel richiamare le considerazioni già espresse nell’analizzare il primo motivo, va qui aggiunto che l’applicazione dell’imposta di registro va fatta sempre secondo la natura e il contenuto dell’atto, desumibile esclusivamente dalle sue clausole, prescindendo dalla corrispondenza fra le dichiarazioni e la volontà dei dichiaranti e dallo scopo pratico da essi perseguito: conseguentemente, le indagini dell’ufficio finanziario debbono essere circoscritte alla intrinseca natura ed agli effetti dell’atto, cosi come risultano dall’oggettiva struttura RAGIONE_SOCIALE sue clausole unitariamente considerate secondo quanto da esse manifestato, essendo sufficiente e, al tempo stesso, necessario, ai fini dell’applicazione dell’imposta nella misura e secondo le regole corrispondenti, che sia stato voluto l’atto con le pattuizioni e le clausole in esso indicate, mentre è irrilevante, agli stessi fini, che siano stati realmente voluti i rispettivi obblighi ed effetti, da esso normalmente derivanti (vedi già Cass., Sez. 1, Sentenza n. 4374 del 03/07/1986).
Da ciò consegue che assumono rilevanza, ai fini impositivi, non già la comune intenzione RAGIONE_SOCIALE parti, anche considerando il loro successivo comportamento (come impone l’art. 1362 cod. civ.), ma per chiaro dettato normativo l’intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto sulla scorta di un’indagine testuale, di natura letterale e sostanziale, d i esso.
In quest’ottica, si è affermato che, in tema di imposta di registro, l’art. 20 del d.P.R. n. 131 del 1986 è una disposizione specifica, propria dell’interpretazione fiscale, che ha natura autonoma e derogatoria rispetto alle comuni regole civilistiche dell’interpretazione negoziale (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 16681 del 17/06/2024).
Da ultimo, non corrisponde a verità la tesi esposta con il sesto motivo, avendo, di contro, la CTR valorizzato proprio l’aspetto oggettivo (nell’ottica della mancanza dell’arrotondamento -accorpamento previsto dalla norma
agevolatrice), anziché quello soggettivo. D’altronde, il precedente richiamato in ricorso (Cass., Sez. 5, n. 2168 del 30/01/2020) non giova alle ragioni dei contribuenti, posto che comunque in quell’occasione si è sottolineato che l’agevolazione in questio ne è sì applicabile anche nel caso di acquisto della proprietà per usucapione ordinaria dei fondi rustici ricompresi nei territori montani, ma pur sempre in quanto l’acquisto realizzi il risultato di arrotondamento o di accorpamento di proprietà direttocoltivatrici, singole o associate.
Alla stregua RAGIONE_SOCIALE considerazioni che precedono, il ricorso non merita accoglimento. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
rigetta il ricorso;
condanna i ricorrenti al rimborso RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio, che si liquidano in € 6.000,00 per compensi, oltre a spese prenotate a debito; ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, se dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 25.10.2024.