Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25239 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25239 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 5032/2018 proposto da:
NOME COGNOME nato in S. Angelo all’Esca (AV) il 23 -6-1933 (C.F.: CODICE_FISCALE , rappresentato e difeso dall’ Avv. NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE; fax: NUMERO_TELEFONO; pec: EMAIL);
-ricorrente –
contro
Roma Capitale (C.F. P_IVA), in persona del legale rappresentante p.t., con sede in Roma, alla INDIRIZZO, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME ;
-controricorrente –
-avverso la sentenza n. 4936/10/2017 emessa dalla CTR Lazio in data 08/08/2017 e non notificata;
Avvisi accertamento Ici Pertinenza abitazione principale -Agevolazione ‘prima casa’
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
COGNOME NOME impugnava avvisi di accertamento Ici notificatigli da Roma Capitale concernenti gli anni dal 2008 al 2011.
La CTP di Roma accoglieva il ricorso, ritenendo l’immobile in oggetto una pertinenza dell’abitazione principale del contribuente.
Sull’impugnazione di Roma Capitale, la CTR del Lazio accoglieva il gravame, affermando che l’unità immobiliare che il contribuente considerava pertinenza dell’abitazione principale era riportata in catasto nella cat. A/2 e, quindi, trattandosi di un’abi tazione di tipo civile, non poteva essere considerata ‘pertinenza’ ed usufruire, quindi, dell’agevolazione prevista per la prima abitazione, laddove la procedura di fusione delle due unità immobiliari era stata posta in essere dal contribuente solo l’1.7.2 014, con la conseguenza che esclusivamente da tale data aveva iniziato a produrre i suoi effetti.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME Rosario sulla base di cinque motivi. Roma Capitale ha resistito con controricorso.
In prossimità dell’adunanza camerale il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c., l’omessa pronuncia sull’eccezione di acquiescenza, con conseguente formazione del giudicato sul punto, in ordine all’affermazione, resa dalla CTP, secondo cui l’interno 13 costituiva ‘pertinenza’ dell’interno 11 (vale a dire, dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale).
1.1. Il motivo è inammissibile, atteso che il ricorrente, dopo aver denunciato in rubrica il vizio di omissione di pronuncia, ha sostenuto che la CTR avrebbe implicitamente accolto la sua eccezione nel momento in cui ha escluso dall’agevolazione le ‘pertinenze’ catastalmente iscritte in categoria corrispondente ad abitazione di tipo civile.
In quest’ottica, il ricorrente difetterebbe, per sua stessa ammissione, dell’interesse ad impugnare.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), c.p.c., per essere la CTR incorsa in extrapetizione, non avendo Roma Capitale dedotto che la pertinenza era assoggettabile a tassazione separata perché iscritta catastalmente in categoria corrispondente a civile abitazione, ma solo che la ‘pertinenza’ era iscritta in catasto autonomamente e che, per l’effetto, era assoggettabile a tassazione autonoma.
2.1. Il motivo è infondato.
Alla stregua del tenore dell’atto di appello trascritto dal ricorrente alle pagine da sei a nove del ricorso, le doglianze di Roma Capitale si fondavano sostanzialmente su due argomenti: 1) che le unità immobiliari accertate costituivano due distinte unità, in quanto tali assoggettabili autonomamente ad imposta; 2) che in una evenienza del genere il contribuente è tenuto, per beneficiare dell’agevolazione ‘prima casa’, a presentare una pratica di fusione delle distinte unità immobiliari all’Agenzia del Territorio.
I principi relativi alla necessaria specificità dei motivi d’appello – secondo cui la manifestazione volitiva dell’appellante, indirizzata ad ottenere la riforma della sentenza impugnata, deve essere sorretta da una parte argomentativa, idonea a contrastare la motivazione di quest’ultima e proporzionata alla sua maggiore o minore specificità – vanno coordinati con il principio che, mentre nell’accertamento del fatto è necessario giudicare iuxta alligata et probata , alla soluzione delle questioni di diritto presiede il principio iura novit curia di cui all’art. 113 c.p.c., la cui applicazione non comporta la violazione del divieto di extrapetizione di cui all’art. 112 (Cass., Sez. L, Sentenza n. 11934 del 18/11/1995; conf. Cass., Sez. L, Sentenza n. 7190 del 25/03/2010).
Non incorre, infatti, nel vizio di extrapetizione il giudice d’appello che proceda alla valutazione di profili giuridici che, pur riferendosi alle questioni sottoposte alla sua cognizione, non risultino espressamente contemplati nei
motivi di impugnazione, giacchè, in aderenza al principio iura novit curia , la ricerca ed applicazione della norma astratta al caso concreto rientra nei suoi compiti istituzionali.
Del resto, la CTR ha valorizzato, in particolare, il secondo argomento speso da Roma Capitale, affermando che la procedura di fusione delle due unità immobiliari era stata posta in essere dal contribuente solo l’1.7.2014, con la conseguenza che esclusivamente da tale data aveva iniziato a produrre i suoi effetti.
Con il terzo motivo il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 817 c.c., 2 e 8 d.lgs. n. 504/1992 e 52 e 59 d.lgs. n. 446/1997, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., per non aver la CTR indicato sulla base di quale norma aveva ritenuto che, ai fini Ici, potevano essere considerate pertinenze esclusivamente le unità immobiliari, iscritte in catasto con autonoma rendita, classificate o classificabili nelle categorie diverse da quelle ad uso abitativo, e per non aver considerato che la natura pertinenziale di un immobile è desumibile dalla sua destinazione di fatto, e non dal suo accatastamento catastale.
Con il quarto motivo il ricorrente rileva la violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 8 d.lgs. n. 504/1992 e 52 e 59 d.lgs. n. 446/1997, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., per non aver considerato che l’unica condizione che es clude l’applicazione dell’aliquota agevolata è la circostanza che il complesso abitativo non trascenda la categoria catastale delle unità che lo compongono, laddove, nel caso di specie, all’unico immobile derivato dalla fusione era stata attribuita la stes sa categoria catastale (A7′) assegnata alle singole unità precedenti la fusione.
Il terzo ed il quarto motivo, da trattarsi congiuntamente, siccome strettamente connessi, sono fondati.
Va premesso che non è applicabile alla fattispecie in esame l’art. 10, comma 3-bis, dPR n. 917/1986 (T.U. delle imposte sui redditi) invocato da Roma Capitale (cfr. pag. 10 del controricorso), atteso che lo stesso si riferisce al reddito dell’unità immobil iare adibita ad abitazione principale ed a quello delle relative pertinenze ai fini della formazione del reddito complessivo.
Ciò debitamente premesso, i benefici per l’acquisto della “prima casa” previsti dall’art. 2 del decreto-legge 7 febbraio 1985, n. 12, convertito con modificazioni dalla legge 5 aprile 1985, n. 118, possono riguardare anche alloggi risultanti dalla riunione di più unità immobiliari, purchè le stesse siano destinate dall’acquirente, nel loro insieme, a costituire un’unica unità abitativa: pertanto, il contemporaneo acquisto di due appartamenti non è di per sé ostativo alla fruizione di tali benefici, a condizione che l’alloggio così complessivamente realizzato rientri, per la superficie, per il numero dei vani e per le altre caratteristiche specificate dall’art. 13 della legge 2 luglio 1949, n. 408, nella tipologia degli alloggi “non di lusso” (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 24986 del 24/11/2006; conf. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 4739 del 25/02/2008, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 6613 del 23/03/2011, Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 9030 del 06/04/2017).
In quest’ottica, in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), il contemporaneo utilizzo di più unità catastali non costituisce ostacolo all’applicazione, per tutte, dell’aliquota agevolata prevista per l’abitazione principale (agevolazione trasformatasi in totale esenzione, ex art. 1, d.l. 27 maggio 2008, n. 93, a decorrere dal 2008), sempre che il derivato complesso abitativo utilizzato non trascenda la categoria catastale delle unità che lo compongono, assumendo rilievo a tal fine non il numero delle unità catastali, ma l’effettiva utilizzazione ad abitazione principale dell’immobile complessivamente considerato (anche nel caso in cui si tratti di immobili catastalmente distinti), ferma restando la spettanza della detrazione prevista dal comma 2 dell’art. 8 d.lgs. n. 504 del 1992 una sola volta per tutte le unità (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 25902 del 29/10/2008; conf. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 25729 del 09/12/2009, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 3393 del 12/02/2010, Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 15198 del 03/07/2014, Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 17015 del 25/06/2019; cfr. altresì, di recente, Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 21121 del 24/07/2025, secondo cui «In tema di ICI, il contemporaneo utilizzo di più unità immobiliari abitative consente l’applicazione alle stesse dell’aliquota agevolata (trasformatasi in totale esenzione ex art. 1 del d.l. n. 93 del 2008,
conv. con modif. dalla l. n. 126 del 2008, vigente ratione temporis ), prevista per l’abitazione principale, quando l’insieme di tali unità non trascende la categoria catastale dei singoli immobili che lo compongono, assumendo rilievo, a tal fine, non il loro numero, ma l’effettivo impiego ad abitazione principale dell’immobile complessivamente, unitariamente e funzionalmente considerato, anche nel caso in cui si tratti di immobili catastalmente distinti»).
Orbene, in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’art. 2, comma primo, lett. a), d.lgs. n. 504 del 1992, definendo, ai fini di tale imposta, la nozione di fabbricato ed escludendo l’autonoma tassabilità delle aree pertinenziali alle costruzioni, presuppone l’accezione di pertinenza di cui all’art. 817 c.c., senza che valga ad escludere il nesso pertinenziale la mera distinta iscrizione in catasto della pertinenza e del fabbricato e senza che in proposito rilevi il disposto dell’art. 59, comma primo, lett. d), d.lgs. n. 446 del 1997 (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 17035 del 26/08/2004).
In particolare, in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’esclusione dell’autonoma tassabilità delle aree pertinenziali, prevista dall’art. 2 del d.lgs. n. 504 del 1992, si fonda sull’accertamento rigoroso dei presupposti di cui all’art. 817 c.c., desumibili da concreti segni esteriori dimostrativi della volontà del titolare, consistenti nel fatto oggettivo che il bene sia effettivamente posto, da parte del proprietario del fabbricato principale, a servizio (o ad ornamento) del fabbricato medesimo e che non sia possibile una diversa destinazione senza radicale trasformazione, poiché, altrimenti, sarebbe agevole per il proprietario al mero fine di godere dell’esenzione creare una destinazione pertinenziale che possa facilmente cessare (Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 15668 del 23/06/2017).
Ne deriva che, da un lato, l’inquadramento catastale dell’unità immobiliare ‘accessoria’ rispetto a quella principale è di per sé irrilevante ai fini del riconoscimento dell’aliquota agevolata e, dall’altro, la CTR ha omesso del tutto di verificare sia la sussistenza o meno delle condizioni prescritte dall’art. 817 c.c. sia se l’alloggio così complessivamente realizzato rientri, per la superficie, per il numero dei vani e per le altre caratteristiche
specificate dall’art. 13 della legge 2 luglio 1949, n. 408, nella tipologia degli alloggi “non di lusso”.
Con il quinto motivo il ricorrente deduce, in via subordinata, la violazione dell’art. 91 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., per aver la CTR liquidato le spese processuali in favore della controparte nonostante si fosse difes a personalmente senza l’ausilio di un difensore.
6.1. Il motivo resta assorbito nell’accoglimento del terzo e del quarto motivo.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, in accoglimento del terzo e del quarto motivo, la sentenza impugnata va cassata, con conseguente rinvio della causa, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio.
P.Q.M.
accoglie il terzo ed il quarto motivo del ricorso, rigetta i primi due, dichiara assorbito il quinto, cassa la sentenza impugnata con riferimento ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in differente composizione. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 09.09.2025.