Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32296 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 32296 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 18754/2023 R.G. proposto da:
COGNOME , elettivamente domiciliato in BRESCIA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA di CORTE GIUST.TRIB. II GRADO SEZ.DIST. BRESCIA n. 700/2023 depositata il 22/02/2023.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 03/07/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto.
Uditi l’avv. NOME COGNOME per il ricorrente e l’avv. NOME COGNOME per la controricorrente.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME impugnava l’avviso di liquidazione con il quale l’Agenzia delle entrate aveva disconosciuto l’agevolazione fiscale per acquisto ‘prima casa’, in quanto il contribuente non aveva rispettato « l’impegno assunto in atto di alienare entro un anno dalla data del nuovo acquisto (6 marzo 2017), l’immobile preposseduto, sito in Comune di Botticino (BS), INDIRIZZO, così come previsto dal comma 55, dell’articolo 1 della legge 208/2015 », recuperando la maggiore IVA dovuta e irrogando le sanzioni.
L’Ufficio aveva accertato che il nuovo immobile era stato acquistato il 6 marzo 2017 mentre l’immobile preposseduto dal Signor COGNOME era stata ceduto a titolo oneroso il successivo 27 luglio 2018.
Il ricorrente deduceva che i lavori di completamento dell’immobile erano stati ultimati il 1 settembre 2017 mentre l’agibilità era stata richiesta il 13 dicembre 2017, cosicché la vendita dell’immobile preposseduto era avvenuta entro l’anno dalla completa realizzazione dell’immobile acquistato e dall’ottenimento dell’agibilità dello stesso immobile; segnalava che gli atti di prassi riferiscono il decorso del termine annuale alla data di consegna dell’immobile, da identificarsi in questo caso con il completamento dell’opera e l’ottenimento dell’agibilità.
La Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Brescia rigettava il ricorso e la Corte di giustizia tributaria di secondo grado (CGT) della Lombardia respingeva l’appello del contribuente, osservando che l’agevolazione spetta a condizione che l’immobile preposseduto sia alienato « entro un anno dalla data dell’atto », da riferirsi al rogito e non alla consegna dell’immobile all’interessato, e ritenendo irrilevanti gli atti di prassi invocati dal contribuente: la Circolare 8 aprile 2016 n. 12/E discorreva genericamente di ‘nuovo acquisto’ mentre la risposta all’Interpello n. 909 -881/2017 della Direzione
Regionale dell’Emilia Romagna, oltre a provenire da un organo periferico, riguardava una fattispecie diversa in cui l’ultimazione della costruzione derivava da fatto di terzi (a seguito di contratto d’appalto).
La CGT rilevava che nel caso in esame il ricorrente aveva acquistato al rogito possesso e materiale disponibilità del nuovo immobile, ove aveva da subito attivato le utenze varie, indicative di un utilizzo della casa, i cui lavori di ultimazione e finitura erano, secondo gli accordi con la società venditrice, di sua spettanza, cosicché non solo non ricorreva una formale ‘consegna’ diversa dalla materiale disponibilità ottenuta con la stipula dell’atto d’acquisto, ma non sussistevano neppure i presupposti della c.d. ‘forza maggiore’, dipendendo i fatti solo ed esclusivamente dalla volontà del ricorrente.
Non vi era stata lesione del diritto al contraddittorio, perché per l’accertamento utilizzato dall’Ufficio nella fattispecie concreta non è previsto l’obbligo del preventivo contraddittorio; inoltre il contribuente non poteva lamentare un danno risarcibile per essersi adeguato alle indicazioni fornite dall’Agenzia finanziaria, che erano state mal interpretate, né per non avere ottenuto lo sgravio, in via di autotutela, dell’atto impugnato perché la presentazione di un’istanza di annullamento non comporta l’automatico accoglimento da parte dell’Amministrazione, tantomeno quando questa non riscontri alcun vizio di legittimità dell’atto emanato.
Infine, le sanzioni erano state legittimamente irrogate, non ricorrendo incertezza normativa oggettiva e neppure un legittimo affidamento.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione il contribuente che si è affidato ad otto motivi.
9 . Ha resistito con controricorso l’Agenzia delle entrate.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce « Nullità della sentenza per motivazione apparente (art. 360, n. 4, c.p.c.) (con riferimento alle eccezioni nn. 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 7 dell’appello) » in quanto il COGNOME aveva gravato la sentenza di prime cure « sulla base di sette motivi in diritto e merito nonché di otto elementi probatori » ma la CGT non ne aveva dato conto e si era « limitata a ricopiare, errori di battitura compresi, le controdeduzioni dell’Ufficio».
1.1. Il motivo è infondato.
1.2. Non essendo più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e danno luogo a nullità della sentenza -di ‘mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata (Cass. n. 23940 del 2018; Cass. sez. un. 8053 del 2014), a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (v., ultimamente, anche Cass. n. 7090 del 2022). Questa Corte ha, altresì, precisato che « la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture » (Cass., sez. un., n. 22232 del 2016; conf. Cass. n. 9105 del 2017, secondo cui ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, nella duplice
manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il Giudice di merito ometta di indicare, nella sentenza, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indichi tali elementi in modo da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento).
1.3. Va considerato, inoltre, che il giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze che ritenga più attendibili e idonee alla formazione dello stesso, né gli è richiesto di dar conto, nella motivazione, dell’esame di tutte le allegazioni e prospettazioni delle parti e di tutte le prove acquisite al processo, essendo sufficiente che egli esponga – in maniera concisa ma logicamente adeguata – gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione e le prove ritenute idonee a confortarla, dovendo reputarsi implicitamente disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo svolto (Cass. n. 29730 del 2020; Cass. n. 520 del 2005).
1.4. Come si desume anche dalla superiore espositiva, la motivazione della sentenza impugnata va ben oltre il c.d. ‘minimo costituzionale’, avendo dato risposta chiaramente intelligibile sulle questioni essenziali prospettate, dovendosi ritenere rigettati gli argomenti difensivi non specificamente esaminati. Né può rinvenirsi un vizio invalidante la pronuncia nel recepimento di brani dell’avviso di accertamento, atteso il principio consolidato di questa Corte sul tema, secondo cui la sentenza la cui motivazione si limiti a riprodurre il contenuto di un atto di parte (o di altri atti processuali o provvedimenti giudiziari), senza niente aggiungervi, non è nulla qualora le ragioni della decisione siano, in ogni caso, attribuibili all’organo giudicante e risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo (Cass. n. 29028 del 2022; Cass. n. 642 del 2015).
Con il secondo motivo si deduce « Nullità della sentenza per violazione dell’art. 24, D.Lgs. n. 546/1992 in combinato disposto con l’art. 52, cc. 2 e 2 -bis, D.P.R. n. 131/1986 (art. 360, n. 3, c.p.c.)», laddove la CGT non aveva rilevato l’inammissibilità delle integrazioni all’atto impositivo effettuate dall’Agenzia con la memoria nel giudizio di primo grado, in particolare quelle relative all’allaccio delle utenze subito dopo il nuovo acquisto e alla vendita dell’immobile preposseduto al coniuge; l’avviso impugnato si era limitato a contestare la decadenza dal regime di favore per asserita cessione dell’immobile preposseduto oltre l’anno, cosicché con le successive integrazioni vi era stata una ‘motivazione postuma’ dell’atto in violazione dell’art. 52, cit., secondo cui « La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che lo hanno determinato », e dell’art. 24, cit., che consente solo l’integrazione dei motivi di ricorso.
2.1. Il motivo è infondato.
2.2. Va considerato che, secondo orientamento consolidato di questa Corte, l’obbligo di motivazione dell’avviso di accertamento in rettifica o dell’atto di liquidazione, avendo la funzione di delimitare l’ambito delle ragioni deducibili dall’Ufficio nell’eventuale successiva fase contenziosa e, al contempo, di consentire l’esercizio del diritto di difesa del contribuente, deve ritenersi adempiuto mediante l’enunciazione del criterio astratto, in base al quale la rettifica è stata operata, poiché solo nella fase contenziosa l’Amministrazione ha l’onere di provare l’effettiva sussistenza dei presupposti fattuali per l’applicazione del criterio prescelto tenuto conto dei motivi di impugnazione del ricorrente (Cass. n. 24449 del 2022; Cass. 33327 del 2023; Cass. n. 22148 del 2017; Cass. n. 1861 del 2018).
2.3. Ricorre la cd. ‘motivazione postuma’ quando l’atto tributario sia emesso privo o carente di motivazione che l’Amministrazione non può tardivamente integrare, in funzione sanante, in sede
contenziosa (Cass. n. 16573 del 2024; Cass. n. 11284 del 2022); in questo caso, invece, l’avviso impugnato riportava ab origine la chiara esposizione delle ragioni di fatto e di diritto su cui si fondava, con un grado di determinatezza ed intellegibilità che permetteva al contribuente l’esercizio non difficoltoso del proprio diritto di difesa, indicando la ragione del mancato riconoscimento dell’agevolazione ‘prima casa’ (mancata alienazione dell’immobile preposseduto nel termine di un anno dall’acquisto del nuovo immobile); le circostanze fattuali dedotte dall’Ufficio nel corso del giudizio non integravano la motivazione dell’atto né modificavano il fatto costitutivo della pretesa impositiva ma servivano a contrastare la difesa del contribuente e a dimostrare che « la nuova abitazione era di fatto usufruibile» e che il contribuente «ben avrebbe potuto procedere nel termine decadenziale di un anno » alla vendita dell’immobile preposseduto. Come efficacemente osservato dalla CGT, si trattava di « mere argomentazioni in fatto di carattere difensivo », in mancanza delle quali « la contestazione di decadenza dell’agevolazione della prima casa per vendita oltre l’anno dell’immobile, sarebbe rimasta immutata ».
Con il terzo motivo si deduce « Nullità della sentenza per violazione dell’art. 1, c. 55, l. n. 208/2015 in combinato disposto con le voci 39 e 21, Tabella A, parte II, D.P.R. n. 633/1972 e la nota II-bis, c. 1, Tariffa, parte prima, D.P.R. 26 aprile 1985, n. 131 (art. 360, n. 3, c.p.c.)», laddove la CGT ha ritenuto che il termine annuale entro il quale l’immobile preposseduto deve essere alienato decorre dall’atto di acquisto del nuovo immobile e non dalla sua consegna, come ritenuto dalla stessa Amministrazione con la risposta ad Interpello n. 909-881/2017 in un caso del tutto corrispondente a quello in esame.
3.1. Il motivo è infondato.
3.2. Secondo il combinato disposto delle voci 39 e 21, Tabella A, parte II, d.P.R. n. 633/1972 con la nota IIbis , c. 1, Tariffa, parte
prima, d.P.R. 26 aprile 1985, n. 131, il beneficio fiscale in oggetto consente al contribuente che acquista un immobile di usufruire dell’aliquota IVA del 4%, in luogo di quella ordinaria del 10%, nei casi in cui: l’immobile sia posto nel Comune in cui il richiedente l’agevolazione abbia la sua residenza o si impegni ad acquisirla nei 18 mesi successivi (lettera a); l’acquirente non sia titolare esclusivo od in comunione con il coniuge -di diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione su altra abitazione nel Comune dove si acquista quella per cui si domanda il beneficio (lettera b); l’acquirente non sia titolare neppure per quote e anche un regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale -dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà, su altra abitazione da lui o dal coniuge acquistata con le stesse agevolazioni (lettera c).
3.3. Con l’art. 1, comma 55, L. n. 208/2015 il legislatore ha introdotto il comma 4bis nella già citata nota IIbis , in forza del quale il regime di favore « si applica anche agli atti di acquisto per i quali l’acquirente non soddisfa il requisito di cui alla lettera c) e per i quali i requisiti di cui alle lettere a e b del medesimo comma si verificano senza tenere conto dell’immobile acquistato con le agevolazioni elencate nella lettera c, a condizione che quest’ultimo sia alienato entro un anno dalla data dell’atto ».
3.4. Passando alla doglianza, in disparte l’ovvia considerazione che circolari e atti di prassi dell’Amministrazione non vincolano il giudice (Cass. n. 10739 del 2015), va osservato che le agevolazioni sono norme di stretta interpretazione (Cass. n. 28055 del 2021); la norma fa decorrere il termine annuale dalla « data dell’atto », riferendosi quindi all’atto negoziale che produce l’effetto traslativo dell’immobile e determina ‘l’acquisto’ del nuovo immobile (Cass. n. 10562 del 2022). La risposta data dall’Interpello invocato non solo riguarda un caso differente, trattandosi di immobile abitativo acquisito in forza di contratto d’appalto, la cui esecuzione viene a
compimento con la « consegna dell’opera » (art. 1665 c.c.), ma risulta anche inconferente, perché nel caso in esame è pacifico che la consegna del bene sia avvenuta al momento della stipula dell’atto di compravendita, con l’acquisto non solo della proprietà dell’immobile ma anche del possesso e della materiale disponibilità del bene da parte del COGNOME, che si era assunto la responsabilità del suo completamento e dell’espletamento delle pratiche edilizie e amministrative conseguenti; e non può ravvisarsi alcuna ‘consegna’, che proviene da un terzo, nel completamento dell’immobile abitativo da parte dello stesso acquirente.
Con il quarto motivo si deduce « Nullità della sentenza per falsa applicazione delle disposizioni in materia di cd. ‘forza maggiore’ (art. 360, n. 3, c.p.c.)», perché la CGT non ha riconosciuto che l’asserito ‘ritardo’ contestato dall’Ufficio derivava da causa di cd. ‘forza maggiore’: infatti, l’agibilità era stata concessa solo il 13 dicembre 2017, atteso che il nuovo immobile, acquistato il 6 marzo 2017, era inidoneo ad essere abitato quanto meno fino alla data di ultimazione dei lavori (ossia il 1 settembre 2017) e ai fini del rispetto delle normative urbanistiche non poteva certamente essere utilizzato senza la richiesta di agibilità (vale a dire sino al 13 dicembre 2017).
4.1. Il motivo è inammissibile e comunque infondato.
4.2. E’ inammissibile perché non muove precise censure, in punto di diritto, contro la sentenza ma tenta di rimettere in discussione l’accertamento in fatto svolto dal giudice del merito, incensurabile nel giudizio di legittimità se correttamente motivato, e non si confronta con la ratio della decisione sul punto e cioè l’assenza dei requisiti essenziali della forza maggiore -da intendersi come avvenimento imponderabile che annulla la signoria del soggetto sui propri comportamenti, elidendo il requisito della coscienza e volontarietà della condotta (Cass. n. 11111 del 20222; Cass. n. 8844 del 2024) -atteso che le asserite ragioni del ritardo nella
rivendita dell’immobile (mancanza dell’agibilità del nuovo immobile acquistato) erano riconducibili a scelte e alla volontà del ricorrente. 5. Con il quinto motivo si deduce « Nullità della sentenza per violazione dei principi in materia di cd. ‘contraddittorio endo -procedimentale’ in materia di tributi armonizzati (art. 360, n. 3, c.p.c.) », lamentandosi il mancato rilievo da parte della CGT della nullità dell’avviso impugnato in difetto del contraddittorio endoprocedimentale imposto dal diritto unionale.
5.1. Il motivo è inammissibile e comunque infondato.
5.2. L’obbligo del contraddittorio preventivo di derivazione unionale comporta l’invalidità dell’atto, purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e se, in mancanza del suddetto vizio, il procedimento si sarebbe potuto concludere in maniera diversa (Corte giust., sentenze 10 ottobre 2009, in causa C-141/08, punto 94; Corte giust., 10 settembre 2013, in causa C-383/13, punto 38; Corte giust., 26 settembre 2013, in causa C-418/11, punto 84; Corte giust., 3 luglio 2014, in causa C-129/13 e C-130/13, punti 79 e 82). Il parametro di riferimento è costituito dal principio di effettività -per il quale le modalità procedurali interne « non devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione » -, principio che, tuttavia, come anche recentemente ribadito dalla Corte di Giustizia, « non esige che una decisione contestata, in quanto adottata in violazione dei diritti della difesa, sia annullata in tutti i casi. Infatti, una violazione dei diritti della difesa determina l’annullamento del provvedimento adottato al termine del procedimento amministrativo di cui trattasi soltanto se, in mancanza di detta irregolarità, il procedimento sarebbe potuto giungere a un risultato diverso » (Corte giust., 4 giugno 2020 , in causa C – 430/19, punti 35 e 37).
5.3. Questo orientamento è stato recepito dal giudice nazionale, il quale riconosce che i principi fondamentali del diritto europeo impongono, nell’ambito dei cosiddetti ‘tributi armonizzati’, ove ha « luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione », un generale obbligo dell’amministrazione di instaurare un’interlocuzione preventiva con il contribuente, la cui inosservanza può portare all’invalidità dell’atto impositivo, ma solo se questi assolve alla ‘prova di resistenza’, allegando le ragioni che avrebbe potuto far valere in sede procedimentale e il conseguente pregiudizio sostanziale subito (Cass. sez. un., n. 24823 del 2015; in senso conforme, tra le tante , Cass. n. 9076 del 2021; Cass. n. 7690 del 2020; Cass. n. 24699 del 2019; Cass. n. 17897 del 2019).
5.4. Il profilo è stato trascurato dal ricorrente che non ha assolto alla prova di resistenza, essendo mancate specifiche deduzioni sulle circostanze che avrebbero condotto l’Amministrazione a differenti determinazioni.
Con il sesto motivo si deduce « Nullità della sentenza per violazione dell’art. 10, c. 1, l. n. 212/2000 (art. 360, n. 3, c.p.c.)» perché la CGT avrebbe dovuto rilevare la violazione dei doveri di lealtà e correttezza dell’azione amministrativa sanciti dall’art. 10, comma 1 l. n. 212/2000, in quanto il contribuente era rimasto gravemente pregiudicato dall’essersi adeguato alle indicazioni fornite dalla stessa Amministrazione finanziaria e dal non avere ottenuto lo sgravio, in via di autotutela, dell’atto impugnato.
6.1. Il motivo è inammissibile perché riporta affermazioni astratte e massime di diritto senza confrontarsi con la motivazione della CGT che, invece, è in linea con i principi: da un lato, è tutelabile solo l’affidamento incolpevole (Cass. n. 370 del 2019) ma in questo caso si è riscontrata l’imperizia del contribuente nell’interpretazione degli atti di prassi; d’altro lato, il potere di annullamento in autotutela dell’Amministrazione è volto alla rimozione degli atti ritenuti illegittimi o infondati (Cass. n. 17576 del 2002).
Con il settimo motivo si deduce « Nullità della sentenza per violazione dell’art. 6, c. 2, D.Lgs. n. 472/1997 (art. 360, n. 3 c.p.c)» perché la CGT avrebbe dovuto annullare le sanzioni, atteso che l’asserita violazione di legge contestata derivava dall’affidamento alla prassi della stessa Amministrazione finanziaria e sussistevano comunque le obiettive condizioni di incertezza di cui all’art. 6, c. 2, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472.
7.1. Il motivo è inammissibile, oltre che infondato, perché si limita ad invocare l’esonero dalle sanzioni ma manca di specifiche deduzioni in ordine ad una falsa applicazione di quella normativa da parte della CGT, che ha fatto invece buon governo delle regole in materia.
7.2. Quanto al legittimo affidamento, secondo la giurisprudenza unionale, esso può ricorrere quando « un’autorità amministrativa abbia fatto sorgere fondate speranze a causa di assicurazioni precise che essa gli avrebbe fornito » ( ex multis , Corte giust., 14 giugno 2017, in causa C-26/16, punto 76; Corte giust., 9 luglio 2015, in causa C-183/14, punto 44), tuttavia « il legittimo affidamento non può basarsi su una prassi illegittima dell’amministrazione » (Corte giust.., 11 aprile 2018, in causa C532/16, punto 50; Corte giust., 6 febbraio 1986, in causa C162/84, punto 6); la prevalente giurisprudenza di questa Corte, a sua volta, osserva che « la tutela dell’affidamento incolpevole del contribuente, sancita dall’art. 10, commi 1 e 2, della l. n. 212 del 2000, costituisce espressione di un principio generale dell’ordinamento tributario, che trova origine nei principi affermati dagli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost. ed, in materia di tributi armonizzati, in quelli dell’ordinamento dell’Unione europea, sicché deve ritenersi che la situazione di incertezza interpretativa, ingenerata da risoluzioni dell’Amministrazione finanziaria, anche se non influisce sulla debenza dell’imposta, deve essere valutata ai fini dell’esclusione dell’applicazione delle sanzioni » (così Cass. n. 370
del 09/01/2019; Cass. n. 10499 del 2018; Cass. n. 12635 del 2017).
7.2.1. Come osservato dalla CGT, la risposta all’Interpello prendeva in considerazione un caso assai diverso da quello in esame, mentre la Circolare n. 12/E del 2016 non contiene precisi elementi che indichino la decorrenza del termine non dall’atto d’acquisto ma dalla consegna del bene, cosicché non risulta alcun atto – né tantomeno una prassi dell’Amministrazione che possa fondare l’affidamento invocato.
7.3. Non ricorreva, poi, alcuna incertezza oggettiva sulla portata e sull’ambito di applicazione della disposizione che deve consistere nell’« impossibilità di individuare con sicurezza ed univocamente la norma giuridica nel cui ambito il caso di specie è sussumibile » e può essere desunta da alcuni “indici”, quali, ad esempio: 1) la difficoltà di individuazione delle disposizioni normative; 2) la difficoltà di confezione della formula dichiarativa della norma giuridica; 3) la difficoltà di determinazione del significato della formula dichiarativa individuata; 4) la mancanza di informazioni amministrative o la loro contraddittorietà; 5) l’assenza di una prassi amministrativa o la contraddittorietà delle circolari; 6) la mancanza di precedenti giurisprudenziali; 7) l’esistenza di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, specie se sia stata sollevata questione di legittimità costituzionale; 8) il contrasto tra prassi amministrativa e orientamento giurisprudenziale; 9) il contrasto tra opinioni dottrinali; 10) l’adozione di norme di interpretazione autentica o meramente esplicative di una disposizione implicita preesistente (Cass. n.15452 del 2018); inoltre, essa va riferita, non già ad un generico contribuente, né a quei contribuenti che, per loro perizia professionale, siano capaci di interpretazione normativa qualificata e neppure all’Ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell’ordinamento a cui è
attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione (Cass. n. 3108 del 2019).
Con l’ottavo motivo, infine, si deduce « Nullità della sentenza per violazione dell’art. 15, D.Lgs. n. 546/1992 in relazione alla condanna alle spese di lite (art. 360, n. 3, c.p.c.)», perché la CGT, dovendo accogliere l’appello del contribuente, avrebbe dovuto condannare l’Ufficio al rimborso delle spese; si lamenta, poi, che non vi sia stata la decurtazione del 20% della tariffa forense nella liquidazione delle spese in favore dell’Amministrazione finanziaria.
8.1. La prima questione è senza pregio poiché sulle spese la CGT ha semplicemente applicato il principio di soccombenza; è poi inammissibile, per difetto di specificità e autosufficienza, la censura relativa alla liquidazione a favore dell’Amministrazione non essendo stato allegato alcun preciso conteggio al fine di dimostrare che non vi era stata la prescritta riduzione.
Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato e le spese, liquidate come in dispositivo, vanno regolate secondo soccombenza.
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.800,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito; ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13 .
Così deciso in Roma, il 03/07/2024.