Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 29069 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 29069 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8816/2024 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO.
-controricorrente e ricorrente incidentale – avverso la sentenza della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI II GRADO DEL VENETO n. 979/02/2023 depositata il 12/10/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/10/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 142/3/2021, la C.T.P. di Verona, previa riunione dei procedimenti, ha respinto i ricorsi proposti da NOME COGNOME avverso gli avvisi di liquidazione n. 20161T025028000 e n. NUMERO_DOCUMENTO, coi quali l’RAGIONE_SOCIALE, revocato nei confronti del contribuente il beneficio cd.
prima casa per il mancato trasferimento della residenza anagrafica nel Comune ove era ubicato l’immobile acquistato (Verona) entro il termine di diciotto mesi, aveva rispettivamente liquidato la maggior imposta sostitutiva dovuta in relazione al mutuo ipotecario connesso alla compravendita e disposto il recupero dell’iva dovuta sul medesimo atto.
Su appello del COGNOME, la Corte di Giustizia Tributaria di II Grado del Veneto, con sentenza n. 979/02/2023, depositata il 12 ottobre 2023, ha dichiarato passata in giudicato la sentenza impugnata in relazione all’avviso di liquidazione n. NUMERO_DOCUMENTO, mentre ha accolto l’appello ed annullato la pretesa fiscale di cui all’altro avviso di liquidazione (n. NUMERO_DOCUMENTO). I giudici d’appello hanno ritenuto che la sospensione dei lavori di ristrutturazione della casa oggetto di acquisto, dovuta al ritrovamento di reperti archeologici, comportasse l’impossibilità di stabilire la residenza nell’immobile acquistato e che, pertanto, ricorresse il caso di forza maggiore.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE. Costituendosi mediante controricorso, il contribuente ha chiesto il rigetto del ricorso, oltre a proporre ricorso incidentale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con un unico motivo di ricorso, l’RAGIONE_SOCIALE deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, nota II bis, della Tariffa -parte I allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, in riferimento all’art 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. La ricorrente, in particolare, lamenta che, nel riconoscere rilievo alla sospensione dei lavori di ristrutturazione dell’immobile disposta dalla Soprintendenza, quale causa esimente del mancato trasferimento della residenza entro il termine di diciotto mesi, la CGT non abbia tenuto conto del fatto che i lavori di ristrutturazione fossero già in corso all’atto di acquisto e che la rilevanza archeologica dell’area fosse nota al contribuente.
Il motivo è fondato.
1.1. Occorre premettere che l’agevolazione per l’acquisto della ‘prima casa’, in tutte le formulazioni succedutesi nel tempo (originariamente prevista dalla legge n. 168 del 1982, art. 1, comma 6, poi dal d.l. n. 12 del 1985, art. 2, convertito nella legge n. 118 del 1985, nonché dalla legge n. 415 del 1991, art. 3, ed ora dall’art. 1, comma 1, e nota 2A bis, della tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986), è subordinata all’acquisto di una casa di abitazione e postula che l’acquirente abbia la residenza anagrafica (o presti attività lavorativa) nel Comune in cui è ubicato l’immobile ovvero -nella previsione di cui alla legge n. 549 del 1995, art. 3, co. 131, quale modificato dalla legge n. 388 del 2000, art. 33, co. 12 – che si impegni, in seno all’atto d’acquisto, a stabilirla in detto Comune entro il termine di diciotto mesi.
La realizzazione dell’impegno di trasferire la residenza, che rappresenta un elemento costitutivo per il conseguimento del beneficio richiesto e solo provvisoriamente concesso dalla legge al momento della registrazione dell’atto, costituisce, quindi, un vero e proprio obbligo del contribuente verso il fisco.
1.2. Ciò posto, venendo alla questione controversa, non è in discussione che, nella valutazione dell’adempimento dell’obbligo di trasferimento, si debba tener conto della sopravvenienza di un caso di forza maggiore.
Deve trattarsi di un evento caratterizzato dalla non imputabilità alla parte obbligata, dall’inevitabilità e dall’ imprevedibilità (sul punto, in tema di rilevanza della forza maggiore in materia di agevolazioni tributarie, cfr., tra tutte, sez. un. 8094/2020, seguita da Cass.12466/2021 e, più di recente, Cass. 3701/2025).
Ne discende, pertanto, che il mancato stabilimento -nel termine di legge -della residenza nel Comune ove è ubicato l’immobile acquistato con l’agevolazione ‘prima casa’ non comporta la decadenza dall’agevolazione qualora l’evento impeditivo sia dovuto ad una causa di forza maggiore sopraggiunta in un
momento successivo rispetto a quello di stipula dell’atto di acquisto dell’immobile.
1.3. Va, tuttavia, precisato che, ai fini dell’apprezzamento della forza maggiore, deve aversi riguardo al trasferimento della residenza nel Comune ove è sito l’immobile acquistato, ma non necessariamente all’interno di quella unità immobiliare.
Questo perché condizione necessaria e sufficiente per adempiere all’obbligo di legge è che il contribuente trasferisca la residenza nel Comune di ubicazione dell’immobile acquistato.
La norma è, infatti, chiara nel prevedere che, ai fini del conseguimento dell’agevolazione, ‘ l’immobile sia ubicato nel territorio del Comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza o, se diverso, in quello in cui l’acquirente svolge la propria attività ovvero, se l’acquirente si è trasferito all’estero per ragioni di lavoro e abbia risieduto o svolto la propria attività in Italia per almeno cinque anni, nel comune di nascita o in quello in cui aveva la residenza o svolgeva la propria attività prima del trasferimento. La dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall’acquirente nell’atto di acquisto’ .
In buona sostanza, l’obbligo di residenza del contribuente – il cui adempimento rappresenta un elemento costitutivo per il conseguimento del beneficio richiesto -si correla al Comune nel quale è ubicato l’immobile oggetto di acquisto, e non all’immobile acquistato.
Ragion per cui, pure ai fini dell’apprezzamento della forza maggiore, il giudizio deve misurarsi con un obbligo così conformato.
1.4. Venendo ora al caso di specie, il contribuente ha incentrato la sua difesa unicamente sulla cd. sorpresa archeologica, deducendo la sopravvenuta sospensione dei lavori di ristrutturazione dell’immobile disposta dalla Soprintendenza ai beni
ambientali e archeologici, a causa del rinvenimento di reperti impeditivo della prosecuzione dei lavori.
1.5. Ebbene, in base ai su enunciati principi, è evidente come un fatto così prospettato non valga ad integrare la forza maggiore, essendo il contribuente tenuto a trasferire la sua residenza nel Comune in cui è ubicato l’immobile acquistato (Verona), e non necessariamente in quest’ultimo.
In definitiva, la sorpresa archeologica non ha impedito al NOME di trasferire la sua residenza a Verona (e comunque con questo fatto non si è confrontato il contribuente), sicché difettano i presupposti della forza maggiore.
1.6. La decisione impugnata va, dunque, sul punto, cassata, non essendosi conformata all’interpretazione corretta della norma in tema di agevolazione ‘prima casa’.
Col primo motivo di ricorso incidentale, si denunciano violazione e falsa applicazione dell’art. 1, nota II -bis, della Tariffa -Parte Prima allegata al d.P.R. n. 131/1986, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per non aver il giudice di appello ritenuto sufficiente, ai fini del riconoscimento dell’agevolazione, che il contribuente, al momento dell’acquisto, svolgesse la sua attività lavorativa nel Comune ove è sito l’immobile acquistato (Verona), erroneamente attribuendo rilevanza decisiva al fatto che la parte non lo avesse dichiarato nell’atto di acquisto.
La censura è infondata.
2.1. Per giurisprudenza costante di questa Corte, l’agevolazione cd. ‘prima casa’ è subordinata alla dichiarazione del contribuente, nell’atto di acquisto, di svolgere la propria attività lavorativa nel Comune dove è ubicato l’immobile (requisito alternativo a quello del trasferimento della residenza anagrafica nello stesso entro diciotto mesi), perché le agevolazioni sono generalmente condizionate ad una dichiarazione di volontà dell’avente diritto di avvalersene e l’amministrazione finanziaria deve poter verificare la
sussistenza dei presupposti del beneficio provvisoriamente riconosciuto (cfr. Cass. 20583/2021: nella specie, la RAGIONE_SOCIALE.C., in applicazione del principio, ha confermato la pronuncia impugnata che aveva ritenuto legittima la revoca dell’agevolazione per il mancato tempestivo trasferimento della residenza anagrafica da parte del contribuente, nonostante quest’ultimo avesse dimostrato, successivamente all’acquisto, di avere comunque diritto all’agevolazione, svolgendo la propria attività lavorativa nel medesimo comune; n. 6212/2020; n. 6501/2018; n. 13850/2017; n. 2777/2016, non massimata).
Occorre, pertanto, accertare se il contribuente, nell’atto di acquisto, abbia invocato solo il criterio della residenza o anche quello della sede di lavoro, perché la spettanza del beneficio deve essere valutata solo in base al criterio dichiarato.
2.2. Nel caso di specie, è incontestato che il contribuente -all’atto di compravendita dell’immobile -abbia assunto l’obbligo di trasferire la residenza entro diciotto mesi nel Comune di Verona, non essendo ancora ivi residente, sicché, con questa dichiarazione, si è vincolato a realizzare tale presupposto.
2.3. Pertanto, a fronte della mancata acquisizione della residenza nel suddetto Comune, non assume rilievo la circostanza che, nel momento dell’acquisto, il contribuente potesse valersi anche del requisito alternativo della sede lavorativa, dovendo tale circostanza essere dichiarata all’atto di stipula della compravendita, così da consentire all’amministrazione di effettuare i prescritti controlli.
Col secondo motivo, il ricorrente incidentale denuncia la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 1, nota II -bis, della Tariffa -Parte Prima allegata al d.P.R. n. 131/1986, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., per omesso esame circa un fatto decisivo ai fini del giudizio, ovvero che il COGNOME, in data anteriore alla notifica degli avvisi di liquidazione, avesse provveduto a redigere specifico atto
rettificativo ed integrativo dell’originaria compravendita dell’11 maggio 2016, in cui dichiarava che ‘ al tempo della stipula del suddetto atto di acquisto risiedeva nel Comune di Revere (MN), ma già esercitava la propria attività lavorativa prevalente nel Comune di Verona ove è situato l’immobile oggetto di acquisto ‘ (cfr. allegato 7 all’atto di appello)’.
La doglianza è infondata.
3.1. La CGT di II grado non ha affatto omesso di valutare la circostanza relativa alla dichiarazione integrativa del 6/5/2019, ma, al contrario, ha espressamente preso posizione al riguardo, ritenendo insussistenti le condizioni per riconoscere rilevanza all’atto, per essere questo intervenuto a distanza di oltre diciotto mesi dalla compravendita (cfr. pg. 5 sentenza impugnata: ‘ Né appaiono applicabili, nel caso, le indicazioni espresse dalla stessa AE nella risoluzione 53/E del 27 aprile 2017 e in un comunicato stampa dello stesso anno, risultando non rispettate, come rilevato dall’Ufficio in riferimento all’atto integrativo predisposto da parte contribuente, le condizioni richieste, e cioè che la modifica del criterio invocato per l’agevolazione sia intervenuta entro 18 mesi e che non sia iniziata l’attività di controllo da parte dell’Ufficio’).
Col terzo motivo di ricorso incidentale, la parte denuncia la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 329 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., deducendo che i giudici di appello abbiano errato nel rilevare il ‘passaggio in giudicato della sentenza di primo grado limitatamente all’avviso di liquidazione e irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni n. 20161T025028000, concernente l’imposta sostitutiva relativa al mutuo’.
4.1. La censura è infondata, giacché il COGNOME ha impugnato la sentenza di primo grado con esclusivo riguardo all’avviso di liquidazione n. NUMERO_DOCUMENTO (riguardante l’iva), e così circoscritto il gravame a questo avviso, come si desume agevolmente dall’intero corpo dell’atto di appello (sia nelle
conclusioni che nella narrazione del fatto e dello svolgimento del giudizio), mentre nessun riferimento ha svolto con riferimento all’avviso di liquidazione n. NUMERO_DOCUMENTO (in tema di imposta sostitutiva). Cfr. pg. 1 ricorso in appello: ‘Per ottenere la riforma della sentenza n. 142/03/2021 pronunciata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Verona, Sezione n. 3, in data 27 maggio 2021, depositata in data 17 giugno 2021 e non notificata (allegato n. 1), che ha rigettato il ricorso promosso avverso l’avviso di liquidazione e irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni n. 20161T009657000/2019, notificato in data 10 maggio 2019, con il quale è stata richiesta la maggiore iva per decadenza dei requisiti per l’agevolazione prima casa’.
Il motivo va, pertanto, rigettato.
Non essendovi questioni di fatto da analizzare, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., col rigetto del ricorso del contribuente.
La complessità della vicenda sottesa alla controversia e del relativo quadro giurisprudenziale e il consolidamento della giurisprudenza sulla forza maggiore solo di recente, giustifica la compensazione integrale RAGIONE_SOCIALE spese.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale e rigetta quello incidentale, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso proposto da NOME COGNOME avverso gli avvisi di liquidazione n. NUMERO_DOCUMENTO e n. NUMERO_DOCUMENTO. Spese compensate.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del testo unico approvato con il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), dà atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis , dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria della Corte Suprema di Cassazione, in data 30 ottobre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME