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Agevolazione prima casa: no abolitio criminis

La Corte di Cassazione ha stabilito che la modifica dei criteri per definire un immobile di lusso non cancella le sanzioni per chi ha reso una dichiarazione mendace per ottenere l’agevolazione prima casa in base alla vecchia normativa. Il fulcro dell’illecito è la falsità della dichiarazione al momento in cui è stata resa, non il parametro normativo che è stato violato. Di conseguenza, non si configura un’abolitio criminis e le sanzioni restano valide.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Agevolazione prima casa: la dichiarazione mendace non beneficia dell’abolitio criminis

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale in materia di agevolazione prima casa: se un contribuente ha reso una dichiarazione non veritiera per ottenere il beneficio fiscale, non può invocare una successiva modifica normativa più favorevole per sfuggire alle sanzioni. L’illecito, infatti, risiede nella menzogna stessa, un principio che resta valido a prescindere dall’evoluzione dei parametri di legge.

I Fatti di Causa: L’acquisto dell’immobile e l’accertamento fiscale

Il caso riguarda un contribuente che aveva acquistato un immobile richiedendo l’applicazione dell’IVA agevolata al 4%, dichiarando che non si trattava di un’abitazione di lusso. A seguito di un controllo, l’Agenzia delle Entrate contestava il beneficio, avendo accertato che la superficie dell’immobile (569 mq) superava ampiamente il limite di 240 mq stabilito dal D.M. del 1969, allora vigente per definire una casa ‘non di lusso’.

Di conseguenza, l’Ufficio notificava un avviso di liquidazione per recuperare la maggiore imposta e irrogare le relative sanzioni. I giudici di primo grado annullavano le sanzioni in base al principio della buona fede, ma la Commissione Tributaria Regionale, in appello, dava ragione all’Agenzia delle Entrate, confermando la legittimità dell’atto.

I Motivi del Ricorso: La difesa del contribuente

Il contribuente ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Motivazione apparente della sentenza d’appello: Si lamentava che la decisione dei giudici di secondo grado fosse priva di una reale argomentazione giuridica.
2. Violazione del contraddittorio preventivo: Si sosteneva la nullità dell’avviso di liquidazione perché l’Agenzia delle Entrate non aveva attivato il dialogo con il contribuente prima di emettere l’atto.
3. Violazione del principio del favor rei (abolitio criminis): Il motivo centrale era che le nuove leggi (in particolare il D.Lgs. 175/2014) avevano cambiato i criteri per l’individuazione degli immobili di lusso, basandoli non più sulla superficie ma sulla categoria catastale. Poiché, secondo i nuovi criteri, l’immobile non sarebbe stato considerato di lusso, il contribuente riteneva che la sanzione dovesse essere annullata per applicazione della normativa sopravvenuta più favorevole.

La Decisione della Cassazione sull’agevolazione prima casa

La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i motivi del ricorso, confermando la legittimità dell’operato dell’Agenzia delle Entrate.

Motivazione e Contraddittorio

I primi due motivi sono stati respinti rapidamente. La Corte ha ritenuto che la motivazione della sentenza d’appello, seppur sintetica, fosse chiara nel basarsi sull’evidente superamento del limite di superficie. Riguardo al contraddittorio, i giudici hanno ribadito il principio consolidato secondo cui non basta denunciare una mera irregolarità formale; il contribuente deve dimostrare concretamente quali argomenti difensivi avrebbe potuto far valere se fosse stato consultato prima, cosa che nel caso di specie non è avvenuta.

Il Principio dell’Abolitio Criminis

Sul punto cruciale, la Cassazione ha escluso categoricamente l’applicazione dell’abolitio criminis. La Corte ha spiegato che l’oggetto della sanzione non è il superamento di uno specifico parametro (la superficie), ma la dichiarazione mendace resa dal contribuente per fruire di un beneficio a cui non aveva diritto. La successiva modifica normativa ha cambiato i parametri per definire un immobile di lusso, ma non ha reso lecita la condotta di chi, al tempo, ha consapevolmente dichiarato il falso.

Le Motivazioni: Il fulcro è la dichiarazione mendace

La ratio decidendi della Corte, in linea con un precedente orientamento delle Sezioni Unite (sentenza n. 13145/2022), si fonda su una distinzione cruciale: ciò che è cambiato è l’oggetto della dichiarazione, non la natura illecita della menzogna. L’illecito tributario si configura nel momento in cui il contribuente attesta una realtà non vera per ottenere un vantaggio fiscale.

La struttura dell’illecito resta ‘incardinata sulla dichiarazione mendace’. Anche se oggi i presupposti per l’agevolazione prima casa sono legati alla categoria catastale (A/1, A/8, A/9), questo non ‘sana’ la falsità della dichiarazione resa quando la legge era diversa. In altre parole, l’infrazione è rimasta immutata nella sua essenza: una dichiarazione falsa sui presupposti per l’agevolazione. Cambiare i presupposti non cancella la falsità commessa in passato.

Le Conclusioni: Implicazioni pratiche della sentenza

Questa ordinanza ribadisce un principio di grande importanza per i contribuenti e i professionisti del settore. Le modifiche normative più favorevoli non hanno effetto retroattivo sulle sanzioni quando l’illecito consiste in una dichiarazione infedele. La responsabilità per le proprie dichiarazioni è ancorata al momento storico e normativo in cui vengono rese. La decisione sottolinea che l’ordinamento tutela l’affidamento e la correttezza dei rapporti tra Fisco e contribuente, sanzionando il mendacio come elemento centrale della violazione, a prescindere dall’evoluzione dei parametri tecnici che definiscono il diritto a un’agevolazione fiscale.

Una nuova legge più favorevole sui requisiti per l’agevolazione prima casa cancella le sanzioni per chi ha fatto una dichiarazione non veritiera in base alla vecchia legge?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la modifica dei criteri normativi non ha effetto retroattivo sulle sanzioni, perché l’illecito consiste nella dichiarazione mendace resa al momento della richiesta, e tale condotta non viene ‘sanata’ dalla nuova legge.

Perché la Corte di Cassazione ha ritenuto che non si fosse verificata una ‘abolitio criminis’?
Perché l’illecito sanzionato non è il possesso di un immobile con determinate caratteristiche, ma l’aver reso una dichiarazione falsa per ottenere un beneficio. La struttura di questo illecito (la menzogna) è rimasta immutata, anche se sono cambiati i parametri oggettivi (da superficie a categoria catastale) a cui la dichiarazione si riferiva.

È sufficiente lamentare la mancata attivazione del contraddittorio preventivo per ottenere l’annullamento di un avviso di liquidazione?
No. Secondo la giurisprudenza costante, non basta eccepire la violazione formale. Il contribuente deve anche dimostrare in giudizio quali ragioni concrete avrebbe potuto addurre e che avrebbero potuto portare a un esito diverso, qualora il contraddittorio fosse stato attivato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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