Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25803 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25803 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 22/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7438/2024 R.G. proposto da : NOME COGNOME NOMECOGNOME con l’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, con l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-resistente- avverso la SENTENZA della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA di II GRADO LAZIO n. 5207/2023 depositata il 19/09/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/09/2025 dal
Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle Entrate ha notificato alla contribuente, odierna ricorrente, un avviso di pagamento (n. NUMERO_DOCUMENTO, con il quale ha richiesto l’imposta sostitutiva sulle operazioni di credito a medio e lungo termine nella misura di euro 12.672,00 (2% sul mutuo erogato) invece dello 0,25% applicato quale beneficio fiscale prima casa -oltre alla sanzione amministrativa pecuniaria pari ad € 3.326,40 -e richiedendo quindi la somma complessiva di € 15.496,77.
La CTR di Roma, con sentenza n. 4438/2019, ha accolto il ricorso proposto dalla contribuente ed ha annullato l’atto.
L’Agenzia delle Entrate ha interposto appello, che la CTG -2, con la sentenza in epigrafe indicata, ha accolto, ritenendo che l’agevolazione ‘prima casa’ possa essere riconosciuta anche in caso di fusione di due unità immobiliari in un’unica abitazione, a condizione che si tratti di immobili non di lusso e destinati a prima casa, ma che la fusione deve in ogni caso avvenire entro tre anni dalla registrazione dell’atto, mentre nel caso di specie i lavori erano stati ultimati oltre tale termine.
Avverso la suddetta sentenza di gravame la contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a n. 5 motivi . L’ Agenzia delle Entrate ha depositato nota per la sola eventualità di discussione in udienza.
Successivamente parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 360, c. 1, n. 4, c.p.c., dell’art.132 c.p.c. e del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 36, con conseguente nullità della gravata sentenza sul rilievo che, in relazione ai proposti motivi di gravame, l’esposizione delle ragioni di accoglimento dell’appello si è risolta in una motivazione apparente.
1.1. La censura va disattesa.
1.2. Per costante giurisprudenza, invero, la mancanza di motivazione, quale causa di nullità della sentenza impugnata, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto, poiché intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 30 aprile 2020, n. 8427; Cass., Sez. 6^- 5, 15 aprile 2021, n. 9975; Cass., Sez. 5^, 20 dicembre 2022, n. 37344; Cass., Sez. 5^, 18 aprile 2023, n. 10354).
P eraltro, si è in presenza di una tipica fattispecie di ‘motivazione apparente’, allorquando la motivazione della sentenza impugnata, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, essere stata costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, e quindi tale da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6^-5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6^5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2021, n. 9627; Cass., Sez. 6^-5, 24 febbraio 2022, n. 6184; Cass., Sez. 5^, 18 aprile 2023, n. 10354) (Cass. 20/07/2023 n. 2023).
1.3. Nel caso di specie la CTG-2 ha argomentato la propria posizione, ritenendo che non fosse provata la data di effettiva fusione degli immobili conseguente ai lavori, e tale ragionamento è chiaramente espresso e ben comprensibile.
1.4. Trattasi poi di una valutazione di fatto, che va compiuta dal giudice di merito, il quale ha ritenuto non raggiunta una prova sufficiente in tal senso.
1.5. La doglianza va quindi rigettata.
Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente contesta la violazione o falsa applicazione dell’art. 360, c. 1, n. 5, c.p.c., per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio: il giudice avrebbe errato nel considerare la data del 6 settembre 2018 – relativa alla denuncia catastale di variazione come momento dell’effettiva fusione delle unità immobiliari. In realtà, tale data si riferisce solo all’adempimento catastale conclusivo e non al momento costitutivo dell’unificazione. La vera fusione, inf atti, risalirebbe alla presentazione della CILA (Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata) il 23 giugno 2015 e all’effettivo inizio dei lavori edilizi, documentati da fatture dello stesso anno. L’omesso esame di questi elementi da parte del giudice ha determinato un errore decisivo nella sentenza impugnata, in contrasto con quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, che richiede di valutare la reale unione funzionale e impiantistica degli immobili sulla base della documentazione tecnica ed esecutiva prodotta.
2.1. Il motivo non merita accoglimento.
Trattasi invero, di richiesta di riesame di elemento di fatto, ed in particolare della data della fusione dei due immobili, su cui si è espresso il giudice del gravame con giudizio che non è sindacabile in questa sede.
2.2. Sotto altro profilo, la doglianza non supera la ratio decidendi , la quale è invece incentrata sulla mancanza di prova dell’effettiva data di fusione dei due immobili, che non può ovviamente coincidere con la data della CILA essendo necessari gli specifici lavori. E’ stato ritenuto rilevante, in sede di merito, che la ultimazione dei lavori fosse stata riferita dalla stessa parte al 29 agosto 2018, come da comunicazione resa all’Agenzia nei primi giorni di settembre.
2.3. Il motivo va quindi rigettato.
Con il terzo motivo di ricorso, si lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione al D.P.R. n. 131 del 1986 ed in particolare con riferimento all’art. 76 del TUR.
3.1. L a ricorrente sostiene che per ottenere l’agevolazione fiscale in caso di accorpamento di più unità immobiliari sono necessari solo due requisiti fondamentali, cioè che le unità devono essere destinate a formare un’unica unità abitativa e che l’alloggio ris ultante deve essere classificato come “non di lusso” (cioè non appartenere alle categorie A1, A8, A9), mentre il termine triennale previsto dall’art. 76 del D.P.R. n. 131/1986 riguarda invece il periodo entro cui l’ ufficio erariale può effettuare controlli e non il tempo entro cui il contribuente deve completare l’adempimento catastale. Assumendo rilevanza solo il fatto che l’unificazione delle unità immobiliari sia stata effettivamente realizzata entro questo termine, la CTG-2 sarebbe incorsa in violazione di legge.
3.2. L’assunto è errato.
3.3. Con riferimento al diverso -ma per certi versi simile -problema inerente gli immobili in costruzione, questa Corte ha già chiarito che le agevolazioni per l’acquisto della cd. “prima casa” spettano anche all’acquirente di immobile in corso di costruzione, da destinare ad abitazione non di lusso, tali benefici, tuttavia, possono essere conservati soltanto qualora la finalità dichiarata dal contribuente nell’atto di acquisto, di destinare l’immobile a propria abitazione, venga da questi realizzata entro il termine di decadenza del potere di accertamento dell’Ufficio in ordine alla sussistenza dei requisiti per fruire dei benefici medesimi di cui all’art. 76, comma 2, del d.P.R. n. 131 del 1986, decorrente dalla richiesta di registrazione dell’atto; nell’ipotesi in cui il legislatore non fissi il termine entro il quale deve verificarsi la condizione per il riconoscimento di un beneficio, tale termine, infatti, non può essere mai più ampio di quello previsto per i relativi controlli, i quali, diversamente, non avrebbero alcun senso (Cass. 17/02/2022, n. 5180 (Rv. 663894 – 01)).
3.4. Anche con riferimento alla fruizione dell’agevolazione ‘prima casa’, in ipotesi di fusione di più immobili, non avendo il legislatore
fissato il termine entro il quale deve verificarsi la condizione per il riconoscimento di un beneficio, tale termine, non può essere più ampio di quello previsto per i relativi controlli di cui all’art. 76, comma 2, del d.P.R. n. 131 del 1986, i quali, diversamente, non avrebbero alcun senso.
3.5. Il motivo va quindi rigettato.
Con il quarto motivo di ricorso, si deduce la -violazione o falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione all’art. 3 della legge 07.08.1990, n. 241 applicabile a norma dell’art. 7 della legge 27.07.2000, n. 212 (Statuto del contribuente) nonché per omesso esame di un fatto decisivo.
4.1. La ricorrente si era doluta della nullità o annullabilità dell’atto impugnato per mancanza di motivazione adeguata, in violazione dell’art. 3 della L. 241/1990, in quanto l’avviso di liquidazione dell’imposta contestava solo genericamente il diritto al ben eficio “prima casa”, senza indicare i presupposti specifici né fornire verifiche o accertamenti documentali a supporto, e senza contestare l’unificazione delle unità immobiliari. In primo grado, la Commissione Tributaria Provinciale di Roma aveva acco lto questo motivo, annullando l’atto, ma nel giudizio di appello, nonostante il motivo fosse stato riproposto, la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado, non si è espressa su questo punto.
4.2. La censura non merita accoglimento, in quanto la censura sarebbe comunque infondata e, quindi, irrilevante.
4.3. L’avviso in oggetto, in fatti, era sufficientemente motivato: pur non menzionando il mancato accorpamento, tale circostanza è da considerarsi implicita nella contestazione di prepossidenza ostativa, ed è certamente comprensibile al contribuente nell’ambito della specifica procedura in oggetto, che attiene solo a tale profilo.
4.4. Ciò rende irrilevante l’eventuale omessa motivazione da parte del giudice del gravame, alla quale deve sopperirsi in questa sede
in applicazione dei principi che, in puro diritto, presiedono alla motivazione dell’atto impositivo.
4.5 Il motivo va dunque rigettato.
Con il quinto motivo di ricorso, si contesta, infine, la violazione o falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione alla condanna al pagamento delle spese e l’incostituzionalità in merito alle spese di lite.
La sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado presenta una contraddizione: nella parte motivazionale si dichiara la compensazione delle spese di giudizio, mentre nel dispositivo si condanna la COGNOME al pagamento di € 1.500 di spese.
Inoltre, parte ricorrente contesta l’art. 15 del D.lgs. 546/92, sostenendo che sia incostituzionale perché viola gli articoli 3 e 111 della Costituzione. Infine, ritiene che se l’Agenzia delle Entrate ha agito senza difensore, la parte privata non può essere condannata a pagare le spese legali dell’Ufficio.
5.1. La censura è infondata.
5.2. Effettivamente la CTG-2 afferma in motivazione che le spese vanno compensate, mentre nel dispositivo vi è condanna alle spese.
Tuttavia, la parte ricorrente aveva torto già in tale sede e, quindi, andava condannata.
5.3. Il dispositivo della sentenza gravata è dunque corretto e va letto alla luce della motivazione della sentenza, la quale dà torto alla appellante, con esito di soccombenza – secondo regola generale – che va confermato anche in questa sede di legittimità.
5.4. Inoltre , l’amministrazione ha diritto alle spese anche quando assistita dai propri funzionari : ‘il motivo è infondato, in base al principio, di recente ribadito da questa Corte in relazione all’Agenzia delle entrate, che ‹‹Nel processo tributario, all’Amministrazione finanziaria che sia stata assistita in giudizio da propri funzionari o da propri dipendenti, in caso di vittoria della lite, spetta la liquidazione
delle spese, la quale deve essere effettuata mediante applicazione della tariffa ovvero dei parametri vigenti per gli avvocati, con la riduzione del venti per cento dei compensi ad essi spettanti, atteso che l’espresso riferimento ai compensi per l’attività difensiva svolta, ora contenuto nell’art. 15, comma 2-bis, del d.lgs. n. 546 del 1992, ma comunque da sempre previsto da detto articolo, conferma il diritto dell’ente alla rifusione dei costi sostenuti e dei compensi per l’assistenza tecnica fornita dai propri dipendenti che siano legittimati a svolgere attività difensiva nel processo’ (Cass. 10/01/2024, n. 1019). Per queste ragioni il motivo va rigettato.
5.5. Quanto all’eccezione di costituzionalità, invece, la ricorrente si limita ad affermare che ‘l’art. 15 c. 2 ° sexies del Dlgs 546/92 è incostituzionale per riserva di legge a favore dell’avvocatura dei compensi professionale fissati negli importi con Decreto del Ministero di Giustizia. Non è applicabile sic et simpliciter la tariffa forense ai funzionari dello Stato per competenze ed onorari e neanche di spese generali, bensì solo di spese vive documentate con apposita nota. Nel caso che ci occupa l’appellante non era patrocinato da avvocati iscritti al relativo albo professionale, pertanto le spese di lite non sono dovute anche perché non riferite a spese vive documentate’.
5.6. Tale parte della doglianza è del tutto generica, in quanto non illustra le ragioni per cui la norma sarebbe in violazione della Costituzione, sicché deve ritenersi inammissibile e, in ogni caso, assorbita dalle affermazioni che precedono.
Alla luce di quanto sopra illustrato, il ricorso va rigettato.
Nulla deve disporsi quanto alle spese, stante la mancata costituzione, se non con mera nota formale, della controricorrente.
In conseguenza dell’esito del giudizio ricorrono i requisiti processuali per dichiarare la sussistenza dei presupposti per il pagamento di una somma pari al contributo unificato previsto per la
presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dov uto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 16/09/2025 .
Il Presidente
NOME COGNOME