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Agevolazione prima casa anche per immobili futuri

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’agevolazione prima casa si applica anche a contratti atipici, come la permuta di un bene presente con uno futuro. Nel caso specifico, l’Agenzia delle Entrate aveva revocato il beneficio a due contribuenti che avevano ceduto un immobile in cambio della costruzione di tre nuove unità abitative. La Corte ha rigettato il ricorso dell’Agenzia, affermando che ciò che conta è la finalità dell’operazione, ovvero assicurare un’abitazione principale al contribuente, e non la forma contrattuale utilizzata.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Agevolazione Prima Casa e Immobili da Costruire: La Cassazione Apre a Contratti Atipici

L’acquisto della prima abitazione è un passo fondamentale per molti, reso più accessibile grazie all’agevolazione prima casa, un beneficio fiscale che riduce notevolmente le imposte. Ma cosa succede quando l’acquisto non avviene tramite una semplice compravendita, ma attraverso forme contrattuali più complesse e per un immobile ancora da costruire? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento cruciale, estendendo la portata del beneficio e privilegiando la sostanza dell’operazione sulla sua forma giuridica.

I Fatti del Caso: Una Permuta e la Revoca del Beneficio

Il caso ha origine da un avviso di liquidazione emesso dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di due contribuenti. Questi ultimi, insieme a un altro familiare, avevano stipulato un contratto atipico con una società costruttrice. L’accordo prevedeva la cessione di un immobile di loro proprietà in cambio della costruzione e del trasferimento di tre nuove unità immobiliari abitative.

I contribuenti avevano richiesto l’agevolazione prima casa, ottenendo l’applicazione dell’IVA al 4% anziché al 10%. Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate aveva successivamente revocato il beneficio, sostenendo che la tipologia contrattuale – una permuta di bene presente con bene futuro, qualificabile come do ut facias – non fosse espressamente prevista dalla normativa sull’agevolazione. Di conseguenza, l’Ufficio richiedeva il pagamento della differenza d’imposta.

Dopo un iter giudiziario che ha visto i contribuenti vittoriosi in secondo grado presso la Commissione Tributaria Regionale, l’Agenzia delle Entrate ha portato la questione dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Tesi dell’Agenzia e l’Interpretazione della Norma sull’Agevolazione Prima Casa

Il Fisco basava il proprio ricorso su un’interpretazione strettamente letterale della legge. Secondo l’Agenzia, l’agevolazione prima casa è una norma di carattere speciale e derogatorio, e come tale non può essere applicata per analogia a casi non espressamente contemplati. Poiché la ‘permuta di cosa presente con cosa futura’ non è esplicitamente menzionata tra le operazioni agevolabili, il beneficio non poteva essere concesso.

La difesa dei contribuenti, al contrario, si fondava sul principio che l’agevolazione si applica alle ‘case di abitazione, ancorché non ultimate’, purché mantengano la loro destinazione e non siano di lusso. La giurisprudenza, inoltre, aveva già riconosciuto il beneficio per gli immobili in corso di costruzione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, confermando la decisione della Commissione Tributaria Regionale. Il ragionamento dei giudici si è concentrato sulla ratio, ovvero lo scopo, della norma agevolativa.

Il principio fondamentale è che l’agevolazione prima casa mira a favorire l’acquisto dell’abitazione principale. Questa finalità deve prevalere sulla specifica forma contrattuale utilizzata per raggiungere l’obiettivo. La giurisprudenza ha già da tempo esteso il beneficio agli immobili in corso di costruzione, stabilendo che il requisito abitativo deve essere soddisfatto entro il termine di tre anni.

Secondo la Corte, escludere dall’agevolazione un’operazione come quella in esame solo perché l’immobile non è ancora ultimato al momento del contratto creerebbe una disparità di trattamento irragionevole. Non c’è differenza sostanziale, ai fini del bisogno abitativo primario, tra chi acquista una casa finita e chi acquista un bene da ultimare con lo stesso intento.

La Corte ha quindi sintetizzato il seguente principio: l’agevolazione prima casa ricomprende anche le ipotesi di immobili in corso di costruzione destinati ad abitazione non di lusso, incluse le operazioni atipiche come permute e do ut facias, a condizione che queste realizzino la finalità di assicurare una prima casa all’acquirente. L’elemento determinante è l’effettiva destinazione dell’immobile a residenza, da realizzarsi entro i termini di legge.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale che favorisce la sostanza sulla forma. La decisione chiarisce che l’accesso ai benefici fiscali per la prima casa non dipende da un rigido elenco di contratti ammessi, ma dalla concreta volontà e dall’effettivo risultato di destinare un immobile a propria abitazione principale. Si tratta di una vittoria importante per i contribuenti che si avvalgono di strumenti contrattuali moderni e flessibili per realizzare il loro progetto abitativo, garantendo che lo spirito della legge prevalga su un’interpretazione eccessivamente formalistica.

L’agevolazione prima casa si applica se acquisto un immobile da costruire tramite un contratto di permuta?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che il beneficio si estende anche a contratti atipici, come la permuta di un bene presente con uno futuro (do ut facias), a condizione che l’operazione sia finalizzata a procurare al contribuente la sua abitazione principale.

Qual è il criterio fondamentale per ottenere il beneficio in caso di immobili non ancora finiti?
Il criterio fondamentale è la finalità dell’operazione. Se lo scopo del contratto è quello di acquisire un’abitazione non di lusso da destinare a residenza principale, e tale destinazione si realizza entro i termini previsti dalla legge (tre anni), il beneficio spetta indipendentemente dalla forma contrattuale utilizzata.

Perché la Corte ha dato torto all’Agenzia delle Entrate che chiedeva un’interpretazione restrittiva della norma?
La Corte ha ritenuto che un’interpretazione restrittiva creerebbe una disparità di trattamento irragionevole tra chi acquista una casa già finita e chi ne acquista una da costruire con il medesimo scopo abitativo. La giurisprudenza ha già ampliato l’applicazione del beneficio agli immobili in costruzione, e la decisione si pone in coerenza con questo principio, dando prevalenza allo scopo della legge (favorire l’acquisto della prima casa) rispetto alla mera forma del contratto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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