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Agevolazione IRES enti ecclesiastici: i limiti

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2860/2024, ha stabilito i criteri per l’applicazione dell’agevolazione IRES per gli enti ecclesiastici. Il caso riguardava un istituto diocesano a cui l’Amministrazione Finanziaria aveva negato la riduzione IRES sui redditi derivanti da locazioni immobiliari. La Corte ha chiarito che il beneficio non è automatico basandosi solo sulla natura dell’ente (requisito soggettivo), ma richiede una valutazione oggettiva dell’attività svolta. Se la gestione immobiliare è condotta con criteri imprenditoriali e di concorrenza sul mercato, essa perde il diritto all’agevolazione IRES, anche se i proventi sono destinati a fini istituzionali come il sostentamento del clero. La sentenza è stata cassata con rinvio per una nuova valutazione dei fatti secondo questo principio.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Agevolazione IRES enti ecclesiastici: la Cassazione fissa i paletti

L’agevolazione IRES per gli enti ecclesiastici non è un diritto acquisito automaticamente, ma dipende dalla natura concreta dell’attività svolta. Con la recente ordinanza n. 2860 del 31 gennaio 2024, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: per beneficiare della riduzione d’imposta, non basta essere un ente con finalità di culto e destinare i proventi a scopi istituzionali. È cruciale che l’attività generatrice di reddito, come la locazione di immobili, non sia condotta con modalità imprenditoriali. Approfondiamo questa importante decisione.

I fatti del caso: la gestione immobiliare di un ente diocesano

Il caso nasce da un avviso di accertamento con cui l’Amministrazione Finanziaria recuperava a tassazione una maggiore IRES nei confronti di un Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero. L’Amministrazione contestava l’applicazione dell’aliquota ridotta, prevista dall’art. 6 del d.P.R. 601/1973, sui redditi derivanti dalla locazione di immobili di proprietà dell’ente.

Secondo l’ente, tale agevolazione era dovuta in quanto la sua natura istituzionale era quella di provvedere al sostentamento del clero, un fine equiparato a quelli di religione e culto. I giudici di primo e secondo grado avevano dato ragione all’ente, ritenendo che l’agevolazione avesse una natura prevalentemente soggettiva, legata alla qualifica dell’ente stesso, e che l’attività di locazione fosse strumentale a tale scopo.

L’Amministrazione Finanziaria ha però impugnato la decisione, portando la questione dinanzi alla Corte di Cassazione e sostenendo che il beneficio fiscale richiede una doppia valutazione: non solo soggettiva (chi è l’ente), ma anche oggettiva (che tipo di attività svolge).

La decisione della Cassazione sulla agevolazione IRES enti ecclesiastici

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa a un nuovo esame. Il principio chiave affermato dai giudici è che l’agevolazione IRES per gli enti ecclesiastici non può prescindere da un’analisi oggettiva dell’attività economica esercitata.

Il principio della doppia verifica: soggettiva e oggettiva

La Corte ha specificato che, sebbene gli istituti per il sostentamento del clero siano enti con finalità di religione o culto, questo requisito soggettivo non è di per sé sufficiente per garantire l’accesso al beneficio fiscale. Occorre una seconda verifica, di natura oggettiva, sull’attività che produce il reddito.

L’attività deve essere in un rapporto di strumentalità diretta e immediata con i fini istituzionali. Non è sufficiente che i proventi siano semplicemente utilizzati per finanziare tali fini. L’attività stessa non deve configurarsi come un’impresa commerciale che opera in concorrenza sul mercato.

Le motivazioni: quando l’attività immobiliare diventa commerciale

La Corte ha delineato le condizioni per distinguere tra un mero godimento del patrimonio immobiliare, compatibile con l’agevolazione, e una vera e propria attività d’impresa, che la esclude.

Il mero godimento si ha quando l’ente si limita a riscuotere i canoni di locazione per reperire i fondi necessari ai suoi scopi, senza una specifica organizzazione di mezzi e risorse volta a massimizzare il profitto. In questo scenario, l’attività è considerata non commerciale e può beneficiare della riduzione IRES.

L’attività diventa invece commerciale quando l’ente:
1. Impiega strutture e mezzi organizzati con fini di concorrenzialità sul mercato.
2. Utilizza tecniche di marketing per attirare clienti.
3. Gestisce un patrimonio immobiliare di notevole consistenza con una struttura organizzativa dedicata.
4. Svolge un’attività sistematica e professionale, non limitata alla mera conservazione del patrimonio.

In questi casi, l’attività, pur generando redditi destinati a scopi meritevoli, viene tassata secondo le regole ordinarie, poiché si configura come un’attività d’impresa a tutti gli effetti. Spetta all’ente, che invoca il beneficio, dimostrare l’assenza di tali elementi imprenditoriali.

Conclusioni: le implicazioni per gli enti ecclesiastici

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso, ricordando a tutti gli enti non profit, inclusi quelli ecclesiastici, che le agevolazioni fiscali sono strettamente legate alla natura non commerciale dell’attività svolta. La sola destinazione degli utili a fini istituzionali non è una “zona franca” che protegge dalla tassazione ordinaria. Gli enti che gestiscono patrimoni immobiliari devono quindi prestare massima attenzione alle modalità concrete di gestione, assicurandosi che non assumano i caratteri di un’impresa, per non rischiare di perdere importanti benefici fiscali. La decisione impone una valutazione caso per caso, basata su elementi di fatto che dimostrino l’assenza di una logica di mercato e di concorrenza.

È sufficiente che un ente ecclesiastico utilizzi i proventi di un’attività per i suoi fini istituzionali per ottenere l’agevolazione IRES?
No, non è sufficiente. La Corte di Cassazione ha chiarito che oltre al requisito soggettivo (essere un ente con finalità di religione o culto) e alla destinazione dei proventi, è necessario un requisito oggettivo: l’attività svolta non deve avere carattere commerciale o imprenditoriale.

La locazione di immobili da parte di un ente ecclesiastico è sempre considerata un’attività non commerciale ai fini dell’agevolazione IRES?
No. La mera riscossione di canoni da un patrimonio immobiliare può essere considerata non commerciale. Tuttavia, se l’ente impiega strutture e mezzi organizzati con fini di concorrenzialità sul mercato (es. marketing, gestione attiva per massimizzare i profitti), l’attività può essere qualificata come commerciale e quindi esclusa dal beneficio fiscale.

Su chi ricade l’onere di provare i presupposti per l’agevolazione fiscale?
L’onere della prova ricade sull’ente che richiede il beneficio fiscale. Deve dimostrare di possedere tutti i requisiti necessari, sia soggettivi che oggettivi, inclusa la natura non commerciale dell’attività concreta svolta per generare il reddito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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