Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18782 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18782 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso nr. 7846-2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOME , elettivamente domiciliato in Roma presso lo studio dell’AVV_NOTAIO che lo rappresenta e difende giusta procura speciale estesa in calce al ricorso
-ricorrente-
contro
COMUNE DI CIAMPINO, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO giusta procura speciale estesa allegata al controricorso e con domicilio digitale eletto presso il suo indirizzo di posta elettronica certificata
-controricorrente –
avverso l ‘ordinanza n. 34813/2022 depositata il 25/11/2022;
della CORTE DI CASSAZIONE, udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 26/6/2024 dal Consigliere Relatore AVV_NOTAIO NOME COGNOME
RILEVATO CHE
NOME COGNOME propone ricorso, affidato ad unico motivo, per la revocazione, ex artt. 391bis e 395 n. 4 cod. proc. civ., dell’ordinanza di questa Corte n. 34813/2022, che aveva respinto il ricorso avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 4199/3/2020, con cui era stata riformata la sentenza n. 8353/2019 della Commissione tributaria provinciale di Roma in accoglimento del ricorso avverso avviso di accertamento IMU 2013, emesso dal Comune di Ciampino;
il Comune resiste con controricorso ed ha da ultimo depositato memoria difensiva
CONSIDERATO CHE
1.1. con unico motivo il ricorrente deduce, ex art. 395 n. 4 cod. proc. civ., l’errore di fatto in cui sarebbe incorso il Collegio nell’aver ritenuto che la fattispecie concreta aveva ad oggetto «un complesso residenziale composto da due unità immobiliari» e non « un’unica unità immobiliare ottenuta dalla irreversibile fusione funzionale ed impiantistica di due unità immobiliari, un tempo contigui, che erano già state fisicamente ed effettivamente di fatto fuse nella predetta unica unità immobiliare fin dall’anno 2011 e nella quale, sempre dallo stesso anno 2011, il …(ricorrente)…, unitamente al suo nucleo familiare, vi aveva stabilito la propria dimora e la propria residenza abituale»;
1.2. le censure vanno disattese;
1.3. questa Corte, con l’ordinanza indicata in epigrafe, ha respinto il ricorso del contribuente, escludendo la sussistenza, nel caso in esame, dell’« effettivo accatastamento unitario degli immobili contigui», evidenziando come questa Corte (Cass. 25.6.2019, n. 17015) avesse già chiarito quanto segue:[… con riguardo all’agevolazione prevista per l’IMU dall’art. 13, comma 2, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con
modificazioni, nella 1. 24 dicembre 2011, n. 214, si osserva che, secondo quanto anche di recente affermato dalla Corte (cfr. Cass. n. 20368/2018), il tenore letterale della norma in esame è chiaro, diversificandosi in modo evidente dalla previsione sull’ICI in tema di agevolazione relativa al possesso di abitazione principale, oggetto di diversi interventi normativi; … l’art. 13, comma 2, del citato d.l. n. 201/2011, per quanto qui rileva, statuisce che «l’imposta municipale propria non si applica al possesso dell’abitazione principale e delle pertinenze della stessa, ad eccezione di quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9 . Per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore ed il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente»; … ciò comporta, per un verso, la non applicabilità della citata giurisprudenza della Corte formatasi in tema di ICI, riferita ad unità immobiliari contigue che, pur diversamente accatastate, fossero destinate ad essere in concreto utilizzate come abitazione principale del compendio nel suo complesso (cfr. Cass. sez. 5, 29 ottobre 2008, n. 25902; Cass. sez. 5, 9 dicembre 2009, n. 25279; Cass. sez. 5, 12 febbraio 2010, n. 3393; Cass. sez. 6-5, ord. 3 febbraio 2017, 3011), per altro la necessità che in riferimento alla stessa unità immobiliare tanto il possessore quanto il suo nucleo familiare dimorino ivi stabilmente e vi risiedano anagraficamente; … ciò, d’altronde, è conforme all’orientamento costante espresso da questa Corte, in ordine alla natura di stretta interpretazione delle norme agevolative (tra le molte, in tema di ICI, più di recente, cfr. Cass. sez. 5, 11 ottobre 2017, n. 23833; Cass. sez. 6-5, ord. 3 febbraio 2017, n. 3011), condiviso anche dalla Corte costituzionale (cfr. Corte cost. 20 novembre 2017, n. 242); … peraltro, come indiretta conferma di quanto sopra osservato, rileva anche la modifica introdotta, nel contesto del citato 13 del d.l. n. 201/2011, con l’aggiunta, ad opera dell’art. 1, comma 10, della L. n. 208/2015, della previsione, al comma 3, del comma 0a), secondo cui, solo con decorrenza dal 10 gennaio 2016, la base imponibile dell’imposta municipale propria è ridotta del 50% «per le unità immobiliari, fatta eccezione per quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9,
concesse in comodato dal soggetto passivo ai parenti in linea retta entro il primo grado che le utilizzano come abitazione principale, a condizione che il contratto sia registrato e che il comodante possieda un solo immobile in Italia e risieda anagraficamente nonché dimori stabilmente nello stesso comune in cui è situato l’immobile concesso in comodato …»];
1.4. ciò posto, secondo principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, l’ammissibilità dell’istanza di revocazione di una pronuncia di questa Corte presuppone un errore di fatto riconducibile all’art. 395, n. 4, cod. proc. civ. e dunque un errore di percezione, o una mera svista materiale, che abbia indotto il giudice a supporre l’esistenza (o l’inesistenza) di un fatto decisivo, che risulti invece incontestabilmente escluso (o accertato) in base agli atti e ai documenti di causa (fra le molte, cfr. Cass. 11 gennaio 2018, n. 442), postulando, l’errore revocatorio, il contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso fatto, l’una desumibile dalla sentenza e l’altra dagli atti e dai documenti processuali, e non concernendo un fatto che sia stato discusso dalle parti e quindi trattato nella pronuncia del giudice;
1.5. il discrimine tra l’errore revocatorio e l’errore di diritto risiede, invero, nel carattere meramente percettivo del primo e nell’assenza di quell’attività di valutazione che rappresenta, per contro, l’indefettibile tratto distintivo del secondo (cfr. Cass., S.U., 27 novembre 2019, n. 31032);
1.6. ne consegue che l’errore revocatorio che «ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c., richiamato per le sentenze della Corte di cassazione dall’art. 391bis c.p.c., rientra fra i requisiti necessari della revocazione che il fatto oggetto della supposizione di esistenza o inesistenza non abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciarsi; pertanto, non è configurabile l’errore revocatorio qualora l’asserita erronea percezione degli atti di causa abbia formato oggetto di discussione e della consequenziale pronuncia a seguito dell’apprezzamento delle risultanze processuali compiuto dal giudice» (cfr. Cass. n. 9527 del 04/04/2019; Cass. n. 27094 del 15/12/2011);
1.7. dagli atti, la circostanza relativa alla mancata unificazione delle due unità immobiliari, per le quali era stata richiesta l’applicazione dell’agevolazione IMU, era stata dedotta dal Comune con il primo motivo del ricorso per cassazione (proposto avverso la sentenza emanata dal suddetto giudice di appello);
1.8. la questione, quindi, ritualmente introdotta nel giudizio di legittimità, ha formato oggetto di esame e di decisione nell ‘ordinanza ora impugnata per revocazione, nella quale è stato affermato che la censura del Comune doveva essere accolta in quanto la Commissione tributaria regionale aveva erroneamente affermato che fosse sufficiente, ai fini della concessione della suddetta agevolazione, «la mera iscrivibilità (e non anche la effettiva iscrizione, poi comunque successivamente verificatasi) del complesso abitativo come unità singola nel catasto edilizio urbano»;
1.9. come dianzi illustrato, dunque, l’affermazione o la negazione di un determinato fatto, se è il frutto di un giudizio, come nel caso in esame, non può essere censurata con la revocazione, ricadendo piuttosto nell’ambito di previsione dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., dovendo essere esclusa la sussistenza di un errore di fatto, meramente percettivo, che non può concernere l’erroneo apprezzamento di risultanze processuali o il vizio di ragionamento su fatti assunti;
1.10. in ordine, inoltre, al preteso errore circa la mancata applicazione, da parte della Corte, del principio secondo cui «ai fini dell’I.M.U., l’immobile risultante dalla fusione per essere qualificato come abitazione principale, non deve essere necessariamente ‘iscritto’ in catasto essendo sufficiente che sia anche solo ‘iscrivibile’ », si rileva che l’errore in questione comporterebbe, in ipotesi, violazione di una serie di norme di diritto, onde si è in area non coperta, per definizione, dalla previsione dell’art. 395, n. 4 cod. proc. civ., che riguarda l’erronea presupposizione (dell’esistenza o dell’inesistenza) di fatti considerati nella loro dimensione storica di spazio e di tempo, non già il vizio che, nascendo da falsa percezione di norme che contemplino la rilevanza giuridica di questi stessi fatti, integra gli estremi dell’ error juris , sia che attenga ad obliterazione delle norme medesime (riconducibile all’ipotesi della falsa applicazione), sia che si concreti nella
distorsione della loro effettiva portata (riconducibile all’ipotesi della violazione);
in applicazione della norma di legge sopra indicata e del principio di diritto che ne è stato ricavato, il ricorso proposto dal contribuente deve essere, quindi, dichiarato inammissibile;
le spese del presente giudizio, in forza del principio di soccombenza posto dall’art. 91 cod. proc. civ., debbono essere poste a carico del ricorrente
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio in favore del Comune RAGIONE_SOCIALE Ciampino che liquida in Euro 600,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da