Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30456 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30456 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CANDIA COGNOME
Data pubblicazione: 26/11/2024
IMU -AGEVOLAZIONE COLTIVATORE DIRETTO
sul ricorso iscritto al n. 22982/2022 del ruolo generale, proposto
DA
COGNOME NOME (codice fiscale CODICE_FISCALE), nato in Collobiano (VC) il DATA_NASCITA, residente in Collobiano (VC), alla INDIRIZZO, rappresentato e difeso, in ragione di procura speciale e nomina rilasciate in calce al ricorso, congiuntamente e disgiuntamente, dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE) RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE.
– RICORRENTE –
il RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), con sede alla INDIRIZZO, in persona del Sindaco pro tempore , NOME COGNOME, autorizzato a stare in giudizio dalla delibera RAGIONE_SOCIALEa Giunta comunale n. 43 del 3 ottobre 2022, rappresentato e difeso, in ragione di procura speciale e nomina posta in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO (codice fiscale CODICE_FISCALE).
– CONTRORICORRENTE – per la cassazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza n. 716/01/2022 RAGIONE_SOCIALEa Commissione tributaria regionale del Piemonte, depositata il 27 giugno 2022, notificata in pari data.
UDITA la relazione svolta all’udienza camerale del 18 settembre 2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Oggetto di controversia è l’avviso di accertamento in atti con cui il RAGIONE_SOCIALE di Casanova Elvo liquidò la maggiore imposta IMU per l’anno di imposta 2014, negando il diritto del contribuente all’agevolazione (riduzione d’imposta) prevista dall’art. 13, comma 8 -bis , d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 per i terreni agricoli ed ai soggetti coltivatori diretti o imprenditori professionali agricoli, sul rilievo del mancato rispetto del requisito RAGIONE_SOCIALEa prevalenza del reddito derivante dall’attività agricola su quello di altra natura.
Con la sentenza impugnata la Commissione tributaria regionale del Piemonte rigettava l’appello proposto dal contribuente contro la sentenza n. 25/1/2021 RAGIONE_SOCIALEa Commissione tributaria provinciale di Vercelli, assumendo:
di condividere le valutazioni del primo Giudice nella parte in cui aveva respinto il rilievo concernente il difetto di
motivazione RAGIONE_SOCIALE‘atto impositivo, nonché la richiesta di disapplicazione RAGIONE_SOCIALEe sanzioni per la dedotta incertezza normativa, osservando ancora che la Commissione provinciale aveva rigettato il ricorso del contribuente anche ritenendo che si fosse formato il giudicato esterno favorevole all’istante con riguardo alle statuizioni di cui alla sentenza n. 128/2019 relativa all’IMU 2013;
-che i motivi di appello avevano reiterato « tautologicamente e genericamente le deduzioni svolte in primo grado e che «In assenza di impugnazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza gravata, sia nella parte in cui ha ritenuto insussistente il dedotto vizio di motivazione, sia nella parte in cui ha ritenuto che si sia formato giudicato esterno, stante il principio devolutivo che governa il procedimento in appello, ne deriva la definitività RAGIONE_SOCIALEe statuizioni in oggetto, con effetti sostanziali assorbenti di ogni altra deduzione e difesa, gravando a carico RAGIONE_SOCIALE‘appellante l’onere di censurare sempre, a pena di inammissibilità, tutte le rationes decidend i RAGIONE_SOCIALEa decisione impugnata che, come nella specie, sono giuridicamente e logicamente sufficienti e giustificare la decisione adottata (in termini Cass. SS UU 11977/2017 ex multis ; anche Cass. 27339/2019)» (così nella sentenza impugnata);
che le pronunce RAGIONE_SOCIALEa Corte costituzionale (n. 336/2003 e n. 87/2005) avevano chiarito che « ‘la giustificazione RAGIONE_SOCIALE‘agevolazione fiscale ‘risiede in un intento di incentivazione RAGIONE_SOCIALE‘attività agricola, connesso alla finalità di razionale sfruttamento del suolo cui fa riferimento l’art. 44 RAGIONE_SOCIALEa Costituzione’ e che ‘in relazione alla suddetta ratio incentivante, non appare manifestamente irragionevole che dal beneficio siano esclusi coloro che all’evidenza non traggono dal lavoro agricolo la loro esclusiva fonte di reddito», così come la
Corte di cassazione (« ex multis , Cass. n. 11612/2020; Cass. n. 2142/2020; Cass. n. 26455/2017; Cass. n. 14135/2017; Cass. n. 13745/2017; Cass. n. 11979/2017; Cass. n. 13391/2016») aveva precisato che la concessione del benefico in questione richiedeva « la prova RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei requisiti sostanziali in ordine ‘alla conduzione diretta del fondo ed alla circostanza di non godere di trattamenti pensionistici’ in quanto ‘la disciplina agevolativa non può essere ancorata al solo criterio formale RAGIONE_SOCIALE‘iscrizione agli elenchi ex SCAU’, in considerazione RAGIONE_SOCIALEa ratio RAGIONE_SOCIALEa disciplina agevolativa, consistente nell’incentivazione RAGIONE_SOCIALEa coltivazione RAGIONE_SOCIALEa terra e nell’alleggerimento del carico tributario a carico di chi ritragga dal lavoro RAGIONE_SOCIALEa terra l’esclusiva fonte di reddito», nel senso, quindi, RAGIONE_SOCIALEa « necessità di valutare in concreto la sussistenza RAGIONE_SOCIALE‘elemento RAGIONE_SOCIALEa prevalenza del reddito agricolo rispetto a tutte le altri fonti di reddito per accedere alle agevolazioni fiscali IMU» (cosi nella sentenza impugnata, che richiama sul punto Cass. n. 11612/2020);
-che « emerge dagli atti e dalle allegazioni l’infondatezza del motivo d’appello, in quanto la fonte prevalente di reddito RAGIONE_SOCIALE‘appellante non derivava dalla conduzione dei terreni ma dalla partecipazione nella società RAGIONE_SOCIALE che non svolge attività in campo agricolo, come si ricava dal riepilogo contabile del Mod. Persone fisiche NUMERO_DOCUMENTO, per il periodo di imposta 2014, nel quale l’appellante dichiarava un reddito complessivo di € 29.000,00 circa, costituito in maniera prevalente dal reddito da partecipazione nella suddetta società (€ 20.090,00)», difettando « ulteriormente peraltro, il requisito sostanziale RAGIONE_SOCIALEa ‘conduzione diretta’, giacche’, dalla dichiarazione dei redditi, emerge che parte dei terreni sono
stati concessi in affitto a soggetti terzi » così nella sentenza impugnata);
che «Parimenti infondato e fermo quanto precede risulta, stante la chiara e condivisibile motivazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza gravata, immune da vizi logico-giuridici, il primo motivo d’appello riferito alla contestata applicabilità RAGIONE_SOCIALEe sanzioni e degli interessi ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘articolo 10 RAGIONE_SOCIALEo Statuto del Contribuente, in assenza di una qualunque incertezza sulla portata e sull’ambito di applicabilità RAGIONE_SOCIALEa normativa IMU, alla stregua del consolidato indirizzo interpretativo RAGIONE_SOCIALEa giurisprudenza di legittimità e costituzionale» (così nella sentenza impugnata).
NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione contro la predetta sentenza, notificandolo il 23 settembre 2022, formulando quattro motivi di impugnazione (l’ultimo dei quali articolato in quattro censure), depositando in data 6 settembre 2024 memoria ex art. 380bis .1. c.p.c.
Il RAGIONE_SOCIALE Casanova Elvo resisteva con controricorso notificato il 26 ottobre 2022, depositando in data 6 settembre 2024 memoria ex art. 380bis .1. c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso va respinto, mentre il secondo va dichiarato inammissibile.
Va, invece, accolta la quarta censura, in essa restando assorbito l’esame RAGIONE_SOCIALEa terza doglianza.
Di seguito le ragioni.
Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente ha eccepito, con riferimento all’art. 360, primo comma, num. 3 e 5, c.p.c.,
la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 7 RAGIONE_SOCIALEa legge 27 luglio 2000, n. 212 e 3 RAGIONE_SOCIALEa legge 7 agosto 1990, n. 241 per « aver ritenuto definitivo il capo RAGIONE_SOCIALEa sentenza di primo grado che ha pronunciato circa la coerenza RAGIONE_SOCIALEa motivazione RAGIONE_SOCIALE‘accertamento impositivo» (v. pagina n. 8 del ricorso), ponendo in rilievo che il giudicato interno si forma solo sui capi autonomi RAGIONE_SOCIALEa decisione e non sulle mere argomentazioni, lamentando inoltre che la pronuncia impugnata ha « erroneamente dapprima considerato inesistente il vizio di motivazione inerente all’atto impositivo impugnato e, successivamente, ritenuto definitivo il capo di sentenza che ha pronunciato sul punto respingendo il ricorso introduttivo» (v. pagina n. 10 del ricorso).
2.1. La censura presenta profili di chiara inammissibilità innanzitutto nella parte in cui lamenta la predetta violazione di legge unitamente all’omissione di un fatto decisivo per il giudizio, con riferimento però ad un dedotto errore valutativo circa la ritenuta definitività RAGIONE_SOCIALEa sentenza di primo grado in punto di motivazione RAGIONE_SOCIALE‘atto impositivo.
2.2. Sotto altro profilo, la stessa difesa del ricorrente ha riconosciuto che la sentenza impugnata ha rigettato l’appello, in primo luogo condividendo le ragioni poste a base RAGIONE_SOCIALEa sentenza di primo grado, che aveva ritenuto infondata l’eccezione di nullità RAGIONE_SOCIALE‘atto impositivo per vizio di motivazione, considerando che esso conteneva adeguate indicazioni sui presupposti in fatto ed in diritto RAGIONE_SOCIALE‘imposizione.
Dall’esame del ricorso in oggetto emerge che detta valutazione del Giudice provinciale era stata confutata in sede di appello, contestando « integralmente la ricostruzione RAGIONE_SOCIALEa sentenza di primo grado in ordine al requisito RAGIONE_SOCIALEa
prevalenza reddituale ed alla conduzione dei terreni» (v. pagina n. 9 del ricorso) e reputando contraddittoria ed illogica la motivazione RAGIONE_SOCIALEa prima sentenza.
Ciò significa che l’effettiva contestazione RAGIONE_SOCIALEa pronuncia di prime cure concerneva (non già la motivazione RAGIONE_SOCIALE‘avviso, ma) il merito RAGIONE_SOCIALEa pretesa fiscale, cioè a dire la debenza del tributo sul contestato «mancato rispetto del requisito RAGIONE_SOCIALEa prevalenza del reddito derivante da attività agricola su quelli di altra natura» (così nell’avviso come riportato nel ricorso, v. pagina n. 9) ed il vizio di motivazione sul punto RAGIONE_SOCIALEa decisione appellata (come pure emerge dal richiamato contenuto del ricorso in appello, v. pagine 6 e ss., in cui il secondo motivo è rubricato «Prevalenza reddituale e conduzione terreni»), il che spiega la ragione per la quale la Commissione regionale abbia, peraltro con valutazione aggiuntiva, ritenuto che il gravame non avesse riguardato il deficit motivazionale RAGIONE_SOCIALE‘avviso.
In tale prospettiva, quindi, il motivo, oltre che inammissibile, si rivela anche infondato, il tutto con valutazione che assorbe l’esame RAGIONE_SOCIALE‘eccezione di inammissibilità RAGIONE_SOCIALEa doglianza avanzata dal RAGIONE_SOCIALE.
Con la seconda doglianza l’istante ha dedotto, con riferimento all’art. 360, primo comma, num. 3 e 5, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c., contestando al Giudice regionale di « aver ritenuto definitivo il capo RAGIONE_SOCIALEa sentenza di primo grado che ha pronunciato circa l’efficacia di giudicato esterno di altra pronuncia emessa tra le parti» (v. pagina n. 11 del ricorso), evidenziando che la sentenza emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Vercelli (la n. 128 del 2019) afferente all’IMU 2013 non era passata in giudicato, in quanto impugnata, con appello deciso con sentenza RAGIONE_SOCIALEa
Commissione Tributaria Regionale del Piemonte – Sezione 5 n. 636 RAGIONE_SOCIALE‘8 giugno 2021, depositata in segreteria il 29 luglio 2021, che aveva ribaltato la sentenza di primo grado e contro cui il RAGIONE_SOCIALE di Casanova Elvo aveva proposto ricorso in Cassazione, con ricorso rubricato nel relativo procedimento n. 802/2022 di ruolo generale.
3.1. Va sul punto osservato che alla predetta considerazione di un giudicato interno derivante dalla mancata proposizione del motivo di appello avverso la decisione del primo Giudice, che aveva ritenuto sussistere un (in realtà insussistente) giudicato esterno derivante dalla pronuncia n. 128/2019 (in realtà impugnata, decisa favorevolmente per il contribuente dalla sentenza n. 636/5/2021 RAGIONE_SOCIALEa Commissione regionale, oggetto di ricorso per cassazione da parte del RAGIONE_SOCIALE e rigettato da questa Corte con l’ordinanza n. 18181/2023), il Giudice regionale non ha collegato alcun effetto pregiudizievole o fatto derivare una statuizione negativa per il contribuente, tali da giustificare l’interesse all’impugnazione.
In effetti, risulta evidente dal contenuto RAGIONE_SOCIALEa decisione impugnata che la Commissione regionale ha provveduto ad effettuare una valutazione sul merito RAGIONE_SOCIALEa controversia, il che consente di ritenere che il riferimento alla mancata impugnazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto essersi formato il giudicato sulla citata sentenza n. 128/2019 (concernente, peraltro, altro anno di imposta 2013) non abbia assunto alcun effetto sulla decisione e nessuna incidenza pregiudizievole per il contribuente.
In altri termini, il Giudice regionale non ha desunto le relative conseguenze derivanti dal predetto giudicato, le quali sarebbero state preclusive di una valutazione sul merito RAGIONE_SOCIALEa
contro
versia, tant’è che correttamente la ragione RAGIONE_SOCIALEa decisione si è sviluppata sull’autonoma verifica dei requisiti per godere del beneficio fiscale nel diverso anno d’imposta in esame (2014), in considerazione RAGIONE_SOCIALE‘elemento variabile costituito dalla prevalenza del reddito derivato da altre fonti rispetto all’attività agraria.
In tale prospettiva, il riferimento al mancato appello (e quindi al giudicato interno) sulla statuizione del primo Giudice, che aveva ritenuto essersi formato il giudicato esterno sulla pronuncia n. 128/2019 RAGIONE_SOCIALEa Commissione tributaria provinciale di Vercelli, non ha assunto il ruolo di autonoma ratio decisoria, non essendo stata tratta da tale rilievo -lo si ripete – la sua giuridica conseguenza, avendo, invece, la Commissione autonomamente valutato il merito RAGIONE_SOCIALEa presente controversia.
Il motivo in esame, per tale ragione, risulta inammissibile.
Con la terza censura il contribuente ha denunciato, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3 c.p.c. la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 10 RAGIONE_SOCIALEa legge 27 luglio 2000, n. 212, 8 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e 6 d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, «per aver ritenuto definitivo il capo RAGIONE_SOCIALEa sentenza di primo grado che ha pronunciato circa l’efficacia di giudicato esterno di altra pronuncia emessa tra le parti» (così a pagina n. 12 del ricorso), duolendosi poi nello sviluppo del motivo RAGIONE_SOCIALEa pronuncia impugnata nella parte in cui non ha ritenuto la sussistenza RAGIONE_SOCIALEa causa di non punibilità con riferimento alle sanzioni in ragione RAGIONE_SOCIALE‘incertezza normativa sull’applicazione RAGIONE_SOCIALEe disposizioni, richiamando sul punto la risoluzione n. 1/DF del 28 febbraio 2018, con cui il RAGIONE_SOCIALE ha evidenziato che, ai fini del riconoscimento RAGIONE_SOCIALEa qualifica di coltivatore diretto – e
quindi RAGIONE_SOCIALEe relative agevolazioni -non viene richiesto dal legislatore che essi traggano dal lavoro RAGIONE_SOCIALEa terra la loro esclusiva fonte di reddito, come ritenuto anche dalla giurisprudenza di merito citata nel ricorso.
Con la quarta ragione di contestazione il contribuente ha denunciato, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c. la violazione di legge nella parte in cui non sono stati riconosciuti i presupposti per l’applicazione RAGIONE_SOCIALE‘agevolazione in rassegna.
Il ricorrente ha sul punto, segnatamente, dedotto:
la violazione e/o falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 13 d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 per aver il Giudice regionale erroneamente ritenuto insussistenti i requisiti soggettivi e oggettivi di applicabilità RAGIONE_SOCIALEe agevolazioni IMU e per aver ritenuto necessario il requisito RAGIONE_SOCIALEa prevalenza reddituale relativa all’attività agricola, giacchè, diversamente dall’ICI, «I commi 3 ed 8 bis RAGIONE_SOCIALE‘articolo 13 prevedono l’applicazione RAGIONE_SOCIALEe agevolazioni in materia di IMU ai coltivatori diretti od agli imprenditori agricoli professionali (requisito soggettivo) iscritti nella previdenza agricola (requisito oggettivo) e relativamente ai terreni agricoli da essi condotti (requisito oggettivo)» (v. pagina n. 17 del ricorso), rilevando, quindi, solo la qualifica di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale dei soggetti che conducono il fondo e non più il requisito economico, come confermato, con norma di interpretazione autentica, dall’art. 78 -bis d.l. 14 agosto 2020, n. 104, che « prevede che i pensionati, coadiuvanti e soci di società di persone con qualifica di coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale (IAP), usufruiscono RAGIONE_SOCIALE‘esenzione dal pagamento RAGIONE_SOCIALE‘IMU sui terreni agricoli» (v. pagina n. 18 del ricorso);
b. la violazione e/o falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 13 d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 « per aver erroneamente ritenuto insussistente il requisito oggettivo RAGIONE_SOCIALEa conduzione del fondo (v. pagina n. 19 del ricorso), considerando i beni concessi in affitto a terzi, laddove tale circostanza non risultava dal riepilogo contabile RAGIONE_SOCIALEa dichiarazione dei redditi prodotto, aggiungendo che detti beni, costituiti da boschi cedui incolti e reliquati da espropri incapaci di produrre reddito, sono situati in altro RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE di Asigliano Vercellese) e che sono stati concessi in comodato (non in locazione) a terzi, per cui non hanno costituito fonte di reddito;
c. la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 25, 26 e 27 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, 2 RAGIONE_SOCIALEa legge 9 gennaio 1963, n. 9 « per aver ritenuto necessario il requisito RAGIONE_SOCIALEa prevalenza reddituale relativa all’attività agricola e per aver valutato l’insussistenza di tale requisito nel caso in oggetto» (v. pagina n. 23 del ricorso), richiamando al riguardo il già citato art. 78bis d.l. 14 agosto 2020, n. 104, nonché le previsioni RAGIONE_SOCIALE‘art. 2 RAGIONE_SOCIALEa legge 9 gennaio 1963, n. 9 (che consente di ritenere che «’attività prevalente ‘quella che impegni il coltivatore diretto ed il mezzadro o colono per il maggior periodo di tempo nell’anno e che costituisca per essi la maggior fonte di reddito’»; v. pagina n. 24 del ricorso), oltre alle previsioni del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 [segnatamente, gli artt. 25 (Redditi fondiari), 27 (Reddito domenicale dei terreni), 32 (Reddito agrario), 26, comma 1 (Imputazione dei redditi fondiari), secondo le quali «’I redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale, salvo quanto stabilito dall’art. 30, per il periodo di imposta in cui si è verificato il possesso’ facendo
rispettivamente riferimento all’articolo 27 al ‘reddito medio ordinario ritraibile dal terreno attraverso l’esercizio RAGIONE_SOCIALEe attività agricole’ ed all’articolo 32 ‘reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d’esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati nell’esercizio di attività agricole’» (v. pagina n. 25 del ricorso);
c.1. l’istante ha, quindi, contestato alla Commissione di aver considerato « necessario che il solo reddito derivante dall’attività agricola sia prevalente (e, dunque, superiore al 50%) rispetto a quello ricavato da qualsiasi altra fonte di reddito», affermando -l’istante che «Tale interpretazione è del tutto errata: qualora fosse necessario applicare un requisito reddituale, la normativa fa riferimento al criterio RAGIONE_SOCIALEa maggior fonte di reddito che deve derivare dalla coltivazione del fondo e non al reddito agrario» (v. pagina n. 25 del ricorso). Nella specie la Commissione regionale non avrebbe considerato che « il reddito ricavato dall’attività agricola, risultante dalla dichiarazione IVA relativa all’anno 2014 ammonti ad Euro 83.557,00 e sia ottenuto sommando all’importo RAGIONE_SOCIALEe vendite pari ad Euro 100.438,00, quello del Premio PAC, pari ad Euro 49.174,00 e sottraendo dal predetto totale l’importo di Euro 66.055,00 relativo agli acquisti» (v. pagine nn. 25 e 26 del ricorso);
la violazione e/o falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 1 d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99 «per aver erroneamente ritenuto insussistente il requisito soggettivo RAGIONE_SOCIALEa qualifica di imprenditore agricolo professionale nonché per aver ritenuto necessario il requisito RAGIONE_SOCIALEa prevalenza reddituale relativa all’attività agricola e per aver valutato l’insussistenza del requisito del cinquanta per cento del reddito globale da lavoro
nel caso in oggetto in merito all’applicabilità RAGIONE_SOCIALEe agevolazioni IMU» (v. pagina n. 27 del ricorso).
Il ricorrente ha poi aggiunto che, se non ritenuto coltivatore diretto, avrebbe comunque, dovuto beneficiare RAGIONE_SOCIALEa qualifica di imprenditore agricolo professionale, come ritenuto, in relazione all’anno di imposta 2013, dalla Commissione tributaria regionale del Piemonte con la menzionata sentenza n. 636/2021, computando ai fini del reddito complessivo anche quello fondiario, ancora una volta evidenziando che la sentenza impugnata non avrebbe considerato il reddito ricavato dall’attività agricola, risultante dalla dichiarazione IVA relativa all’anno 2014, (ammonti a 83.557,00 €) e che il contribuente aveva dimostrato di aver dedicato « almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro complessivo all’attività agricola e da essa ricava almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro» (v. pagina n. 29 del ricorso).
Il ricorso -come anticipato – è fondato in relazione al suo quarto motivo.
D iscostandosi dall’ordine di prospettazione dei motivi sviluppati nel ricorso, giova esaminare con priorità (rispetto al terzo motivo) detta censura con cui è stata dedotta, sotto i vari aspetti sopra illustrati, la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 13 d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, stante il carattere succedaneo RAGIONE_SOCIALEa terza doglianza, siccome riferita al profilo RAGIONE_SOCIALEe sanzioni, avente carattere accessorio rispetto alla debenza del tributo.
6.1. Deve premettersi che sul tema in esame (applicazione RAGIONE_SOCIALE‘agevolazione IMU per i terreni agricoli di cui sia proprietario o possessore un coltivatore diretto titolare) questa Corte ha avuto modo di esprimersi con tre pronunce (Cass.,
Sez. T., 12 maggio 2023, n. 13131; Cass, Sez. T., 23 giugno 2023, n. 18083 e Cass., Sez. T., 26 giugno 2023, n. 18181, quest’ultima resa tra le stesse parti in analoga fattispecie relativa alla medesima imposta concernente il precedente anno 2013), le quali hanno ricostruito i nuovi e diversi principi (rispetto al regime ICI) desumibili dalla disciplina RAGIONE_SOCIALE‘IMU di cui al d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 e dai successivi intervenuti normativi (tra cui, per quel che più interessa, l’art. 78 -bis RAGIONE_SOCIALEa legge 14 agosto 2020, n. 104 e l’art. 1, comma 705, RAGIONE_SOCIALEa legge 30 dicembre 2018, n. 145), precisando che:
-«In tema di terreni agricoli la disciplina IMU richiama testualmente le definizioni di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 504 del 1992 (ndr. in tema di ICI), ma non anche l’art. 9, né tanto meno l’art. 58 del d.lgs. n. 446 del 1997, in quanto precisa che i soggetti richiamati dall’art. 2, comma 1, lett. b ), secondo periodo, del d.lgs. n. 504 del 1992, sono individuati, non più in riferimento all’art. 9, comma 1, bensì ‘nei coltivatori diretti e negli imprenditori agricoli professionali di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, e successive modificazioni, iscritti nella previdenza agricola’»;
«Ne consegue che, ai fini RAGIONE_SOCIALEa qualificazione dei terreni come non edificabili, restano immutati rispetto all’ICI i requisiti oggettivi, quali la persistenza RAGIONE_SOCIALE‘utilizzazione agro-silvopastorale mediante l’esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, alla funghicoltura ed all’allevamento di animali, e quindi la presenza di situazioni avente carattere oggettivo incompatibile con la possibilità RAGIONE_SOCIALEo sfruttamento edilizio RAGIONE_SOCIALE‘area, mentre si modificano i requisiti soggettivi, risultando richiesta la qualifica di coltivatore diretto o IAP desumibile dall’iscrizione nella previdenza agricola, nel
senso che hanno diritto alle agevolazioni i soli coltivatori diretti o IAP che ne hanno le caratteristiche ai fini previdenziali »;
«Posto che nell’ordinamento manca una nozione generale di coltivatore diretto applicabile ad ogni fine di legge, il testuale riferimento di cui al comma 2 RAGIONE_SOCIALE‘art. 13 del d.l. n. 201 del 2011, conv. con modif. dalla l. n. 214 del 2011, all’iscrizione alla previdenza agricola impone di ritenere ormai sufficiente, anche ai fini fiscali, la presenza RAGIONE_SOCIALEa sola iscrizione ai fini previdenziali, senza necessità di procedere ad un accertamento ulteriore in ordine all’attività in concreto svolta ed alla prevalenza dei redditi»;
-« l’art. 78 -bis, comma 3, del d.l. n. 104 del 2020, nell’interpretare autenticamente e con effetti retroattivi la disciplina IMU, nel senso di considerare coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali anche i pensionati, richiede soltanto che gli stessi continuino a svolgere attività in agricoltura con modalità idonee a mantenere l’iscrizione nella relativa gestione previdenziale e assistenziale agricola; analogamente l’art. 1, comma 705, RAGIONE_SOCIALEa legge 30 dicembre 2018, n. 145, applicabile retroattivamente ai sensi del comma 1 del citato art. 8-bis, richiede solo che i coadiutori continuino a partecipare attivamente all’impresa del familiare con le modalità RAGIONE_SOCIALE‘abitualità e RAGIONE_SOCIALEa prevalenza che costituiscono il presupposto RAGIONE_SOCIALE‘iscrizione»;
-«A seguito di tali interventi normativi, chiaramente ispirati dalla volontà del legislatore di sostenere l’esercizio RAGIONE_SOCIALEe attività imprenditoriali agricole, per accedere alle agevolazioni IMU prevista per i terreni agricoli è divenuto sufficiente che il soggetto, anche se già pensionato, mantenga l’iscrizione nella relativa gestione previdenziale e assistenziale agricola, iscrizione che di per sé certifica che lo stesso
continua a svolgere attività in agricoltura versando i relativi contributi» (così Cass., Sez. T., 12 maggio 2023, n. 13131, ai cui più ampi contenuti si rinvia);
-« la permanenza del requisito RAGIONE_SOCIALE‘iscrizione alla previdenza agricola, che già presuppone una valutazione del reddito agrario rispetto ad altri redditi, secondo i criteri fissati ai fini previdenziali, costituisce ex lege , oltre alla conduzione dei terreni, l’unica condizione richiesta per la fruizione dei benefici fiscali» (così Cass., Sez. T., 26 giugno 2023, n. 18181, resa tra le stesse parti, e Cass., Sez. T, 23 giugno 2023, n. 18083), essendo venuta « meno la necessità altresì RAGIONE_SOCIALEa prevalenza del reddito agrario sui redditi provenienti da altre fonti » (così Cass., Sez. T, 23 giugno 2023, n. 18083), come desumibile oltre che dalla norma di interpretazione autentica di cui all’art. 78 -bis RAGIONE_SOCIALEa legge 14 agosto 2020, n. 104, dagli artt. 13, comma 2 e comma 8-bis, d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 e dall’art. 1, comma 758, RAGIONE_SOCIALEa legge 27 dicembre 2019, n. 160 (che ha previsto l’esenzione dall’imposta per i terreno agricoli posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali di cui all’art. 1 d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99, iscritti alla previdenza agricola, comprese le società agricole di cui all’art. 1, comma 3, del citato d.lgs. 99/2004, indipendentemente dalla loro ubicazione (cfr. Cass., Sez. T, 23 giugno 2023, n. 18083);
-«In sintesi, l’iscrizione previdenziale già presuppone (per il coltivatore diretto, e ausiliari), sia pure con presunzione iuris tantum (come tale suscettibile di prova contraria), lo svolgimento di una diretta, abituale e manuale coltivazione dei fondi, o un diretto ed abituale governo del bestiame, sussistenti allorché l’interessato si dedichi a tali incombenti in
modo esclusivo, o anche solo prevalente (nel senso che l’attività deve impegnare il coltivatore per il maggior periodo di tempo nell’anno e costituire per esso la maggior fonte di reddito)» (così, Cass., Sez. T., 23 giugno 2023, n. 18083).
Alla luce di quanto precede, dunque, le novità RAGIONE_SOCIALEa disciplina IMU, ai fini RAGIONE_SOCIALEa concessione del beneficio in esame e sino all’introduzione RAGIONE_SOCIALE‘esenzione dal pagamento RAGIONE_SOCIALE‘imposta previsto dall’art. 1, comma 758, RAGIONE_SOCIALEa legge 27 dicembre 2019, n. 160, risiedono nel fatto che il godimento del benefico postula la sola condizione RAGIONE_SOCIALEa qualifica di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale, senza necessità di procedere ad ulteriori accertamenti circa l’attività effettivamente svolta e la prevalenza dei redditi, dovendo considerarsi, sotto il primo profilo, che la predetta iscrizione previdenziale integra, per il coltivatore diretto e l’imprenditore agricolo professionale, una presunzione relativa, come tale suscettibile di prova contraria, circa lo svolgimento di una diretta ed abituale coltivazione del fondo.
In applicazione dei suindicati principi, la sentenza impugnata deve essere riformata, in quanto, nella indiscussa circostanza fattuale RAGIONE_SOCIALE‘iscrizione del ricorrente nella previdenza agricola come coltivatore diretto (lo stesso avviso impugnato si basa sulla prevalenza dei reddito di partecipazione rispetto al quello agrario), il Giudice RAGIONE_SOCIALE‘appello ha basato la decisione sulla ritenuta, dirimente, circostanza RAGIONE_SOCIALEa prevalenza del reddito dalla menzionata partecipazione societaria rispetto a quello agrario, che -per quanto sopra detto -non costituisce più un requisito per il conseguimento del beneficio in questione.
8.1. Va solo aggiunto che ha costituito solo una, non essenziale, motivazione aggiuntiva, come tale non integrante
un’autonoma ratio decisoria, il riferimento al difetto RAGIONE_SOCIALEa conduzione diretta ad opera del ricorrente di parte dei fondi oggetto di tassazione (siccome risultanti concessi in affitto a terzi), come si desume -in termini emblematici – dal rilievo del rigetto integrale RAGIONE_SOCIALE‘appello del contribuente, benchè solo una parte dei beni sia stata considerata concessa in affitto a terzi, il che dimostra la natura ancillare RAGIONE_SOCIALE‘argomento speso, come tale non idoneo di per sé a sorreggere la decisione, fondata, invece, nel suo nucleo concettuale dirimente, sulla ritenuta prevalenza di redditi diversi da quelli agrari.
L’accoglimento del predetto motivo del ricorso comporta, dunque, la cassazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata e, come anticipato, rende superfluo l’esame RAGIONE_SOCIALEa terza doglianza relativa all’applicazione RAGIONE_SOCIALEa voce accessoria RAGIONE_SOCIALEe sanzioni.
Non essendo, poi, necessari altri accertamenti in fatto, la causa va anche decisa, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 384, secondo comma, c.p.c., nel merito, con l’accoglimento RAGIONE_SOCIALE‘originario ricorso del contribuente.
Il sopraggiunto orientamento RAGIONE_SOCIALEe Corte sul tema in rassegna rispetto alla proposizione del ricorso giustifica la compensazione integrale RAGIONE_SOCIALEe spese RAGIONE_SOCIALE‘intero giudizio.
P.Q.M.
la Corte accoglie il quarto motivo di ricorso, rigetta il primo, dichiara inammissibile il secondo ed assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso del contribuente.
Compensa integralmente tra le parti le spese di tutti i gradi di giudizio.