Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30491 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30491 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CANDIA COGNOME
Data pubblicazione: 26/11/2024
IMU -AGEVOLAZIONE COLTIVATORE DIRETTO
sul ricorso iscritto al n. 5114/2023 del ruolo generale, proposto
DA
COGNOME NOME (codice fiscale CODICE_FISCALE), nato in Collobiano (VC) il DATA_NASCITA, residente in Collobiano (VC), alla INDIRIZZO, rappresentato e difeso, in ragione di procura speciale e nomina rilasciate in calce al ricorso, congiuntamente e disgiuntamente, dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE) dello RAGIONE_SOCIALE.
– RICORRENTE –
il RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), con sede alla INDIRIZZO, in persona del Sindaco pro tempore , NOME COGNOME, autorizzato a stare in giudizio dalla delibera della Giunta comunale n. 5 del 13 marzo 2023, rappresentato e difeso, in ragione di procura speciale e nomina posta in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO (codice fiscale CODICE_FISCALE), con studio in Roma, alla INDIRIZZO.
– CONTRORICORRENTE – per la cassazione della sentenza n. 1225/1/2022 della Corte di Giustizia tributaria di II grado del Piemonte, depositata il 28 dicembre 2022, notificata il 9 gennaio 2023.
UDITA la relazione svolta all’udienza camerale del 18 settembre 2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Oggetto di controversia è l’avviso di accertamento in atti con cui il RAGIONE_SOCIALE di Casanova Elvo liquidò la maggiore imposta IMU per l’anno di imposta 2015, negando il diritto del contribuente all’agevolazione (riduzione d’imposta) prevista dall’art. 13 d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 per i terreni agricoli ed ai soggetti coltivatori diretti o imprenditori professionali agricoli, sul rilievo del mancato rispetto del requisito della prevalenza derivante dall’attività agricola su quelli di altra natura e, segnatamente, dalla partecipazione nella società RAGIONE_SOCIALE operante nel settore del commercio all’ingrosso di macchine ed utensili agricoli.
Con la sentenza impugnata la Corte di giustizia tributaria di II grado del Piemonte accoglieva l’appello proposto dal
RAGIONE_SOCIALE di Casanova Elvo contro la sentenza n. 3/1/2022 della Commissione tributaria provinciale di Vercelli (che aveva riconosciuto l’esenzione IMU ai sensi dell’art. 78 -bis d.l. 14 agosto 2020, n. 104), assumendo -di contro -che:
-« l’art. 13 comma 8 bis D.L. 201/2011 (trasposto nell’articolo 13 comma 2 D.L. 201/2011, essendo stato il comma 8 bis abrogato dalla L. n. 208/2015), ha previsto che l’agevolazione spetti relativamente ai ‘terreni agricoli posseduti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli professionali di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, e successive modificazioni, iscritti nella previdenza agricola, purché dai medesimi condotti’»;
-non era conferente il richiamo all’art. 78 -bis d.l. 14 agosto 2020, n. 104 (che ha previsto che si considerano coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali anche i pensionati che, continuando a svolgere attività in agricoltura, mantengono l’iscrizione nella relativa gestione previdenziale e assistenziale agricola, richiamando l’art. 1, comma 705 della legge 30 dicembre 2018, n. 145, secondo cui i familiari coadiuvanti del coltivatore diretto, appartenenti al medesimo nucleo familiare, che risultano iscritti nella gestione assistenziale e previdenziale agricola quali coltivatori diretti, beneficiano della disciplina fiscale propria dei titolari dell’impresa agricola al cui esercizio i predetti familiari partecipano attivamente), in quanto non risultava che il ricorrente avesse la qualifica di pensionato coltivatore diretto o di coadiuvante agricolo;
le pronunce della Corte costituzionale (n. 336/2003 e n. 87/2005) avevano chiarito che la ratio dell’agevolazione fiscale (l’incentivazione dell’attività agricola) non rendeva manifestamente irragionevole che dal beneficio fossero esclusi
coloro che non traggono dal lavoro agricolo la loro esclusiva fonte di reddito, così come la Corte di cassazione (« ex multis , Cass. 11612/2020; Cass. 2142/2020; Cass. 10284/2019; Cass. 26455/2017; Cass. 14135/2017; Cass. 13745/2017; Cass. 11979/2017; Cass. 13391/2016») aveva precisato che la concessione del benefico in questione richiedeva la prova, posta a carico del contribuente, della sussistenza dei requisiti formali (iscrizione negli elenchi ex SCAU ed assolvimento degli obblighi assicurativi per invalidità, malattia e vecchiaia) e sostanziali in ordine alla conduzione diretta del fondo ed al carattere principale di tale attività rispetto alle altre fonti di reddito, « onde evitare che un soggetto iscritto nell’elenco non conduca direttamente il fondo o non tragga da quest’ultimo la maggior parte del proprio reddito ( ex multis , Cass. 10284/2019, nonché, ex multis , Cass. 19130/2016; Cass. 12336/2011; Cass. 9510/2008; Cass. 214/2005)», aggiungendo che « in tema di ICI, ora IMU, ‘in materia tributaria la prevalenza non può che riguardare gli effetti reddituali dell’attività rispetto ad altre fonti di reddito’ (Cass. 2010/12565)» (così nella pronuncia impugnata);
risultava dalla documentazione prodotta che il reddito prevalente non era stato quello derivante dall’attività agricola, ma quello derivante dalla partecipazione nella società RAGIONE_SOCIALE, operante pacificamente in ambito diverso da quello agricolo;
-«La dichiarazione IVA riferita all’anno di imposta 2015 allegata dall’appellato non pare idonea e sufficiente a fronte RAGIONE_SOCIALE allegazioni in atti, in quanto descrittiva di un certo volume d’affari e non del reddito e senza riferimento, così come controdedotto dall’appellante che ne ha contestato pertinenza e rilevanza al luogo in cui viene svolta l’attività e
‘dunque, se il volume di affari si riferisce a quegli specifici terreni per i quali il Sig. COGNOME si è avvalso dell’agevolazione’» (così nella sentenza impugnata);
NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione contro la predetta sentenza, notificandolo il 2 marzo 2023, formulando tre motivi di impugnazione (l’ultimo dei quali articolato in tre censure), depositando in data 6 settembre 2024 memoria ex art. 380bis .1. c.p.c.
Il RAGIONE_SOCIALE Casanova Elvo resisteva con controricorso depositato il 5 aprile 2023, producendo in data 6 settembre 2024 memoria ex art. 380bis .1. c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso va dichiarato inammissibile, mentre va accolta la terza censura, in essa restando assorbito l’esame della seconda doglianza. Queste le ragioni.
Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente ha eccepito, con riferimento all’art. 360, primo comma, num. 3 e 5, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212, 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241 per « aver ritenuto coerente la motivazione dell’accertamento impositivo» (v. pagina n. 8 del ricorso), ponendo in rilievo che «il RAGIONE_SOCIALE di Casanova Elvo nel motivare l’atto impositivo ha precisato che vi è il ‘mancato rispetto del requisito della prevalenza del reddito derivante da attività agricola su quelli di altra natura’ », con «motivazione del tutto apparente e tautologica» (v. pagina n. 9 del ricorso), lamentando -l’istante – che sia il primo Giudice che la Corte di giustizia tributaria di II grado, nonostante la deduzione del vizio di motivazione dell’atto impugnato, non avevano preso in considerazione la suddetta doglianza.
1.1. I profili di inammissibilità sono vari, a cominciare dal canone censorio prescelto (art. 360, primo comma, num. 3 e 5, c.p.c.), non integrando l’omessa pronuncia una violazione di legge sostanziale (semmai processuale ai sensi dell’art. 112 c.p.c.), né un omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio (cfr., tra le tante, Cass., Sez. III, 7 giugno 2023, n. 18318 e la giurisprudenza ivi citata).
1.2. La censura sconta, inoltre, un insanabile vizio di autosufficienza, non avendo il ricorrente indicato come e dove detta doglianza, di cui il Giudice di appello non ha dato conto, sia stata sollevata in primo grado e reiterata in grado di appello (limitandosi solo genericamente a sostenere di aver sollevato detto vizio in primo ed in secondo grado).
Ricorre, allora, il ribadito orientamento di questa Corte secondo cui qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorso deve, a pena di inammissibilità, non solo allegare l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, in virtù del principio di autosufficienza del ricorso, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa; i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito né rilevabili d’ufficio (cfr. tra le tante: Cass., Sez. 2^, 9 agosto 2018, n. 20694; Cass., Sez. 2^, 18 settembre 2020, n. 19560; Cass., Sez. 5^, 9 dicembre 2020, n. 28036; Cass., Sez. 6^-5, 23
marzo 2021, n. 8125; Cass., Sez. 5^, 5 maggio 2021, n. 11708; Cass., Sez. 6^-5, 18 ottobre 2021, n. 28714; Cass., Sez. 5^, 29 ottobre 2021, n. 30863; Cass., Sez. 5^, 24 novembre 2021, n. 36393; Cass., Sez. 2^, 21 dicembre 2021, n. 40984; Cass., Sez. 5^, 15 marzo 2022, n. 8362; Cass., Sez. 5^, 6 dicembre 2022, n. 35885; Cass., Sez. T. 20 luglio 2023, n. 21727 e, nello stesso senso, Cass., Sez. T, 21 febbraio 2023, n., 5429).
Con la seconda doglianza l’istante ha dedotto, con riferimento all’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 10 della legge 27 luglio 2000, n. 212, 8 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e 6 d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, «per aver confermato l’applicazione di sanzioni ed interessi contenuti all’interno dell’accertamento impositivo» (così alle pagine nn. 9 e 10 del ricorso), richiamando sul punto la risoluzione n. 1/DF del 28 febbraio 2018, con cui il Ministero dellRAGIONE_SOCIALE aveva evidenziato che, ai fini del riconoscimento della qualifica di coltivatore diretto e quindi RAGIONE_SOCIALE relative agevolazioni -non viene richiesto dal legislatore che essi traggano dal lavoro della terra la loro esclusiva fonte di reddito, come ritenuto anche dalla giurisprudenza di merito citata nel ricorso.
Con la terza ragione di contestazione il contribuente ha denunciato, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., la violazione di legge nella parte in cui non sono stati riconosciuti i presupposti per l’applicazione dell’agevolazione in rassegna; il ricorrente ha, segnatamente, dedotto:
la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 13 d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 per aver erroneamente ritenuto insussistenti i requisiti soggettivi e oggettivi di applicabilità
RAGIONE_SOCIALE agevolazioni IMU e per aver ritenuto necessario il requisito della prevalenza reddituale relativa all’attività agricola, giacchè, diversamente dall’ICI, «I commi 3 ed 8 bis dell’articolo 13 prevedono l’applicazione RAGIONE_SOCIALE agevolazioni in materia di IMU ai coltivatori diretti od agli imprenditori agricoli professionali (requisito soggettivo) iscritti nella previdenza agricola (requisito oggettivo) e relativamente ai terreni agricoli da essi condotti (requisito oggettivo)» (v. pagina n. 15 del ricorso), rilevando, quindi, solo la qualifica di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale dei soggetti che conducono il fondo e non (più) il requisito economico, assumendo ancora che «La normativa applicabile al caso di specie è l’articolo 1, comma 3 e 8 bis , D.L. n. 201 del 2011, che non fa alcun riferimento ad un requisito economico e non parla né di esclusività del reddito, né di prevalenza del reddito» (v. pagina n. 16 del ricorso), come poi confermato, con norma di interpretazione autentica, dall’art. 78 -bis d.l. 14 agosto 2020, n. 104, che « prevede che i pensionati, coadiuvanti e soci di società di persone con qualifica di coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale (IAP), usufruiscono dell’esenzione dal pagamento dell’IMU sui terreni agricoli» (v. pagina n. 16 del ricorso);
b. la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 25, 26 e 27 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, 2 della legge 9 gennaio 1963, n. 9 « per aver ritenuto necessario il requisito della prevalenza reddituale relativa all’attività agricola e per aver valutato l’insussistenza di tale requisito nel caso in oggetto» (v. pagina n. 17 del ricorso), richiamando al riguardo il già citato art. 78bis d.l. 14 agosto 2020, n. 104, nonché le previsioni dell’art. 2 della legge 9 gennaio 1963, n. 9 (che consente di ritenere che «’attività prevalente ‘quella che impegni il coltivatore diretto ed il mezzadro o colono per il
maggior periodo di tempo nell’anno e che costituisca per essi la maggior fonte di reddito’»; v. pagina n. 18 del ricorso), oltre alle previsioni del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 [segnatamente, gli artt. 25 (Redditi fondiari), 27 (Reddito domenicale dei terreni), 32 (Reddito agrario), 26, comma 1 (Imputazione dei redditi fondiari), secondo le quali «’I redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale, salvo quanto stabilito dall’art. 30, per il periodo di imposta in cui si è verificato il possesso’ facendo rispettivamente riferimento all’articolo 27 al ‘reddito medio ordinario ritraibile dal terreno attraverso l’esercizio RAGIONE_SOCIALE attività agricole’ ed all’articolo 32 ‘reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d’esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati nell’esercizio di attività agricole’» (v. pagina n. 19 del ricorso);
b.1. l’istante ha quindi contestato alla Commissione di aver considerato « necessario che il solo reddito derivante dall’attività agricola sia prevalente (e, dunque, superiore al 50%) rispetto a quello ricavato da qualsiasi altra fonte di reddito», affermando -il ricorrente – che «Tale interpretazione è del tutto errata: qualora fosse necessario applicare un requisito reddituale, la normativa fa riferimento al criterio della maggior fonte di reddito che deve derivare dalla coltivazione del fondo e non al reddito agrario» (v. pagina n. 19 del ricorso). E nella specie, la Commissione regionale non avrebbe considerato che « il reddito ricavato dall’attività agricola, risultante dalla dichiarazione IVA relativa all’anno 2015, ammonti ad Euro 111.347,47 e sia ottenuto sommando all’importo RAGIONE_SOCIALE vendite pari ad Euro 124.104,00, quello del Premio PAC, pari ad Euro 43.348,47 e sottraendo dal predetto
totale l’importo di Euro 61.105,00 relativo agli acquisti» (v. pagina n. 19 del ricorso);
b.2. sotto altro profilo, il contribuente non ha condiviso la valutazione del Giudice regionale nella parte in cui ha ritenuto non dimostrata la sussistenza della (peraltro non rilevante) prevalenza del reddito derivante da attività agricola, segnalando di aver prodotto il fascicolo relativo alla dichiarazione di consistenza aziendale per l’anno 2015 ove sono indicati quali unici terreni condotti quelli siti presso il RAGIONE_SOCIALE di Casanova Elvo ed oggetto dell’atto di accertamento impositivo;
c. la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1 d.lgs.29 marzo 2004, n. 99 «per aver erroneamente ritenuto insussistente il requisito soggettivo della qualifica di imprenditore agricolo professionale nonché per aver ritenuto necessario il requisito della prevalenza reddituale relativa all’attività agricola e per aver valutato l’insussistenza del requisito del cinquanta per cento del reddito globale da lavoro nel caso in oggetto in merito all’applicabilità RAGIONE_SOCIALE agevolazioni IMU» (v. pagina n. 22 del ricorso).
Il ricorrente ha poi aggiunto che, se non ritenuto coltivatore diretto, avrebbe dovuto, comunque, beneficiare della qualifica di imprenditore agricolo professionale, come ritenuto, in relazione all’anno di imposta 2013, dalla Commissione tributaria regionale del Piemonte con la menzionata sentenza n. 636/2021, computando ai fini del reddito complessivo anche quello fondiario, ancora una volta evidenziando che la sentenza impugnata non avrebbe considerato il reddito ricavato dall’attività agricola, risultante dalla dichiarazione IVA relativa all’anno 2014 (pari 111.347,47 €) e che il contribuente aveva dimostrato di aver dedicato
« almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro complessivo all’attività agricola e da essa ricava almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro» (v. pagina n. 23 del ricorso).
Va esaminato per ragioni di priorità logico-giuridica il terzo motivo, che risulta fondato, il che assorbe l’esame della seconda censura, avente natura dipendente.
Deve premettersi che sul tema in esame (applicazione dell’agevolazione IMU per i terreni agricoli di cui sia proprietario o possessore un coltivatore diretto titolare) questa Corte ha avuto modo di esprimersi con tre pronunce (Cass., Sez. T., 12 maggio 2023, n. 13131; Cass, Sez. T., 23 giugno 2023, n. 18083 e Cass., Sez. T., 26 giugno 2023, n. 18181, quest’ultima resa tra le stesse parti in analoga fattispecie relativa alla medesima imposta concernente il precedente anno 2013), le quali hanno ricostruito i nuovi e diversi principi (rispetto al regime ICI) desumibili dalla disciplina dell’IMU di cui al d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 e dai successivi intervenuti normativi (tra cui, per quel che più interessa, l’art. 78 -bis della legge 14 agosto 2020, n. 104), precisando che:
-«In tema di terreni agricoli la disciplina IMU richiama testualmente le definizioni di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 504 del 1992 (ndr. in tema di ICI), ma non anche l’art. 9, né tanto meno l’art. 58 del d.lgs. n. 446 del 1997, in quanto precisa che i soggetti richiamati dall’art. 2, comma 1, lett. b), secondo periodo, del d.lgs. n. 504 del 1992, sono individuati, non più in riferimento all’art. 9, comma 1, bensì ‘nei coltivatori diretti e negli imprenditori agricoli professionali di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, e successive modificazioni, iscritti nella previdenza agricola’»;
«Ne consegue che, ai fini della qualificazione dei terreni come non edificabili, restano immutati rispetto all’ICI i requisiti oggettivi, quali la persistenza dell’utilizzazione agro-silvopastorale mediante l’esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, alla funghicoltura ed all’allevamento di animali, e quindi la presenza di situazioni avente carattere oggettivo incompatibile con la possibilità dello sfruttamento edilizio dell’area, mentre si modificano i requisiti soggettivi, risultando richiesta la qualifica di coltivatore diretto o IAP desumibile dall’iscrizione nella previdenza agricola, nel senso che hanno diritto alle agevolazioni i soli coltivatori diretti o IAP che ne hanno le caratteristiche ai fini previdenziali »;
«Posto che nell’ordinamento manca una nozione generale di coltivatore diretto applicabile ad ogni fine di legge, il testuale riferimento di cui al comma 2 dell’art. 13 del d.l. n. 201 del 2011, conv. con modif. dalla l. n. 214 del 2011, all’iscrizione alla previdenza agricola impone di ritenere ormai sufficiente, anche ai fini fiscali, la presenza della sola iscrizione ai fini previdenziali, senza necessità di procedere ad un accertamento ulteriore in ordine all’attività in concreto svolta ed alla prevalenza dei redditi»;
-« l’art. 78 -bis, comma 3, del d.l. n. 104 del 2020, nell’interpretare autenticamente e con effetti retroattivi la disciplina IMU, nel senso di considerare coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali anche i pensionati, richiede soltanto che gli stessi continuino a svolgere attività in agricoltura con modalità idonee a mantenere l’iscrizione nella relativa gestione previdenziale e assistenziale agricola; analogamente l’art. 1, comma 705, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, applicabile retroattivamente ai sensi del comma 1 del citato art. 8-bis, richiede solo che i coadiutori continuino
a partecipare attivamente all’impresa del familiare con le modalità dell’abitualità e della prevalenza che costituiscono il presupposto dell’iscrizione»;
-«A seguito di tali interventi normativi, chiaramente ispirati dalla volontà del legislatore di sostenere l’esercizio RAGIONE_SOCIALE attività imprenditoriali agricole, per accedere alle agevolazioni IMU prevista per i terreni agricoli è divenuto sufficiente che il soggetto, anche se già pensionato, mantenga l’iscrizione nella relativa gestione previdenziale e assistenziale agricola, iscrizione che di per sé certifica che lo stesso continua a svolgere attività in agricoltura versando i relativi contributi» (così Cass., Sez. T., 12 maggio 2023, n. 13131, ai cui più ampi contenuti si rinvia);
-« la permanenza del requisito dell’iscrizione alla previdenza agricola, che già presuppone una valutazione del reddito agrario rispetto ad altri redditi, secondo i criteri fissati ai fini previdenziali, costituisce ex lege , oltre alla conduzione dei terreni, l’unica condizione richiesta per la fruizione dei benefici fiscali» (così Cass., Sez. T., 26 giugno 2023, n. 18181, resa tra le stesse parti, e Cass., Sez. T, 23 giugno 2023, n. 18083), essendo venuta « meno la necessità altresì della prevalenza del reddito agrario sui redditi provenienti da altre fonti » (così Cass., Sez. T, 23 giugno 2023, n. 18083), come desumibile oltre che dalla norma di interpretazione autentica di cui all’art. 78 -bis della legge 14 agosto 2020, n. 104, dagli artt. 13, comma 2 e comma 8bis , d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 e dall’art. 1, comma 758, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (che ha previsto l’esenzione dall’imposta per i terreni agricoli posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali di cui all’art. 1 d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99, iscritti alla
previdenza agricola, comprese le società agricole di cui all’art. 1, comma 3, del citato d.lgs. 99/2004, indipendentemente dalla loro ubicazione (cfr. Cass., Sez. T, 23 giugno 2023, n. 18083);
-«In sintesi, l’iscrizione previdenziale già presuppone (per il coltivatore diretto, e ausiliari), sia pure con presunzione iuris tantum (come tale suscettibile di prova contraria), lo svolgimento di una diretta, abituale e manuale coltivazione dei fondi, o un diretto ed abituale governo del bestiame, sussistenti allorché l’interessato si dedichi a tali incombenti in modo esclusivo, o anche solo prevalente (nel senso che l’attività deve impegnare il coltivatore per il maggior periodo di tempo nell’anno e costituire per esso la maggior fonte di reddito)» (così, Cass., Sez. T., 23 giugno 2023, n. 18083).
Alla luce di quanto precede, dunque, le novità della disciplina IMU, ai fini della concessione del beneficio in esame per l’anno in contestazione, risiedono nel fatto che il godimento del benefico postula la sola condizione della qualifica di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale, senza necessità di procedere ad ulteriori accertamenti circa l’attività effettivamente svolta e la prevalenza dei redditi, dovendo considerarsi, sotto il primo profilo, che la predetta iscrizione previdenziale integra, per il coltivatore diretto e l’imprenditore agricolo professionale, una presunzione relativa, come tale suscettibile di prova contraria, circa lo svolgimento di una diretta ed abituale coltivazione del fondo.
In applicazione degli illustrati principi, la sentenza impugnata deve, allora, essere riformata, in quanto, nella indiscussa circostanza fattuale dell’iscrizione del ricorrente nella previdenza agricola come coltivatore diretto (lo stesso
avviso impugnato si basa sulla prevalenza del reddito di partecipazione rispetto al quello agrario), il Giudice dell’appello ha basato la decisione sulla ritenuta, dirimente, prevalenza del reddito dalla menzionata partecipazione societaria rispetto a quello agrario, che -per quanto sopra detto -non costituisce più un requisito per il conseguimento del beneficio in questione.
Le riflessioni sopra svolte conducono alla cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto; peraltro, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa va decisa, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, c.p.c. nel merito, accogliendo l’originario ricorso introduttivo del contribuente.
Il sopraggiunto orientamento RAGIONE_SOCIALE Corte sul tema in rassegna rispetto alla proposizione del ricorso giustifica la compensazione integrale RAGIONE_SOCIALE spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
la Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il primo ed assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso del contribuente.
Compensa integralmente tra le parti le spese di tutti i gradi di giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18