Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3720 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3720 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 34749/2019 R.G. proposto da: COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-resistente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della CALABRIA n. 1307/2019 depositata il 17/04/2019;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RILEVATO CHE
la Commissione Tributaria Regionale della Calabria, con la sentenza 1307/2/2019 depositata in data 17 aprile 2019 e non notificata, in controversia in tema di agevolazione ICI ex art. 2, primo comma, lett. b), d. lgs. 504/1992 confermava la sentenza di primo grado che aveva ritenuto legittima la condotta del Comune di Corigliano-Rossano (già Comune di Rossano) il quale aveva negato ai contribuenti NOME COGNOME, in proprio e nella qualità di erede della madre COGNOME NOME, nonché NOME COGNOME il diritto al rimborso dell’ ICI per le annualità 2006 -2011 in quanto calcolata sul valore fabbricabile e non tenuto conto del valore agricolo;
1.1. ad avviso dei giudici di appello i contribuenti non avevano diritto alla chiesta riduzione per i terreni RAGIONE_SOCIALE prevista dal d.lgs. 504/1992 in quanto, pur avendo dimostrato ‘parte dei requisiti richiesti’ (con la produzione del certificato di iscrizione RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE), non avevano dimostrato la conduzione diretta dei fondi, essenziale per accedere al beneficio; 2. contro detta sentenza propongono ricorso per cassazione, fondato su cinque motivi, NOME COGNOME, in proprio e nella qualità di erede della madre COGNOME NOME, nonché NOME COGNOME; 3. il Comune di Corigliano-Rossano ha depositato controricorso tardivo, come da esso stesso riconosciuto, ed ha inoltre depositato e
una memoria di conclusioni da ritenersi a sua volta, conseguentemente, inammissibile ex art. 370 cpc.
i contribuenti hanno depositato memoria;
CONSIDERATO CHE
con il primo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano, ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, assumendo che i giudici di appello non avevano valutato la produzione
documentale agli atti del giudizio -analiticamente richiamata in ricorso -idonea a dimostrare in maniera univoca il requisito oggettivo della conduzione del fondo;
2. con il secondo motivo deducono, ex art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116, primo comma, cod. proc. civ., in combinato disposto con l’art. 2700 cod. civ., rilevando che la Commissione Tributaria Regionale, nel ritenere non provata la conduzione dei fondi da parte del NOME COGNOME, non aveva preso in considerazione numerosi documenti -versati in atti ed analiticamente richiamati nell’ odierno ricorso -aventi fede privilegiata ed idonei a dimostrare che il predetto NOME COGNOME coltivava direttamente la sua proprietà denominata COGNOME, in agro di Rossano;
3. con il terzo motivo deducono, ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116, primo comma, cod. proc. civ., in combinato disposto con l’art. 2729 cod. civ., ribadendo che la Commissione Tributaria Regionale, nel ritenere non provata la conduzione dei fondi da parte di NOME COGNOME, non aveva preso in considerazione numerosi documenti -versati in atti ed analiticamente richiamati nell’ odierno ricorso idonei a dimostrare che il predetto coltivava direttamente la sua proprietà denominata COGNOME in agro di Rossano;
4. con il quarto motivo deducono, ex art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza per errores in procedendo, per mancato esame di un motivo di gravame dal momento che la C.T.R. non aveva esaminato la specifica censura con cui era stato lamentato che risultavano violate le norme in tema di istruttoria della P.A. cui è precluso di richiedere informazioni e documenti in suo possesso, disposizioni normative idonee ad incidere sugli oneri probatori incombenti a carico delle parti;
5. con il quinto motivo deducono, ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione degli artt. 6, quarto comma, della legge
212/2000, 18, n. 2 della legge 241/1990, 15, primo comma della legge 183/2011 nonché degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. e dell’ art. 2729 cod. civ., rilevando che i giudici di appello non solo non avevano preso in esame la documentazione prodotta, ma avevano omesso di considerare che i documenti comprovanti la conduzione dei fondi erano stati formati proprio dal Comune e, quindi, ai sensi dell’ art. 6 l.212/00, sarebbe stato onere di quest’ ultimo doverli considerare spontaneamente ai fini dell’ ammissi one al beneficio; 6. va premesso, afferendo il profilo -sia pure irritualmente sollevato – a questione rilevabile ex officio , che nella specie non si è formato alcun giudicato interno, posto che costituisce principio cardine in tema di impugnazione che la sentenza d’appello, anche se confermativa, si sostituisce totalmente a quella di primo grado; 7. il primo motivo è inammissibile atteso che in tema di ricorso per cassazione, la censura concernente la mancata valutazione, nella sentenza impugnata, di una prova documentale offerta investe un errore processuale, da denunciarsi, pertanto, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. e non, invece, inammissibilmente, sotto il profilo del vizio di motivazione di cui al n. 5 della medesima disposizione. (Sez. 5, Sentenza n. 12514 del 22/05/2013, Rv. 626605 – 01), conseguentemente la censura, sì come formulata, non coglie nel segno limitandosi parte ricorrente a lamentare l’ omessa valutazione di documenti probatori;
8. il secondo motivo è anch’ esso inammissibile ove si rilevi che il principio di non contestazione opera anche nel processo tributario, nell’ambito del quale, tuttavia, deve essere coordinato con quello, correlato alla specialità del contenzioso, secondo cui la mancata specifica presa di posizione dell’Ufficio sui motivi di opposizione alla pretesa impositiva svolti dal contribuente in via subordinata non equivale ad ammissione dei fatti posti a fondamento di essi, né determina il restringimento del ” thema decidendum ” ai soli motivi contestati, posto che la richiesta di rigetto dell’intera domanda del
contribuente consente all’Ente impositore, qualora le questioni da questo dedotte in via principale siano state rigettate, di scegliere, nel prosieguo del giudizio, tra tutte le possibili argomentazioni difensive rispetto ai motivi di opposizione. (Sez. 5 – , Sentenza n. 7127 del 13/03/2019, Rv. 653319 – 01), sicchè in questa sede non può, comunque, essere utilmente invocato il principio di non contestazione in quanto l’ ente impositore ha sempre contestato, -come è dato desumere anche dal tenore della sentenza di appello la spettanza della esenzione in esame, ed affermando la piena legittimità del proprio operato;
8.1. non appare, poi, ammissibile una censura volta a far valere la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., perché tale censura non può riguardare l’erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito (dedotta con tale motivo), ma solo l’allegazione che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass., 1, n. 6774 del 1/3/2022; Cass., 6-1, n. 1229 del 17/1/2019), ipotesi non verificatasi nella fattispecie in esame;
il terzo motivo è da ritenere inammissibile e, comunque, infondato;
9.1. invero in tema di ICI (sul punto estensibile all’IMU), l’agevolazione fiscale prevista dall’art. 9 del d.lgs. n. 504 del 1992 per i terreni RAGIONE_SOCIALE posseduti dai soggetti di cui all’art. 58 del d.lgs. n. 446 del 1997, è subordinata alla ricorrenza dei requisiti della qualifica, da parte del possessore, di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo a titolo principale, desumibile dall’iscrizione negli appositi elenchi di cui all’art. 11 della l. n. 9 del 1963, e della conduzione effettiva dei terreni, che, invece, deve essere provata in
via autonoma dal contribuente (Sez. 5, Sentenza n. 19130 del 28/09/2016), atteso che la ratio della disposizione è quella di incentivare la coltivazione della terra alleggerendo il carico tributario dei soggetti che ritraggono dal lavoro agricolo la loro esclusiva fonte di reddito (Sez. 5, Ordinanza n. 10284 del 12/04/2019). I requisiti necessari per avere accesso al regime agevolato per giurisprudenza pacifica sono: a) iscrizione agli appositi elenchi; b) assoggettamento agli obblighi assicurativi per invalidità, malattia e vecchiaia; c) possesso e conduzione diretta di terreni RAGIONE_SOCIALE e/o aree edificabili; d) carattere principale di tali attività rispetto ad altre fonti di reddito. La prova della sussistenza di tali presupposti è a carico del contribuente che chiede di avvalersi della agevolazione (cfr., ex plurimis , Cass.16.4.2010 n. 9143). Mentre l’iscrizione di cui al d.lgs. n. 446 del 1997, art. 58, è idonea a provare, al contempo, la sussistenza dei primi due requisiti, atteso che chi viene iscritto in quell’elenco svolge normalmente a titolo principale quell’attività (di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo) legata all’agricoltura, il terzo requisito, relativo alla conduzione diretta dei terreni, va provato in via autonoma, potendo ben accadere che un soggetto iscritto nel detto elenco poi non conduca direttamente il fondo per il quale chiede l’agevolazione, la quale, pertanto, non compete (Cass. n. 19130 del 28/09/2016; Cass. n. 12336 del 2011; Cass. n. 214 del 2005; Cass. n. 9510 del 2008). La ratio della disposizione agevolativa è quella di incentivare la coltivazione della terra e di alleggerire del carico tributario quei soggetti che ritraggono dal lavoro della terra la loro esclusiva ( recte , prevalente) fonte di reddito, così come richiamato dalla ordinanza della Corte costituzionale n. 87/2005 (in termini anche ordinanza Corte Cost. n. 336/2003) che, ai fini dell’applicazione dell’Ici, pronunciandosi sulla legittimità costituzionale dell’art. 58, comma 2, d.lgs. 446/1997, nella parte in cui esclude i coltivatori diretti, titolari di pensione maturata a seguito dell’obbligatoria iscrizione alla relativa RAGIONE_SOCIALE
previdenziale, dalle agevolazioni previste nell’art. 9 d.lgs. 504/92, ha statuito che “la giustificazione dell’agevolazione fiscale di cui si tratta risiede evidentemente in un intento di incentivazione dell’attività agricola, connesso alla finalità di razionale sfruttamento del suolo cui fa riferimento l’art. 44 della Costituzione, e in relazione alla suddetta ratio incentivante non appare manifestamente irragionevole che da tale beneficio siano esclusi coloro che – nel fatto di godere di trattamenti pensionistici – all’evidenza non traggono dal lavoro agricolo la loro esclusiva fonte di reddito”; 9.2. nel caso in esame la C.T.R., con valutazione congrua e adeguata in fatto -e, pertanto, incensurabile in questa sede- ha accertato che dalla documentazione in atti non si rinveniva prova certa dell’esercizio dell’attività agricola sul fondo in questione in quanto gli elementi probatori offerti dai ricorrenti si limitavano all’esposizione di alcuni dati formali che non provavano la conduzione diretta del fondo;
9.3. a fronte di tale ricostruzione il ricorrente si è limitato a richiamare, al fine di comprovare la dedotta violazione di legge, una serie di documenti, ma una simile censura non coglie nel segno per un duplice ordine di ragioni;
9.4. in primo luogo, premesso che qualora il ricorrente, in sede di legittimità, denunci l’omessa valutazione di prove documentali, per il principio di autosufficienza ha l’onere non solo di riportare il testo essenziale, o la parte significativa del documento nel ricorso per cassazione, al fine di consentire il vaglio di decisività, ma anche di specificare gli argomenti, deduzioni o istanze che, in relazione alla pretesa fatta valere, siano state formulate nel giudizio di merito, pena l’irrilevanza giuridica della sola produzione, che non assicura il contraddittorio e non comporta, quindi, per il giudice alcun onere di esame, e ancora meno di considerazione dei documenti stessi ai fini della decisione. (Sez. 5 – , Sentenza n. 13625 del 21/05/2019, Rv. 653996 – 01);
9.5. nel caso in esame la parte si era limitata ad indicare i documenti non esaminati dal giudice di merito senza riportarne specificamente il contenuto;
9.6. sotto altro profilo il ricorrente, specie ove si ponga mente alla circostanza che numerosi dei documenti richiamati risalgono a data di gran lunga antecedente al periodo in esame, non risulta che si trattasse di documenti decisivi ai fini di causa (conduzione diretta del fondo) nel senso che, se considerati, l’esito della lite sarebbe stato certamente diverso;
anche la doglianza (sub IV) relativa all’ omessa pronuncia sul motivo di appello circa la violazione dell’istruttoria posta in essere dalla pubblica amministrazione (la quale non avrebbe potuto chiedere informazioni o documenti già in suo possesso ex art. 6, comma 4, legge 18/2000) nonché quella ulteriore (motivo sub. V) dedotta come violazione di legge ed anche come indebito accollo dell’onere probatorio a carico del contribuente, nonostante si trattasse di circostanze già note all’amministrazione, non colgono nel segno;
10.1. il contribuente, nel formulare tali censure, non si confronta con il richiamato principio secondo cui l’onere della prova ai fini del chiesto rimborso grava, comunque, sul contribuente sicchè la violazione dell’istruttoria, quand’anche fosse in concreto configurabile, non legittimava, di per sé, il rimborso mentre non può, per altro verso, non considerarsi che non risulta in alcun modo riscontrato in punto di fatto che i documenti già in possesso dell’amministrazione (tra i quali, del resto, anche quelli invece attestanti lo sfruttamento edificatorio dei terreni) fossero decisivi nel senso della destinazione agricola dei terreni per cui è causa;
sulla scorta delle considerazioni il ricorso deve essere, pertanto, rigettato;
11.1. nulla va disposto in ordine alle spese processuali stante la mancata tempestiva costituzione dell’ ente impositore. Invero
l’inammissibilità del controricorso, perché notificato oltre il termine fissato dall’art. 370 cod. proc. civ., comporta che non può tenersi conto del controricorso medesimo, con la conseguenza che, in caso di rigetto del ricorso, non spetta il rimborso delle spese e degli onorari relativi ad esso (vedi Sez. L, Sentenza n. 11619 del 13/05/2010, Rv. 613549 – 01) e, conseguentemente, non può a tali fini tenersi conto ex art. 370 cit. neanche della memoria depositata in quanto la parte non si è ritualmente costituita (vedi Sez. 1 -, Sentenza n. 27140 del 15/11/2017);
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso; visto l’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della RAGIONE_SOCIALEne Tributaria in data