Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2288 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 2288 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/01/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 31411/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE DELLO RAGIONE_SOCIALE (P_IVA), che la rappresenta e difende -ricorrente principale- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE, che la rappresenta e difende
–
contro
ricorrente
e
ricorrente
incidentale- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. TOSCANA n. 460/2019 depositata il 12/03/2019, udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/01/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE ha impugnato gli avvisi di liquidazione con cui è stata revocata, in considerazione dell’intervenuta abrogazione per effetto dell’art. 4 del d.lgs. n. 23 del 2011, l’agevolazione di cui all’art. 9 del d.P.R. n. 601 del 1973 relativamente all’acquisto, in data 25 ottobre 2014, di tre diversi appezzamenti di terreno RAGIONE_SOCIALE.
Il ricorso è stato accolto dalla Commissione tributaria provinciale, secondo cui ‘ la legge n. 232 dell’11 dicembre 2016, all’art. 1 comma 47, porta la interpretazione autentica della norma in esame confermando i benefici previsti dal succitato d.P.R. 601/73 all’art. 9, anche a seguito della successiva norma dell’art. 10 del d.lgs. 23/2011 ‘.
La Commissione tributaria regionale ha condiviso le censure dell’RAGIONE_SOCIALE, affermando la natura innovativa e non interpretativa della legge di stabilità del 2017, ma ha accolto la richiesta, formulata in via subordinata dalla contribuente in sede di istanza di autotutela, di riconoscere la tassazione prevista per la piccola proprietà contadina dall’art. 4, comma 4 -bis, del d.l. 30 dicembre 2009, n. 194, escludendo l’applicabilità della giurisprudenza di legittimità riferita alla diversa ipotesi di decadenza dalla agevolazione invocata e precisando che « l’Ufficio, nel negare la tassazione richiesta, avrebbe dovuto applicare la tassazione prevista nell’art. 2 (comma 4 -bis del d.l. n. 194 del 2009)» -art. 2, comma 4-bis, del d.l. n. 194 del 2009 che recita «al fine di assicurare le agevolazioni per la piccola proprietà
contadina, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, gli atti di trasferimento a titolo oneroso di terreni e relative pertinenze, qualificati agricoli in base a strumenti urbanistici vigenti, posti in essere a favore di coltivatori diretti ed imprenditori agricoli professionali, iscritti nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale, nonché le operazioni fondiarie operate attraverso l’RAGIONE_SOCIALE, sono soggetti alle imposte di registro ed ipotecaria nella misura fissa ed all’imposta catastale nella misura dell’1 per cento. Le agevolazioni previste dal periodo precedente si applicano altresì agli atti di trasferimento a titolo oneroso di terreni agricoli e relative pertinenze, posti in essere a favore di proprietari di masi chiusi di cui alla legge della provincia autonoma di Bolzano 28 novembre 2001, n. 17, da loro abitualmente coltivati».
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE, formulando un unico motivo.
Ha resistito, con controricorso, la contribuente, che ha proposto ricorso incidentale.
Per la trattazione della causa è stata fissata l’adunanza camerale del 13 settembre 2022.
Successivamente la causa è stata rimessa all’udienza pubblica dell’11 gennaio 2024, in cui è stata decisa.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
La Procura Generale presso la Corte di cassazione ha depositato conclusioni scritte, in cui ha chiesto rigettarsi il ricorso principale ed il ricorso incidentale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.L’RAGIONE_SOCIALE ha dedotto, con un unico motivo, la violazione, ai sensi dell’art. 360 n. 3, cod.proc.civ., dell’art. 2, comma 4-bis, del d.l. n. 194 del 2009, convertito dalla legge n. 25 del 2010, in combinato disposto con gli artt. 16,41 e 42 del d.P.R.
n. 131 del 1986, atteso che, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, i poteri di accertamento e valutazione dell’imposta di registro si esauriscono nel momento in cui l’atto viene sottoposto a tassazione e non possono rivivere, sicché è inammissibile la richiesta di una nuova agevolazione in luogo di quella richiesta dalla parte al momento dell’atto, non solo nell’ipotesi di sopravvenuta decadenza, ma anche in quella di assenza originaria dei presupposti.
2.La contribuente costituitasi ha sostenuto l’inammissibilità ed infondatezza del ricorso ed ha, altresì, proposto ricorso incidentale, deducendo, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod.proc.civ., la violazione degli artt. 9 del d.P.R. n. 601 del 1973, 10 del d.lgs. n. 23 del 2011 e 1, comma 47, della legge n. 232 del 2016, non essendo state investite dall’abrogazione di cui all’art. 10 del d.lgs. n. 23 del 2011 le agevolazioni fiscali per i territori montani, come chiarito anche dalla nota del Ministero dell’Economia e RAGIONE_SOCIALE Finanza prot. n. 2.225 del 5 febbraio 2014.
Il ricorso incidentale deve essere esaminato prioritariamente rispetto a quello principale, in quanto pone la questione – dal punto di vista logico preliminare – della persistenza, nel nostro ordinamento, dell’agevolazione di cui all’art. 9, comma 2, del d.P.R. n. 601 del 1973 nonostante l’introduzione dell’art. 10, comma 4, del d.lgs. n. 23 del 2011 (nella sua originaria formulazione e anteriormente alla legge di stabilità del 2017).
Più precisamente il menzionato art. 10, comma 4, nella sua prima versione, stabiliva che in relazione agli atti di cui ai commi 1 e 2 (atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili in genere e atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, compresi la rinuncia pura e semplice agli stessi, i provvedimenti di espropriazione per pubblica utilità e i trasferimenti coattivi) sono soppresse tutte le esenzioni e le agevolazioni tributarie, anche se previste in leggi speciali.
Successivamente, con una serie di interventi legislativi sono stati espressamente fatti salvi una serie di regimi diversi, tra cui, con la legge di stabilità per il 2017 (in vigore dal 1° gennaio 2017), quello di cui all’art. 9 del d.P.R. n. 601 del 1973, sicché l’attuale testo in vigore è il seguente: in relazione agli atti di cui ai commi 1 e 2 sono soppresse tutte le esenzioni e le agevolazioni tributarie, anche se previste in leggi speciali ad eccezione RAGIONE_SOCIALE esenzioni di cui agli articoli 19 e 20 dell’Accordo tra la Repubblica italiana e il RAGIONE_SOCIALE sulle misure necessarie per facilitare la partecipazione all’Esposizione universale di Milano 2015, ratificato con legge 14 gennaio 2013, n. 3, ad eccezione RAGIONE_SOCIALE disposizioni di cui all’articolo 2, comma 4-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, e RAGIONE_SOCIALE disposizioni di cui all’articolo 2 della legge 1º dicembre 1981, n. 692, e all’articolo 40 della legge 16 giugno 1927, n. 1766; è altresì esclusa la soppressione RAGIONE_SOCIALE esenzioni e RAGIONE_SOCIALE agevolazioni tributarie riferite agli atti di cui ai commi 1 e 2 aventi ad oggetto immobili pubblici interessati da operazioni di permuta, dalle procedure di cui agli articoli 2, 3, 3-ter e 4 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, e successive modificazioni, all’articolo 11-quinquies del decretolegge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, e successive modificazioni, e agli articoli 33 e 33-bis del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e successive modificazioni, e all’articolo 32 e 9, comma 2, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601.
Occorre, pertanto, verificare se l’art. 10, comma 4, del d.lgs. n. 23 del 2010 abbia, nella sua originaria formulazione, abrogato l’agevolazione prevista dall’art. 9, comma 2, del d.P.R. n. 601 del 1973, ai sensi del quale nei territori montani i trasferimenti di
proprietà a qualsiasi titolo di fondi rustici, fatti a scopo di arrotondamento o di accorpamento di proprietà diretto-coltivatrici, singole o associate, oppure a favore RAGIONE_SOCIALE cooperative agricole che conducono direttamente i terreni sono soggetti alle imposte di registro e ipotecaria nella misura fissa e sono esenti dalle imposte catastali. Secondo tale opzione interpretativa la agevolazione de qua sarebbe inapplicabile agli atti posti in essere dal 1° gennaio 2014 (data di entrata in vigore dell’art. 10 del d.lgs. n. 23 del 2011, secondo quanto espressamente stabilito nel comma 5) al 31 dicembre 2016 (ultimo giorno prima dell’entrata in vigore della legge n. 232 del 2016, che, con l’art. 1, comma 47, ha modificato l’art. 10 del d.lgs. n. 23 del 2010, introducendo il riferimento espresso, tra le esclusioni, all’art. 9, comma, 2, del d.P.R. n. 601 del 1973).
Solo per completezza deve sottolinearsi che il regime di cui all’art. 9, comma 2, del d.P.R. n. 601 del 1973 è qualificato come agevolativo dello stesso legislatore nella disposizione in esame (secondo periodo) – qualifica di cui la giurisprudenza ha preso atto (v., tra le tante. Cass., Sez. 5, 30 gennaio 2020, n. 2168).
Invero, l’art. 10, comma 4, d.lgs. n. 23 del 2011, nella sua originaria formulazione, si riferiva a tutte le agevolazioni tributarie previste per gli atti di cui ai commi 1 e 2 e, cioè, previste per gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili in genere e atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, tra cui sicuramente va ricompresa l’agevolazione prevista dall’art. 9, comma 2, del d.P.R. n. 601 del 1973, anche se di carattere più ampio, in quanto estesa ai trasferimenti avvenuti a qualsiasi titolo e, quindi, pure a titolo gratuito.
Del resto, la legge di stabilità per il 2017, nel prevedere tra le deroghe a tale generale soppressione, l’art. 9, comma 2, del d.P.R. n. 601 del 1973 (che, a rigore, nella formulazione attuale, si riferisce al regime dell’imposta sui redditi e non a quella di registro)
non si qualifica quale norma di interpretazione autentica e muta radicalmente l’originaria formulazione dell’art. 10, comma 4, del d.lgs. n. 23 del 2011, mentre, ai sensi dell’art. 1, comma 2, legge n. 212 del 2000, l’adozione di norme interpretative in materia tributaria può essere disposta dalla legge ordinaria soltanto in casi eccezionali e con una espressa qualifica in al senso. Sebbene lo statuto del contribuente sia stato adottato con legge ordinaria e non si collochi, quindi, ad un livello superiore alle altre leggi ordinarie, i principi in esso enunciati costituiscono criteri guida per il giudice, che inducono, nel caso di specie, ad escludere il valore meramente interpretativo e la conseguente retroattività della novella contenuta nella legge n. 232 del 2016, in assenza di una espressa indicazione in tal senso (in questo senso v., tra le tante, Cass., Sez. 5, 20 febbraio 2020, n. 4411, secondo cui, in tema di efficacia nel tempo di norme tributarie, in base all’art. 3 della legge n. 212 del 2000, il quale ha codificato nella materia fiscale il principio generale di irretroattività RAGIONE_SOCIALE leggi stabilito dall’art. 12 RAGIONE_SOCIALE disposizioni sulla legge in generale, va esclusa l’applicazione retroattiva RAGIONE_SOCIALE medesime salvo che questa sia espressamente prevista; peraltro, le disposizioni del suddetto Statuto costituiscono meri criteri guida per il giudice, in sede di applicazione e interpretazione RAGIONE_SOCIALE norme tributarie, anche anteriormente vigenti, per risolvere eventuali dubbi ermeneutici, ma non hanno, nella gerarchia RAGIONE_SOCIALE fonti, rango superiore alla legge ordinaria, essendone, in vero, ammessa la modifica o la deroga, purché espressa e non a opera di leggi speciali, con la conseguenza che una previsione legislativa che si ponga in contrasto con esse non è suscettibile di disapplicazione, né può essere per ciò solo oggetto di questione di legittimità costituzionale, non potendo le disposizioni dello Statuto fungere direttamente da norme parametro di costituzionalità).
Né è dirimente la mancata indicazione, nella circolare n.2/E del 2014 dell’RAGIONE_SOCIALE, dell’art. 9, comma 2, del d.P.R. n. 601 del 1973 nell’elenco RAGIONE_SOCIALE agevolazioni soppresse di cui al par. 8, pag. 56. Difatti, a prescindere dal tenore letterale della circolare, che allude ad una elencazione meramente esemplificativa («si riporta di seguito un elenco di previsioni normative che recano agevolazioni fiscali da ritenere non più applicabili per gli atti traslativi o costitutivi di diritti reali su beni immobili, posti in essere a titolo oneroso, a partire dal 1° gennaio 2014»), le circolari con le quali l’RAGIONE_SOCIALE interpreti una norma tributaria, anche qualora contengano direttive agli uffici gerarchicamente subordinati, esprimono esclusivamente un parere non vincolante, oltre che per gli uffici a cui sono dirette, per il contribuente, per la stessa autorità che le ha emanate e per il giudice; pertanto, la cd. interpretazione ministeriale RAGIONE_SOCIALE norme tributarie, sia essa contenuta in circolari o risoluzioni, non costituisce fonte di diritto, né è soggetta al controllo di legittimità esercitato dalla Corte di cassazione (ex artt. 111 Cost. e 360 c.p.c.), trattandosi non di manifestazione di attività normativa, ma di attività interna alla medesima pubblica amministrazione, destinata ad esercitare una funzione direttiva nei confronti degli uffici dipendenti, ma inidonea ad incidere sul rapporto tributario (Cass., Sez. 5, 29 novembre 2022, n. 35098).
Infine, la legge n. 232 del 2016, intervenendo sull’art. 10 del d.lgs. n. 23 del 2011, ha richiamato l’art. 9, comma 2, del d.P.R. n. 610 del 1973 con la tecnica del rinvio cd. statico, che, comportando una sorta di incorporazione della disposizione oggetto del rinvio in quella rinviante, rende indifferenti le vicende della disposizione oggetto di rinvio, che non si riflettono sul rinvio stesso, sicché l’eventuale abrogazione (nel caso di specie, peraltro, solo parziale, avendo il legislatore del 2011 selezionato solo gli atti a titoli oneroso e non quelli a titolo gratuito, pure soggetti all’agevolazione
di cui all’art. 9, comma 2, del d.P.R. n. 601 del 1973) non ne impedisce il richiamo e, nel caso di specie, la reintroduzione nell’ordinamento.
Deve, dunque, affermarsi il seguente principio di diritto: in tema di imposta di registro, l’agevolazione di cui all’art. 9, comma 2, d.P.R. n. 601 del 1973 è stata abrogata dall’art. 10 del d.lgs. n. 23 del 2011, ma reintrodotta dalla legge n. 232 del 2016 ed è, quindi, inapplicabile ai trasferimenti di proprietà a titolo oneroso ivi contemplati, posti in essere dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2016, atteso che la legge n. 232 del 2016 non ha natura interpretativa, ma innovativa.
4.Il ricorso principale è infondato.
Invero, non è applicabile, nel caso di specie, l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità richiamato nel ricorso, secondo cui la sottoposizione di un atto ad una determinata tassazione, ai fini dell’imposta di registro, con il trattamento agevolato richiesto o comunque accettato dal contribuente, comporta, in caso di decadenza dal beneficio, l’impossibilità di invocare altra agevolazione, in quanto i poteri di accertamento e valutazione del tributo si esauriscono nel momento in cui l’atto viene sottoposto a tassazione e non possono rivivere, sicché la decadenza dell’agevolazione concessa in quel momento (nella specie, in favore della piccola proprietà contadina) preclude qualsiasi altro accertamento sulla base di altri presupposti normativi o di fatto (v., tra le tante, Cass., Sez . 5, 21 aprile 2017, n. 10099).
Difatti, nel caso di specie, il contribuente non ha, con il suo comportamento, dato luogo alla decadenza dall’agevolazione richiesta, ma piuttosto l’operatività dell’agevolazione invocata è stata radicalmente esclusa dall’Amministrazione finanziaria, con l’avviso di liquidazione adottato, in considerazione dell’abrogazione della relativa disciplina. Pertanto, ci troviamo in presenza di un
mero errore, da parte del contribuente, nell’individuazione del regime fiscale applicabile e più precisamente nell’individuazione del beneficio fiscale vigente – beneficio fiscale, comunque, chiaramente richiesto in base all’accertamento di fatto risultante dalla sentenza impugnata.
Le due diverse situazioni non presentano alcuna similitudine, atteso che la decadenza presuppone, da un lato, l’operatività iniziale del beneficio fiscale e, dall’altro, la sua perdita in conseguenza di un comportamento o di una omissione del contribuente o dell’assenza di un requisito, mentre, in caso di erronea individuazione del trattamento tributario di favore, resta da verificare il regime applicabile, che può essere quello ordinario o quello agevolato.
Da tale premessa consegue che la stessa Amministrazione finanziaria, nel quantificare l’imposta dovuta, avrebbe dovuto verificare la eventuale sussistenza dei presupposti di regimi agevolati vigenti ed applicabili in base a quanto risultante, in modo evidente, dall’atto, sebbene diversi da quello indicato dal contribuente: ciò anche in virtù del principio di collaborazione e buona fede che deve improntare il rapporto tra l’Amministrazione finanziaria ed il contribuente, ai sensi dell’art. 10, comma 1, della legge n. 212 del 2000. Del resto, il principio iura novit curia opera non solo rispetto al giudice, ma anche rispetto alla pubblica amministrazione.
In conclusione, devono rigettarsi sia il ricorso incidentale sia quello principale, con conseguente compensazione, in ragione della soccombenza reciproca, RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
La Corte:
rigetta il ricorso incidentale e quello principale; dichiara integralmente compensate le spese di lite;
ai sensi dell’art.13, comma 1quater , del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 11/01/2024.