Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17454 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 17454 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 29/06/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 27047/2016 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma al INDIRIZZO presso lo studio legale associato COGNOMECOGNOME, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLE MARCHE n. 498/2016 depositata il 21 luglio 2016
udita la relazione svolta nell’udienza pubblica del 6 maggio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale NOME COGNOME il quale ha concluso per l’inammissibilità o il rigetto del ricorso; udito per la controricorrente l’avvocato generale dello Stato NOME
NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Direzione Provinciale di Ascoli Piceno dell’Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, esercente attività di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, un avviso di accertamento con il quale rettificava il reddito d’impresa dalla stessa dichiarato in relazione all’anno 2008, operando le conseguenti riprese fiscali ai fini dell’IRES.
La pretesa tributaria si fondava sull’integrale disconoscimento dell’agevolazione fiscale prevista dall’art. 6, commi da 13 a 19, della L. n. 388 del 2000 (cd. Tremonti Ambiente), consistente nella detassazione della quota di reddito delle piccole e medie imprese destinata a investimenti ambientali; agevolazione di cui la prefata società aveva fruito con la dichiarazione presentata per l’anno d’imposta sopra indicato.
La contribuente impugnava il predetto avviso di accertamento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Ascoli Piceno, la quale accoglieva il suo ricorso, annullando l’atto impositivo.
La decisione veniva appellata dalla parte pubblica dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale delle Marche.
Il procedimento così introdotto era riunito con quello relativo all’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE avverso altra sentenza resa «inter partes» dalla CTP ascolana nell’àmbito di una diversa causa avente ad oggetto due ulteriori avvisi di accertamento mediante i quali veniva assoggettato a imposizione il reddito complessivo netto conseguito dalla predetta società negli anni 2009 e 2010, previo disconoscimento della perdita che la stessa aveva utilizzato in compensazione nell’indicato biennio, derivante dalla
detassazione operata per l’anno 2008 ai sensi della citata L. n. 388 del 2000.
Dopo un rinvio della causa disposto per dare modo alle parti di pervenire a una bonaria definizione della lite, con sentenza n. 498/2016 del 21 luglio 2016 l’adìta Commissione di secondo grado, in parziale riforma della pronuncia gravata, determinava in 2.276.074 euro il sovraccosto ambientale da porre a base dei recuperi fiscali relativi agli anni 2008, 2009 e 2010.
A sostegno del «decisum» il collegio regionale osservava quanto segue: – con la memoria depositata il 12 maggio 2016, a sèguito dell’entrata in vigore del decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 5 luglio 2012, l’Agenzia delle Entrate aveva modificato la propria iniziale posizione, riconoscendo spettante l’agevolazione ex art. 6, commi da 13 a 19, della L. n. 388 del 2000 anche in relazione per gli investimenti ambientali realizzati da imprese, come la RAGIONE_SOCIALE, aventi come unico scopo la produzione di energia elettrica «a zero emissioni» ; – doveva escludersi che tanto avesse determinato un’inammissibile «mutatio libelli» , in quanto l’avviso di accertamento oggetto di causa «si basa (va) non solo sul disconoscimento dell’agevolazione per aver la società intrapreso un’attività di mera produzione di energia verde senza averne sostituito una preesistente, ma anche sulla carenza del requisito del metodo dell”approccio incrementale’ da seguire per calcolare la quota di reddito, destinata ad investimenti ambientali, che non concorre (va) alla formazione dell’imponibile» ; -poiché «la modalità di computo dell’agevolazione ambientale e (ra) chiaramente enunciata nell’avviso di accertamento» , ben poteva procedersi alla determinazione dell’importo soggetto a detassazione, indipendentemente dal fatto che il beneficio fiscale fosse stato negato «in toto» dall’Ufficio; -per il calcolo dell’importo suddetto era utilizzabile il prospetto contenuto nella summenzionata memoria, in quanto non contestato dalla
contribuente e comunque fondato su una corretta impostazione metodologica; – il sovraccosto ambientale doveva essere, pertanto, quantificato nella suindicata cifra di 2.276.074 euro.
Contro questa sentenza la RAGIONE_SOCIALE ha spiegato ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
La causa è stata chiamata all’odierna pubblica udienza per la discussione orale.
Nel termine stabilito dal comma 1 dell’art. 378 c.p.c. il Pubblico Ministero ha depositato memoria, concludendo per l’inammissibilità o il rigetto del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è denunciata la violazione dell’art. 7 della L. n. 212 del 2000 e dell’art. 42 del D.P.R. n. 600 del 1973.
1.1 Si censura l’impugnata sentenza per aver disatteso il principio di diritto, costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo il quale la motivazione dell’avviso di accertamento assolve la funzione di delimitare l’àmbito delle contestazioni proponibili dall’Ufficio nel successivo, eventuale, giudizio contenzioso e di portare a conoscenza del contribuente l’ «an» e il «quantum» della pretesa tributaria, onde permettergli di approntare idonee difese.
1.2 Al riguardo, viene dedotto che: con l’atto impositivo oggetto di causa era stata integralmente disconosciuta l’agevolazione fiscale ex art. 6, commi da 13 a 19, della L. n. 388 del 2000 invocata dalla RAGIONE_SOCIALE, sull’assunto che l’investimento in impianti fotovoltaici effettuato da tale società non consentisse di prevenire, ridurre o riparare i danni ambientali eventualmente prodotti dalla sua attività d’impresa; – soltanto con la memoria depositata nel giudizio d’appello il 12 maggio 2016, a sèguito di un
improvviso , l’Agenzia delle Entrate aveva riconosciuto spettante la detta agevolazione, quantificandola nella misura risultante dal prospetto di calcolo da essa stessa elaborato, in applicazione del metodo del cd. ; l’Ufficio non aveva mai posto , essendosi limitato a negare «sic et simpliciter» la spettanza del beneficio.
Con il secondo motivo, proposto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., è lamentata la violazione dell’art. 57 del D. Lgs. n. 546 del 1992.
2.1 Si sostiene che la CTR avrebbe illegittimamente dato ingresso a una domanda nuova, per la prima volta avanzata dall’Amministrazione Finanziaria soltanto con la memoria depositata in grado appello il 12 maggio 2016, mediante la quale era stata fatta valere una pretesa diversa da quella posta a base dell’avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 2008.
Con il terzo mezzo, anch’esso introdotto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., è prospettata la violazione degli artt. 32 e 58 del D. Lgs. n. 546 del 1992.
3.1 Si rimprovera alla CTR di aver utilizzato a fini decisori il prospetto di calcolo contenuto nella summenzionata memoria depositata dall’Agenzia delle Entrate il 12 maggio 2016, dopo la scadenza del termine di cui all’art. 32, comma 2, del citato decreto legislativo.
3.2 Viene, in proposito, sottolineato che l’udienza di trattazione era stata celebrata il 12 aprile 2016 e che il rinvio alla successiva udienza del 7 giugno 2016, in cui la causa fu riservata in decisione, era stato disposto dal collegio di secondo grado al fine di consentire alle parti il raggiungimento di una soluzione conciliativa.
I primi due motivi, che possono essere esaminati insieme perché strettamente connessi, sono privi di fondamento.
4.1 Come chiaramente emerge dalla ricostruzione della vicenda di
causa operata nello stesso ricorso per cassazione, con l’avviso di accertamento che ha dato origine alla presente controversia l’Agenzia delle Entrate aveva disconosciuto «in toto» l’agevolazione fiscale ex art. 6, commi da 13 a 19, della L. n. 388 del 2000 di cui la RAGIONE_SOCIALE si era avvalsa per l’anno 2008.
4.2 A fronte di questa iniziale posizione di diniego assoluto del diritto alla detassazione ‘RAGIONE_SOCIALE‘, il successivo parziale riconoscimento della spettanza dell’invocato beneficio non costituiva esercizio di una pretesa tributaria diversa da quella risultante dall’atto impositivo, concretandosi in una mera riduzione quantitativa della medesima pretesa originariamente fatta valere dell’Amministrazione.
4.3 Deve, pertanto, escludersi che la nuova linea difensiva assunta dall’Ufficio alla luce stregua dei chiarimenti forniti in corso di causa dal Ministero dello Sviluppo Economico fosse priva di attinenza con la motivazione dell’atto impositivo, risultando palese come nel disconoscimento totale dell’agevolazione in parola fosse da ritenere incluso quello solo parziale, alla stregua della regola generale secondo cui il più comprende il meno.
4.4 Nello stesso tempo va escluso che le deduzioni formulate nel giudizio d’appello dall’Amministrazione Finanziaria abbiano dato luogo all’introduzione di una domanda nuova vietata dall’art. 57, comma 1, del D. Lgs. n. 546 del 1992, essendosi, in tutta evidenza, al cospetto di una semplice riduzione della domanda originaria.
4.5 Sull’argomento questa Corte ha avuto modo di chiarire che anche nel processo tributario le parti conservano la disponibilità dei diritti in contestazione, sicchè, qualora l’Amministrazione Finanziaria si avveda della fondatezza di un’eccezione sollevata dal contribuente, non per questo è tenuta a rinnovare l’intero procedimento amministrativo di accertamento, potendo essa ridurre la domanda originaria e rinunciare a una parte di questa.
Tale riduzione della domanda, non equivalendo a un diverso e autonomo accertamento in via di rettifica, è ammissibile anche se operata per la prima volta in grado d’appello, con conseguente dovere del giudice di valutare la pretesa fiscale residua (cfr. Cass. n. 29732/2020, Cass. n. 15413/2017, Cass. n. 11265/2003).
4.6 Fermo quanto precede, deve inoltre rilevarsi che la contribuente non ha minimamente contestato nel «quantum» il calcolo dell’agevolazione fiscale operato dall’Agenzia delle Entrate, pur a sèguito del rinvio della trattazione della causa disposto dalla CTR allo scopo di favorire una definizione conciliativa della vertenza.
A tanto essa non ha provveduto nemmeno con il presente ricorso per cassazione, nel quale si è limitata a prospettare, sul tema in esame, questioni di mero rito.
4.7 Alle considerazioni fin qui svolte va poi aggiunto che il riconoscimento del beneficio fiscale in una misura diversa e inferiore rispetto a quella vantata dalla contribuente rientrava nei poteri officiosi della CTR, considerato che il processo tributario, quale giudizio di «impugnazione-merito», è diretto non già alla mera eliminazione dell’atto impugnato dal mondo giuridico, bensì alla pronuncia di una decisione di merito sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente che di quanto accertato dall’Ufficio.
4.8 Conseguentemente, laddove il giudice tributario ritenga invalido l’avviso di accertamento per ragioni di carattere sostanziale, non può limitarsi ad annullare l’atto impositivo, essendo invece chiamato a esaminare nel merito la pretesa tributaria e, sulla base di una motivata valutazione sostitutiva, a ricondurla eventualmente alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte (cfr. Cass. n. 3757/2025, Cass. n. 15055/2024, Cass. n. 11232/2015, Cass. n. 19122/2012).
Il terzo mezzo è anch’esso destituito di fondamento.
5.1 Dalla narrazione dei fatti riportata in ricorso si ricava che: l’udienza di trattazione del giudizio d’appello, inizialmente fissata per il 12 aprile 2016, fu rinviata dalla CTR al 7 giugno di quello stesso anno, onde consentire alle parti di «vagliare una possibilità di conciliazione» della lite; – la memoria contenente il prospetto di calcolo utilizzato dalla Commissione regionale per la quantificazione del sovraccosto ambientale soggetto a detassazione era stata depositata dall’Agenzia delle Entrate il 12 maggio 2016, vale a dire almeno dieci giorni prima della nuova udienza del 7 giugno 2016 in cui la causa fu riservata in decisione.
5.2 Una volta stabilito che rispetto a quest’ultima data risulta osservato il termine di cui all’art. 32, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992 da ritenersi operante anche nel giudizio d’appello in virtù del rinvio disposto dal successivo art. 61 alle norme dettate per il procedimento di primo grado-, va osservato che con la memoria in discorso l’Amministrazione Finanziaria rispose a una sollecitazione proveniente dal collegio giudicante, all’uopo predisponendo un prospetto di calcolo del reddito detassabile da utilizzare in vista di un bonario componimento della controversia.
Avuto riguardo al concreto sviluppo della causa, nessun dubbio può, quindi, sussistere circa l’ammissibilità del deposito di quell’atto.
Per le ragioni esposte, il ricorso deve essere respinto, sulle conformi conclusioni del Pubblico Ministero.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Stante l’esito dell’impugnazione, viene resa nei confronti della ricorrente l’attestazione contemplata dall’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi 3.100 euro, oltre ad eventuali oneri prenotati a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la proposta impugnazione, a norma del comma 1bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione